Citeremo un sito che riportava un articolo del giornalista Vanni di Pasquale, ma intanto ,vogliamo anche noi sapere di che gioco si tratta , quindi ,se ritiene, il Giudice puo'manifestarsi di essere stato sotto i cappucci rossi! Siamo disposti anche a credergli ,se ci fornisce una motivazione allettante. Siamo convinti che presto , trovera' chi lo aiutera' ,anche in tv ,per una sorta di lavaggio di cervello di massa,che dia ad intendere che " giocare alle sette sataniche sia un nuovo gioco di societa'!... Non e' un po' tardi? ...Noi pensiamo che l'alto magistrato non si dichiarera'... ma si e' rivelato gia' nella sua opera luciferina condotta da circa 15 anni contro la Principessa Yasmin!La cordata dei satanisti era lunga, ma ora si e' miseramente spezzata, facendo precipitare nelle fiammme i conviviali satanici!
Vedremo!
Alcuni bloggisti ipotizzavano che il nome del ristorante, dove si nascondeva Provenzano ,alludesse alla radice del nome Barbaccia. Mera Fantasia? Intanto effettivamente chi accompagnava Provenzano ,guarda il caso, era Francesco Barbaccia, un tranquillo incensurato geometra che era invece il Capo della famiglia mafiosa di Marineo, come asserisce il libro"L'Altra Mafia dei giornalisti della repubblca, Palazzolo ed Olivo ed Rubettino!
Intanto da alcuni siti leggiamo che un giornalista descrive , in tempi non sospetti che Provenzano si nascondeva anche sotto un ristorante, dove avvenivano mutilazioni di organi da immettere sul mercato.Mera fantasia ?
riportiamo quanto apaprse su un veccchio sito, ora rimosso: Sulle tracce di Bernardo Provenzano:
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"Comincia con questo numero la pubblicazione integrale e a puntate di tutto il carteggio relativo all'inchiesta serrata ed esclusiva che l'Erroneo ha commissionato al celebre reporter freelance Vanni Di Pasquale.
L'obiettivo assegnatogli è tanto semplice quanto pericoloso: scoprire dove si nasconde il super latitante Bernardo Provenzano.
Illustrazioni di Giuliano Cangiano"
Sabato
Parte da qui la mia disperata impresa: scovare da solo un uomo come Bernardo Provenzano, grande capo carismatico della mafia siciliana, che da sempre sfugge alla cattura della polizia, pur nascondendosi dentro i confini nazionali e quasi sicuramente all'interno della Sicilia.
Da qui io partirò, dalla Sicilia, e in particolare dal mercato ittico di Palermo, nella mia ricerca del Provenzano. Che Dio e Montanelli, dall'alto dei cieli, mi assistano.
***
Al mercato ittico di Palermo la sorte mi si è manifestata subito in maniera favorevole. Ho visto infatti un ragazzino scippare della sua borsetta una signora indifesa. Sono corso dietro all'infingardo giovinastro, individuando in lui il mio anello di partenza per risalire la lunga catena del crimine organizzato fino ad arrivare al grande capo, e con due plastiche sgambate l'ho raggiunto. Dopo averlo fermato, l'ho guardato in faccia e -sorpresa!- il volto di quel ragazzo era lo stesso volto di mio padre, morto di leucemia in un letto d'ospedale quando avevo ventun anni!
Sono rimasto sconvolto nel rivedere gli occhi buoni di mio papà per la prima volta dopo tanti anni dalla sua morte, ma deve essersi trattato di certo di una mia allucinazione, causata forse dalla tensione nervosa che mi deriva dalla mia impresa. Un attimo dopo, infatti, non ho più visto il viso rugoso di mio padre, ma quello sbarbato di un semplice e giovane borseggiatore da strada. Un istante d'incertezza, questo, che mi è costato caro. Senza nemmeno rendermene conto, ho ricevuto dal delinquentello una coltellata in pancia, e sono finito all'ospedale e non all'obitorio soltanto perché per fortuna non è rimasto leso nessun organo vitale. I dottori mi hanno detto che ci vorrà una settimana per rimettermi. Di certo però so che non posso permettermi di perdere tanto tempo. Provenzano mi aspetta, e domani uscirò da questo ospedale.
Domenica
Questa notte ho fatto un incubo. Ho sognato un uomo con tre occhi e i capelli lunghi e canuti che con fare spaventoso mi parlava di una minaccia incombente.
Mi sono svegliato all'alba, su un letto ospedaliero bagnato dal mio sudore, con addosso una terribile sensazione di disagio e la certezza che dovevo uscire da lì.
Mi sono rimesso con fatica gli abiti un po' rovinati che avevo indossato per andare al mercato, ho ripreso con me questo mio quaderno d'appunti e sono uscito dall'ospedale corrompendo una vecchia infermiera. Una volta fuori, nell'aria fresca della primissima mattina, ho rivisto l'uomo con tre occhi. Egli, passandomi accanto, mi ha sussurrato queste inquietanti parole: "la minaccia si nasconde nel mare senza acqua". Confesso di essermi spaventato per tutto questo, ma di certo non sarò questo a fermarmi nella mia ricerca disperata di Bernardo Provenzano.
***
Sono le 22:15 e ho appena finito di consumare la cena qui in un'osteria chiamata "Il paguro coprolalico". Questo è davvero un bel localino, e l'atmosfera è abbastanza tranquilla perché possa mettermi un po' a scrivere. Sto ancora cercando di capire chi fosse mai l'uomo con tre occhi, come mi conoscesse, cosa diavolo volesse da me, come avesse fatto ad apparirmi in sogno -non avendolo mai incontrato prima-, cosa avesse voluto dire con quella sua frase sibillina, e, soprattutto, per quale astruso motivo avesse tre occhi.
