Denunciato Tribunale di Siena di collusione con Ispettore Stramaglia di Poggibonsi e Barbaccia.Barbaccia ha nominato Gran Master dell’Ordine fasullo teutonico Stramaglia, prima della denuncia da Stramaglia stesa ed a se stesso affidata. Mosquera e Mingolla sono colleghi in patacche di Stramaglia e Barbaccia che e’ Gran Priore in Italia di chi viene definito noto prostituto transessuale ,falso principe Mosquera, in ordine paramilitare di narcotrafficanti, vietato dalla legge.Barbaccia è tesoriere dell’Orden Bonaria .
I Reati , da informazioni presso Ministero Interno,corrispondono a vero.Stramaglia , essendo pubblico ufficiale ha il dovere pubblico di rispondere sulla sua anamnesi familiare(clan Stramaglia, corona Unita, narcotrafficanti , usura) Mostri Stramaglia il certificato penale e carichi pendenti dei suoi colleghi, incluso Aldo Colleoni, suo ministro esteri , rinviato a giudizio a Mc, per falso , truffa, abuso, di costoro!I fatti sono veritieri e sono reati di pubblico .La Tutela della libertà di informazione, non può subire rappresaglia o intimidazioni, minacce da un Tribunale su cui grava legittimo sospetto di collusione e favoreggiamento, cominciando da chi ha condotto le indagini,Ispettore Anticrimine Stramaglia(famiglia Corona Unita, narcotrafficanti, collusa con clan Buscemi, colluso con Provenzano)a finire al Neoprocuratore Capodr Salerrno(ex candidato in un Movimento meridionale qualificato dal libro Iddu ed Feltrinelli, quale sponsorizzato da Provenzano), al Pm Firrao (famiglia borbonca e piduina).
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"Libertà di informazione nella lotta contro la mafia"
"C'è un appello per "rivendicare il diritto e il dovere di sottoporre l'operato di chi ricopra cariche pubbliche al vaglio dell'opinione pubblica, con la consapevolezza che ciascun politico ha una responsabilità aggiuntiva rispetto agli altri cittadini nella misura in cui coinvolge la credibilità delle istituzioni. In particolare, sul terreno della lotta contro la mafia, la piena libertà d'informazione e di opinione e' indispensabile per individuare e stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurino responsabilità politiche e morali, indipendentemente dall'accertamento di eventuali responsabilità penali che spetta esclusivamente alla magistratura". Lo firmano Arci, Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato", Centro Sociale "San Francesco Saverio", Il Manifesto, Libera, Mezzocielo, Micromega, Narcomafie, Palermo anno uno, Promemoria Palermo, Scuola "Giovanni Falcone", Segno, Uisp."
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Allarme sociale e' doveroso..
Barbaccia è personaggio pubblico e politico:è founder di un Movimento Politico ed è stato più volte candidato.
http://sites.google.com/site/lafalsaordenbonaria/
http://sites.google.com/site/lafalsaordenbonaria/
Anche Mingolla ,collega di Barbaccia, Stramaglia nell’Orden Bonaria, secondo informazioni ,presso le ambasciate e’ stato condannato come narcotrafficante e membro compagnia della morte, ed altri crimini, tra cui torturatore(ora secondo la stampa spagnola si nasconde come falso vescovo )
Riportiamo alcune considerazioni legali di commenti dai blogg sulla vicenda:
"Il primo che ha il dovere, quale pubblico ufficiale, e lo prevede la legge, di rispondere ed ha l’onere di giustificarsi e chiarire pubblicamente,è l’ispettore Stramaglia, il quale tace.Cosa deprecabile perchè e’ palese l’interesse privato in atti d’ufficio.Il suo silenzio avvalora le accuse di legittimo sospetto nei confronti delProcuratore Capo di siena e Pm Firrao.
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Francesco Barbaccia candidato.(Da La Voce Toscana)
domenica 19 ottobre 2008
Poggibonsi, elezioni: Sindaco "Super Partes" - una democrazia leale al cittadino
Ritirata la candidatura di Ceccherini (il più convincente concorrente) per la "gara" a futuro sindaco di Poggibonsi, visto un certo smarrimento e incertezza nel proporre i ritratti dei candidati, non vediamo perché non debba essere aggiunta un'altra candidatura a quelle già proposte, ed è quella del Movimento "La Voce della Toscana".
Poggibonsese da 50 anni, Paolo Francesco Barbaccia avanza la proposta di candidarsi nelle elezioni del 2009 a sindaco del Comune di Poggibonsi.
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Barbaccia non e' un privato cittadino, ma pubblico personaggio, dal momento che e' stato candidato al Senato(voti o)per il collegio di Siena-Lega nord da cui, secondo il suo parere , sarebbe fuoriuscito perchè non gradito.
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I limiti della critica ammessa nei confronti di un uomo politico sono piu' ampi che nei confronti del privato cittadino.Il politico si espone consapevolmente al controllo dei suoi atti da parte dei giornalisti e della massa dei cittadini e pertanto le esigenze della sua reputazione devono essere bilanciate e subordinate con l'interesse pubblico.Al magistrato compete non ignorare la legge.Se un magistrato sostiene che la legge non ammette ignoranza per il comune cittadino, il giudice non puo' scansare che il principio vale anche per i magistarti.Il Tribunale di Siena non doveva consentirsi il lusso di ignorare che era legittima critica!Il sito incriminato era atto dovuto e non recava offese:Le offese truculente gratuite diffamazione e calunnie , travisamenti dolosi , minacce ed intimidazioni le esprimeva Barbaccia firmandosi.Spudoratamente il tribunale ha voluto ignorare poi che il sito , pur essendo dedicato a Federico II era sito amatoriale di simpatizzanti, al punto che la stessa ne prendeva le distanze presso il gestore e Garante Privacy,per abuso dei suoi dati anagrafici, come da ricevute di anni prima che fosse ospitata la pagina incriminata.Se il mondo trabocca, come documentabile, di disgusto nei confronti delle mistificazioni di Barbaccia, ed e' ridotta all'anonimato per le sue minacce , il passepart glielo ha ratificato l'Ispettore Stramaglia, collega pataccaro in ordini fasullli, paramilitari, vietati dallo Stato.
Appello alla libera informazione nella Lotta contro la mafia.
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c'è un appello per "rivendicare il diritto e il dovere di sottoporre l'operato di chi ricopra cariche pubbliche al vaglio dell'opinione pubblica, con la consapevolezza che ciascun politico ha una responsabilità aggiuntiva rispetto agli altri cittadini nella misura in cui coinvolge la credibilità delle istituzioni. In particolare, sul terreno della lotta contro la mafia, la piena libertà d'informazione e di opinione e' indispensabile per individuare e stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurino responsabilità politiche e morali, indipendentemente dall'accertamento di eventuali responsabilità penali che spetta esclusivamente alla magistratura". Lo firmano Arci, Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato", Centro Sociale "San Francesco Saverio", Il Manifesto, Libera, Mezzocielo, Micromega, Narcomafie, Palermo anno uno, Promemoria Palermo, Scuola "Giovanni Falcone", Segno, Uisp.
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Marina Salvatore, ADDETTA STAMPA DI SALVATORE lANZA, responsabile Movimento neoborbonico, colluso con Barbaccia, è stata ,per anni, rea in concorso con Barbaccia, in Ultradecennale persecuzione diffamatoria , calunnie , disinformazione nei confronti della principessa Yasmin.Marina , satanista, ammette su Megaride che sotto i cappucci rossi vi sia un Alto magistrato neoborbonico, in risposta a chi vociferava che sotto i cappucci rossi vi fossero due magistrate borboniche.Tradisce di essere in contatto con la Pm Firrao, anticipando pubblicamente sue decisioni inedite.La vicenda lascia esterrefatti!Stramaglia Ispettore anticrimine(clan Stramaglia narcotrafficanti nella corona unita, collusi con Buscemi, collusi con Provenzano) è Gran Master ordine fasullo dinastico Teutonico di Barbaccia , CUGINO ACCOMPAGNATORE di PROVENZANO, ed entrambi Gran Priori nel gemellato Orden Bonaria colleghi di Mosquera e Mingolla, Colleoni, ordine definito Associazione a delinquere mafiosa , massonica militare, deviata e satanica ,da Giudici spagnoli, di falsi nobili,satanisti, narcotrafficanti, truffatori, assassini, dediti a prostituzione, pedofilia, torturatori, falsari, e scomparse giovani donne, plagio di minori.Giornalisti e scrittori italiani affermano che Provenzano voglia impadronirsi della Siclia , tramite, mafia, p2, ndrangheta ed un movimento meridionale, nonchè tramite Un falso Re di Svevia(Barbaccia si serve della falsa perizia araldica di lo Piccolo)Numerosi cognomi nei suoi ordini ,secondo voci ,sono non semplici omonimi, ma parenti di clan mafiosi.Stramaglia stende una querela a favore di Barbaccia , suo Sovrano nell'Ordine dei Re calzolai, analfabeti, cui ha prestato giuramento di fedeltà incondizionata. Il momento per Stramaglia gli sembra forse propizio, con l'arrivo del Procuratore Capo di Siena Tito Salerno(ex candidato alla Lega meridionale, secondo il libro della Mazzocchi, iddu, sponsorizzata da Provenzano)?Certamente propizia gli sembra la circostanza che la Pm Firrao sia di estrazione borbonica e di famiglia che conta elementi di spicco nella P2.
Non abbiamo alcuna intenzione di colpire la magistratura. Ma se è comune opinione che siano faziosi e collusi con la mafia alcuni magistrati ,gli organi superiori non possono ratificare tale etichetta sulla Giustizia.Ecco perchè è doveroso, sussistendo legittimo sospetto sull'operato del Tribunale di Siena ,vuoi per sottovalutazione o abbagli in buona fede, vuoi per collusione dolosa, che la Cassazione tenga in considerazione, con il CSM, che essendoci da circa sei mesi in corso indagine sul Tribunale di Siena, da parte della Procura di Genova, tutti gli atti della Pm Firrao siano sequestrati e trasferiti a Genova.Se personalmente magistrati e Organi della Polizia e magistratura, ministri esprimono di essere esterrefatti per il caso Barbaccia, la Pm se è veramente in buona fede , non può prendere atto che reo di diffamazione, calunnie, minacce intimidazioni, usurpazione del nome, falso, truffa, sia Barbaccia, che non è solo parente di Famiglia apaprtenente Gotha Mafia, ma cellula viva di organizzazioni mafiose paramilitari internazionali.Ove la Pm Firrao persista, significa che è patologicamente e morbosamente collusa con clan mafiosi ,sette sataniche, massoneria piduina , con l'aggravante che trattandosi di associazioni che anche all'estero hanno connotati paramilitari, con elementi DI FORZE DELL'ORDINE E GUARDIE PRIVATE,rappresentanza in Italia, trattasi anche di associazioni mafiose eversive.COSSIGA AVEVA , DEL RESTO, DENUNCIATO CHE GRUPPI NEOBORBONCI AVEVANO STABILITO UN PATTO CON LA MAFIA, NDRANGHETA E MASSONERIA DEVIATA!
giovedì 12 novembre 2009
Quali provvedimenti vuole assumere il Ministro Maroni nei confronti dell'ispettore Stramaglia , colluso con Barbaccia, satanismo e narcotrafficanti?
Barbacciae Stramamglia gli sputtanatori che invece hanno querelato in concorso ...per ora sono sputtanati
Falso Principe Mosquera, secondo giudici spagnoli truffatore internazionale, adepto di sette sataniche, colluso con Barbaccia in ordini fasulli definiti associazione a delinquere mafia, massoneria deviata, sette.
Ecco i colleghi di Stramaglia e Barbaccia nel'Orden Bonaria:Mingolla, torturatore , narcotrafficante. Ecco club neoborbonici Satanisti con Marina Salvatore collusa con Barbaccia in Stalking diffamatorio persecutorio contro legittimi eredi di Federico IIPrincipi Aprile von Hohenstaufen Puoti.La stessa ammette di conoscere notizie in anteprima della Pm Firrao(borbonica famiglia p2, favoreggiatrice dell'Ispettore Stramaglia Gran Priore di Barbaccia)Barbaccia è collega in Orden Bonaria con Straamglia, suo gran Priore in falso Ordine Teutonico con mosquera, falso principe, secondo giudici spagnoli, truffatore internazionale, associazione a delinquere mafiosa satanicaAi Sensi Autotutela contro diffamazioni, calunnie, falso , intimidazioni di Barbaccia
DENUNCIATA A INTERPOL PM FIRRAO PRESUNTO FAVOREGGIAMENTO MAFIA: Falsi Ordini di Barbaccia, cugino accompagnatore Provenzano,”Associazione a delinquere mafiosa massonica di falsi nobili, truffatori internazionali mercanti di droga,cocaina ,prostituzione,satanisti, crimini , torture,in scomparse giovani donne,pedofilia.L’Ispettore Stramaglia in falsi Ordini con criminali internazionali.
DENUNCIATO AD INTERPOL FALSO ORDINE DINASTICO TEUTONICO FALSO PRINCIPE BARBACCIA GEMELLATO CON ORDEN BONARIA FALSO PRINCIPE JOSE’ MANUEL MOSQUERA 1 e Mingola narcotrafficante
club federiciani
Novembre 7, 2009 alle 12:56
Replica
VOGLIAMO SAPERE DALLA CASSAZIONE E CSM SE E’ LECITO CHE PM DI SIENA FIRRAO COLLUSA CON Ispettore STRAMAGLIA e FORZE DELL’ORDINE SIA GUARDIANA DI BARBACCIA FALSO RE DI SVEVIA CUGINO ACCOMPAGNATORE PROVENZANO, COLLUSO IN ORDINI MAFIOSI! SAPPIAMO CHE MOLTI GIUDICI SONO COLLUSI CON MAFIA ,SETTE SATANICHE!ORA CHE NE AVETE LE PROVE,QUALI PROVVEDIMENTI CONTRO LA PM FIRRAO?
IL VOSTRO SILENZIO E’ SOLO LA PROVA CHE SIETE PARTE INTEGRANTE DI PATTI OSCURI TRA STATO E MAFIA?
DENUNCIATO AD INTERPOL FALSO ORDINE DINASTICO TEUTONICO FALSO PRINCIPE BARBACCIA GEMELLATO CON ORDEN BONARIA FALSO PRINCIPE JOSE’ MANUEL MOSQUERA
IN RELAZIONE A RICHIESTA TRASFERIMENTO ATTI A GENOVA,ALLA LUCE DELLA CONCLAMATA INDIVIDUAZIONE MAFIOSA DEGLI ORDINI DI STRAMAGLIA E BARBACCIA E FIRRAO; QUALI PROVVEDIMENTI PRENDE LA CASSAZIONE E CSM?E’ VERO CHE AI GIUDICI E’ CONSENTITA L’IMPUNITA’ E PASSEPartout A DELINQUERE?
il Blog “Ai Sensi autotutela contro le calunnie e diffamazione di Barbaccia”, ci induce smascherare costui , attraverso una confutazione pubblica della sua rozza e mastodontica mistificazione e truffa,e stalking persecuotrio diffamatorio contro legittimi eredi di Federico II, perchè di truffa colossale si tratta non solo contro la Storia, ma contro la credulità popolare!E’ d’obbligo sollecitare confutazione giudiziale ed extragiudiziale , sollecitando una indagine sul suo operato, soprattutto alla luce del concorso e collusione con Ordini Fasulli definiti chiaramente associazione a delinquere di stampo mafioso, massonico deviato e satanico!Trattasi, a questo punto di pubblico pericolo.Toccava alle forze dell’Ordine , smascherare Barbaccia,.Invece le forse dell’Ordine sono solerte a massacrare un povero ragazzo come Cucchi, per due bustine ,ma ad inginocchiarsi a Barbaccia Gran Priore di Narcotrafficanti,e venditori di cocaina.Individui come l’ispettore Stramaglia, Gran Master di Barbaccia, sono elementi da arrestare in flagranza di reato.(Stramaglia di famiglia appartenente alla corona unita barese , di narcotrafficanti, Gran master, del Fasullo Re di Svevia, cugino dell’accompagnatore di Provenzano, è la riprova che la mafia è ormai penetrata nello Stato.) La conferma è che tutore della virginità di Barbaccia, elemento colluso con criminali , narcotrafficanti, dediti a pedofilia ,prostituzione, pornografia per mercati dediti a prostituti transessuali, riciclaggio armi, truffe internazionali , sia La Pm Firrao di origine cosentina, famiglia borbonica piduina, è solo la spia dell’Orgia del Potere della mafia e nuova P2, sette sataniche, che celebra il patto oscuro Mafia -Stato. Ora tutti sappiamo chi è Barbaccia e di quale specie siano magistrati e sbirri che lo difendono! Ora tutti sanno che Barbaccia non è solo parente di famiglia appartenente Gotha Mafia, ma cellula viva della mafia collusa con elementi dello stato, chiesa , magistratura, forze dell’Ordine!Barbaccia, calunniatore di professione, come si puo’ notare dai reperti , corpo di reato sottoindicati, e’ la riprova di come l’insulto sia sintomo diabolico, ovvero diabolica calunnia abbreviata,ovvero “Esti i loidoria , diavoli sintomos”.Infatti abbiamo fornito le prove di come sia colluso non solo con sette sataniche , ma anche mafiosamente e crassamente innestato nel palinsesto della mafia di cui sono favoreggiatori elementi come Stramaglia e Firrao ed il Tribunale di Siena!Il vero Scandalo è che le campagne antimafie sono condotte soltanto per rivalita’ di cosche e rivalità per sostituirsi …scambiando campagne pianificate per interessi privati, per antimafia.Non si spiega altrimenti perche’ si tolleri una fogna a cielo aperto come gli ordini equestri del falso Re di Svevia Barbaccia da giudici, polizia ,Ministero Interno spagnolo ,definiti “associazione a delinquere mafiosa di sette sataniche!Questa è stata la nostra vera battaglia contro la mafia!Aver smascherato che dietro una semplice vicenda araldica, c’era la fogna della mafia!(COMITATO UNCLE; ASS. STAMPA STORICA; GIOVANI ANTIMAFIA; FREE PRESS ASS)
club federiciani
Novembre 12, 2009 alle 14:01
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——–
Publicado por Martín Armada Teixido en martes, septiembre 02, 2008
Etiquetas: Control Mental, Misterio, Satanismo, Sectas
3 comentarios:
antisectas dijo…
Me ha llamado la atención que un antiguo líder de la OTO, Jorge Labbe Isla, sea ahora el responsable en Chile de la secta Orden Bonaria, un grupo folklórico liderado José Manuel Mosquerá y Casteló.
¿Se podría denominar a la Orden Bonaria como secta atrapada en el satanismo y la depravación homosexual, según eso y lo que apunta la noticia sobre gays?
Orden Bonaria: farsa y estafa
by d.l. Friday, Feb. 04, 2005 at 9:57 PM
José Manuel Mosquera y la falsa y estafadora Orden Bonaria
José Manuel Mosquera lleva una carrera loca, propia de un psicópata (tiene un evidente tratorno bipolar demostrado), por apropiarse de títulos nobiliarios que hinchen su ego.
Para satisfacer sus ansias, se ha autoproclamado recientemente con títulos nobiliarios falsos gran maestre de una inexistente Orden Bonaria de las Islas Canarias, orden declarada apócrifa y falsa desde la central con este texto: “Ante la aparición de apócrifas y seudo órdenes autodenominadas “Orden Bonaria” y a fin de no confundir a las personas de buena fé, el Consejo Magistral por resolución unánime 05/04 de fecha 8 de mayo de 2004, ha dispuesto suspender cualquier Priorato, Bailiato o Representación alguna de ésta Soberana Orden en todo el territorio español; por lo que de ahora en más los Caballeros Bonarios Españoles dependerán directamente de la Sede Magistral Unica, residente en la Ciudad de Buenos Aires, Argentina”.
El deseo de confundir es cierto, porque el farsante Mosquera, que no tiene más título que su carnetr de identidad, luego vende a precio de oro titulines a un buen número de incautos que se dejan timar o estafar. Recientemente ha tenido que acudir a los juzgados por estafas y timos de la época en que sólo era un españolito de a pie.
El Soberano Gran Maestre e Insigne Señor:
S.A.S. Duque don Rubén Alberto Iº de Gavaldá y Castro, ha sido acusado de homosexual por Mosquea en Internet, antes lo amaba. Es evidente que esto refleja un transtorno bipolar y la necesidad de un tratamiento psiquiátrico, más cuando media Canarias sabe el gusto del señor Mosquera por los “pantalones”. No hay rincón gay de Canarias por el que no haya sido visto, y no siempre vestido de hombre…
Este es uno de los mensajes de los que cuelga el psicópata Mosquera, que de “flor” maquillada con faldas pasa a machote: “ASI Y TODO ESPERO QUE EL AMANTE DEL SEÑOR GAVALDA Y EL SEÑOR VALENTIN FLORES, EL “MOSEÑOR” GRECO LIEBANA, HAGAN EL CUADRO DE LAS TRES GRACIAS, DESNUDITOS, COMO NIÑOS, Y HAGAN LAS CERDADAS Y PERRERIAS DE ENGAÑOS”.
Otra calumnia del españolito de apie Mosquera es hablar de ayudas a chicas que eran insultadas por nuestro gran maestre. Mosquera vuelve a olvidar porque fue investigado cuando dirigía una orden neotemplaria fraudulenta hace años: los crímenes de varias chicas desaparecidas.
Sería interesante redondear lo expuesto comentando que no hagan caso de las expulsiones de Mosquera, que no tiene potestad ni para vestirse con faldas, nuestro gran maestre es un hombre de bien y que los interesados han de dirigirse a:
http://www.ordenbonaria.com
29 de septiembre de 2008 21:02
Anónimo dijo…
SE HA INTERPUESTO DENUNCIA ANTE LAS AUTORIDADES ESPAÑOLAS POR LAS DIFAMACIONES DE ESTOS Y OTROS BLOG. SE HAN OCULTADO DATOS CONFIDENCIALES, QUE ESTÁN EN MANOS DE LAS FUERZAS DE ORDEN PÚBLICO.
http://bonarianews.eu/archivos/DEN
UNCIA.pdf
26 de noviembre de 2008 13:46
Anónimo dijo…
La secta Orden Bonaria del timador José Manuel Mosquera y Casteló ha sido denunciada por la revista Interviu en su número 1722 del 27 de abril de 2009.
El artículo titulado El Timo de la Orden Bonaria nos muestra al falso príncipe que engaña a políticos, deportistas, militares…
Por los periodistas Alberto Gago y Luis Rendueles.
Sitio gentileza del experto en sectas internaional Juan Contreras Bustos
http://sites.google.com/site/lafalsaordenbonaria/
Ecco i colleghi di Barbaccia e Stramaglia:Satanisti!Ecco chi difende la Pm Firrao!
4 de mayo de 2009 18:57
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club federiciani
Novembre 12, 2009 alle 14:21
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Vogliamo sapere dal CSM quali provvedimenti intende adottare nei confronti della PM Firrao, sfacciatamente favoreggiatrice clan Provenzano!
Ecco il collega di Barbaccia!
Questa è la copia cache di Google di http://peru.indymedia.org/print.php?id=13821&comments=yes. È un'istantanea della pagina visualizzata il 9 nov 2009 16:29:27 GMT. Nel frattempo la pagina corrente potrebbe essere stata modificata. Ulteriori informazioni
Versione solo testoSono stati evidenziati i seguenti termini usati nella ricerca: orden bonaria I termini specificati sono presenti solamente in collegamenti che rimandano alla seguente pagina: mafia
Centro de Medios Independientes Peru
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El artículo original está en http://peru.indymedia.org/news/2005/02/13821.php Ocultar comentarios.
Orden Bonaria: farsa y estafa
by d.l. Friday, Feb. 04, 2005 at 9:57 PM
José Manuel Mosquera y la falsa y estafadora Orden Bonaria
José Manuel Mosquera lleva una carrera loca, propia de un psicópata (tiene un evidente tratorno bipolar demostrado), por apropiarse de títulos nobiliarios que hinchen su ego.