Nota importante: a cena, guardando il brodo nel mio piatto, mi è sembrato di riconoscere il volto di mio padre che urlava disperato senza produrre nessun suono. Dio mio, in quale turbine di follia mi sono cacciato accettando l'incarico dell'Erroneo?
Lunedì
Mancano quindici minuti alla mezzanotte e ho da raccontare grandi sviluppi accorsi nelle mie indagini. Ieri, al "Paguro coprolalico", un cameriere -forse un inviato del mio amico Propano- ha trovato il modo di farmi arrivare un biglietto in cui mi diceva: "Vai in cucina e poi terza porta destra". Capendo al volo l'importanza del messaggio, mi sono intrufolato nelle cucine, e da lì ho attraversato una porticina sulla destra. Al di là di questa, c'era una camera fredda, buia e silenziosa, all'interno della quale all'inizio riuscii a distinguere soltanto il pavimento color vinaccia e le sagome di oggetti che lì per lì mi parvero quarti di bue appesi alle pareti. Dopo un po', però, mi resi conto della sconcertante realtà.
Il pavimento era coperto da un lago di sangue bello e buono, e alle pareti erano appesi, come in macelleria, tranconi martoriati di esseri umani, alcuni dei quali forse ancora viventi.
Già in due posti avevo incontrato prima di allora un simile spettacolo:
nella fiaba di Barbablù, quando avevo otto anni, e in alcuni locali alla periferia di Calcutta, più di due decenni dopo. Quella di ieri, come a Calcutta, era proprio una sala operatoria da commercianti di organi. Subito pensai di uscire precipitosamente fuori, ma non appena mi fui voltato, quasi mi scontrai con un essere orripilante che si era appostato alle mie spalle: un piccolo uomo con quattro braccia. Quel mostriciattolo aveva indosso un grottesco vestito da Arlecchino, e mi guardava con due occhi enormi e rossi che brillavano nella semioscurità. Presto mi accorsi che non potevo più muovermi. Quel mostro mi aveva come ipnotizzato con lo sguardo, e mi impediva, attraverso la sua ineludibile volontà telepatica, di muovere anche un solo muscolo del mio corpo. Il nano era immobile e mi fissava, col suo sorriso di denti marci e cattivi, ed io sentivo dentro la mia testa una voce composta come da tanti fischi di gessetti su migliaia di lavagne, e questa voce insostenibile mi ordinava nelle cervella: "AMA DON BERNARDO, AMA DON BERNARDO", ossessivamente, senza darmi via di scampo. Sapevo, come in un incubo, che se in quel momento avessi pensato: "sì, va bene, io amo don Bernardo", se avessi pronunciato anche solo una volta questa frase nella mia mente, il dolore di quella voce stridente si sarebbe arrestato e allo stesso tempo avrei perduto per sempre la mia anima e la mia libertà.
Ero sul punto di cedere, quando dalla porticina della stanza, alle spalle del nano diabolico, affiorò l'uomo con tre occhi che era apparso nei miei sogni e nelle mie visioni, e, preso da dietro il nano, lo sgozzò con un enorme coltellaccio da cucina, in un'orgia di sangue come mai mi era capitato di vederne da quella volta a Baghdad nel 1982.
Dopo di che, l'uomo con tre occhi si avvicinò a me in una maniera che mi terrorizzò, e quando fu col suo corpo a pochi millimetri dal mio, attraversò come un fantasma e scomparve dentro di me. Seppi allora, come per un'illuminazione, che il cameriere era mancino, e si era sbagliato a dirmi dove era la porta, scambiando destra per sinistra. Per riprendermi dagli avvenimenti sconvolgenti di quella serata, andai a farmi un drink in un bar, con l'intenzione di tornare al "Paguro coprolalico" un po' di tempo dopo ed accertare cosa si nascondesse nella porta che il cameriere aveva voluto indicarmi. Accadde però che appena mezz'ora dopo, quando tornai all'osteria, vidi uscire dal retro dell'edificio e andare via su un'automobile lussuosa (di cui non riuscii a prendere la targa) un uomo dall'aspetto banale, canuto, con degli occhiali dalla montatura dorata, e soprattutto due pistole alla cintola.
Signori e signore, si trattava proprio di Bernardo Provenzano.
Evidentemente il super boss si era fin lì nascosto nella stanza sulla sinistra, mentre io ero impegnato con entità diaboliche nella camera dirimpettaia, e chissà in quali loschissime faccende si trovava affaccendato. In altre parole, ieri mi sono reso conto di avere perso l'occasione della mia vita. Dopo quello sconsolante incontro, solo alcuni terribili interrogativi mi aleggiano per la testa: cosa lega Bernardo Provenzano al "Paguro coprolalico"? Il nano orripilante che mi aveva intrattenuto in maniera così poco gradevole di modo che non incontrassi il boss, lavorava per Provenzano? E se così fosse, la mafia si serve anche di entità soprannaturali? Come potrei io contrastare una simile potenza. Fatto sta che si sono fatte quasi le due di notte, ed è troppo ormai che sto scrivendo nella camera del mio albergo. Sarà meglio che io vada a dormire.
Vanni Di Pasquale
Illustrazioni di Giuliano Cangiano
domenica 22 marzo 2009
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