Para satisfacer sus ansias, se ha autoproclamado recientemente con títulos nobiliarios falsos gran maestre de una inexistente Orden Bonaria de las Islas Canarias, orden declarada apócrifa y falsa desde la central con este texto: "Ante la aparición de apócrifas y seudo órdenes autodenominadas "Orden Bonaria" y a fin de no confundir a las personas de buena fé, el Consejo Magistral por resolución unánime 05/04 de fecha 8 de mayo de 2004, ha dispuesto suspender cualquier Priorato, Bailiato o Representación alguna de ésta Soberana Orden en todo el territorio español; por lo que de ahora en más los Caballeros Bonarios Españoles dependerán directamente de la Sede Magistral Unica, residente en la Ciudad de Buenos Aires, Argentina".
El deseo de confundir es cierto, porque el farsante Mosquera, que no tiene más título que su carnetr de identidad, luego vende a precio de oro titulines a un buen número de incautos que se dejan timar o estafar. Recientemente ha tenido que acudir a los juzgados por estafas y timos de la época en que sólo era un españolito de a pie.
El Soberano Gran Maestre e Insigne Señor:
S.A.S. Duque don Rubén Alberto Iº de Gavaldá y Castro, ha sido acusado de homosexual por Mosquea en Internet, antes lo amaba. Es evidente que esto refleja un transtorno bipolar y la necesidad de un tratamiento psiquiátrico, más cuando media Canarias sabe el gusto del señor Mosquera por los "pantalones". No hay rincón gay de Canarias por el que no haya sido visto, y no siempre vestido de hombre...
Este es uno de los mensajes de los que cuelga el psicópata Mosquera, que de "flor" maquillada con faldas pasa a machote: "ASI Y TODO ESPERO QUE EL AMANTE DEL SEÑOR GAVALDA Y EL SEÑOR VALENTIN FLORES, EL "MOSEÑOR" GRECO LIEBANA, HAGAN EL CUADRO DE LAS TRES GRACIAS, DESNUDITOS, COMO NIÑOS, Y HAGAN LAS CERDADAS Y PERRERIAS DE ENGAÑOS".
Otra calumnia del españolito de apie Mosquera es hablar de ayudas a chicas que eran insultadas por nuestro gran maestre. Mosquera vuelve a olvidar porque fue investigado cuando dirigía una orden neotemplaria fraudulenta hace años: los crímenes de varias chicas desaparecidas.
Sería interesante redondear lo expuesto comentando que no hagan caso de las expulsiones de Mosquera, que no tiene potestad ni para vestirse con faldas, nuestro gran maestre es un hombre de bien y que los interesados han de dirigirse a:
http://www.ordenbonaria.com
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bon-arios templarios
by ojo al dato Friday, Feb. 04, 2005 at 10:42 PM
Os paso datos del peligro que suponen estas sectas neotemplarias: En la central del link Orden Bonaria que han colgado, salen linkadas sectas neotemplarias.
Estos hijos de perra, que le venden el culo al menos pintado y son neonazis por lo que leo, salen en la web de Hemerosectas como asesinos. Ver esto:
http://www.geocities.com/hemerosectas/ts.htm
Vaya perros..
josé manolo mosquera miente más que habla. ha colgado las difamaciones de un foro de indymedia y le han respondido sus antiguos socios con la misma moneda. de tal palo, tal astilla. no entraré yo en el combate de esta pareja de vividores de lo ajeno.
pero sí quiere espresar mi opinión:
1. la web de manolito mosquera con trescientos títulos me huele ha estafa pura y dura. insto a que la policía y la guardia civil averigüe si no es una vulgar estafa.
2. la web de manolito mosquera habla de entidades que parecen estar encaminadas al encubrimiento de capitales. insto a la policíoa y la guardia civil una investigación a fondo.
3. es cierto (él no lo ha desmentido) que manolo mosquera ha sido juzgado recientemente por estafas y timos (me lo ha comentado una fuente bien informada).
4. otro cuestión es la profesión de este caballero. no se le conoce. y claro de algo hay que comer, y beber...
¿será que estos aristócratas de poco pelo cobran por bajo mano? ¿llevarán razón los que asocian a manolo mosquera con la central nacional de inteligencia española encubierta en labores humanitarias?
KP
COMENTARIO
by COMENTARIO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:37 AM
RECORDAMOS A TODAS AQUELLAS PERSONAS, QUE PARA CUALQUIER INFORMACIÓN, PUEDEN USTEDES DIRIGIRSE AL DEPARTAMENTO JURIDICO DE LA ORDEN BONARIA.
DIRECTOR JURÍDICO: D. IÑAKI DE PABLOS
http://www.ordenbonaria.org/djob
mail: gabinete-juridico@ordenbonaria.org
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ACUSACIONES
by INTERESADO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:45 AM
MARIA, Y ACUSAR SIN DEMOSTRAR, SIMPLEMENTE CON LÁGRIMAS DE COCODRILO, PARA EL EFECTO PENA. ¿NO ES DELITO?, ¿ Y SI EL QUE FUERA A LA CÁRCEL, ES USTED?
LE DICE ALGO EL APELLIDO, RAPISARDO. MARÍA, SABEMOS QUIÉN ES USTED, POR LO MENOS VAYA A UN CIBER A ESCRIBIR LAS ACUSACIONES, SU DIRECCIÓN IP LE DELATA.
NO SE SI HAY UNA CIUDAD EN ARGENTINA QUE SE LLAME CANARIAS, PERO USTED ESTA DIFAMANDO DESDE LA CIUDAD DE BUENOS AYRES. ES CURIOSO, SOLICITO DESDE AQUI A QUIEN TENGA CONOCIMIENTOS INFORMÁTICOS QUE DESENMASCARE A QUIÉN DICE ESTAR EN UN SITIO, Y DESPUÉS ESTÁ EN OTRO.
¿ COMO ES EL AEROPUERTO PRINCIPAL DE TANZANIA?, EN QUE CÁRCEL ESTUVO?
HABLANDO DE "REINO DE SILAM", ¿DONDE ESTÁ?.
SUPONGO QUE IRIA USTED DE VACACIONES A TANZANIA, O DE "NEGOCIOS", ALUIEN TAN "SENSIBLE" Y "DELICADA", VA A UN PAÍS TAN HERMOSAMENTE SALVAJE.
NO SE, NO SE, PERO MARÍA USTED NO DICE LA VERDAD.
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ACUSACIONES
by INTERESADO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:46 AM
MARIA, Y ACUSAR SIN DEMOSTRAR, SIMPLEMENTE CON LÁGRIMAS DE COCODRILO, PARA EL EFECTO PENA. ¿NO ES DELITO?, ¿ Y SI EL QUE FUERA A LA CÁRCEL, ES USTED?
LE DICE ALGO EL APELLIDO, RAPISARDO. MARÍA, SABEMOS QUIÉN ES USTED, POR LO MENOS VAYA A UN CIBER A ESCRIBIR LAS ACUSACIONES, SU DIRECCIÓN IP LE DELATA.
NO SE SI HAY UNA CIUDAD EN ARGENTINA QUE SE LLAME CANARIAS, PERO USTED ESTA DIFAMANDO DESDE LA CIUDAD DE BUENOS AYRES. ES CURIOSO, SOLICITO DESDE AQUI A QUIEN TENGA CONOCIMIENTOS INFORMÁTICOS QUE DESENMASCARE A QUIÉN DICE ESTAR EN UN SITIO, Y DESPUÉS ESTÁ EN OTRO.
¿ COMO ES EL AEROPUERTO PRINCIPAL DE TANZANIA?, EN QUE CÁRCEL ESTUVO?
HABLANDO DE "REINO DE SILAM", ¿DONDE ESTÁ?.
SUPONGO QUE IRIA USTED DE VACACIONES A TANZANIA, O DE "NEGOCIOS", ALUIEN TAN "SENSIBLE" Y "DELICADA", VA A UN PAÍS TAN HERMOSAMENTE SALVAJE.
NO SE, NO SE, PERO MARÍA USTED NO DICE LA VERDAD.
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COMENTARIO
by ALFREDO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:58 AM
MARIA, Y ACUSAR SIN DEMOSTRAR, SIMPLEMENTE CON LÁGRIMAS DE COCODRILO, PARA EL EFECTO PENA. ¿NO ES DELITO?, ¿ Y SI EL QUE FUERA A LA CÁRCEL, ES USTED?
LE DICE ALGO EL APELLIDO, RAPISARDO. MARÍA, SABEMOS QUIÉN ES USTED, POR LO MENOS VAYA A UN CIBER A ESCRIBIR LAS ACUSACIONES, SU DIRECCIÓN IP LE DELATA.
NO SE SI HAY UNA CIUDAD EN ARGENTINA QUE SE LLAME CANARIAS, PERO USTED ESTA DIFAMANDO DESDE LA CIUDAD DE BUENOS AYRES. ES CURIOSO, SOLICITO DESDE AQUI A QUIEN TENGA CONOCIMIENTOS INFORMÁTICOS QUE DESENMASCARE A QUIÉN DICE ESTAR EN UN SITIO, Y DESPUÉS ESTÁ EN OTRO.
¿ COMO ES EL AEROPUERTO PRINCIPAL DE TANZANIA?, EN QUE CÁRCEL ESTUVO?
HABLANDO DE "REINO DE SILAM", ¿DONDE ESTÁ?.
SUPONGO QUE IRIA USTED DE VACACIONES A TANZANIA, O DE "NEGOCIOS", ALGUIEN TAN "SENSIBLE" Y "DELICADA", VA A UN PAÍS TAN HERMOSAMENTE SALVAJE.
NO SE, NO SE, PERO MARÍA USTED NO DICE LA VERDAD.
Agrega tus comentarios
COMENTARIO
by ALFREDO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:59 AM
MARIA, Y ACUSAR SIN DEMOSTRAR, SIMPLEMENTE CON LÁGRIMAS DE COCODRILO, PARA EL EFECTO PENA. ¿NO ES DELITO?, ¿ Y SI EL QUE FUERA A LA CÁRCEL, ES USTED?
LE DICE ALGO EL APELLIDO, RAPISARDO. MARÍA, SABEMOS QUIÉN ES USTED, POR LO MENOS VAYA A UN CIBER A ESCRIBIR LAS ACUSACIONES, SU DIRECCIÓN IP LE DELATA.
NO SE SI HAY UNA CIUDAD EN ARGENTINA QUE SE LLAME CANARIAS, PERO USTED ESTA DIFAMANDO DESDE LA CIUDAD DE BUENOS AYRES. ES CURIOSO, SOLICITO DESDE AQUI A QUIEN TENGA CONOCIMIENTOS INFORMÁTICOS QUE DESENMASCARE A QUIÉN DICE ESTAR EN UN SITIO, Y DESPUÉS ESTÁ EN OTRO.
¿ COMO ES EL AEROPUERTO PRINCIPAL DE TANZANIA?, EN QUE CÁRCEL ESTUVO?
HABLANDO DE "REINO DE SILAM", ¿DONDE ESTÁ?.
SUPONGO QUE IRIA USTED DE VACACIONES A TANZANIA, O DE "NEGOCIOS", ALUIEN TAN "SENSIBLE" Y "DELICADA", VA A UN PAÍS TAN HERMOSAMENTE SALVAJE.
NO SE, NO SE, PERO MARÍA USTED NO DICE LA VERDAD.
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CARCELES EN TANZANIA
by LECTOR Wednesday, Jun. 29, 2005 at 9:22 AM
DETENIDA EN TANZANIA, POR FALSIFICACION DE PASAPORTES, Y USTED CON PASAPORTE DIPLOMATICO, Y USTED AHORA ESTA SUPONGO EN EL CIBER DE LA CÁRCEL. EN TANZANIA HAY DESDE HACE TRES AÑOS, HAY CÓLERA, SUPONGO QUE LE HABRÁ AFECTADO.
LAS CONDICIONES EN LAS CÁRCELES SON MUY DURAS, Y NO HAY EXTRADICIÓN A CÁRCELES ESPAÑOLAS, SIMPLEMENTE PORQUE NO HAY CONVENIO, NI ACUERDO BILATERAL.
HASTA TAL PUNTO QUE AMNISTÍA INTERNACIONAL ELAVORÓ UN INFORME, PARA QUE SIRVA COMO COLATERAL A LA HORA DE SANCIONAR AL PRESIDNETE BENJAMIN MPAKA.
SI COMO USTED DICE FUERA DETENIDA, CON ESE PASAPORTE, SE LE ACUSARÍA DE ESPIONAJE, Y EL "REINO DE SILAM", O EN SU CASO ESPAÑA, TENDRÍAN QUE PEDIR LA EXTRADICIÓN, POR LO TANTO USTED ESTARÍA EN CÁRCEL ESPANOLA.
LLORE, LLORE QUE TIENE QUE SER TRISTE ESTAR EN LA CARCEL.
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INVESTIGADOR
by CSI Wednesday, Jun. 29, 2005 at 10:18 AM
SI, SI , SI, EL MOSQUERA, ES UN VAMPIRO, QUE UTILIZA SU ORGANIZACION PARA CHUPARLE LA SANGRE A LOS NIÑOS. TENEMOS PRUEBAS.
LOS DE LA INTERPOL, LO BUSCAN POR SER UN VAMPIRO, ES UN EXPEDIENTE X.
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gracias 2
by reverendo Wednesday, Jun. 29, 2005 at 7:03 PM
desearia alguna fotografia o fotocopia de todo lo que escriben...no se a quien creer..lo unico que revisado es la web de orden bonaria.org..y solo vi a niños y gente agradecida por la generosodad en paises de africa, centro america, y america del Sur...sera que estos señores promoteres en america latina tambien estan mintiendo...
indico please, envien articulos con sellos, o fotografias no importa en anonimo...asi entendere..quien dice la vera veritas
por cierto es facil escribir en anonimato..pero al menos si dieran una prueba ...asi solo escribimos al aire
EL reverendo
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o sea ...
by frasco carrasco Thursday, Jun. 30, 2005 at 5:40 AM
que solo se trata de difamar? porque la tal maria dice falacias y lo del mosquera no se lo cree nadie? no hay modo de que alguien que haya sido estafado diga algo con un poquito de sentido común? Es cierto lo de las ayudas a América Latina, me ha sorprendido y agradado bastante, pero bajo que manto de milongas, inventos (como la supuesta universidad) se cubren? a que se debe? ...
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observador
by observador Thursday, Jul. 07, 2005 at 3:15 PM
observador@observador.com observador observador
Que verguenza manolito, esto ultimo que has puesto
http://www.ordenbonaria.org/ht/nn/0_00106.htm
se nota que es tu letra, y no solo eso, sino que la firma de ese italiano es claramente tu firma y tu letra
FARSANTE
A QUIEN QUIERES ENGAÑAR?
esa hoja la hago yo con mi ordenador, y ese sello lo mando hacer a una imprentilla
que buscas con todo esto? hacer ver que eres alguien importante?
ESCUCHA: ERES UN SER LAMENTABLE Y UN ENFERMO. TRATATE y VETE A UN PSICOLOGO, POBRE HOMBRE
observador
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duda
by francisco tejeria Thursday, Jul. 07, 2005 at 3:27 PM
fran@hotmail.com
Hola
no se muy bien quien es el señor mosquera, pero en la pagina de las noticias esas de la orden bonaria no sale en ninguna foto, asi que pongo en duda todo lo que dice mosquera, porque no sale en Peru ni en ningun sitio
Y claro, yo tambien puedo sacar una web diciendo que estoy aqui y alla, espero que me entiendan
un saludo afectuoso
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El Juezcito
by jusgais Saturday, Jul. 09, 2005 at 5:43 PM
sinceramente.....observe muchas fotos y videos.de la activ.en seccion noticia de quela orden .de aquellos q dice son piorratos...tal ves alla algo de verdad.. imagenes y videos no mienten...ma......che importante...Misters..buena pantalla...me rindo a vuestros profesionales...del ingenio en america latina....en africa os faltaria ser ..mas creativos..
ma vais por buena ruta ...hombre..
el sabio....segid asi..
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Grazie
by Italiani Saturday, Jul. 09, 2005 at 5:51 PM
ma no ne vero...e complicato questi informazioni....grazie..per tuto...sua amore..e costanza
amici di sur america latina...no e certo tanti difamizione io se la verita vera..
i italiani.......
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pregunta
by respuestas Saturday, Jul. 09, 2005 at 6:18 PM
Esta familia CORACE DI COSTANZA, si que se las traen,,,lindos escudos..alguien podria darme,,informacion de esta familia.una casa digna..mmmm algo interesante....
el admirador
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MOSQUERA RESPONDE
by observador romano Wednesday, Jul. 13, 2005 at 4:00 PM
MANOLITO, POR QUE NO RESPONDES?
ESAS FOTOS CON PERUANOS MUERTOS DE HAMBRE LAS HAGO YO TAMBIEN EN UN VIAJE, LES COMPRO CUATRO MIERDAS Y DETRAS PONGO MI ESCUDITO Y NI SE ENTERAN
VERGUENZA DEBERIA DE DARTE JUGAR CON LOS POBRES DE ESTA MANERA TAN SUCIA Y RUIN, Y LO QUE ES PEOR HACIENDOTE PASAR POR OTRAS PERSONAS EN ESTE FORO
QUE TODOS SABEMOS QUE ERES TU, ENFERMO MENTAL, SE TE NOTA A LA LEGUA CUANDO ESCRIBES
ERES PATETICO, PERO SIGUE ASI, FALSIFICANDO DIPLOMAS Y TITULOS, QUE ERES MUY DIVERTIDO
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el muerto de hambre
by que lastima Monday, Jul. 18, 2005 at 12:45 PM
lastima mayuscula que pateticos como estos señores se ofendan uno hacia el otro....si propusieran..juntos unirse para hacer bellas obras...por los muertos de hambre como dicen... en el mundo existe mucho pobreza y miseria....darnos un pan ..y un techo..es suficiente....cobijar a un muerto de hambre..te hacerca mas a Dios....un muerto de hambre..te sonrie cuando m as le ofendes..porque su corazon ...es grande..un muerto de hambre..bendice tus dias asi le hagas daño o con engaños...si la sonrisa sincera de un pequeño es llegar inocente..entonces gracias por decirme muerto de hambre.....el hambre es orrible...y vosotros solo discuten por quien es mas rico o poderoso.....si hicieran cosas por nosotros los muertos de hambre..entonces seremos menos muertos de hambre.....
gracias por hacernos recordar..que somos muertos de hambre.....Espero que Dios te juzgue asi te dira en su presencia que muerto de hambre de espiritu eres....y que ricos humildes y llenos de sinceridad son estos pequeños muertos de hambre....
el muerto de hambre
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el muerto de hambre 2
by lastima 2 Monday, Jul. 18, 2005 at 12:54 PM
olvide decir que...soy un pequeño...que ingrese a este Foro de internet...si he sido engañado por estos señores que me alimentan ..entonces gracias por haber sido estafado....porque esta estafa..hace que yo coma y cene..todos los dias del señor.....y te doy gracias a ti que sin conocerte...me hayas dicho muerto de hambre....espero que cuando cenes y botes tus restos a la basura...te acuerdes que aqui hay un muerto de hambre..que podrias darle esos restos....gracias a estos estafadores que tu dices son...si no hubiera sido por ellos...yo no podria comer y seguir estudiando en mi ..miserable escuela...donde estan todos los muertos de hambre que tu dices.....
el Señor de los cielos,, te juzgue...por habernos dicho muertos de hambre....
un adolecente..muerto de hambre..de Peru-
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al muerto de hambre
by antimosquera Tuesday, Jul. 19, 2005 at 10:09 PM
VENGA MOSQUERA, DEJA DE ARRASTRAR A SINPAPELES A UN ORDENADOR PARA QUE ESCRIBAN PARA TI
MOSQUERA, SABEMOS QUIENES ESTAN DETRAS DE TU ORDEN DE FALSETE
YO Y UNAS CUANTAS PERSONAS VAMOS A DENUNCIARTE POR ESTAFA Y EXTORSION, Y TUS HUESOS ACABARAN EN PRISION
DANOS TIEMPO, QUE ESTAMOS ACABANDO DE REDACTAR LA ACUSACION Y NOS VEREMOS EN LOS JUZGADOS
TENGO UNA SEÑORA QUE DICE QUE TE CONOCE Y QUE SEGUN PARECE LA TIMASTE, Y ELLA SERA NUESTRO TESTIGO MAS POTENTE, VE LLAMANDO A TUS ABOGADOS PORQUE VAMOS EN SERIO
NOS VEMOS EN EL JUZGADO, CATETO
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bla bla
by inverdad Monday, Jul. 25, 2005 at 6:47 PM
muy bien kateto llevais vuestra falda y moñitos..asi reconoceremos vuestro interior..
el kateto
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verguenza
by Maria H. Thursday, Jul. 28, 2005 at 9:19 PM
mariaH@hotmail.com
Siento verguenza e impotencia al haber visto ese video de los peruanos en el umbral de la pobreza. Que nos quiere decir la ORDEN BONARIA con eso? donde sale la orden bonaria en ese video? señores de la orden bonaria, como son tan sinverguenzas de jugar con la vida de los peruanos que se mueren de hambre? se creen ustedes que por poner en el video la banderita de la orden,vamos a creernos que ustedes hicieron ese video? por dios! si ese video es de los años 80 al menos, se ve por la calidad del video sigan ustedes dandose titulos y con toda esta farsa, que yo seguire diciendo lo que sois ORDEN BONARIA= MENTIRA Y ESTAFA
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Josep Guijarro
by pepe tramullas Friday, Jul. 29, 2005 at 5:51 AM
maria es josep guijarro, infiltrado en la Trilateral dentro de un OVNI con una cámara micróscopica, y compinche de miss Gabalda
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opinion
by el conde Friday, Jul. 29, 2005 at 11:33 AM
todavia seguid..discutiendo..quien es mejor...en sus ordenes.......bien..asi y todo..me divierten estos tios..insultandose unos a otros....me placeria indagar....si existiera,,,,mayores cosas,,,,,,,por cierto..quien es esa ....Miss Gvalada...sera lujuriosa..ajajjaja
Desearia please un titulo..... sea de...Conde... sere entonces condescendiente...jajajjajajaj..que risa me dan estos tios....seguireis peleando en estos foros..anonimos...aqui se puede hablar cualquier tonteria.......a rabo libre...
el Conde..
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AL CONDE
by EL LACAYO Saturday, Jul. 30, 2005 at 12:32 PM
OLE CONDE QUE ALLI OS VA EL MARQUEZ CON CUERNOS DE REY
QUE LA NOCHE OS SEA PROPICIA CONTADSELO SOLO A LOS QUE AMEIS
EL BISCOCHO
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se han ido
by camino Sunday, Aug. 21, 2005 at 5:09 PM
Los que le hacian la web a Mosquera se han ido porque no paga
MOSQUERA PAGA A TUS EMPLEADOS; CARADURA!
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el
by yo Monday, Aug. 22, 2005 at 8:21 PM
vendo...........titulos......
mujeres..buenas...
pago a estafados..
por favor abstenerse..locas..y dudosos de sexo..
el mercader...
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impresentable
by trotamundos Monday, Aug. 29, 2005 at 6:30 AM
Pues si, que al final el pollo este del mosquera va a ser un poco hijoputa ... que me ando enterando de cosas y menudo pájaro está hecho
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e loco
by la loca Monday, Aug. 29, 2005 at 5:36 PM
mirad..escribid que aqui se puede decir cualquier estupidez es anonimo asi cualquier loca hace comentarios ruines o felice
viva el anonimato
y las locas perdidas
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gol
by los Tuesday, Aug. 30, 2005 at 10:56 AM
bla bla bla bla bla bbla bla bla bla b alb la bla bla bla bla bla blalb la blsa blsa blas bla bvla
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si el río suena ...
by trotamundos Wednesday, Aug. 31, 2005 at 2:34 AM
... es que agua lleva. Si hay tanta gente que habla de vos, caballero, duque o marqués, sin tan rebuscadas parecen sus hazañas que ni el máyor de los intelectos la comprende, no será por razones oscuras? ayyy
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mosquera
by mosqueo Tuesday, Sep. 13, 2005 at 6:20 AM
macho, tienes un morro que te lo pisas. no se como no te da vergüenza
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quien son
by anonimo Saturday, Dec. 10, 2005 at 9:49 AM
si alguien conoce a esta gente por favor que me lo esplique, en mi pueblo estan empezando a comprar cosas y tener mucha actividad, debo preocuparme? son estafadores como he leido?parece que aqui nadie sabe nada y la gente los tiene como una ong es cierto? si alguien de algun pueblo donde ya hayan actuado me puede adelantar lo que tratan de hacer aqui, por favor que se dirija a mi como "miedoso"gracias a quien intente aclarar mis dudas
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AZUSTADIZO
by SALUTE Saturday, Dec. 17, 2005 at 7:59 PM
AGRADECERIA COLGAR FOTOGRAFIAS DE ACTIVIDADES VERDADERAS AL OBSERVAR AQUELLA ORDEN ME ENTERO QUE LA UNICA ACTIVIDAD QUE REALIZAN SE CITUA EN LA REGION LATINA DE PERU
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para asustadizo
by el del río Monday, Dec. 26, 2005 at 9:55 AM
Asustadizo: si parece que hagan cosas, en principio no parece que estén timando a nadie, metete en su web y verás que cosas inventadas hacen (no me creo ni la mitad de lo que ponen). Yo creo que es una panda de cretinos que intentan colocarse títulos de cartón con que propósito? el de intentar ser quien no son
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orden bonaria
by olimpia Wednesday, Jan. 11, 2006 at 8:13 PM
No se mucho sobre la Orden Bonaria ni su funcionamiento, tampoco conozco al Señor Mosquera, escribo desde la imparcialidad mas absoluta.`
El Señor Mosquera no se si lo busca la Interpol pero no creo que lo busque porque si estuviese en busca y captura como se dice en algun mensaje, ya lo habrian encontrado por las fotos que he visto en las noticias de su pagina, donde aparecen fotos de este Señor de hace muy pocos dias.
Por eso mas bien creo que aqui lo unico que hay son rabietas por algun motivo personal, pero nada creibles, ya que en la pagina de los que dicen ser los autenticos existen muchas menos.
Asi que al menos cuenten la verdad, pero no suelten tonterias como la de la Interpol porque eso se cae por su propio peso.
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Cuando el rio suena
by Manolo no Mosquera otro Friday, Jan. 13, 2006 at 8:18 AM
Cuando el rio suena es por algo, y yo afirmo y se que es un estafador, si no que pregunten por el dinero de los niños apadrinados, donde esta el dinero wapo.-
Chorizo
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Cua
by Manolo no Mosquera otro Friday, Jan. 13, 2006 at 8:28 AM
Cuando el rio suena ... es por algo, que le pregunten donde esta el dinero de los apadrinamientos de Irak y Peru, conteste señor Mosquera.
Chorizo
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Cuando el rio suena
by Manolo no Mosquera otro Friday, Jan. 13, 2006 at 8:29 AM
Cuando el rio suena ... es por algo, que le pregunten donde esta el dinero de los apadrinamientos de Irak y Peru, conteste señor Mosquera.
Chorizo
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Huete el circo esta en la ciudad
by Visor Saturday, Jan. 14, 2006 at 6:13 AM
Ni en carnaval lucio tanto las vestimentas de tales payasos, en su jornada de puertas abiertas en Huete, jamas vi cosa tan ridicula y cursi, aquello parecia el circo de los esperpentos, Dios mio y luego hay gente que se queja de la vestimenta de los punk y de los gotigos , y ha estos prendas donde me los dejan,aqui les dejo algunas direcciones para q se puedan reir un rato,
http://www.tolomeos.com/nn/0_00225.htm
http://www.tolomeos.com/nn/0_00241.htm
http://www.tolomeos.com/nn/0_00227.htm
joer que pasada , les falto la mujer barbuda, y la serpiente de dos cabezas, por cierto no se pierdan al cura, se les colo la version sacra de torrente.
No hay trafico de drogas en la ciudad de Huete, pero estamos alucinando jejejejej
www.tolomeos.com/nn/0_00241.htm
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Sr.
by pp Sunday, Jan. 15, 2006 at 1:26 PM
Recientemente he conocido a un tal Hugo von Habsburg, archiduque de Austria según él, que pertenece a tal orden bonaria, la de Mosquera. He estado investigando si realmente este señor es un Habsburgo y tiene todos los titulos que dice tener, pero no he encontrado nada. ¿Alguien sabe algo de este supuesto archiduque de Austria? Me gustaria ver una foto de Mosquera. ¿Es posible que sea la misma persona? ¿Alguien tiene una foto de él? Gracias, saludos a todos
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mi experiencia con la orden bonaria
by pp Sunday, Jan. 15, 2006 at 1:51 PM
Hola a todos,
He tenido una pequeña experiencia con un miembro de honor de esta orden que voy a contar para quien le pueda interesar. Es uno de los miembros de honor de la orden bonaria.org, Hugo Guntram von Habsburg und Lothringen, archiduque de Austria, principe de Bavaria y muchos otros titulos, según él.
Este señor tiene creencias temerarias, me pareció muy autócrata y sectario en sus maneras. Me ofreció comprar unos titulos nobiliarios para ayudar a los pobres de america latina. He estado investigando desde entonces y lo que he encontrado es lo siguiente:
La orden bonaria.org tiene a varios miembros de honor, entre ellos a Jimmy Carter, Nelson Mandela, y Ama Amritanandamayi. He escerito a todas sus organizaciones para comprobar si realmente estan afiliados a la orden bonaria. Algunos me han dicho que la organizacion les entregó, como reconocimiento a su labor humanitaria, ser miembros de honor de la orden, pero no estan afiliados. Otros no han contestado.
He intentado encontrar al tal señor Hugo von Habsburg en cualquier lista genealogica de las casas reales, pero nada he encontrado, no existe ningún descendiente llamado Hugo, según mis averiguaciones.
En la web de la orden bonaria, hay unos enlaces a fabricas de armamento militar. Da la impresión de que si la orden es verdadera, pueda ser nazi.
Si alguien sabe algo de este señor o de la orden, le agradeceria muchisimo lo exponga en este foro.
Y tambien seria interesante poder ver una fotografia del tal Sr. Mosquera. Gracias a todos y a este foro.
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para Olimpia
by pp Sunday, Jan. 15, 2006 at 1:53 PM
¿Dice usted que fotos del Sr- Mosquera en su pagina?
¿Me podria indicar que pagina Olimpia por favor? Gracias. Saludos
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AVISO A WEBMASTER NO TRABAJEN PA ESTA GENTE NO COBRAN OJO
by WEBMASTER2 Tuesday, Jan. 17, 2006 at 4:55 AM
Ojo con esta gente, pagan un mes lo siguientes trabajas con la esperanza de cobrar o con un talon sin fondo, a base de por favor y ruegos, mentirosos falsos, y este señor que quiere ver una foto del Mosquera hay la tiene http://www.tolomeos.com/nn/0_00225.htm la lok que va con peineta y de negro no, el de enfrente.
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by alfredo Wednesday, Jan. 18, 2006 at 1:32 PM
roco@hotmail.com
Retrospectiva: Revisión de la campaña de la OTAN sobre Kosovo
Noam Chomsky
Calmado el asunto, debería ser posible abordar una revisión y un análisis relativamente desapasionados de la guerra de la OTAN en Kosovo. Se podría esperar que el asunto hubiese dominado el milenarismo de fin de año, considerando la respuesta abundante que la guerra provocó en los círculos intelectuales occidentales y la ola de autocomplacencia de tanta gente respetable aclamando la primera guerra en la historia batallada "en el nombre de principios y valores", el primer paso audaz hacia una "nueva era" en la cual los "estados ilustrados" protegerán los derechos humanos de todos bajo la guía de un "Nuevo Mundo idealista decidido a terminar con la inhumanidad", ahora liberado de los grilletes de arcaicos conceptos sobre el orden mundial. Pero recibió una escasa mención.
Una rara excepción fue el Wall Street Journal (WSJ), que dedicó su artículo principal del 31 de Diciembre a un análisis en profundidad de lo ocurrido. El titular decía: "La guerra de Kosovo fue cruel, encarnizada, salvaje; genocidio no fue". La conclusión contrasta bastante con la propaganda durante la guerra. Una búsqueda en la base de datos de referencias a "genocidio" en Kosovo sólo durante la primera semana de bombardeos se interrumpía al alcanzar su límite de 1000 documentos.
Cuando las fuerzas de la OTAN entraron en Kosovo, se emprendieron tremendos esfuerzos para descubrir evidencias de crímenes de guerra, "modelo de rapidez y eficiencia", para asegurar que ninguna evidencia se perdiera o pasara por alto. Esfuerzos "basados en lecciones aprendidas de los errores pasados" que reflejaban "una creciente atención internacional en atrapar a los responsables de crímenes de guerra". Aún más, añaden los analistas, "probar la escala de los crímenes es también políticamente importante para la OTAN, para demostrar porqué fueron necesarios 78 días de ataques aéreos contra fuerzas e infraestructuras serbias".
Esta lógica ampliamente aceptada es intrigante. Indiscutiblemente, los enormes crímenes tuvieron lugar después de que comenzaran los bombardeos: fueron no una causa sino una consecuencia. Requiere un considerable atrevimiento, por tanto, tomar los crímenes como justificación con efecto retroactivo de las acciones que contribuyeron a provocarlos.
Una "lección aprendida", y rápidamente puesta en práctica, fue la necesidad de evitar una investigación seria de los crímenes en Timor Oriental. Aquí no hubo "modelo de rapidez y eficiencia". A pesar de las súplicas de la misión de pacificación de la ONU, fueron enviados pocos forenses, y con cuatro meses de retraso, bastante después de que la estación de las lluvias borrase evidencias esenciales. La propia misión fue retrasada incluso después de que el país hubiese sido virtualmente destruido y la mayoría de su población expulsada. La diferencia no es difícil de comprender. En Timor Oriental los crímenes eran imputables directamente al terrorismo de estado que había sido apoyado por Occidente justo hasta el final de las atrocidades. Consecuentemente, temas como el disuadir y el exigir responsabilidades difícilmente pueden estar en la agenda. En contraposición, en Kosovo puede aducirse la evidencia de crímenes terribles para dar una justificación con efecto retroactivo de la guerra de la OTAN, sobre el interesante principio establecido por el sistema doctrinal.
A pesar de los intensivos esfuerzos, los resultados de "la obsesión por la fosa común", como la llaman los analistas del WSJ, era decepcionantemente escasos. A pesar de "los enormes campos de exterminio que algunos investigadores esperaban... la norma ha sido la dispersión de los asesinatos", una forma de "limpieza étnica descafeinada". "La mayoría de las muertes e incendios sucedieron en áreas dónde el separatista Ejército de Liberación de Kosovo (ELK-UCK) había estado activo" o podía infiltrarse, informaron algunos investigadores pro derechos humanos, en un intento por "delimitar las áreas de apoyo al ELK-UCK, utilizando selectivamente amenazas, saqueos y asesinatos esporádicos". Estas conclusiones ganan apoyo con la detallada revisión de la OSCE publicada en Diciembre, la cual "sugiere un fundamento de tipo militar para las expulsiones, las cuales estaban concentradas en las áreas controladas por los rebeldes y las probables rutas para una invasión".
El análisis del WSJ concluye con que "la OTAN dio un paso más en sus afirmaciones sobre los 'campos de exterminio' serbios" cuando "vio que un débil sector de la prensa se inclinaba por la historia contraria: civiles asesinados por las bombas de la OTAN". El portavoz de la OTAN Jamie Shea presentó "información" que podía ser rastreada hasta fuentes del ELK- UCK. El WSJ concluye con que muchos de los más espeluznantes y prominentemente reportajes publicados sobre atrocidades atribuidos a los refugiados y a otras fuentes eran falsos. Entretanto la OTAN buscaba negar sus propias atrocidades, por ejemplo, publicando un video falso "pasado al triple de su velocidad real" para simular que "la muerte de al menos catorce civiles a bordo de un tren sobre un puente en Serbia el pasado abril" era inevitable porque "el tren viajaba demasiado rápido para que la trayectoria de los misiles pudiese haber sido cambiada a tiempo".
Los analistas del WSJ sin embargo llegan a la conclusión de que los "horribles" crímenes, incluyendo la enorme campaña de expulsión, "pueden ser suficientes para justificar" la campaña de bombardeos de la OTAN, sobre el principio de justificación con efecto retroactivo.
El estudio de la OSCE es la tercera fuente más importante en cuanto a los crímenes serbios. La primera es el caso del Departamento de Estado contra Milosevic y sus cómplices en Mayo; la segunda, su acusación formal poco después por el Tribunal Internacional de Crímenes de Guerra. Los dos documentos son muy parecidos, seguramente porque la "notablemente rápida acusación" por el Tribunal estaba basada en "espionaje y otras informaciones de EEUU/Reino Unido denegada durante largo tiempo al [Tribunal] por los gobiernos occidentales". Pocos esperan que tal información sea revelada para un Tribunal de Crímenes de Guerra en Timor Oriental, en el improbable caso de que haya uno. El Departamento de Estado volvió a abrir el caso en Diciembre de 1999, con lo que se pretende que sea la justificación definitiva para el bombardeo, añadiendo cualquier información que pudiese obtenerse de los refugiados y de las investigaciones tras la guerra.
En los dos informes del Departamento de Estado y en la acusación del Tribunal, la cronología detallada se restringe, casi por completo, al periodo que siguió a la campaña de bombardeos iniciada el 24 de Marzo. Así, el informe final del Departamento de Estado de Diciembre de 1999 se refiere vagamente a "finales de Marzo" o "después de Marzo", aparte de una única referencia a informaciones de refugiados sobre una ejecución el 23 de Marzo, el día de la declaración oficial de la OTAN de que las operaciones aéreas anunciadas el 22 de Marzo iban a empezar. La única excepción significativa es la masacre de 45 personas el 15 de Enero en Racak. Pero que no puede haber sido el motivo para el bombardeo, por dos razones suficientes: primero, los monitores de la OSCE y otros observadores internacionales (incluyendo la OTAN) informaron de que era un incidente aislado, que no tenía nada que ver con los meses posteriores hasta el bombardeo; volvemos a ese antecedente directamente. Y segundo, tales atrocidades preocupan poco a EEUU y sus aliados. Las evidencias sobre esta última conclusión es abrumadora, y fue confirmada una vez más poco después de la masacre de Racak, cuando las fuerzas indonesias y sus subordinados paramilitares asesinaron brutalmente a 50 o más personas que se habían refugiado del terror indonesio en una iglesia en el remoto pueblo timorés de Liquica. A diferencia de Racak, esta fue sólo una de las muchas masacres en Timor Oriental en aquella época, con una cifra de muertos mucho más allá de cualquiera de las atribuidas a Milosevic en Kosovo: entre 3 y 5 mil asesinados desde Enero de 1999, informaron fuentes fiables de la Iglesia el 6 de Agosto, aproximadamente el doble del número de asesinados en todo Kosovo en el año anterior al bombardeo, de acuerdo con la OTAN. El historiador John Taylor estima el número de muertos entre 5 y 6 mil desde Enero hasta el referéndum del 30 de Agosto.
Los EEUU y sus aliados reaccionaron a las masacres de Timor Oriental de la forma habitual: continuar proporcionando ayuda militar y de otras clases a los asesinos y manteniendo otros acuerdos militares, incluyendo ejercicios de entrenamiento conjuntos tan tarde como en Agosto, mientras que se insistía en que la seguridad en Timor Oriental "es responsabilidad del Gobierno de Indonesia, y no queremos quitarles esa responsabilidad".
En resumen, el Departamento de Estado y el Tribunal no hacen esfuerzos serios para justificar la campaña de bombardeos o la retirada de los observadores de la OSCE el 20 de Marzo en preparación de la misma.
La investigación de la OSCE se aviene claramente a las acusaciones producidas por el Departamento de Estado y el Tribunal. Recoge "el esquema de las expulsiones y el enorme aumento de saqueos, asesinatos, violaciones, secuestros y pillaje una vez comenzó la guerra aérea de la OTAN el 24 de Marzo". "El cambio de acontecimientos más visible sucedió después de que la OTAN lanzase sus primeros ataques aéreos" el 24 de Marzo, informa la OSCE. "Por un lado, la situación parecía haberse precipitado sin el control de ninguna autoridad, ya que el desorden reinaba en forma de asesinatos y saqueos de casas. Por el otro, la expulsión masiva de miles de residentes de la ciudad, los cuales principalmente tuvieron lugar en la última semana de Marzo y la primera de Abril, siguieron un cierto patrón y es concebible que fuese bien organizada con antelación".
La palabra "concebible" es seguramente un eufemismo. Incluso sin evidencias documentales, apenas se puede dudar que Serbia tenía planes de contingencia para la expulsión de la población, y que sería probable ponerlos en marcha ante un bombardeo de la OTAN, bajo la perspectiva de una invasión directa. Se arguye comúnmente que el bombardeo está justificado por los planes de contingencia que fueron implementados en respuesta al bombardeo. Una vez más, la lógica es interesante. Adoptando el mismo principio, los ataques terroristas sobre objetivos norteamericanos estarían justificados si producen como respuesta un ataque nuclear, de acuerdo con planes de contingencia –los cuales existen- para un primer ataque, incluso preventivo contra estados no nucleares que han firmado el tratado de no proliferación. Un ataque iraní con misiles sobre Israel con una amenaza creíble de invasión se justificaría si Israel respondiera poniendo en práctica sus precisos planes de contingencia –los cuales presumiblemente existen- para expulsar a la población palestina.
La investigación de la OSCE informa además de que "una vez la OSCE-KVM (sus monitores) se marchó el 20 de Marzo de 1999 y en particular después del comienzo de los bombardeos de la OTAN sobre la Federación Yugoslava el 24 de Marzo, la policía serbia y/o el Ejército, a menudo acompañados por los paramilitares, fueron de pueblo en pueblo y, en las ciudades de área en área amenazando y expulsando a la población albano-kosovar. La partida de los monitores también precipitó un incremento de las emboscadas del ELK-UCK sobre los oficiales serbios, "provocando una fuerte reacción" por parte de la policía, una escalada desde "la atmósfera de pre-guerra, dónde las fuerzas serbias se enfrentaban a los rebeldes, que estaban raptando civiles serbios y emboscando oficiales de policía y soldados".
Para comprender el recurso a la guerra de la OTAN, el periodo más importante es el de los meses que precedieron la decisión. Por supuesto, lo que la OTAN sabía sobre ese periodo es un tema de crucial significación para cualquier intento serio a la hora de evaluar la decisión de bombardear Yugoslavia sin autorización del Consejo de Seguridad de la ONU. Afortunadamente, ese es el periodo del cual tenemos la más detallada evidencia directa: particularmente, de los informes de los monitores KVM y otros observadores internacionales. Desafortunadamente, la investigación de la OSCE pasa por alto rápidamente estos meses, presentando pocas evidencias y concentrándose más bien en el periodo posterior a que los monitores fueran apartados. Una selección de informes del KVM está, sin embargo, disponible, junto con otros de la OTAN y observadores internacionales independientes. Éstos merecen un examen detallado.
El periodo relevante empieza en Diciembre, con la violación del alto el fuego que había permitido la vuelta de mucha gente desplazada por las luchas. A lo largo de estos meses, los monitores informaron que "las agencias humanitarias en general tienen acceso libre a todas las áreas de Kosovo", con un hostigamiento ocasional de las fuerzas de seguridad serbias y los paramilitares del ELK, así que la información se supone que es bastante amplia.
Los "incidentes más serios" de los que informó el ICRC en diciembre son enfrentamientos a lo largo de la frontera de la Federación Yugoslava y Albania, y "lo que parecen ser los primeros ataques deliberados sobre sitios públicos en áreas urbanas". Un informe de actualización de Naciones Unidas (24 de Diciembre) identifica éstos como un intento por parte de albaneses armados de entrar en Kosovo desde Albania, dejando a su paso al menos 36 hombres armados muertos, y el asesinato de 6 adolescentes serbios a manos de unos enmascarados en un tiroteo contra un café la ciudad mayoritariamente serbia de Pec. El siguiente incidente es el rapto y asesinato del concejal de Kosovo Polie, atribuido por OTAN al ELK-UCK. Después hay un informe de "secuestros atribuidos al ELK". El informe del Secretario General de la ONU (24 de Diciembre) repasa la misma evidencia, citando la figura de 282 civiles y policías secuestrados por el ELK desde el 7 de Diciembre (cifras de la Federación Yugoslava). La imagen general es que después del alto al fuego de Octubre, "las unidades paramilitares albano-kosovares han tomado ventaja en ese periodo de calma dentro de la lucha para restablecer su control en muchas poblaciones en Kosovo, así como sobre algunas áreas cerca de centros urbanos y autopistas... llevando a la afirmación (por parte de las autoridades serbias) de que si [KVM] no puede controlar esas unidades el gobierno lo hará".
La actualización de la agencia internacional de noticias de la ONU el 11 de Enero es similar. Informa de los combates entre las fuerzas de seguridad serbias y el ELK. Además, en "el incidente más serio desde la declaración del alto el fuego en Octubre de 1998, el periodo bajo revisión ha sido testigo de un incremento en el número de asesinatos (presuntamente perpetrados por el ELK), los cuales han incitado vigorosas represalias de las fuerzas de seguridad gubernamentales". La "violencia fortuita" mató 21 personas en los 11 días anteriores. Sólo se cita un ejemplo: una bomba frente a "un café en Pristina, hirió a tres jóvenes serbios y fue el detonante de represalias de los civiles serbios sobre los albaneses", el primer incidente semejante en la capital. Los otros principales incidentes citados son la captura de ocho soldados por el ELK, el asesinato de un civil serbio, y la noticia del asesinato de tres policías serbios. La revisión del periodo por la OTAN es similar, con detalles adicionales: bombardeo del Ejercito serbio sobre civiles y e instalaciones del UCK con "al menos 15 albano-kosovares" asesinados, muerte de jueces, policías y civiles serbios a manos del UCK, etc.
Después está la masacre de Racak del 15 de Enero, tras la cual los informes vuelven a lo anterior. El informe mensual de la OSCE del 20 de Febrero describe la situación como "volátil". El "choque militar directo disminuyó significativamente" entre los serbios y el ELK, pero los ataques del ELK sobre la policía y los "tiroteos esporádicos" continuaron, "incluyendo a veces el uso de armas pesadas por el Ejercito serbio". La "principal característica de la última parte del periodo en el informe ha sido un alarmante incremento en el terrorismo urbano con una serie de bombardeos indiscriminados o lluvia de balas sobre la población civil en lugares públicos de poblaciones de Kosovo"; éstos son "no-atribuibles", o bien "criminal o políticamente motivados". Entonces sigue un repaso de las confrontaciones policía-ELK, secuestro de "cinco civiles serbios de avanzada edad", y rechazo del ELK y del Ejército serbio a cumplir las resoluciones del Consejo de Seguridad. Cinco civiles fueron asesinados cuando la "violencia urbana creció significativamente", incluyendo tres muertos por una bomba a la salida de una tienda de comestibles albanesa. "Se recibieron más informes acerca del 'mantenimiento del orden' sobre la comunidad albanesa por parte del ELK y de sus castigos a aquellos acusados de colaborar con los serbios ", además de la muerte y secuestro de supuestos colaboradores albaneses y policías serbios. El "ciclo de la confrontación puede ser descrito generalmente" como ataques del ELK sobre la policía serbia y la población civil, "una desproporcionada respuesta por las autoridades de la Federación Yugoslava", y "actividad renovada del ELK en todas partes".
En su informe mensual, el 17 de Marzo, el Secretario General de la ONU informa que las confrontaciones entre las fuerzas de seguridad serbias y el KLA "continuaron a un bajo nivel relativamente", pero los civiles "crecientemente se convierten en los principales objetivos de actos violentos", incluyendo asesinatos, ejecuciones, malos tratos y secuestros. El Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Refugiados (ACNUR) "registró más de 65 muertes violentas" de civiles albaneses y serbios, y de varios gitanos, desde el 20 de Enero hasta el 17 de Marzo. Aparecen en los informes como asesinatos aislados de francotiradores y ataques con granadas sobre bares y tiendas. Las victimas incluían supuestos colaboradores albaneses y "civiles conocidos como liberales y flexibles en sus relaciones sociales". Los secuestros continuaron, siendo las víctimas casi todas serbias y en su mayoría civiles. El informe de la OSCE del 20 de Marzo daba una imagen similar, informando de "ataques no provocados del KLA contra la policía" y un incremento de las víctimas entre las fuerzas de seguridad serbias, junto con "operaciones militares que afectan a la población civil", "ataques terroristas indiscriminados en la ciudad contra civiles", "muertes no atribuibles a nadie" mayoritariamente de albaneses, y secuestro de civiles albaneses, atribuidos a una "fuerza de seguridad controlada y centralizada" por el ELK. Después se detallan los incidentes concretos.
El último informe de la OTAN (del 16 de Enero hasta el 22 de Marzo) cita varias docenas de incidentes, la mitad iniciados por el ELK-UCK, la mitad por fuerzas de seguridad serbias, además de media docena de respuestas por parte de las fuerzas de seguridad serbias y enfrentamientos con el ELK, incluyendo "agresivos ataques serbios sobre pueblos sospechosos de cobijar fuerzas o centros de mando del UCK". Se informó de que las víctimas eran la mayoría militares, en los niveles de los meses anteriores.
Como un modelo con el que comparar, podríamos considerar que las habituales asesinas y destructivas operaciones militares israelíes en Líbano apoyadas por EEUU cuando las fuerzas israelíes ocuparon el sur del Líbano violando las órdenes del Consejo de Seguridad, o las de sus mercenarios locales, son atacadas por la resistencia libanesa. A través de los 90, como antes, éstas han excedido con creces cualquier cosa atribuida a las fuerzas de seguridad de la Federación Yugoslava dentro lo que la OTAN insiste en que es su territorio.
Dentro de Kosovo, no se informó de cambios significativos desde la ruptura del alto el fuego en Diciembre hasta la decisión del 22 de Marzo de bombardear. Incluso aparte de la (aparente aislada) masacre de Racak, no hay duda de que las autoridades y fuerzas de seguridad yugoslavas eran responsables de crímenes serios. Pero los antecedentes de los que se informó tampoco dan credibilidad a la afirmación de que estas eran las razones para el bombardeo; en el caso de atrocidades comparables o mucho peores durante el mismo periodo, los EEUU y sus aliados tampoco reaccionaron, o –más significativamente- mantuvieron e incluso incrementaron su apoyo a las atrocidades. Los ejemplos son demasiado fáciles de nombrar, Timor Oriental en los mismos meses, para mencionar sólo el más obvio de ellos.
Las grandes expulsiones de Kosovo comenzaron inmediatamente después de la campaña de bombardeos iniciada el 24 de Marzo. El 27 de Marzo, el ACNUR informó que 4000 habían escapado de Kosovo, y que el 1 de Abril, el flujo era suficientemente grande para que el ACNUR empezase a proporcionar cifras día a día. Su Programa Humanitario de Evacuación comenzó el 5 de Abril. Desde la pasada semana de Marzo hasta el final de la guerra en Junio, "las fuerzas de la Federación Yugoslava y serbias expulsaron más de 863.000 albano- kosovares de Kosovo", informa la OSCE, y cientos de miles de otros fueron internamente desplazados, mientras un número desconocido de serbios, gitanos y otros escaparon también.
Los EEUU y Reino Unido habían estado planeando la campaña de bombardeos durante muchos meses, y difícilmente podían haber fallado en anticipar las consecuencias. A principios de Marzo, el primer ministro italiano Massimo D'Alema advirtió a Clinton del enorme flujo de refugiados que seguiría al bombardeo; la asesora de Seguridad Nacional de Clinton Sandy Berger respondió que en ese caso "la OTAN continuaría el bombardeo", con resultados todavía más espantosos. La inteligencia norteamericana también advirtió de que habría "una explosión de refugiados" y una campaña de limpieza étnica, reiterando las anteriores predicciones de los monitores europeos.
Al comenzar la campaña de bombardeos, el comandante general de las tropas norteamericanas- OTAN Wesley Clark informó a la prensa que era "enteramente previsible" que el terror serbio se intensificase como consecuencia. Poco después, Clark clarificó otra vez que "las autoridades militares anticiparon totalmente la cruel estrategia que Milosevic adoptaría, así como también la terrible eficiencia con la cual la llevaría a cabo". Elucubrando lo que pasaría algunas semanas más tarde, él comentó que la operación de la OTAN planeada por "los dirigentes políticos... no fue diseñada como una forma de detener la limpieza étnica serbia. No fue diseñada como una manera de librar una guerra contra los serbios y sus fuerzas militares policiales en Kosovo. De ninguna manera. No hubo nunca ningún intento de hacer eso. Esa no era la idea". El general Clark manifestó además que los planes para la Operación Herradura "nunca han sido compartidos conmigo", en referencia al supuesto plan serbio para expulsar a la población, que fue difundida por la OTAN después de que la traumática reacción serbia al bombardeo se hubiese hecho evidente.
La agencia que tiene la principal responsabilidad para el cuidado de refugiados es ACNUR. "Al final de la guerra, el Primer Ministro británico Tony Blair reprendió en privado a la agencia por lo que él consideró un funcionamiento problemático". Evidentemente, el funcionamiento de ACNUR habría sido menos problemático si la agencia no hubiera sido dejada sin fondos por las grandes potencias. Por esta razón, el ACNUR tuvo que recortar personal más de un 15 por ciento en 1998. En octubre, mientras los planes del bombardeo estaban siendo formulados, el ACNUR anunciaba que tendría que eliminar una quinta parte del personal restante en Enero de 1999 por la crisis presupuestaria creada por los "estados ilustrados".
En resumen, los monitores del KVM fueron apartados y una campaña de bombardeos comenzó con la expectativa, rápidamente cumplida, de que la consecuencia sería una fuerte escalada de la limpieza étnica y otras atrocidades, después de que la organización responsable del cuidado de refugiados fuese dejada sin fondos. Bajo la doctrina de justificación retrospectiva, los horribles crímenes que sobrevinieron son ahora presentados como, quizás, "suficientes para justificar" la campaña de bombardeos de la OTAN.
La persona que comete un crimen carga con la principal responsabilidad por el mismo; aquellos que le incitan, anticipando las consecuencias, llevan una responsabilidad secundaria, lo cual sólo se agrava si actúan de manera que aumente el sufrimiento de las víctimas. El único argumento posible para la acción que incita a los crímenes es que hubieran sido aún más severos en el caso de no haberse actuado. Esa exigencia, una de las más notables en la historia del apoyo del crimen de estado, requiere evidencias sustanciales. En el caso presente, uno buscará evidencias en vano –e incluso el reconocimiento que tales evidencias requieren.
Supongamos, no obstante, que tomamos en serio el argumento. Pierde fuerza descaradamente hasta el punto de que los subsiguientes crímenes son algo estupendo. Si ninguno de los albano- kosovares habían sufrido como resultado de la campaña de bombardeos de la OTAN, entonces la decisión de bombardear podría estar justificada sobre la base de que se impedirían los crímenes en contra de ellos. La fuerza del argumento disminuye tanto como aumenta la escala de los crímenes. Es, por consiguiente, más bien curioso que los que apoyan el bombardeo busquen pintar el peor cuadro posible de los crímenes en los cuales comparten responsabilidad; debería ser el caso contrario. La extraña postura probablemente refleja el éxito en inculcar la doctrina de que los crímenes incitados por el bombardeo de la OTAN proporciona una justificación retrospectiva para ella.
Éste, en absoluto es el único gran logro de la dirección doctrinal. Otro es el debate sobre la supuesta "doble moral" de la OTAN, revelado por su "apartar la vista" de otras crisis humanitarias, o "hacer demasiado poco" para prevenirlas. Los participantes en el debate deben acordar que la OTAN fue guiada por principios humanitarios en Kosovo — precisamente la pregunta en disputa. Aparte de eso, la administración Clinton "apartó la vista" o "hizo demasiado poco" frente a las atrocidades en Timor Oriental, o Colombia, o muchos otros lugares. Más bien, junto con sus aliados, escogió incrementar las atrocidades, a menudo vigorosamente y decisivamente. Quizá el caso de Turquía -dentro de OTAN y bajo la jurisdicción europea- es lo más relevante en la presente conexión. Sus operaciones de limpieza étnica y otros crímenes, enormes en proporción, fueron efectuados con un flujo enorme de ayuda militar de la administración Clinton, que aumentó a la par que las atrocidades. También han virtualmente desaparecido de historia. No hubo mención a ellos en la reunión del 50 aniversario de la OTAN en abril de 1999, celebrada bajo la sombra de la limpieza étnica -un crimen que no puede ser tolerado, declararon participantes y comentaristas, cerca de los bordes de OTAN; sólo dentro de sus bordes, dónde los crímenes van a ser agilizados. Con raras excepciones, la prensa ha mantenido una actitud de disculpa, aunque la participación de Fuerzas Armadas turcas en la campaña Kosovo fue altamente reconocida. El más reciente debate sobre los problemas de "intervención humanitaria" evade el papel crucial estadounidense en las atrocidades de los turcos, o ignora el tema completamente.
Es un logro raro para un sistema de propaganda el haber asumido sus doctrinas como propias presuposiciones en el debate. Éstas están entre las "lecciones aprendidas", para ser aplicados en ejercicios futuros enmascarados tras el objetivo humanitario.
Hasta cierto nivel, seguramente, se reconoce el disparate de la justificación retrospectiva. Por consiguiente muchos intentos de justificar el bombardeo de la OTAN siguen una línea diferente. Una versión típica dice que "Serbia invadió Kosovo para aplastar un movimiento separatista albanés pero mató 10.000 civiles y expulsó a 700.000 personas hacia Macedonia y Albania. Entonces, la OTAN atacó a Serbia desde el aire para proteger a los albaneses de una limpieza étnica [ pero] mató centenares de civiles serbios y produjo un éxodo de decenas de miles de ellos desde las ciudades al campo". Si asumimos este orden de los acontecimientos se podría armar una base racional que justifique el bombardeo, pero, sin ningún tipo de dudas, el orden real es exactamente el opuesto.
El dispositivo es de uso habitual en los medios y los especialistas con frecuencia adoptan una postura similar. El historiador David Fromkin, en su libro ampliamente elogiado sobre la guerra, afirma sin argumentos que los EEUU y sus aliados actuaron únicamente por "altruismo" y "fervor moral", forjando "un enfoque novedoso sobre el uso de la fuerza en política internacional" al "reaccionar a la deportación de más de un millón de kosovares de su patria" con el bombardeo, para salvarlos de "horribles sufrimientos o la muerte". Se está refiriendo a aquellos expulsados como consecuencia anticipada de la campaña de bombardeos. Al abrir su defensa legal de la guerra, la profesora en leyes, Ruth Wedgwood asume sin argumentos, que el objetivo del bombardeo de la OTAN fue "detener la expulsión de los albaneses de Kosovo" a manos de Belgrado; esto es, la expulsión precipitada por el bombardeo, un objetivo desconocido y enérgicamente negado por el comandante militar de la operación.
El especialista en asuntos exteriores y seguridad Alan Kuperman escribe que en Timor Oriental y Kosovo "la amenaza de sanciones económicas o de bombardeo provocó una trágica reacción violenta" y que "la intervención occidental llegó demasiado tarde para prevenir atrocidades masivas". En Kosovo el bombardeo no llegó "demasiado tarde para prevenir atrocidades masivas" mas bien las precedió y tal como fue anticipado, las incitó. En Timor Oriental, ninguna acción occidental "provocó una reacción violenta". No se propuso el uso de la fuerza e incluso se retrasó la amenaza de sanciones hasta después de que se consumaran las atrocidades. La "intervención" la realizó una fuerza de paz de la ONU que ingresó en el territorio administrado por Portugal en principio bajo jurisdicción de la ONU, después de que las potencias occidentales finalmente retiraran su apoyo directo a la invasión de Indonesia y sus masivas atrocidades, causando la rápida retirada de su ejército.
Tal revisión del registro de los hechos ha sido un procedimiento habitual durante todo este tiempo. En una peculiar versión anterior, el especialista en política exterior del New York Times (NYT) Thomas Friedman, escribió al final de la guerra que "al comenzar la expulsión de los refugiados, ignorar a Kosovo hubiera sido un error.... por lo tanto el uso de un "enorme poder de fuego aéreo" en pos de un objetivo concreto era la única opción lógica. El desalojo de los refugiados al que él se refiere siguió al uso del "enorme poder de fuego aéreo" tal como se anticipó. De nuevo la inversión que ya nos es familiar, comprensible ya que sin ella la defensa de la violencia de estado se vuelve verdaderamente dificultosa.
Una justificación retrospectiva usualmente empleada es que el uso de la fuerza hizo posible el retorno de los albano-kosovares a sus hogares; un logro significativo si ignoramos el hecho que casi todos fueron expulsados como reacción a los bombardeos. Según éste razonamiento, una alternativa preferible, grotesca pero algo menos que el plan de acción que se siguió, hubiera sido esperar a que los serbios consumaran la supuesta amenaza y si lo hacían, bombardear la República Federal Yugoslava (RFY) para asegurar el retorno de los kosovares, que hubieran sufrido bastante menos daño que al huir bajo los bombardeos de la OTAN.
Una variante interesante aparece en la introducción al libro de documentos sobre Kosovo editado por el profesor en leyes Marc Weller de la Universidad de Cambridge. Él reconoce que el bombardeo de la OTAN, al que apoyó enérgicamente, es una clara violación del derecho internacional y podría justificarse solamente sobre la base de un supuesto "derecho a la intervención humanitaria". Esta justificación a su vez, se basa en el supuesto que el rechazo de la RFY a "aceptar un detallado acuerdo sobre el tema de Kosovo [ el ultimátum de Rambouillet] constituiría una circunstancia que desencadenaría una descomunal emergencia humanitaria. Pero los sucesos en el terreno "disculparon" a la OTAN de tener que contestar este punto", escribe:
particularmente "el inicio de una campaña de deportación masiva previamente planificada de lo que pareció en algún momento ser la totalidad de la población de la etnia albanesa de Kosovo justo antes del comienzo de los bombardeos".
Hay dos problemas con este planteamiento. Primero, el registro documental, incluyendo el libro que el editó, no brinda ninguna evidencia en apoyo de este crucial argumento y de hecho lo niega (dada la falta de evidencia a pesar de los importantes esfuerzos para sacarla a luz). Segundo, aún en el caso que se hubiera descubierto a posteriori que la expulsión comenzó antes de los bombardeos, esto difícilmente podría justificar el empleo de la fuerza, por simple lógica. Además, como fue ya discutido, aún si el inicio de la expulsión se hubiera conocido antes del bombardeo (aunque misteriosamente esto falta en la evidencia documental) hubiera sido altamente preferible permitir que la expulsión se llevara a cabo y entonces iniciar el bombardeo que llevaría al retorno de aquellos deportados: grotesco pero en bastante menor grado que lo finalmente decidido. Sin embargo, a la luz de las evidencias disponibles, todo esto es una discusión académica, que simplemente muestra los desesperados esfuerzos para justificar la guerra.
¿Es que existían opciones menos grotescas en Marzo de 1999? El peso de la prueba está obviamente del lado de aquellos que optaron por la violencia de estado, un gran peso que no ha tenido intentos serios de ser levantado. Pero dejemos esto de lado y miremos al abanico de opciones disponibles.
Una pregunta importante, hecha por Eric Rouleau es si "las atrocidades serbias habían llegado a proporciones tales que obligaban a romper el proceso diplomático con el fin de salvar a los kosovares de un genocidio". Anota que "la continua negativa de la Organización para la Seguridad y la Cooperación Europea (OSCE) a difundir el informe [ sobre las observaciones de los monitores de la Misión de Verificación de Kosovo (KVM) desde noviembre hasta su retirada] solamente alimenta las dudas sobre la veracidad de tal alegato. Como se dijo antes, los autos de procesamiento del Departamento de Estado y el Tribunal no brindan ningún apoyo significativo a tal alegato, lo cual no es un hecho insignificante puesto que ambos buscaron desarrollar el caso más contundente. ¿Qué hay entonces del informe de la OSCE, difundido después del artículo de Rouleau? Como ya fue comentado, el informe no hace ningún esfuerzo serio para apoyar tal argumento, de hecho brinda poca información acerca del período crucial. Sus referencias confirman de hecho el testimonio de Jacques Prod´home, miembro francés del KVM citado por Rouleau, de que "en el mes previo a la guerra, durante el cual se movió libremente en la región de Pec, ni él ni sus colegas vieron nada que pudiera ser descrito como persecución sistemática, crímenes colectivos o individuales, incendio de casas o deportaciones." Los detallados informes del KVM y otros observadores omitidos en la revisión de la OSCE socavan aún más el alegato, como ya hemos dicho.
El argumento central, componente clave del caso de la OTAN tal como reconocen aún sus más fervientes defensores, Weller por ejemplo, permanece sin apoyo. Una vez más debe subrayarse que el mayor peso de la prueba está del lado de aquellos que lo emplearon para justificar el uso de la fuerza. La discordancia entre lo que se requiere y la evidencia presentada es "impresionante", si bien el término "contradicción" sería mas adecuado, en particular cuando se consideran otras evidencias pertinentes, como el testimonio directo del comandante militar, General Clark.
Kosovo había sido un lugar extremadamente desagradable durante el año previo. Cerca de 2,000 personas murieron asesinadas según la OTAN, la mayoría albaneses, en el curso de una lucha encarnizada que comenzó en Febrero con acciones del Ejército de Liberación de Kosovo (ELK) que los EEUU denunciaron como "terrorismo", y una brutal respuesta Serbia. En el verano el KLA controlaba cerca del 40% de la provincia, desencadenando una cruenta reacción de las fuerzas de seguridad serbias y de paramilitares dirigida a la población civil. De acuerdo con el consejero legal de los albano-kosovares Marc Weller, "en pocos días [ después de la retirada de los monitores el 20 de Marzo] , el número de desplazados se incrementó hasta 200,000", números que concuerdan grosso modo con los de la inteligencia norteamericana.
Supongan que los monitores no hubieran sido retirados en la preparación del bombardeo y que se hubieran proseguido los esfuerzos diplomáticos. ¿Eran éstas opciones factibles? ¿Hubieran conducido a un a un peor desenlace, o incluso a uno mejor?. Ya que la OTAN se negó a explorar esta posibilidad, no lo sabemos. Pero al menos podemos considerar los hechos conocidos y preguntarnos lo que sugieren.
¿Podían los monitores de la KVM haber permanecido, incluso haber aumentado su presencia? Parece posible, particularmente a la luz de la condena inmediata a la retirada realizada por la Asamblea Nacional Serbia. No se ha argumentado que el incremento de las atrocidades después de su retirada se hubiera producido incluso si se hubieran quedado y mucho menos que la masiva escalada fue la consecuencia prevista del bombardeo marcado por la partida de los mismos. La OTAN también puso poco esfuerzo en utilizar otros medios pacíficos; incluso un embargo de petróleo, la base de cualquier régimen de sanciones serio, no fue considerado sino hasta después del bombardeo.
Sin embargo, la cuestión más importante, tiene que ver con las opciones diplomáticas. En la víspera del bombardeo había dos propuestas sobre la mesa. Una era el acuerdo de Rambouillet, presentado a Serbia como un ultimátum. La segunda era la posición Serbia, formulada en el "Borrador del Acuerdo Revisado" del 15 de Marzo y la Resolución de la Asamblea Nacional Serbia del 23 de marzo. Una preocupación seria por proteger a los kosovares bien podría haber puesto en consideración también otras opciones, incluso tal vez, algo parecido a la propuesta del presidente Serbio de Yugoslavia, Dobrica Cosic, de 1992-93 que proponía la partición de Kosovo y su separación de Serbia, con la excepción "de una cantidad de enclaves Serbios". En su momento, la propuesta fue rechazada por la República de Kosovo de Ibrahim Rugova que había declarado la independencia y formado un gobierno paralelo; pero podría haber sido de utilidad como base de una negociación en las circunstancias diferentes de comienzos de 1999. Quedémonos entonces con las dos posiciones oficiales al final de marzo: el ultimátum de Rambouillet y la Resolución Serbia.
Es importante y a la vez revelador que, con excepciones marginales, los contenidos esenciales de ambas posiciones fueron mantenidos fuera del alcance de la opinión pública, aparte de medios disidentes que llegan a poca gente.
La Resolución de la Asamblea Nacional Serbia, si bien reportada enseguida por los servicios cablegráficos, ha permanecido prácticamente como un secreto. Ha habido escasos indicios incluso de su existencia, y menos aún de su contenido. La Resolución condena el retiro de los monitores de la OSCE y hace un llamado a la ONU y la OSCE para permitir un acuerdo diplomático a través de negociaciones "hacia la concreción de un acuerdo político basado en una amplia autonomía para [ Kosovo] , asegurando la completa igualdad de todos los ciudadanos y comunidades étnicas y el respeto a la soberanía e integridad territorial de la República de Serbia y la República Federal de Yugoslavia." Abre la posibilidad de una "presencia internacional" de "tamaño y características" a determinar a los efectos de llevar a cabo el "acuerdo político sobre la autodeterminación acordada y aceptada por los representantes de todas las comunidades nacionales que viven en [ Kosovo] ." La conformidad de la RFY para "discutir el alcance y el carácter de la presencia internacional en [ Kosovo] para aplicar el acuerdo a ser aceptado en Rambouillet" había sido transmitida formalmente a los negociadores el 23 de Febrero, y anunciada por la RFY en conferencia de prensa el mismo día. Si esas propuestas tenían alguna sustancia no lo podemos saber puesto que nunca fueron consideradas y permanecen desconocidas.
Es quizás más llamativo aún que el ultimátum de Rambouillet, descrito universalmente como la propuesta de paz, fue ocultado a la opinión pública, en particular las cláusulas aparentemente introducidas en los últimos momentos de las conversaciones de París en Marzo, después que Serbia manifestara su acuerdo con las principales propuestas políticas, garantizando así su rechazo. De singular importancia son los términos de los Apéndices de aplicación que otorgaban a la OTAN el derecho de "entrada libre y sin restricciones y acceso autorizado a todo lo largo de la RFY incluyendo el espacio aéreo y las aguas territoriales," sin límites, obligaciones ni ataduras respecto a las leyes del país o la jurisdicción de sus autoridades, quienes, sin embargo, deberán seguir las órdenes de la OTAN "con la mayor prioridad y todos los medios apropiados" (Apéndice B).
El Anexo fue ocultado a los periodistas que cubrían las conversaciones de Rambouillet y París, informa Robert Fisk. "Los serbios dicen que lo denunciaron en su última conferencia de prensa en París, un encuentro pobremente cubierto en la embajada Yugoslava a las 11de la noche el 18 de Marzo." Los disidentes serbios que participaron en las negociaciones sostienen que tales condiciones les fueron entregadas el último día de las conversaciones de París, y los rusos no sabían de su existencia. Estas cláusulas no estuvieron a disposición de los miembros de la Casa de los Comunes Británica hasta el 1 de Abril, el primer día del receso parlamentario, una semana después del inicio del bombardeo.
En las negociaciones que comenzaron después del bombardeo, la OTAN abandonó completamente estas demandas junto con otras a las cuales Serbia se había opuesto, y no existe ninguna mención a ellas en el acuerdo final de paz. Sin que le falte razón, Fisk pregunta: ¿Cuál era el propósito real de la exigencia de última hora de la OTAN? ¿Era un caballo de Troya? ¿Para salvaguardar la paz? ¿O para sabotearla? En cualquier caso, si los negociadores de la OTAN hubieran estado preocupados por el destino de los albano-kosovares, deberían haber intentado determinar si la diplomacia podía tener éxito retirando las demandas más provocativas y obviamente irrelevantes de la OTAN, aumentando el vigilancia, y no terminándola; y amenazando con el uso de sanciones significativas.
Cuando se han formulado tales preguntas, los líderes de los equipos negociadores de los EEUU y Gran Bretaña han alegado que estaban dispuestos a retirar las demandas exorbitantes que luego dejaron de lado, pero que los serbios se negaron. El alegato es difícilmente creíble. Hubieran tenido toda la razón del mundo de hacer públicos esos hechos de inmediato. Es interesante que ellos no fueron llamados a responder por este asombroso desempeño.
Destacados partidarios del bombardeo han empleado alegatos similares. Un importante ejemplo es el comentario sobre Rambouillet realizado por Marc Weller. Éste ridiculiza los "alegatos extravagantes" sobre los Apéndices de aplicación, los cuales dice "fueron publicados junto con el acuerdo," esto es el Borrador del Acuerdo fechado el 23 de marzo. Donde fueron publicados no lo dice, ni explica porqué los periodistas que cubrían las conversaciones de Rambouillet y París los desconocían; ni tal parece, el parlamento Británico. El "famoso Apéndice B", afirma, establecía "los términos habituales de un acuerdo de fuerzas para la KFOR (las fuerzas de ocupación de la OTAN)." No explica porqué tal exigencia fue retirada después que empezara el bombardeo, y evidentemente no lo necesitan las fuerzas que entraron en Kosovo bajo mando de la OTAN en Junio, y que son mucho más grandes que las contempladas en Rambouillet y por tanto deberían ser aún más dependientes del acuerdo de fuerzas. También queda sin explicar la respuesta de la RFY del 15 de marzo al Borrador del Acuerdo del 23 de febrero. La respuesta de la FRY analiza el Borrador de Acuerdo con gran detalle, sección por sección, proponiendo extensos cambios y supresiones a lo largo del mismo, pero sin hacer ninguna referencia a los apéndices- los acuerdos de aplicación, que tal como Weller enfatiza, eran con mucho la parte más importante y el tema de las negociaciones de París que tenían lugar en ese momento. La única forma de ver esta descripción es con escepticismo, incluso dejando fuera su actitud descuidada hacia el hecho crucial, ya apuntada, y sus claros cometidos. De momento, estos importantes asuntos permanecen sepultados en la oscuridad.
A pesar de los esfuerzos oficiales para prevenir el conocimiento público de lo que estaba sucediendo, los documentos estaban disponibles para cualquier medio noticioso que se decidiese a profundizar en el asunto. En los EEUU, la demanda extrema (y claramente irrelevante) de una práctica ocupación de la RFY por parte de la OTAN recibió su primer mención en una conferencia de prensa de la OTAN el 26 de abril, cuando se hizo un pregunta al respecto, pero fue rápidamente desechada y no profundizada. Los hechos fueron informados cuando las demandas fueron formalmente retiradas y se volvieron irrelevantes con relación a una opción democrática. Inmediatamente después del anuncio de los acuerdos de paz el 3 de junio, la prensa citó los pasajes críticos del "tómelo o déjelo" del ultimátum de Rambouillet, anotando que "una fuerza únicamente de la OTAN iba a tener permiso completo para ir a cualquier parte de Yugoslavia donde quisiera, inmune a cualquier proceso legal," y que "fuerzas lideradas por la OTAN hubieran tenido prácticamente acceso libre por toda Yugoslavia, no solamente Kosovo." Durante los 78 días de los bombardeos las negociaciones continuaron, cada lado haciendo compromisos -descritos en los EEUU como fraude serbio, o capitulación bajo las bombas. El acuerdo de paz del 3 de junio fue un compromiso entre las dos posiciones sobre la mesa a finales de marzo. La OTAN abandonó sus exigencias más extremas, incluyendo aquellas que aparentemente minaron las negociaciones en el último minuto y el texto que se interpretó como un llamado a referéndum sobre la independencia. Serbia aceptó a la "presencia de una fuerza de seguridad internacional con participación prominente de la OTAN", la única mención a la OTAN en el acuerdo de paz o la Resolución 1244 confirmatoria del Consejo de Seguridad. La OTAN no tenía la intención de ajustarse a los pedazos de papel que había firmado e inmediatamente actuó violándolos, aplicando una ocupación militar de Kosovo bajo su mando. Cuando Serbia y Rusia insistieron en el cumplimiento de los acuerdos formales, fueron castigados por su fraude, y el bombardeo fue renovado para hacerlos entrar en vereda. El 7 de junio, los aviones de la OTAN bombardearon de nuevo las refinerías de petróleo en Novi Sad y Pancebo, centros de oposición a Milosevic. La refinería de Pancebo se prendió fuego liberando una gran nube de gases tóxicos, mostrada en una foto de un artículo del NYT del 14 de julio que discutía los severos efectos sobre la economía y la salud. No se informó del bombardeo aunque fue cubierto por los servicios cablegráficos.
Se ha argumentado que de haberse llegado al mismo en marzo, Milosevic hubiera intentado evadir los términos de un acuerdo. Los antecedentes apoyan fuertemente esta conclusión así como apoyan la misma conclusión acerca de lo que hubiese hecho la OTAN - no sólo en este caso, incidentalmente; el desmantelamiento por la fuerza de los acuerdos firmados es la norma por parte de las grandes potencias. Tal como ahora se reconoce tardíamente, los antecedentes también sugieren que "habría sido posible [ en marzo] iniciar una verdadera ronda de negociaciones- no el desastroso dictado Americano presentado a Milosevic en la conferencia de Rambouillet - e introducir un gran contingente de observadores externos capaces de proteger a civiles albaneses y serbios por igual.
Al menos todo esto parece claro. La OTAN prefirió rechazar las opciones diplomáticas que no estaban agotadas y lanzar una campaña militar que tuvo terribles consecuencias para los albano- kosovares, tal como se esperaba. Otras consecuencias preocupan poco a occidente, incluyendo la destrucción de la economía civil Serbia por operaciones militares violando en forma flagrante las leyes de la guerra. Si bien este asunto fue presentado al Tribunal de los Crímenes de Guerra tiempo atrás, es difícil imaginar que será seriamente considerado. Por similares razones, es poco probable que el Tribunal preste atención a las 150 páginas del "Sumario de la Operación Tormenta: Un caso prima facie", que revisa los crímenes de guerra cometidos por las fuerzas croatas que expulsaron 200.000 serbios de Krajina en agosto de 1995, con participación crucial de los EEUU y que produjo "prácticamente una falta total de interés en la prensa y el Congreso de los EEUU," observa David Binder, corresponsal del NYT en los Balcanes.
El sufrimiento de los kosovares no concluyó con la llegada de la fuerza de ocupación de la OTAN (KFOR) y la misión de la ONU. A pesar de los billones de dólares que estuvieron rápidamente disponibles para el bombardeo, siendo octubre, los EEUU "aun no han pagado uno solo de los 37.9 millones de dólares estimados para cubrir los gastos de la puesta en funcionamiento de la operación civil de la ONU en Kosovo"; tal como en Timor Oriental, donde la administración Clinton solicitó una reducción de la pequeña fuerza de paz. Cerca de noviembre, "la Oficina para la Asistencia a Desastres en el Exterior de los EEUU aún no había distribuido ningún kit de trabajo pesado y estaba únicamente entregando trastos viejos" por el programa de protección contra el invierno en Kosovo; la ACNUR y la agencia humanitaria de la UE, ECHO han insistido en sus críticas por las demoras y la falta de previsión". Las actuales necesidades de la misión de la ONU cuestan "el precio de medio día de bombardeos", dijo un amargado funcionario de la ONU y sin tal ayuda, "este lugar fracasará", para el regocijo de Milosevic. Una conferencia de donantes llevada a cabo por los gobiernos occidentales prometió sólo 88 millones de dólares para cubrir el presupuesto de la misión de la ONU en Kosovo y ofreció para el próximo año 1 billón de dólares en ayuda para la reconstrucción - fondos públicos que serán transferidos a las arcas de los contratistas privados, si se llega a una solución de las controversias dentro de la OTAN sobre como se distribuirán los contratos. A mediados de diciembre la misión de la ONU suplicó nuevamente con poco éxito, por fondos para maestros, la policía, funcionarios y otros empleados públicos.
A pesar de la limitada ayuda, el atractivo de un desastre que puede ser atribuido al enemigo oficial y explotado (en forma curiosa) "para demostrar porqué 78 días de ataques aéreos contra las fuerzas y la infraestructura serbia eran necesarios" ha sido suficiente para introducir cortes severos en la ayuda en otros lugares. El senado de los EEUU está proyectando un corte en decenas de millones de dólares de los programas relacionados con Africa. Dinamarca ha cortado la ayuda fuera de Kosovo en un 26%. El Cuerpo Médico Internacional está suspendiendo su programa en Angola, ya que mientras recaudaron 5 millones de dólares para Kosovo, han buscado en vano 1.5 millones de dólares para Angola, donde 1.6 millones de desplazados se enfrentan a la muerte por inanición. El Programa Mundial de Alimentación anunció que deberá recortar sus programas que atienden a 2 millones de refugiados en Sierra Leona, Liberia y Guinea, al haber obtenido menos del 20% de los fondos solicitados. La misma suerte espera a 4 millones de personas que sufren hambruna en la región africana de los Grandes Lagos -cuyas circunstancias no están desvinculadas durante muchos años de las acciones de las potencias occidentales, así como de la negativa a actuar en momentos críticos. El ACNUR gasta 11 veces más por refugiado en Kosovo que en Africa. "Los centenares de millones de dólares gastados en los refugiados de Kosovo y el amontonamiento entre las agencias deseosas de gastarlos fue casi una obscenidad", dijo Randolph Kent," quien dejó los programas de la ONU en los Balcanes por el trabajo en Africa Oriental. El presidente Clinton mantuvo una reunión con las agencias de ayuda más importantes "para destacar su propio entusiasmo en apoyar a Kosovo"
Todo esto sucede va contra del trasfondo de importantes reducciones de la ayuda en los EEUU, en "la cima de su gloria" (Fromkin), con sus dirigentes complacidos de adulación por su "altruismo" sin precedentes históricos, al tiempo que prácticamente desaparecen de la lista de donantes para los pobres y miserables.
El informe de la OSCE brinda una detallada documentación de los crímenes cometidos bajo la ocupación militar de la OTAN. Si bien no se comparan con aquellos cometidos por Serbia bajo el bombardeo de la OTAN, no son insignificantes. La provincia ocupada se encuentra bajo "la falta de legalidad que ha dejado una violencia incontrolada" mucha de la cual es atribuida al ELK-UCK, indica la OSCE, mientras la "impunidad" ha prevalecido sobre la justicia. Los albaneses opositores al "nuevo orden" bajo el dominio del UCK, incluidos los dirigentes del "principal rival político de este grupo rebelde" han sido secuestrados, asesinados, atacados con granadas, amedrentados y obligados a abandonar la política. La selección del informe de la OSCE aparecida en el NYT se refiere a la ciudad de Prizren cerca de la frontera albanesa, atacada por los serbios el 28 de marzo, pero "el resultado global es que mucho más daño ha sido causado .....después de la guerra que durante ella." La policía militar británica informa de la participación de la mafia albanesa en ataques con granadas y otros actos criminales como el asesinato de ancianas por "hombres autoidentificados como representantes del ELK."
La minoría serbia ha sido en su mayor parte expulsada. Robert Fisk informa que "el número de serbios asesinados en los 5 meses desde la guerra se acerca al de albaneses asesinados a manos serbias en los 5 meses previos al inicio del bombardeo por la OTAN en marzo," tal como indica la evidencia disponible; recordar que la ONU informó de "65 muertes violentas" de civiles (principalmente albaneses y serbios) en los 2 meses previos a la retirada de los monitores y el bombardeo. Los crímenes no son investigados, ni siquiera el asesinato de un empleado serbio del Tribunal Internacional. La comunidad croata "huyó en masa" en octubre. En noviembre, "el presidente de la pequeña comunidad judía en Pristina, Cedra Prlincevic huyó a Belgrado después de denunciar "un pogromo contra la población no-albanesa." Amnistía Internacional informó al finalizar el año que la "violencia contra serbios, gitanos, eslavos musulmanes y albaneses moderados en Kosovo ha crecido dramáticamente durante el mes pasado", incluyendo "asesinatos, secuestros, ataques violentos, intimidación e incendio de casas a diario," del mismo modo que la tortura y las violaciones, y los ataques a los medios y organizaciones políticas independientes en lo que parece ser "una campaña orquestada para silenciar las voces moderadas en la sociedad de etnia albanesa," todo esto ante los ojos de las fuerzas de la OTAN.
Los oficiales de la KFOR informan que sus órdenes son pasar por alto los crímenes: "Por supuesto que es una locura," dijo un comandante francés, "pero esas son las órdenes de la OTAN, desde arriba." Las fuerzas de la OTAN asimismo "parecen completamente indiferentes" a los ataques de "bandas armadas de etnia albanesa" que cruzan la frontera entre Serbia y Kosovo "para aterrorizar aldeas fronterizas, robar madera o ganado y, en algunos casos, para asesinar," produciendo el abandono de estos pueblos.
Actualmente, todo indica que Kosovo bajo la ocupación de la OTAN se ha transformado en el sitio que fue a principios de 1980, después de la muerte de Tito, cuando fuerzas nacionalistas se movilizaron para crear "una república Albanesa étnicamente pura", tomando tierras de los serbios, atacando iglesias, y participando en "premeditados actos de violencia" para lograr el objetivo de una región albanesa "étnicamente pura" , con "episodios de violación, incendio, robo y sabotaje industrial aparentemente pensados para enviar a los indígenas eslavos que permanecían en Kosovo ... fuera de la provincia." Este problema "en apariencia ingobernable", otra fase en una terrible historia de violencia intercomunitaria, condujo a una respuesta particularmente brutal de Milosevic, despojando a Kosovo de su autonomía y de los importantes subsidios federales de los cuales dependía, imponiendo un régimen de "Apartheid". Kosovo comenzó a parecerse a Bosnia, "un antro de ladrones y evasores de impuestos" sin una economía operativa, dominado por "una adinerada clase criminal que ejerce una enorme influencia política y que se apodera anualmente de cientos de millones de dólares de los impuestos." Lo peor puede estar por venir cuando la lucha por la independencia para Kosovo viene intrincada con presiones por una "gran Albania", de sombríos presagios.
Los países pobres de la región han sufrido enormes pérdidas por el bloqueo del Danubio causado por el bombardeo de Novi Sad, otro centro de oposición a Milosevic. Estos ya venían sufriendo de las barreras proteccionistas que "impiden que los barcos lleven sus productos a la UE," lo mismo que "una barrera de cuotas y tarifas occidentales sobre sus exportaciones." Pero el "bloqueo del [ Danubio] es realmente un regalo para Europa Occidental, particularmente Alemania, que se beneficia del incremento de su actividad en el Rhin y en los puertos sobre el Atlántico.
Hay también otros ganadores. Al final de la guerra, la prensa económica declaró como "los verdaderos ganadores" a la industria militar occidental, refiriéndose principalmente a la industria de tecnologías punta. Moscú está esperando "un gran año para las exportaciones de armas rusas" ya que "el mundo se está rearmando aprensivamente gracias sobre todo a la aventura balcánica de la OTAN", buscando una disuasión, tal como fue ampliamente previsto durante la guerra. Aún más importante, los EEUU fueron capaces de imponer su dominio sobre la región estratégica de los Balcanes, desplazando, al menos temporalmente, las iniciativas de la UE, una causa primaria de la insistencia que la operación estuviera en manos de la OTAN, una subsidiaria de los EEUU. Una Serbia venida a menos se mantiene como la última que no está de acuerdo, probablemente no por mucho tiempo.
Una consecuencia adicional es un golpe a los frágiles principios del orden mundial. La acción de la OTAN representa una amenaza para "el corazón del sistema de seguridad internacional" fundado por la Carta de las Naciones Unidas, observa el Secretario General Kofi Annan en su informe anual a la ONU en septiembre. Esto importa poco a los ricos y poderosos, que actúan a voluntad, rechazando decisiones de la Corte Internacional de Justicia y vetando resoluciones del Consejo de Seguridad cuando es necesario; es útil recordar que, contrariamente a lo que habitualmente se cree, los EEUU han sido por lejos los que han vetado más resoluciones del Consejo de Seguridad en una gran gama de temas, incluyendo terrorismo y agresión, desde que perdieron el control de la ONU en el curso de la descolonización, con Gran Bretaña como segundo, seguidos de lejos por Francia como tercero. Las víctimas habituales, sin embargo, se toman estos asuntos más seriamente como demuestra la reacción global a la guerra en Kosovo.
El punto esencial -para nada oscuro- es que el mundo enfrenta dos opciones con relación al empleo de la fuerza: 1) algo parecido a un orden mundial, ya sea la Carta o incluso algo mejor si puede ganar cierto grado de legitimidad; o 2) los estados poderosos hacen lo que quieran a menos que sufran restricciones internas, guiados por intereses de poder y ganancias, como en el pasado. Tiene mucho sentido luchar por un mundo mejor, pero no complacerse con en pretensiones e ilusiones sobre el mundo en que vivimos.
Los archivos y otras fuentes de información brindarán mucha más información sobre la última guerra en los Balcanes. Cualquier conclusión a la que se llegue hoy, será como máximo tentativa y parcial. Por lo pronto, sin embargo, las "lecciones aprendidas" no parecen ser particularmente atractivas.
Del Epílogo de la Traducción Francesa de El Nuevo Humanismo Militar (Common Courage, 1999; Page Deux Lausanne, 2000).
Título original: In Retrospect. A review of NATO's war over Kosovo, part II
Autor: Noam Chomsky
Origen: Z Magazine, abril de 2000
Traducido por Pedro Edu Hondo y revisado por Carlos Carmona, febrero de 2001
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No callaran nuestra verdad
by Cuzco Thursday, Jan. 19, 2006 at 4:30 AM
Por mucho que hagan con intencion de hacernos callar, hasta las piedras lo diran, falsos, hipocritas, sinverguenzas.
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No callaran nuestra verdad
by Cuzco Thursday, Jan. 19, 2006 at 4:33 AM
Por mucho que hagan con intencion de hacernos callar, hasta las piedras lo diran, falsos, hipocritas, sinverguenzas.
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SALUDO
by ROCO Thursday, Jan. 19, 2006 at 9:42 AM
ROCO@HOTMAIL.COM
Retrospectiva: Revisión de la campaña de la OTAN sobre Kosovo
Noam Chomsky
Calmado el asunto, debería ser posible abordar una revisión y un análisis relativamente desapasionados de la guerra de la OTAN en Kosovo. Se podría esperar que el asunto hubiese dominado el milenarismo de fin de año, considerando la respuesta abundante que la guerra provocó en los círculos intelectuales occidentales y la ola de autocomplacencia de tanta gente respetable aclamando la primera guerra en la historia batallada "en el nombre de principios y valores", el primer paso audaz hacia una "nueva era" en la cual los "estados ilustrados" protegerán los derechos humanos de todos bajo la guía de un "Nuevo Mundo idealista decidido a terminar con la inhumanidad", ahora liberado de los grilletes de arcaicos conceptos sobre el orden mundial. Pero recibió una escasa mención.
Una rara excepción fue el Wall Street Journal (WSJ), que dedicó su artículo principal del 31 de Diciembre a un análisis en profundidad de lo ocurrido. El titular decía: "La guerra de Kosovo fue cruel, encarnizada, salvaje; genocidio no fue". La conclusión contrasta bastante con la propaganda durante la guerra. Una búsqueda en la base de datos de referencias a "genocidio" en Kosovo sólo durante la primera semana de bombardeos se interrumpía al alcanzar su límite de 1000 documentos.
Cuando las fuerzas de la OTAN entraron en Kosovo, se emprendieron tremendos esfuerzos para descubrir evidencias de crímenes de guerra, "modelo de rapidez y eficiencia", para asegurar que ninguna evidencia se perdiera o pasara por alto. Esfuerzos "basados en lecciones aprendidas de los errores pasados" que reflejaban "una creciente atención internacional en atrapar a los responsables de crímenes de guerra". Aún más, añaden los analistas, "probar la escala de los crímenes es también políticamente importante para la OTAN, para demostrar porqué fueron necesarios 78 días de ataques aéreos contra fuerzas e infraestructuras serbias".
Esta lógica ampliamente aceptada es intrigante. Indiscutiblemente, los enormes crímenes tuvieron lugar después de que comenzaran los bombardeos: fueron no una causa sino una consecuencia. Requiere un considerable atrevimiento, por tanto, tomar los crímenes como justificación con efecto retroactivo de las acciones que contribuyeron a provocarlos.
Una "lección aprendida", y rápidamente puesta en práctica, fue la necesidad de evitar una investigación seria de los crímenes en Timor Oriental. Aquí no hubo "modelo de rapidez y eficiencia". A pesar de las súplicas de la misión de pacificación de la ONU, fueron enviados pocos forenses, y con cuatro meses de retraso, bastante después de que la estación de las lluvias borrase evidencias esenciales. La propia misión fue retrasada incluso después de que el país hubiese sido virtualmente destruido y la mayoría de su población expulsada. La diferencia no es difícil de comprender. En Timor Oriental los crímenes eran imputables directamente al terrorismo de estado que había sido apoyado por Occidente justo hasta el final de las atrocidades. Consecuentemente, temas como el disuadir y el exigir responsabilidades difícilmente pueden estar en la agenda. En contraposición, en Kosovo puede aducirse la evidencia de crímenes terribles para dar una justificación con efecto retroactivo de la guerra de la OTAN, sobre el interesante principio establecido por el sistema doctrinal.
A pesar de los intensivos esfuerzos, los resultados de "la obsesión por la fosa común", como la llaman los analistas del WSJ, era decepcionantemente escasos. A pesar de "los enormes campos de exterminio que algunos investigadores esperaban... la norma ha sido la dispersión de los asesinatos", una forma de "limpieza étnica descafeinada". "La mayoría de las muertes e incendios sucedieron en áreas dónde el separatista Ejército de Liberación de Kosovo (ELK-UCK) había estado activo" o podía infiltrarse, informaron algunos investigadores pro derechos humanos, en un intento por "delimitar las áreas de apoyo al ELK-UCK, utilizando selectivamente amenazas, saqueos y asesinatos esporádicos". Estas conclusiones ganan apoyo con la detallada revisión de la OSCE publicada en Diciembre, la cual "sugiere un fundamento de tipo militar para las expulsiones, las cuales estaban concentradas en las áreas controladas por los rebeldes y las probables rutas para una invasión".
El análisis del WSJ concluye con que "la OTAN dio un paso más en sus afirmaciones sobre los 'campos de exterminio' serbios" cuando "vio que un débil sector de la prensa se inclinaba por la historia contraria: civiles asesinados por las bombas de la OTAN". El portavoz de la OTAN Jamie Shea presentó "información" que podía ser rastreada hasta fuentes del ELK- UCK. El WSJ concluye con que muchos de los más espeluznantes y prominentemente reportajes publicados sobre atrocidades atribuidos a los refugiados y a otras fuentes eran falsos. Entretanto la OTAN buscaba negar sus propias atrocidades, por ejemplo, publicando un video falso "pasado al triple de su velocidad real" para simular que "la muerte de al menos catorce civiles a bordo de un tren sobre un puente en Serbia el pasado abril" era inevitable porque "el tren viajaba demasiado rápido para que la trayectoria de los misiles pudiese haber sido cambiada a tiempo".
Los analistas del WSJ sin embargo llegan a la conclusión de que los "horribles" crímenes, incluyendo la enorme campaña de expulsión, "pueden ser suficientes para justificar" la campaña de bombardeos de la OTAN, sobre el principio de justificación con efecto retroactivo.
El estudio de la OSCE es la tercera fuente más importante en cuanto a los crímenes serbios. La primera es el caso del Departamento de Estado contra Milosevic y sus cómplices en Mayo; la segunda, su acusación formal poco después por el Tribunal Internacional de Crímenes de Guerra. Los dos documentos son muy parecidos, seguramente porque la "notablemente rápida acusación" por el Tribunal estaba basada en "espionaje y otras informaciones de EEUU/Reino Unido denegada durante largo tiempo al [Tribunal] por los gobiernos occidentales". Pocos esperan que tal información sea revelada para un Tribunal de Crímenes de Guerra en Timor Oriental, en el improbable caso de que haya uno. El Departamento de Estado volvió a abrir el caso en Diciembre de 1999, con lo que se pretende que sea la justificación definitiva para el bombardeo, añadiendo cualquier información que pudiese obtenerse de los refugiados y de las investigaciones tras la guerra.
En los dos informes del Departamento de Estado y en la acusación del Tribunal, la cronología detallada se restringe, casi por completo, al periodo que siguió a la campaña de bombardeos iniciada el 24 de Marzo. Así, el informe final del Departamento de Estado de Diciembre de 1999 se refiere vagamente a "finales de Marzo" o "después de Marzo", aparte de una única referencia a informaciones de refugiados sobre una ejecución el 23 de Marzo, el día de la declaración oficial de la OTAN de que las operaciones aéreas anunciadas el 22 de Marzo iban a empezar. La única excepción significativa es la masacre de 45 personas el 15 de Enero en Racak. Pero que no puede haber sido el motivo para el bombardeo, por dos razones suficientes: primero, los monitores de la OSCE y otros observadores internacionales (incluyendo la OTAN) informaron de que era un incidente aislado, que no tenía nada que ver con los meses posteriores hasta el bombardeo; volvemos a ese antecedente directamente. Y segundo, tales atrocidades preocupan poco a EEUU y sus aliados. Las evidencias sobre esta última conclusión es abrumadora, y fue confirmada una vez más poco después de la masacre de Racak, cuando las fuerzas indonesias y sus subordinados paramilitares asesinaron brutalmente a 50 o más personas que se habían refugiado del terror indonesio en una iglesia en el remoto pueblo timorés de Liquica. A diferencia de Racak, esta fue sólo una de las muchas masacres en Timor Oriental en aquella época, con una cifra de muertos mucho más allá de cualquiera de las atribuidas a Milosevic en Kosovo: entre 3 y 5 mil asesinados desde Enero de 1999, informaron fuentes fiables de la Iglesia el 6 de Agosto, aproximadamente el doble del número de asesinados en todo Kosovo en el año anterior al bombardeo, de acuerdo con la OTAN. El historiador John Taylor estima el número de muertos entre 5 y 6 mil desde Enero hasta el referéndum del 30 de Agosto.
Los EEUU y sus aliados reaccionaron a las masacres de Timor Oriental de la forma habitual: continuar proporcionando ayuda militar y de otras clases a los asesinos y manteniendo otros acuerdos militares, incluyendo ejercicios de entrenamiento conjuntos tan tarde como en Agosto, mientras que se insistía en que la seguridad en Timor Oriental "es responsabilidad del Gobierno de Indonesia, y no queremos quitarles esa responsabilidad".
En resumen, el Departamento de Estado y el Tribunal no hacen esfuerzos serios para justificar la campaña de bombardeos o la retirada de los observadores de la OSCE el 20 de Marzo en preparación de la misma.
La investigación de la OSCE se aviene claramente a las acusaciones producidas por el Departamento de Estado y el Tribunal. Recoge "el esquema de las expulsiones y el enorme aumento de saqueos, asesinatos, violaciones, secuestros y pillaje una vez comenzó la guerra aérea de la OTAN el 24 de Marzo". "El cambio de acontecimientos más visible sucedió después de que la OTAN lanzase sus primeros ataques aéreos" el 24 de Marzo, informa la OSCE. "Por un lado, la situación parecía haberse precipitado sin el control de ninguna autoridad, ya que el desorden reinaba en forma de asesinatos y saqueos de casas. Por el otro, la expulsión masiva de miles de residentes de la ciudad, los cuales principalmente tuvieron lugar en la última semana de Marzo y la primera de Abril, siguieron un cierto patrón y es concebible que fuese bien organizada con antelación".
La palabra "concebible" es seguramente un eufemismo. Incluso sin evidencias documentales, apenas se puede dudar que Serbia tenía planes de contingencia para la expulsión de la población, y que sería probable ponerlos en marcha ante un bombardeo de la OTAN, bajo la perspectiva de una invasión directa. Se arguye comúnmente que el bombardeo está justificado por los planes de contingencia que fueron implementados en respuesta al bombardeo. Una vez más, la lógica es interesante. Adoptando el mismo principio, los ataques terroristas sobre objetivos norteamericanos estarían justificados si producen como respuesta un ataque nuclear, de acuerdo con planes de contingencia –los cuales existen- para un primer ataque, incluso preventivo contra estados no nucleares que han firmado el tratado de no proliferación. Un ataque iraní con misiles sobre Israel con una amenaza creíble de invasión se justificaría si Israel respondiera poniendo en práctica sus precisos planes de contingencia –los cuales presumiblemente existen- para expulsar a la población palestina.
La investigación de la OSCE informa además de que "una vez la OSCE-KVM (sus monitores) se marchó el 20 de Marzo de 1999 y en particular después del comienzo de los bombardeos de la OTAN sobre la Federación Yugoslava el 24 de Marzo, la policía serbia y/o el Ejército, a menudo acompañados por los paramilitares, fueron de pueblo en pueblo y, en las ciudades de área en área amenazando y expulsando a la población albano-kosovar. La partida de los monitores también precipitó un incremento de las emboscadas del ELK-UCK sobre los oficiales serbios, "provocando una fuerte reacción" por parte de la policía, una escalada desde "la atmósfera de pre-guerra, dónde las fuerzas serbias se enfrentaban a los rebeldes, que estaban raptando civiles serbios y emboscando oficiales de policía y soldados".
Para comprender el recurso a la guerra de la OTAN, el periodo más importante es el de los meses que precedieron la decisión. Por supuesto, lo que la OTAN sabía sobre ese periodo es un tema de crucial significación para cualquier intento serio a la hora de evaluar la decisión de bombardear Yugoslavia sin autorización del Consejo de Seguridad de la ONU. Afortunadamente, ese es el periodo del cual tenemos la más detallada evidencia directa: particularmente, de los informes de los monitores KVM y otros observadores internacionales. Desafortunadamente, la investigación de la OSCE pasa por alto rápidamente estos meses, presentando pocas evidencias y concentrándose más bien en el periodo posterior a que los monitores fueran apartados. Una selección de informes del KVM está, sin embargo, disponible, junto con otros de la OTAN y observadores internacionales independientes. Éstos merecen un examen detallado.
El periodo relevante empieza en Diciembre, con la violación del alto el fuego que había permitido la vuelta de mucha gente desplazada por las luchas. A lo largo de estos meses, los monitores informaron que "las agencias humanitarias en general tienen acceso libre a todas las áreas de Kosovo", con un hostigamiento ocasional de las fuerzas de seguridad serbias y los paramilitares del ELK, así que la información se supone que es bastante amplia.
Los "incidentes más serios" de los que informó el ICRC en diciembre son enfrentamientos a lo largo de la frontera de la Federación Yugoslava y Albania, y "lo que parecen ser los primeros ataques deliberados sobre sitios públicos en áreas urbanas". Un informe de actualización de Naciones Unidas (24 de Diciembre) identifica éstos como un intento por parte de albaneses armados de entrar en Kosovo desde Albania, dejando a su paso al menos 36 hombres armados muertos, y el asesinato de 6 adolescentes serbios a manos de unos enmascarados en un tiroteo contra un café la ciudad mayoritariamente serbia de Pec. El siguiente incidente es el rapto y asesinato del concejal de Kosovo Polie, atribuido por OTAN al ELK-UCK. Después hay un informe de "secuestros atribuidos al ELK". El informe del Secretario General de la ONU (24 de Diciembre) repasa la misma evidencia, citando la figura de 282 civiles y policías secuestrados por el ELK desde el 7 de Diciembre (cifras de la Federación Yugoslava). La imagen general es que después del alto al fuego de Octubre, "las unidades paramilitares albano-kosovares han tomado ventaja en ese periodo de calma dentro de la lucha para restablecer su control en muchas poblaciones en Kosovo, así como sobre algunas áreas cerca de centros urbanos y autopistas... llevando a la afirmación (por parte de las autoridades serbias) de que si [KVM] no puede controlar esas unidades el gobierno lo hará".
La actualización de la agencia internacional de noticias de la ONU el 11 de Enero es similar. Informa de los combates entre las fuerzas de seguridad serbias y el ELK. Además, en "el incidente más serio desde la declaración del alto el fuego en Octubre de 1998, el periodo bajo revisión ha sido testigo de un incremento en el número de asesinatos (presuntamente perpetrados por el ELK), los cuales han incitado vigorosas represalias de las fuerzas de seguridad gubernamentales". La "violencia fortuita" mató 21 personas en los 11 días anteriores. Sólo se cita un ejemplo: una bomba frente a "un café en Pristina, hirió a tres jóvenes serbios y fue el detonante de represalias de los civiles serbios sobre los albaneses", el primer incidente semejante en la capital. Los otros principales incidentes citados son la captura de ocho soldados por el ELK, el asesinato de un civil serbio, y la noticia del asesinato de tres policías serbios. La revisión del periodo por la OTAN es similar, con detalles adicionales: bombardeo del Ejercito serbio sobre civiles y e instalaciones del UCK con "al menos 15 albano-kosovares" asesinados, muerte de jueces, policías y civiles serbios a manos del UCK, etc.
Después está la masacre de Racak del 15 de Enero, tras la cual los informes vuelven a lo anterior. El informe mensual de la OSCE del 20 de Febrero describe la situación como "volátil". El "choque militar directo disminuyó significativamente" entre los serbios y el ELK, pero los ataques del ELK sobre la policía y los "tiroteos esporádicos" continuaron, "incluyendo a veces el uso de armas pesadas por el Ejercito serbio". La "principal característica de la última parte del periodo en el informe ha sido un alarmante incremento en el terrorismo urbano con una serie de bombardeos indiscriminados o lluvia de balas sobre la población civil en lugares públicos de poblaciones de Kosovo"; éstos son "no-atribuibles", o bien "criminal o políticamente motivados". Entonces sigue un repaso de las confrontaciones policía-ELK, secuestro de "cinco civiles serbios de avanzada edad", y rechazo del ELK y del Ejército serbio a cumplir las resoluciones del Consejo de Seguridad. Cinco civiles fueron asesinados cuando la "violencia urbana creció significativamente", incluyendo tres muertos por una bomba a la salida de una tienda de comestibles albanesa. "Se recibieron más informes acerca del 'mantenimiento del orden' sobre la comunidad albanesa por parte del ELK y de sus castigos a aquellos acusados de colaborar con los serbios ", además de la muerte y secuestro de supuestos colaboradores albaneses y policías serbios. El "ciclo de la confrontación puede ser descrito generalmente" como ataques del ELK sobre la policía serbia y la población civil, "una desproporcionada respuesta por las autoridades de la Federación Yugoslava", y "actividad renovada del ELK en todas partes".
En su informe mensual, el 17 de Marzo, el Secretario General de la ONU informa que las confrontaciones entre las fuerzas de seguridad serbias y el KLA "continuaron a un bajo nivel relativamente", pero los civiles "crecientemente se convierten en los principales objetivos de actos violentos", incluyendo asesinatos, ejecuciones, malos tratos y secuestros. El Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Refugiados (ACNUR) "registró más de 65 muertes violentas" de civiles albaneses y serbios, y de varios gitanos, desde el 20 de Enero hasta el 17 de Marzo. Aparecen en los informes como asesinatos aislados de francotiradores y ataques con granadas sobre bares y tiendas. Las victimas incluían supuestos colaboradores albaneses y "civiles conocidos como liberales y flexibles en sus relaciones sociales". Los secuestros continuaron, siendo las víctimas casi todas serbias y en su mayoría civiles. El informe de la OSCE del 20 de Marzo daba una imagen similar, informando de "ataques no provocados del KLA contra la policía" y un incremento de las víctimas entre las fuerzas de seguridad serbias, junto con "operaciones militares que afectan a la población civil", "ataques terroristas indiscriminados en la ciudad contra civiles", "muertes no atribuibles a nadie" mayoritariamente de albaneses, y secuestro de civiles albaneses, atribuidos a una "fuerza de seguridad controlada y centralizada" por el ELK. Después se detallan los incidentes concretos.
El último informe de la OTAN (del 16 de Enero hasta el 22 de Marzo) cita varias docenas de incidentes, la mitad iniciados por el ELK-UCK, la mitad por fuerzas de seguridad serbias, además de media docena de respuestas por parte de las fuerzas de seguridad serbias y enfrentamientos con el ELK, incluyendo "agresivos ataques serbios sobre pueblos sospechosos de cobijar fuerzas o centros de mando del UCK". Se informó de que las víctimas eran la mayoría militares, en los niveles de los meses anteriores.
Como un modelo con el que comparar, podríamos considerar que las habituales asesinas y destructivas operaciones militares israelíes en Líbano apoyadas por EEUU cuando las fuerzas israelíes ocuparon el sur del Líbano violando las órdenes del Consejo de Seguridad, o las de sus mercenarios locales, son atacadas por la resistencia libanesa. A través de los 90, como antes, éstas han excedido con creces cualquier cosa atribuida a las fuerzas de seguridad de la Federación Yugoslava dentro lo que la OTAN insiste en que es su territorio.
Dentro de Kosovo, no se informó de cambios significativos desde la ruptura del alto el fuego en Diciembre hasta la decisión del 22 de Marzo de bombardear. Incluso aparte de la (aparente aislada) masacre de Racak, no hay duda de que las autoridades y fuerzas de seguridad yugoslavas eran responsables de crímenes serios. Pero los antecedentes de los que se informó tampoco dan credibilidad a la afirmación de que estas eran las razones para el bombardeo; en el caso de atrocidades comparables o mucho peores durante el mismo periodo, los EEUU y sus aliados tampoco reaccionaron, o –más significativamente- mantuvieron e incluso incrementaron su apoyo a las atrocidades. Los ejemplos son demasiado fáciles de nombrar, Timor Oriental en los mismos meses, para mencionar sólo el más obvio de ellos.
Las grandes expulsiones de Kosovo comenzaron inmediatamente después de la campaña de bombardeos iniciada el 24 de Marzo. El 27 de Marzo, el ACNUR informó que 4000 habían escapado de Kosovo, y que el 1 de Abril, el flujo era suficientemente grande para que el ACNUR empezase a proporcionar cifras día a día. Su Programa Humanitario de Evacuación comenzó el 5 de Abril. Desde la pasada semana de Marzo hasta el final de la guerra en Junio, "las fuerzas de la Federación Yugoslava y serbias expulsaron más de 863.000 albano- kosovares de Kosovo", informa la OSCE, y cientos de miles de otros fueron internamente desplazados, mientras un número desconocido de serbios, gitanos y otros escaparon también.
Los EEUU y Reino Unido habían estado planeando la campaña de bombardeos durante muchos meses, y difícilmente podían haber fallado en anticipar las consecuencias. A principios de Marzo, el primer ministro italiano Massimo D'Alema advirtió a Clinton del enorme flujo de refugiados que seguiría al bombardeo; la asesora de Seguridad Nacional de Clinton Sandy Berger respondió que en ese caso "la OTAN continuaría el bombardeo", con resultados todavía más espantosos. La inteligencia norteamericana también advirtió de que habría "una explosión de refugiados" y una campaña de limpieza étnica, reiterando las anteriores predicciones de los monitores europeos.
Al comenzar la campaña de bombardeos, el comandante general de las tropas norteamericanas- OTAN Wesley Clark informó a la prensa que era "enteramente previsible" que el terror serbio se intensificase como consecuencia. Poco después, Clark clarificó otra vez que "las autoridades militares anticiparon totalmente la cruel estrategia que Milosevic adoptaría, así como también la terrible eficiencia con la cual la llevaría a cabo". Elucubrando lo que pasaría algunas semanas más tarde, él comentó que la operación de la OTAN planeada por "los dirigentes políticos... no fue diseñada como una forma de detener la limpieza étnica serbia. No fue diseñada como una manera de librar una guerra contra los serbios y sus fuerzas militares policiales en Kosovo. De ninguna manera. No hubo nunca ningún intento de hacer eso. Esa no era la idea". El general Clark manifestó además que los planes para la Operación Herradura "nunca han sido compartidos conmigo", en referencia al supuesto plan serbio para expulsar a la población, que fue difundida por la OTAN después de que la traumática reacción serbia al bombardeo se hubiese hecho evidente.
La agencia que tiene la principal responsabilidad para el cuidado de refugiados es ACNUR. "Al final de la guerra, el Primer Ministro británico Tony Blair reprendió en privado a la agencia por lo que él consideró un funcionamiento problemático". Evidentemente, el funcionamiento de ACNUR habría sido menos problemático si la agencia no hubiera sido dejada sin fondos por las grandes potencias. Por esta razón, el ACNUR tuvo que recortar personal más de un 15 por ciento en 1998. En octubre, mientras los planes del bombardeo estaban siendo formulados, el ACNUR anunciaba que tendría que eliminar una quinta parte del personal restante en Enero de 1999 por la crisis presupuestaria creada por los "estados ilustrados".
En resumen, los monitores del KVM fueron apartados y una campaña de bombardeos comenzó con la expectativa, rápidamente cumplida, de que la consecuencia sería una fuerte escalada de la limpieza étnica y otras atrocidades, después de que la organización responsable del cuidado de refugiados fuese dejada sin fondos. Bajo la doctrina de justificación retrospectiva, los horribles crímenes que sobrevinieron son ahora presentados como, quizás, "suficientes para justificar" la campaña de bombardeos de la OTAN.
La persona que comete un crimen carga con la principal responsabilidad por el mismo; aquellos que le incitan, anticipando las consecuencias, llevan una responsabilidad secundaria, lo cual sólo se agrava si actúan de manera que aumente el sufrimiento de las víctimas. El único argumento posible para la acción que incita a los crímenes es que hubieran sido aún más severos en el caso de no haberse actuado. Esa exigencia, una de las más notables en la historia del apoyo del crimen de estado, requiere evidencias sustanciales. En el caso presente, uno buscará evidencias en vano –e incluso el reconocimiento que tales evidencias requieren.
Supongamos, no obstante, que tomamos en serio el argumento. Pierde fuerza descaradamente hasta el punto de que los subsiguientes crímenes son algo estupendo. Si ninguno de los albano- kosovares habían sufrido como resultado de la campaña de bombardeos de la OTAN, entonces la decisión de bombardear podría estar justificada sobre la base de que se impedirían los crímenes en contra de ellos. La fuerza del argumento disminuye tanto como aumenta la escala de los crímenes. Es, por consiguiente, más bien curioso que los que apoyan el bombardeo busquen pintar el peor cuadro posible de los crímenes en los cuales comparten responsabilidad; debería ser el caso contrario. La extraña postura probablemente refleja el éxito en inculcar la doctrina de que los crímenes incitados por el bombardeo de la OTAN proporciona una justificación retrospectiva para ella.
Éste, en absoluto es el único gran logro de la dirección doctrinal. Otro es el debate sobre la supuesta "doble moral" de la OTAN, revelado por su "apartar la vista" de otras crisis humanitarias, o "hacer demasiado poco" para prevenirlas. Los participantes en el debate deben acordar que la OTAN fue guiada por principios humanitarios en Kosovo — precisamente la pregunta en disputa. Aparte de eso, la administración Clinton "apartó la vista" o "hizo demasiado poco" frente a las atrocidades en Timor Oriental, o Colombia, o muchos otros lugares. Más bien, junto con sus aliados, escogió incrementar las atrocidades, a menudo vigorosamente y decisivamente. Quizá el caso de Turquía -dentro de OTAN y bajo la jurisdicción europea- es lo más relevante en la presente conexión. Sus operaciones de limpieza étnica y otros crímenes, enormes en proporción, fueron efectuados con un flujo enorme de ayuda militar de la administración Clinton, que aumentó a la par que las atrocidades. También han virtualmente desaparecido de historia. No hubo mención a ellos en la reunión del 50 aniversario de la OTAN en abril de 1999, celebrada bajo la sombra de la limpieza étnica -un crimen que no puede ser tolerado, declararon participantes y comentaristas, cerca de los bordes de OTAN; sólo dentro de sus bordes, dónde los crímenes van a ser agilizados. Con raras excepciones, la prensa ha mantenido una actitud de disculpa, aunque la participación de Fuerzas Armadas turcas en la campaña Kosovo fue altamente reconocida. El más reciente debate sobre los problemas de "intervención humanitaria" evade el papel crucial estadounidense en las atrocidades de los turcos, o ignora el tema completamente.
Es un logro raro para un sistema de propaganda el haber asumido sus doctrinas como propias presuposiciones en el debate. Éstas están entre las "lecciones aprendidas", para ser aplicados en ejercicios futuros enmascarados tras el objetivo humanitario.
Hasta cierto nivel, seguramente, se reconoce el disparate de la justificación retrospectiva. Por consiguiente muchos intentos de justificar el bombardeo de la OTAN siguen una línea diferente. Una versión típica dice que "Serbia invadió Kosovo para aplastar un movimiento separatista albanés pero mató 10.000 civiles y expulsó a 700.000 personas hacia Macedonia y Albania. Entonces, la OTAN atacó a Serbia desde el aire para proteger a los albaneses de una limpieza étnica [ pero] mató centenares de civiles serbios y produjo un éxodo de decenas de miles de ellos desde las ciudades al campo". Si asumimos este orden de los acontecimientos se podría armar una base racional que justifique el bombardeo, pero, sin ningún tipo de dudas, el orden real es exactamente el opuesto.
El dispositivo es de uso habitual en los medios y los especialistas con frecuencia adoptan una postura similar. El historiador David Fromkin, en su libro ampliamente elogiado sobre la guerra, afirma sin argumentos que los EEUU y sus aliados actuaron únicamente por "altruismo" y "fervor moral", forjando "un enfoque novedoso sobre el uso de la fuerza en política internacional" al "reaccionar a la deportación de más de un millón de kosovares de su patria" con el bombardeo, para salvarlos de "horribles sufrimientos o la muerte". Se está refiriendo a aquellos expulsados como consecuencia anticipada de la campaña de bombardeos. Al abrir su defensa legal de la guerra, la profesora en leyes, Ruth Wedgwood asume sin argumentos, que el objetivo del bombardeo de la OTAN fue "detener la expulsión de los albaneses de Kosovo" a manos de Belgrado; esto es, la expulsión precipitada por el bombardeo, un objetivo desconocido y enérgicamente negado por el comandante militar de la operación.
El especialista en asuntos exteriores y seguridad Alan Kuperman escribe que en Timor Oriental y Kosovo "la amenaza de sanciones económicas o de bombardeo provocó una trágica reacción violenta" y que "la intervención occidental llegó demasiado tarde para prevenir atrocidades masivas". En Kosovo el bombardeo no llegó "demasiado tarde para prevenir atrocidades masivas" mas bien las precedió y tal como fue anticipado, las incitó. En Timor Oriental, ninguna acción occidental "provocó una reacción violenta". No se propuso el uso de la fuerza e incluso se retrasó la amenaza de sanciones hasta después de que se consumaran las atrocidades. La "intervención" la realizó una fuerza de paz de la ONU que ingresó en el territorio administrado por Portugal en principio bajo jurisdicción de la ONU, después de que las potencias occidentales finalmente retiraran su apoyo directo a la invasión de Indonesia y sus masivas atrocidades, causando la rápida retirada de su ejército.
Tal revisión del registro de los hechos ha sido un procedimiento habitual durante todo este tiempo. En una peculiar versión anterior, el especialista en política exterior del New York Times (NYT) Thomas Friedman, escribió al final de la guerra que "al comenzar la expulsión de los refugiados, ignorar a Kosovo hubiera sido un error.... por lo tanto el uso de un "enorme poder de fuego aéreo" en pos de un objetivo concreto era la única opción lógica. El desalojo de los refugiados al que él se refiere siguió al uso del "enorme poder de fuego aéreo" tal como se anticipó. De nuevo la inversión que ya nos es familiar, comprensible ya que sin ella la defensa de la violencia de estado se vuelve verdaderamente dificultosa.
Una justificación retrospectiva usualmente empleada es que el uso de la fuerza hizo posible el retorno de los albano-kosovares a sus hogares; un logro significativo si ignoramos el hecho que casi todos fueron expulsados como reacción a los bombardeos. Según éste razonamiento, una alternativa preferible, grotesca pero algo menos que el plan de acción que se siguió, hubiera sido esperar a que los serbios consumaran la supuesta amenaza y si lo hacían, bombardear la República Federal Yugoslava (RFY) para asegurar el retorno de los kosovares, que hubieran sufrido bastante menos daño que al huir bajo los bombardeos de la OTAN.
Una variante interesante aparece en la introducción al libro de documentos sobre Kosovo editado por el profesor en leyes Marc Weller de la Universidad de Cambridge. Él reconoce que el bombardeo de la OTAN, al que apoyó enérgicamente, es una clara violación del derecho internacional y podría justificarse solamente sobre la base de un supuesto "derecho a la intervención humanitaria". Esta justificación a su vez, se basa en el supuesto que el rechazo de la RFY a "aceptar un detallado acuerdo sobre el tema de Kosovo [ el ultimátum de Rambouillet] constituiría una circunstancia que desencadenaría una descomunal emergencia humanitaria. Pero los sucesos en el terreno "disculparon" a la OTAN de tener que contestar este punto", escribe:
particularmente "el inicio de una campaña de deportación masiva previamente planificada de lo que pareció en algún momento ser la totalidad de la población de la etnia albanesa de Kosovo justo antes del comienzo de los bombardeos".
Hay dos problemas con este planteamiento. Primero, el registro documental, incluyendo el libro que el editó, no brinda ninguna evidencia en apoyo de este crucial argumento y de hecho lo niega (dada la falta de evidencia a pesar de los importantes esfuerzos para sacarla a luz). Segundo, aún en el caso que se hubiera descubierto a posteriori que la expulsión comenzó antes de los bombardeos, esto difícilmente podría justificar el empleo de la fuerza, por simple lógica. Además, como fue ya discutido, aún si el inicio de la expulsión se hubiera conocido antes del bombardeo (aunque misteriosamente esto falta en la evidencia documental) hubiera sido altamente preferible permitir que la expulsión se llevara a cabo y entonces iniciar el bombardeo que llevaría al retorno de aquellos deportados: grotesco pero en bastante menor grado que lo finalmente decidido. Sin embargo, a la luz de las evidencias disponibles, todo esto es una discusión académica, que simplemente muestra los desesperados esfuerzos para justificar la guerra.
¿Es que existían opciones menos grotescas en Marzo de 1999? El peso de la prueba está obviamente del lado de aquellos que optaron por la violencia de estado, un gran peso que no ha tenido intentos serios de ser levantado. Pero dejemos esto de lado y miremos al abanico de opciones disponibles.
Una pregunta importante, hecha por Eric Rouleau es si "las atrocidades serbias habían llegado a proporciones tales que obligaban a romper el proceso diplomático con el fin de salvar a los kosovares de un genocidio". Anota que "la continua negativa de la Organización para la Seguridad y la Cooperación Europea (OSCE) a difundir el informe [ sobre las observaciones de los monitores de la Misión de Verificación de Kosovo (KVM) desde noviembre hasta su retirada] solamente alimenta las dudas sobre la veracidad de tal alegato. Como se dijo antes, los autos de procesamiento del Departamento de Estado y el Tribunal no brindan ningún apoyo significativo a tal alegato, lo cual no es un hecho insignificante puesto que ambos buscaron desarrollar el caso más contundente. ¿Qué hay entonces del informe de la OSCE, difundido después del artículo de Rouleau? Como ya fue comentado, el informe no hace ningún esfuerzo serio para apoyar tal argumento, de hecho brinda poca información acerca del período crucial. Sus referencias confirman de hecho el testimonio de Jacques Prod´home, miembro francés del KVM citado por Rouleau, de que "en el mes previo a la guerra, durante el cual se movió libremente en la región de Pec, ni él ni sus colegas vieron nada que pudiera ser descrito como persecución sistemática, crímenes colectivos o individuales, incendio de casas o deportaciones." Los detallados informes del KVM y otros observadores omitidos en la revisión de la OSCE socavan aún más el alegato, como ya hemos dicho.
El argumento central, componente clave del caso de la OTAN tal como reconocen aún sus más fervientes defensores, Weller por ejemplo, permanece sin apoyo. Una vez más debe subrayarse que el mayor peso de la prueba está del lado de aquellos que lo emplearon para justificar el uso de la fuerza. La discordancia entre lo que se requiere y la evidencia presentada es "impresionante", si bien el término "contradicción" sería mas adecuado, en particular cuando se consideran otras evidencias pertinentes, como el testimonio directo del comandante militar, General Clark.
Kosovo había sido un lugar extremadamente desagradable durante el año previo. Cerca de 2,000 personas murieron asesinadas según la OTAN, la mayoría albaneses, en el curso de una lucha encarnizada que comenzó en Febrero con acciones del Ejército de Liberación de Kosovo (ELK) que los EEUU denunciaron como "terrorismo", y una brutal respuesta Serbia. En el verano el KLA controlaba cerca del 40% de la provincia, desencadenando una cruenta reacción de las fuerzas de seguridad serbias y de paramilitares dirigida a la población civil. De acuerdo con el consejero legal de los albano-kosovares Marc Weller, "en pocos días [ después de la retirada de los monitores el 20 de Marzo] , el número de desplazados se incrementó hasta 200,000", números que concuerdan grosso modo con los de la inteligencia norteamericana.
Supongan que los monitores no hubieran sido retirados en la preparación del bombardeo y que se hubieran proseguido los esfuerzos diplomáticos. ¿Eran éstas opciones factibles? ¿Hubieran conducido a un a un peor desenlace, o incluso a uno mejor?. Ya que la OTAN se negó a explorar esta posibilidad, no lo sabemos. Pero al menos podemos considerar los hechos conocidos y preguntarnos lo que sugieren.
¿Podían los monitores de la KVM haber permanecido, incluso haber aumentado su presencia? Parece posible, particularmente a la luz de la condena inmediata a la retirada realizada por la Asamblea Nacional Serbia. No se ha argumentado que el incremento de las atrocidades después de su retirada se hubiera producido incluso si se hubieran quedado y mucho menos que la masiva escalada fue la consecuencia prevista del bombardeo marcado por la partida de los mismos. La OTAN también puso poco esfuerzo en utilizar otros medios pacíficos; incluso un embargo de petróleo, la base de cualquier régimen de sanciones serio, no fue considerado sino hasta después del bombardeo.
Sin embargo, la cuestión más importante, tiene que ver con las opciones diplomáticas. En la víspera del bombardeo había dos propuestas sobre la mesa. Una era el acuerdo de Rambouillet, presentado a Serbia como un ultimátum. La segunda era la posición Serbia, formulada en el "Borrador del Acuerdo Revisado" del 15 de Marzo y la Resolución de la Asamblea Nacional Serbia del 23 de marzo. Una preocupación seria por proteger a los kosovares bien podría haber puesto en consideración también otras opciones, incluso tal vez, algo parecido a la propuesta del presidente Serbio de Yugoslavia, Dobrica Cosic, de 1992-93 que proponía la partición de Kosovo y su separación de Serbia, con la excepción "de una cantidad de enclaves Serbios". En su momento, la propuesta fue rechazada por la República de Kosovo de Ibrahim Rugova que había declarado la independencia y formado un gobierno paralelo; pero podría haber sido de utilidad como base de una negociación en las circunstancias diferentes de comienzos de 1999. Quedémonos entonces con las dos posiciones oficiales al final de marzo: el ultimátum de Rambouillet y la Resolución Serbia.
Es importante y a la vez revelador que, con excepciones marginales, los contenidos esenciales de ambas posiciones fueron mantenidos fuera del alcance de la opinión pública, aparte de medios disidentes que llegan a poca gente.
La Resolución de la Asamblea Nacional Serbia, si bien reportada enseguida por los servicios cablegráficos, ha permanecido prácticamente como un secreto. Ha habido escasos indicios incluso de su existencia, y menos aún de su contenido. La Resolución condena el retiro de los monitores de la OSCE y hace un llamado a la ONU y la OSCE para permitir un acuerdo diplomático a través de negociaciones "hacia la concreción de un acuerdo político basado en una amplia autonomía para [ Kosovo] , asegurando la completa igualdad de todos los ciudadanos y comunidades étnicas y el respeto a la soberanía e integridad territorial de la República de Serbia y la República Federal de Yugoslavia." Abre la posibilidad de una "presencia internacional" de "tamaño y características" a determinar a los efectos de llevar a cabo el "acuerdo político sobre la autodeterminación acordada y aceptada por los representantes de todas las comunidades nacionales que viven en [ Kosovo] ." La conformidad de la RFY para "discutir el alcance y el carácter de la presencia internacional en [ Kosovo] para aplicar el acuerdo a ser aceptado en Rambouillet" había sido transmitida formalmente a los negociadores el 23 de Febrero, y anunciada por la RFY en conferencia de prensa el mismo día. Si esas propuestas tenían alguna sustancia no lo podemos saber puesto que nunca fueron consideradas y permanecen desconocidas.
Es quizás más llamativo aún que el ultimátum de Rambouillet, descrito universalmente como la propuesta de paz, fue ocultado a la opinión pública, en particular las cláusulas aparentemente introducidas en los últimos momentos de las conversaciones de París en Marzo, después que Serbia manifestara su acuerdo con las principales propuestas políticas, garantizando así su rechazo. De singular importancia son los términos de los Apéndices de aplicación que otorgaban a la OTAN el derecho de "entrada libre y sin restricciones y acceso autorizado a todo lo largo de la RFY incluyendo el espacio aéreo y las aguas territoriales," sin límites, obligaciones ni ataduras respecto a las leyes del país o la jurisdicción de sus autoridades, quienes, sin embargo, deberán seguir las órdenes de la OTAN "con la mayor prioridad y todos los medios apropiados" (Apéndice B).
El Anexo fue ocultado a los periodistas que cubrían las conversaciones de Rambouillet y París, informa Robert Fisk. "Los serbios dicen que lo denunciaron en su última conferencia de prensa en París, un encuentro pobremente cubierto en la embajada Yugoslava a las 11de la noche el 18 de Marzo." Los disidentes serbios que participaron en las negociaciones sostienen que tales condiciones les fueron entregadas el último día de las conversaciones de París, y los rusos no sabían de su existencia. Estas cláusulas no estuvieron a disposición de los miembros de la Casa de los Comunes Británica hasta el 1 de Abril, el primer día del receso parlamentario, una semana después del inicio del bombardeo.
En las negociaciones que comenzaron después del bombardeo, la OTAN abandonó completamente estas demandas junto con otras a las cuales Serbia se había opuesto, y no existe ninguna mención a ellas en el acuerdo final de paz. Sin que le falte razón, Fisk pregunta: ¿Cuál era el propósito real de la exigencia de última hora de la OTAN? ¿Era un caballo de Troya? ¿Para salvaguardar la paz? ¿O para sabotearla? En cualquier caso, si los negociadores de la OTAN hubieran estado preocupados por el destino de los albano-kosovares, deberían haber intentado determinar si la diplomacia podía tener éxito retirando las demandas más provocativas y obviamente irrelevantes de la OTAN, aumentando el vigilancia, y no terminándola; y amenazando con el uso de sanciones significativas.
Cuando se han formulado tales preguntas, los líderes de los equipos negociadores de los EEUU y Gran Bretaña han alegado que estaban dispuestos a retirar las demandas exorbitantes que luego dejaron de lado, pero que los serbios se negaron. El alegato es difícilmente creíble. Hubieran tenido toda la razón del mundo de hacer públicos esos hechos de inmediato. Es interesante que ellos no fueron llamados a responder por este asombroso desempeño.
Destacados partidarios del bombardeo han empleado alegatos similares. Un importante ejemplo es el comentario sobre Rambouillet realizado por Marc Weller. Éste ridiculiza los "alegatos extravagantes" sobre los Apéndices de aplicación, los cuales dice "fueron publicados junto con el acuerdo," esto es el Borrador del Acuerdo fechado el 23 de marzo. Donde fueron publicados no lo dice, ni explica porqué los periodistas que cubrían las conversaciones de Rambouillet y París los desconocían; ni tal parece, el parlamento Británico. El "famoso Apéndice B", afirma, establecía "los términos habituales de un acuerdo de fuerzas para la KFOR (las fuerzas de ocupación de la OTAN)." No explica porqué tal exigencia fue retirada después que empezara el bombardeo, y evidentemente no lo necesitan las fuerzas que entraron en Kosovo bajo mando de la OTAN en Junio, y que son mucho más grandes que las contempladas en Rambouillet y por tanto deberían ser aún más dependientes del acuerdo de fuerzas. También queda sin explicar la respuesta de la RFY del 15 de marzo al Borrador del Acuerdo del 23 de febrero. La respuesta de la FRY analiza el Borrador de Acuerdo con gran detalle, sección por sección, proponiendo extensos cambios y supresiones a lo largo del mismo, pero sin hacer ninguna referencia a los apéndices- los acuerdos de aplicación, que tal como Weller enfatiza, eran con mucho la parte más importante y el tema de las negociaciones de París que tenían lugar en ese momento. La única forma de ver esta descripción es con escepticismo, incluso dejando fuera su actitud descuidada hacia el hecho crucial, ya apuntada, y sus claros cometidos. De momento, estos importantes asuntos permanecen sepultados en la oscuridad.
A pesar de los esfuerzos oficiales para prevenir el conocimiento público de lo que estaba sucediendo, los documentos estaban disponibles para cualquier medio noticioso que se decidiese a profundizar en el asunto. En los EEUU, la demanda extrema (y claramente irrelevante) de una práctica ocupación de la RFY por parte de la OTAN recibió su primer mención en una conferencia de prensa de la OTAN el 26 de abril, cuando se hizo un pregunta al respecto, pero fue rápidamente desechada y no profundizada. Los hechos fueron informados cuando las demandas fueron formalmente retiradas y se volvieron irrelevantes con relación a una opción democrática. Inmediatamente después del anuncio de los acuerdos de paz el 3 de junio, la prensa citó los pasajes críticos del "tómelo o déjelo" del ultimátum de Rambouillet, anotando que "una fuerza únicamente de la OTAN iba a tener permiso completo para ir a cualquier parte de Yugoslavia donde quisiera, inmune a cualquier proceso legal," y que "fuerzas lideradas por la OTAN hubieran tenido prácticamente acceso libre por toda Yugoslavia, no solamente Kosovo." Durante los 78 días de los bombardeos las negociaciones continuaron, cada lado haciendo compromisos -descritos en los EEUU como fraude serbio, o capitulación bajo las bombas. El acuerdo de paz del 3 de junio fue un compromiso entre las dos posiciones sobre la mesa a finales de marzo. La OTAN abandonó sus exigencias más extremas, incluyendo aquellas que aparentemente minaron las negociaciones en el último minuto y el texto que se interpretó como un llamado a referéndum sobre la independencia. Serbia aceptó a la "presencia de una fuerza de seguridad internacional con participación prominente de la OTAN", la única mención a la OTAN en el acuerdo de paz o la Resolución 1244 confirmatoria del Consejo de Seguridad. La OTAN no tenía la intención de ajustarse a los pedazos de papel que había firmado e inmediatamente actuó violándolos, aplicando una ocupación militar de Kosovo bajo su mando. Cuando Serbia y Rusia insistieron en el cumplimiento de los acuerdos formales, fueron castigados por su fraude, y el bombardeo fue renovado para hacerlos entrar en vereda. El 7 de junio, los aviones de la OTAN bombardearon de nuevo las refinerías de petróleo en Novi Sad y Pancebo, centros de oposición a Milosevic. La refinería de Pancebo se prendió fuego liberando una gran nube de gases tóxicos, mostrada en una foto de un artículo del NYT del 14 de julio que discutía los severos efectos sobre la economía y la salud. No se informó del bombardeo aunque fue cubierto por los servicios cablegráficos.
Se ha argumentado que de haberse llegado al mismo en marzo, Milosevic hubiera intentado evadir los términos de un acuerdo. Los antecedentes apoyan fuertemente esta conclusión así como apoyan la misma conclusión acerca de lo que hubiese hecho la OTAN - no sólo en este caso, incidentalmente; el desmantelamiento por la fuerza de los acuerdos firmados es la norma por parte de las grandes potencias. Tal como ahora se reconoce tardíamente, los antecedentes también sugieren que "habría sido posible [ en marzo] iniciar una verdadera ronda de negociaciones- no el desastroso dictado Americano presentado a Milosevic en la conferencia de Rambouillet - e introducir un gran contingente de observadores externos capaces de proteger a civiles albaneses y serbios por igual.
Al menos todo esto parece claro. La OTAN prefirió rechazar las opciones diplomáticas que no estaban agotadas y lanzar una campaña militar que tuvo terribles consecuencias para los albano- kosovares, tal como se esperaba. Otras consecuencias preocupan poco a occidente, incluyendo la destrucción de la economía civil Serbia por operaciones militares violando en forma flagrante las leyes de la guerra. Si bien este asunto fue presentado al Tribunal de los Crímenes de Guerra tiempo atrás, es difícil imaginar que será seriamente considerado. Por similares razones, es poco probable que el Tribunal preste atención a las 150 páginas del "Sumario de la Operación Tormenta: Un caso prima facie", que revisa los crímenes de guerra cometidos por las fuerzas croatas que expulsaron 200.000 serbios de Krajina en agosto de 1995, con participación crucial de los EEUU y que produjo "prácticamente una falta total de interés en la prensa y el Congreso de los EEUU," observa David Binder, corresponsal del NYT en los Balcanes.
El sufrimiento de los kosovares no concluyó con la llegada de la fuerza de ocupación de la OTAN (KFOR) y la misión de la ONU. A pesar de los billones de dólares que estuvieron rápidamente disponibles para el bombardeo, siendo octubre, los EEUU "aun no han pagado uno solo de los 37.9 millones de dólares estimados para cubrir los gastos de la puesta en funcionamiento de la operación civil de la ONU en Kosovo"; tal como en Timor Oriental, donde la administración Clinton solicitó una reducción de la pequeña fuerza de paz. Cerca de noviembre, "la Oficina para la Asistencia a Desastres en el Exterior de los EEUU aún no había distribuido ningún kit de trabajo pesado y estaba únicamente entregando trastos viejos" por el programa de protección contra el invierno en Kosovo; la ACNUR y la agencia humanitaria de la UE, ECHO han insistido en sus críticas por las demoras y la falta de previsión". Las actuales necesidades de la misión de la ONU cuestan "el precio de medio día de bombardeos", dijo un amargado funcionario de la ONU y sin tal ayuda, "este lugar fracasará", para el regocijo de Milosevic. Una conferencia de donantes llevada a cabo por los gobiernos occidentales prometió sólo 88 millones de dólares para cubrir el presupuesto de la misión de la ONU en Kosovo y ofreció para el próximo año 1 billón de dólares en ayuda para la reconstrucción - fondos públicos que serán transferidos a las arcas de los contratistas privados, si se llega a una solución de las controversias dentro de la OTAN sobre como se distribuirán los contratos. A mediados de diciembre la misión de la ONU suplicó nuevamente con poco éxito, por fondos para maestros, la policía, funcionarios y otros empleados públicos.
A pesar de la limitada ayuda, el atractivo de un desastre que puede ser atribuido al enemigo oficial y explotado (en forma curiosa) "para demostrar porqué 78 días de ataques aéreos contra las fuerzas y la infraestructura serbia eran necesarios" ha sido suficiente para introducir cortes severos en la ayuda en otros lugares. El senado de los EEUU está proyectando un corte en decenas de millones de dólares de los programas relacionados con Africa. Dinamarca ha cortado la ayuda fuera de Kosovo en un 26%. El Cuerpo Médico Internacional está suspendiendo su programa en Angola, ya que mientras recaudaron 5 millones de dólares para Kosovo, han buscado en vano 1.5 millones de dólares para Angola, donde 1.6 millones de desplazados se enfrentan a la muerte por inanición. El Programa Mundial de Alimentación anunció que deberá recortar sus programas que atienden a 2 millones de refugiados en Sierra Leona, Liberia y Guinea, al haber obtenido menos del 20% de los fondos solicitados. La misma suerte espera a 4 millones de personas que sufren hambruna en la región africana de los Grandes Lagos -cuyas circunstancias no están desvinculadas durante muchos años de las acciones de las potencias occidentales, así como de la negativa a actuar en momentos críticos. El ACNUR gasta 11 veces más por refugiado en Kosovo que en Africa. "Los centenares de millones de dólares gastados en los refugiados de Kosovo y el amontonamiento entre las agencias deseosas de gastarlos fue casi una obscenidad", dijo Randolph Kent," quien dejó los programas de la ONU en los Balcanes por el trabajo en Africa Oriental. El presidente Clinton mantuvo una reunión con las agencias de ayuda más importantes "para destacar su propio entusiasmo en apoyar a Kosovo"
Todo esto sucede va contra del trasfondo de importantes reducciones de la ayuda en los EEUU, en "la cima de su gloria" (Fromkin), con sus dirigentes complacidos de adulación por su "altruismo" sin precedentes históricos, al tiempo que prácticamente desaparecen de la lista de donantes para los pobres y miserables.
El informe de la OSCE brinda una detallada documentación de los crímenes cometidos bajo la ocupación militar de la OTAN. Si bien no se comparan con aquellos cometidos por Serbia bajo el bombardeo de la OTAN, no son insignificantes. La provincia ocupada se encuentra bajo "la falta de legalidad que ha dejado una violencia incontrolada" mucha de la cual es atribuida al ELK-UCK, indica la OSCE, mientras la "impunidad" ha prevalecido sobre la justicia. Los albaneses opositores al "nuevo orden" bajo el dominio del UCK, incluidos los dirigentes del "principal rival político de este grupo rebelde" han sido secuestrados, asesinados, atacados con granadas, amedrentados y obligados a abandonar la política. La selección del informe de la OSCE aparecida en el NYT se refiere a la ciudad de Prizren cerca de la frontera albanesa, atacada por los serbios el 28 de marzo, pero "el resultado global es que mucho más daño ha sido causado .....después de la guerra que durante ella." La policía militar británica informa de la participación de la mafia albanesa en ataques con granadas y otros actos criminales como el asesinato de ancianas por "hombres autoidentificados como representantes del ELK."
La minoría serbia ha sido en su mayor parte expulsada. Robert Fisk informa que "el número de serbios asesinados en los 5 meses desde la guerra se acerca al de albaneses asesinados a manos serbias en los 5 meses previos al inicio del bombardeo por la OTAN en marzo," tal como indica la evidencia disponible; recordar que la ONU informó de "65 muertes violentas" de civiles (principalmente albaneses y serbios) en los 2 meses previos a la retirada de los monitores y el bombardeo. Los crímenes no son investigados, ni siquiera el asesinato de un empleado serbio del Tribunal Internacional. La comunidad croata "huyó en masa" en octubre. En noviembre, "el presidente de la pequeña comunidad judía en Pristina, Cedra Prlincevic huyó a Belgrado después de denunciar "un pogromo contra la población no-albanesa." Amnistía Internacional informó al finalizar el año que la "violencia contra serbios, gitanos, eslavos musulmanes y albaneses moderados en Kosovo ha crecido dramáticamente durante el mes pasado", incluyendo "asesinatos, secuestros, ataques violentos, intimidación e incendio de casas a diario," del mismo modo que la tortura y las violaciones, y los ataques a los medios y organizaciones políticas independientes en lo que parece ser "una campaña orquestada para silenciar las voces moderadas en la sociedad de etnia albanesa," todo esto ante los ojos de las fuerzas de la OTAN.
Los oficiales de la KFOR informan que sus órdenes son pasar por alto los crímenes: "Por supuesto que es una locura," dijo un comandante francés, "pero esas son las órdenes de la OTAN, desde arriba." Las fuerzas de la OTAN asimismo "parecen completamente indiferentes" a los ataques de "bandas armadas de etnia albanesa" que cruzan la frontera entre Serbia y Kosovo "para aterrorizar aldeas fronterizas, robar madera o ganado y, en algunos casos, para asesinar," produciendo el abandono de estos pueblos.
Actualmente, todo indica que Kosovo bajo la ocupación de la OTAN se ha transformado en el sitio que fue a principios de 1980, después de la muerte de Tito, cuando fuerzas nacionalistas se movilizaron para crear "una república Albanesa étnicamente pura", tomando tierras de los serbios, atacando iglesias, y participando en "premeditados actos de violencia" para lograr el objetivo de una región albanesa "étnicamente pura" , con "episodios de violación, incendio, robo y sabotaje industrial aparentemente pensados para enviar a los indígenas eslavos que permanecían en Kosovo ... fuera de la provincia." Este problema "en apariencia ingobernable", otra fase en una terrible historia de violencia intercomunitaria, condujo a una respuesta particularmente brutal de Milosevic, despojando a Kosovo de su autonomía y de los importantes subsidios federales de los cuales dependía, imponiendo un régimen de "Apartheid". Kosovo comenzó a parecerse a Bosnia, "un antro de ladrones y evasores de impuestos" sin una economía operativa, dominado por "una adinerada clase criminal que ejerce una enorme influencia política y que se apodera anualmente de cientos de millones de dólares de los impuestos." Lo peor puede estar por venir cuando la lucha por la independencia para Kosovo viene intrincada con presiones por una "gran Albania", de sombríos presagios.
Los países pobres de la región han sufrido enormes pérdidas por el bloqueo del Danubio causado por el bombardeo de Novi Sad, otro centro de oposición a Milosevic. Estos ya venían sufriendo de las barreras proteccionistas que "impiden que los barcos lleven sus productos a la UE," lo mismo que "una barrera de cuotas y tarifas occidentales sobre sus exportaciones." Pero el "bloqueo del [ Danubio] es realmente un regalo para Europa Occidental, particularmente Alemania, que se beneficia del incremento de su actividad en el Rhin y en los puertos sobre el Atlántico.
Hay también otros ganadores. Al final de la guerra, la prensa económica declaró como "los verdaderos ganadores" a la industria militar occidental, refiriéndose principalmente a la industria de tecnologías punta. Moscú está esperando "un gran año para las exportaciones de armas rusas" ya que "el mundo se está rearmando aprensivamente gracias sobre todo a la aventura balcánica de la OTAN", buscando una disuasión, tal como fue ampliamente previsto durante la guerra. Aún más importante, los EEUU fueron capaces de imponer su dominio sobre la región estratégica de los Balcanes, desplazando, al menos temporalmente, las iniciativas de la UE, una causa primaria de la insistencia que la operación estuviera en manos de la OTAN, una subsidiaria de los EEUU. Una Serbia venida a menos se mantiene como la última que no está de acuerdo, probablemente no por mucho tiempo.
Una consecuencia adicional es un golpe a los frágiles principios del orden mundial. La acción de la OTAN representa una amenaza para "el corazón del sistema de seguridad internacional" fundado por la Carta de las Naciones Unidas, observa el Secretario General Kofi Annan en su informe anual a la ONU en septiembre. Esto importa poco a los ricos y poderosos, que actúan a voluntad, rechazando decisiones de la Corte Internacional de Justicia y vetando resoluciones del Consejo de Seguridad cuando es necesario; es útil recordar que, contrariamente a lo que habitualmente se cree, los EEUU han sido por lejos los que han vetado más resoluciones del Consejo de Seguridad en una gran gama de temas, incluyendo terrorismo y agresión, desde que perdieron el control de la ONU en el curso de la descolonización, con Gran Bretaña como segundo, seguidos de lejos por Francia como tercero. Las víctimas habituales, sin embargo, se toman estos asuntos más seriamente como demuestra la reacción global a la guerra en Kosovo.
El punto esencial -para nada oscuro- es que el mundo enfrenta dos opciones con relación al empleo de la fuerza: 1) algo parecido a un orden mundial, ya sea la Carta o incluso algo mejor si puede ganar cierto grado de legitimidad; o 2) los estados poderosos hacen lo que quieran a menos que sufran restricciones internas, guiados por intereses de poder y ganancias, como en el pasado. Tiene mucho sentido luchar por un mundo mejor, pero no complacerse con en pretensiones e ilusiones sobre el mundo en que vivimos.
Los archivos y otras fuentes de información brindarán mucha más información sobre la última guerra en los Balcanes. Cualquier conclusión a la que se llegue hoy, será como máximo tentativa y parcial. Por lo pronto, sin embargo, las "lecciones aprendidas" no parecen ser particularmente atractivas.
Del Epílogo de la Traducción Francesa de El Nuevo Humanismo Militar (Common Courage, 1999; Page Deux Lausanne, 2000).
Título original: In Retrospect. A review of NATO's war over Kosovo, part II
Autor: Noam Chomsky
Origen: Z Magazine, abril de 2000
Traducido por Pedro Edu Hondo y revisado por Carlos Carmona, febrero de 2001
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COMO DECIAMOS
by UN ARABE Thursday, Jan. 19, 2006 at 12:11 PM
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ANÓNIMO
LAS MIL Y UNA NOCHES
ÍNDICE
Historia del Rey Schahriar y de su Hermano el Rey Schahzaman
Historia del Mercader y el Efrit
Historia del Pescador y el Efrit
Historia del Mandadero y de las Tres Doncellas
Historia de la Mujer Despedazada, de las Tres Manzanas y del Negro Rihán
Historia del Visir Nureddin, de su Hermano el Visir Chamseddin y de Hassán Badreddin
Historia del Jorobado, con el Sastre, el Corredor Nazareno, el Intendente y el Médico Judío; lo que de ello resultó, y sus aventuras sucesivamente referidas
Historia de Ghanem Ben-Ayub y de su Hermana Fetnah
Historia de Sindbad el Marino
Historia Prodigiosa de la Ciudad de Bronce
Historia de Aladino y la Lámpara Mágica
Historia de Alí Babá y los Cuarenta Ladrones
¡AQUELLO QUE QUIERA ALAH!
¡EN EL NOMBRE DE ALAH
EL CLEMENTE,
EL MISERICORDIOSO!
QUE LAS LEYENDAS DE LOS ANTIGUOS SEAN UNA LECCIÓN PARA LOS MODERNOS, A FIN DE QUE EL HOMBRE APRENDA EN LOS SUCESOS QUE OCURREN A OTROS QUE NO SON ÉL. ENTONCES RESPETARÁ Y COMPARARÁ CON ATENCIÓN LAS PALABRAS DE LOS PUEBLOS PASADOS Y LO QUE A ÉL LE OCURRA, Y SE REPRIMIRÁ.
POR ESTO ¡GLORIA A QUIEN GUARDA A LOS RELATOS DE LOS PRIME¬ROS COMO LECCIÓN DEDICADA A LOS ÚLTIMOS!
HISTORIA DEL REY SCHAHRIAR Y DE SU HERMANO EL REY SCHAHZAMAN
Cuéntase -pero Alah es más sa¬bio, mas prudente, más poderoso y más benéfico- que en lo que trans¬currió en la antigüedad del tiempo y en lo pasado de la edad, hubo un rey entre los reyes de Sassan, en las islas de la India y de la China. Era dueño de ejércitos y señor de auxi¬lliares de servidores y de un séquito numeroso. Tenía dos hijos, y ambos eran heroicos jinetes, pero el mayor valía más aún que el menor. El ma¬yor reinó en los países, gobernó con justicia entre los hombres, y por eso le querían los habitantes del país y del reino. Llamábase el rey Schah¬riar. Su hermano, llamado Schahza¬man; era el rey de Samarcanda Al¬-Ajam.
Siguiendo-las cosas el mismo cur¬so, residieron cada uno en su país, y gobernaron con justicia a sus ovejas durante veinte años. Y llegaron am¬bos hasta el límite del desarrollo y el florecimiento.
No dejaron de ser así, hasta que el mayor sintió vehementes deseos de ver a su hermano. Entonces ordenó a su visir que partiese y volviese con él. El visir contestó: “Escucho y obedezco.”
Partió, pues, y llegó felizmente par la gracia de Alah; entró en casa de Schahzaman, le transmitió la paz, le dijo que el rey Schahriar deseaba ardientemente verle, y que el objeto de su viaje era invitarle a visitar a su hermano. El rey Schahzaman con¬testo: “Escucho y obedezco.” Dispu¬so los preparativos de la partida, mandando sacar sus tiendas, sus ca¬mellos y sus mulos, y que saliesen sus servidores y sus auxiliares. Nom¬bró a su visir gobernador del reino y salió en demanda de las comarcas de su hermano.
Pero a media noche recordó una cosa que había olvidado; volvió a su palacio secretamente y se encaminó a los aposentos de su esposa a quien pensaba encontrar triste y llorando por su ausencia. Grande fue, pues, su sorpresa al hallarla departiendo con gran familiaridad con un negro, es¬clavo entre los esclavos. Al ver tal desacato, el mundo se obscureció an¬te sus ojos. Y se dijo: “Si ha sobreve¬nido ésto cuando apenas acabo de dejar la ciudad. ¿Cuán sería la con¬ducta de esta esposa si me ausen¬tase algún tiempo para estar con mi hermano?” Desenvainó inmediata¬mente el alfanje, y acometiendo a ambos, los dejó muertos sobre los tapices del lecho. Volvió a salir, sin perder una hora ni un instante, y ordenó la marcha de la comitiva. Y viajó de noche hasta avistar la ciu¬dad de su hermano.
Entonces éste se alegró de su pro¬ximidad, salió a su encuentro, y al recibirlo, le deseó la paz. Se regocijó hasta los mayores límites del conten¬to, mandó adornar en honor suyo la ciudad y se puso a hablarle lleno de efusión. Pero el rey Schahzaman recordaba la fragilidad de su esposa, y una nube de tristeza le velaba la faz. Su tez se había puesto pálida y su cuerpo se había debilitado. Al verle de tal modo, el rey Schahriar creyó en su alma que aquello se de¬bía a haberse alejado de su reino y de su país, lo dejaba estar sin pre¬guntarle nada. Al fin, un día, le dijo: “Hermano, tu cuerpo enflaquece y su cara amarillea.” Y el otro respon¬dió: “¡Ay, hermano, tengo en mi interior como una llaga en carne viva-!” Pero no le reveló lo que le había ocurrido con su esposa. El rey Schahriar le dijo: “Quisiera que me acompañase a cazar a pie y a caba¬llo, pues así tal vez se esparciera tu espíritu.” El rey Schalizaman no qui¬so aceptar y su hermano se fue solo a la cacería.
Había en el palacio unas ventanas que daban al jardín, y habiéndose asomado a una de ellas el rey Schah¬zaman, vio corno se abría una puerta secreta para dar salida a veinte escla¬vas y veinte esclavos, entre los cua¬les, avanzaba la mujer del rey Schah¬ciar en todo el esplendor de su belle¬za, y ocultándose para observar lo que hacían, pudo convencerse de que la misma desgracia de que él había sido víctima, la misma o ma¬yor, cabía a su hermano el sultán.
Al ver aquello, pensó el hermano del rey: “¡Por Alah! Más ligera es mi calamidad que esta otra.” Inme¬diatamente, dejando que se desvane¬ciese su aflicción, se dijo: “¡En ver¬dad, esto es más enorme que cuanto me ocurrió a mí!” Y desde aquel momento volvió a comer y beber cuanto pudo.
A todo esto, el rey, su hermano, volvió de su excursión y ambos se desearon la paz íntimamente. Luego el rey Schahriar observó que su her¬mano el rey Schalizaman acababa de recobrar el buen color, pues su semblante había adquirido nueva vida, y advirtió también que comía con toda su alma después de haberse alimentada parcamente en las pri¬meros días. Se asombró de ello, y dijo: -”Hermano, poco ha te veía amarillo de tez v ahora has recupe¬rado los colores. Cuéntame qué te pasa.” El rey le dijo: “Te contaré la causa de mi anterior palidez, pero dispénsame de reterirte el motivo de haber recobrado los colores.” El rey replicó: “Para entendernos, relata primeramente la causa de tu pérdida de color y tu debilidad.” Y se expli¬có de este modo: “Sabrás, hermano, que cuando enviaste tu visir para requerir mi presencia, hice mis pre¬parativos de marcha, y salí de la ciu¬dad. Pero después me acordé de la joya que te destinaba y que te di al llegar a tu palacio. Volví, pues, y encontré a mi mujer y a un esclavo negro departiendo con gran fami¬liaridad. Los maté a los dos, y vi¬ne hacia ti, muy atormentado por el recuerdo de tal aventura. Este fue el motivo de mi primera palidez y de mi enflaquecimiento. En cuan¬to a la causa de haber recobrada mi buen color, dispénsame de mencio¬narla.”
Cuando su hermano oyó estas pa¬labras, le dijo: “Por Alah te conjuro a que me cuentes la causa de haber recobrado tus colores.” Entonces el rey Schalizaman le refirió cuanto ha¬bía visto. Y el rey Schaliriar dijo: “Ante todo, es necesario que mis ojos vean semejante cosa.” Su her¬mano le respondió: “Finge que vas de caza, pera escóndete en mis apo¬sentos, y serás testigo del espectácu¬lo: tus ojos lo comprobarán.”
Inmediatamente, el rey mandó que el pregonero divulgase la orden de -marcha. Los soldados salieron con sus tiendas fuera de la ciudad. El rey marchó también, se ocultó en su tienda y dijo a sus jóvenes escla¬vos: “¡Que nadie entre!” Luego se disfrazó, salió a hurtadillas y se diri¬gió al palacio. Llegó a los aposentos de su hermano, y se asomó a la ven¬tana que daba al jardín. Apenas ha¬bía pasado una hora, cuando salieron las esclavas, rodeando a su señora, y tras ellas los esclavos. E hicieron cuanto había contado Schahzaman.
Cuando vio estas cosas el rey Schahriar, la razón se ausentó, de su cabeza, y dijo a su hermano: “Mar¬chemos para saber cuál es nuestro destino en el camino de Alah, por¬que nada de común debemos tener con la realeza hasta encontrar a al¬guien que haya sufrido una aventura semejante a la nuestra. Si no, la muerte sería preferible a nuestra vida.” Su hermano le contestó lo que era apropiado, y ambos salieron por una puerta secreta del palacio. Y no cesaron de caminar día y noche, has¬ta que por fin llegaron a un árbol, en medio de una solitaria pradera, junto al mar salado. En aquella pra¬dera había un manantial de agua dulce. Bebieron de ella y se sentaron a descansar.
Apenas había transcurrido una hora del día, cuando el mar empezó a agitarse. De pronto brotó de él una negra columna de humo, que llegó hasta el cielo y se dirigió después hacia la pradera. Los reyes, asusta¬dos, se subieron a la cima del árbol, que era muy alto, y se pusieron a mirar lo que tal cosa pudiera ser. Y he aquí que la columna de humo se convirtió en un efrit de elevada estatura, poderoso de hombros y ro¬busto de pecho. Llevaba un arca so¬bre la cabeza. Puso el pie en el suelo, y se dirigió hacia el árbol y se sentó debajo de él. Levantó entonces la tapa del arca, sacó de ella una caja, la abrió, y apareció en seguida una encantadora joven, de espléndida hermosura, luminosa lo mismo que el sol, como dijo el poeta:
¡Antorcha en las tinieblas, ella apa¬rece y es el día! ¡Ella aparece y con su luz se iluminan las auroras!
¡Los soles irradiar con su claridad y las lunas con las sonrisas de sus ojos! ¡Que los velos de su misterio se ras¬guen, e inmediatamente las criaturas se prosternan encantadas a sus pies!
¡Y ante los dulces relámpagos de su mirada, el rocío de las lágrimas de pa¬sion humedece todos los párpados!
Después que el efrit hubo contem¬plado a. la hermosa joven, le dijo: “¡Oh soberana de las sederías! ¡Oh tú, a quien rapté el mismo día de tu boda! Quisiera dormir un poco.” Y el efrit colocó la cabeza en las rodi¬llas de la joven y se durmió.
Entonces la joven levantó la cabe¬za hacia la copa del árbol y vio ocul¬tos en las ramas a los dos reyes. En seguida apartó de sus rodillas la ca¬beza del efrit, la puso en el suelo, y les dijo por señas: “Bajad, y no tengáis miedo de este efrit.” Por señas, le respondieron: “¡Por Alah sobre ti! ¡Dispénsanos de lance tan peligroso!” Ella les dijo: “¡Por Alah sobre vosotros! Bajad en seguida si no queréis que avise al efrit; que os dará la peor muerte.” Entonces, asus¬tados, bajaron hasta donde estaba ella, la joven los tomó de las manos, se internó con ellos en el bosque y les exigió algo que no pudieron ne¬garle. Una vez estuvieron cumpli¬dos sus deseos sacó del bolsillo un saquito y del saquito un collar com¬puesto de quinientas setenta sor¬tijas con sellos, y les pregunto “¿Sa¬béis lo que es esto?” Ellos con¬testaron: “No lo sabemos.” Entonces les explicó la joven: “Los dueños de estos anillos hicieron lo mismo que vosotros junto a los cuernos insen¬sibles de este efrit. De suerte que me vais a dar vuestros anillos.” Lo hi¬cieron así, sacándoselos de los dedos, y ella entonces les dijo: “Sabed que este efrit me robó la noche de mi bo¬da; me encerró en esa caja, metió la caja en el arca, le echó siete can¬dados y la arrastró al fondo del mar, allí donde se combaten las olas. Pero no sabía que cuando desea alguna co¬sa una mujer no hay quien la ven¬za.” Ya lo dijo el poeta:
¡Amigo: no te fíes de la mujer; ríete de sus promesas! ¡Su buen o mal hu¬mor depende de sus caprichos!
¡Prodigan amor falso cuando la per¬fidia-las llena y forma como la trama de sus vestidos!
¡Recuerda respetuosamente las pala¬bras de Yusuf! ¡Y no olvides que Eblis hizo que expulsaran a Adán por causa de la mujer!
¡No te confíes, amigo! ¡Es inútil! ¡Mañana, en aquella que creas más se¬gura, sucederá al amor puro una pasión loca!
Y no digas: “¡Si me enamoro, evita¬ré las locuras de los enamorados!” ¡No lo digas! ¡Sería verdaderamente un prodigio único ver salir a un hombre sano y salvo de la seducción de las mujeres!
Los dos hermanos; al oír estas palabras, se maravillaron hasta mas no poder, y se dijeron uno a otro: “Si éste es un efrit, y a pesar de su poderío le han ocurrido cosas más enormes que a nosotros, esta aventu¬ra debe consolarnos.” Inmediatamen¬te se despidieron de la joven y re¬gresaron cada uno a su ciudad.
En cuanto el rey Schahriar entró en su palacio, mandó degollar a su esposa, así como a los esclavos y esclavas. Después persuadido de que no existía mujer alguna de cuya fi¬delidad pudiese estar seguro, resol¬vió desposarse cada noche con una y hacerla degollar apenas alborease el día, siguiente. Así estuvo haciendo durante tres años, y todo eran la¬mentos y voces de horror. Los hom¬bres huían con las hijas que les que¬daban.
En esta situación, el rey mandó al visir que, como de costumbre, le trajese una joven. El visir, por más que buscó, no pudo encontrar nin¬guna, y regresó muy triste a su casa, con el alma transida de miedo ante el furor del rey. Pero este visir tenía dos hijas de gran hermosura-, que poseían todos los encantos, todas las perfecciones y eran de una delica¬deza exquisita. La mayor se llama¬ba Schathrazada, y el nombre de la menor era Doniazada.
La mayor; Schaltrazada, había leí¬do los libros, los anales, las leyendas de los reyes antiguos y las histo¬rias de los pueblos pasados. Dicen que poseía también mil libros de cró¬nicas referentes a los pueblos de las edades remotas, a los reyes de la an¬tigüedad y sus poetas. Y era muy elocuente v daba gusto oírla.
Al ver a su padre, le habló así: “Por qué te veo tan cambiado, so¬portando un peso abrumador de pe¬sadumbres y aflicciones?... Sabe, padre, que el poeta dice: “¡Oh tú, que te apenas, consuélate! Nada es duradero, toda alegría se desvanece y todo pesar se olvida.”
Cuando oyó estas palabras el visir; contó a su hija cuanto había ocurri¬do desde el principio al fin, concer¬niente al rey. Entonces le dijo Schah¬razada: “Por Alah, padre, cásame con el rey, porque si no me mata seré la causa del rescate de las hijas de los musulmanes y podré salvar¬las de entre las manos del rey.” En¬tonces el visir contestó: “¡Por Alah sobre ti! No te expongas nunca a tal peligro.” Pero Schahrazada repu¬so: “Es imprescindible que así lo haga.” Entonces le dijo su padre: “Cuidado no te ocurra lo que les ocurrió al asno y al buey con el la¬brador. Escucha su historia:
FÁBULA DEL ASNO, EL BUEY Y EL LABRADOR
“Has de saber, hija mía, que hubo un comerciante dueño de grandes riquezas y de mucho ganado. Estaba casado y con hijos. Alah, el Altísimo, le dio igualmente el conocimiento de los lenguajes de los animales y el canto de los pájaros. . Habitaba este comerciante en un país fértil, a ori¬llas de un río. En su morada había un asno y un buey.
Cierto día llegó el buey al lugar ocupado por el asno y vio aquel sitio barrido y regado. En el pesebre ha¬bía cebada y paja bien cribadas, y el jumento estaba echado, descansando. Cuando el amo lo montaba, era sólo para algún trayecto corto y por asun¬to urgente, y el asno volvía pronto a descansar. Ese día el comerciante oyó que el buey decía al pollino: “Come a gusto y que te sea sano, de provecho y de buena digestión. ¡Yo estoy rendido y tú descansando, des¬pués de comer cebada bien cribada! Si el amo, te monta alguna que otra vez, pronto vuelve a traerte. En cam¬bio yo me reviento arando y con el trabajo del molino.” El asno le acon¬sejo: “Cuando salgas al campo y te echen el yugo, túmbate y no te menees aunque te den de palos. Y si te levantan, vuélvete a echar otra vez. Y si entonces te vuelven al esta¬blo y te ponen habas, no las comas, fíngete enfermo. Haz por no comer ni beber en unos días, y de ese modo descansarás de la fatiga del trabajo.”
Pero el comerciante seguía presen¬te, oyendo todo lo que hablaban.
Se acercó el mayoral al buey para darle forraje y le vio comer muy poca cosa. Por la mañana, al llevarlo al trabajo, lo encontró enfermo. En¬tonces el amo dijo al mayoral: “Coge al asno y que are todo el día en lu¬gar del buey.” Y el hombre unció al asno en vez del buey y le hizo arar todo el día.
Al anochecer, cuando el asno re¬gresó al establo, el buey le dio las gracias por sus bondades, que le habían proporcionado el descanso de todo el día; pero el asno no le contestó. Estaba muy arrepentido.
Al otro día el asno estuvo arando también durante toda la jornada y regresó con el pescuezo desollado, rendido de fatiga. El buey, al verle en tal estado, le dio las gracias de nuevo y lo colmó de alabanzas. El asno le dijo: “Bien tranquilo estaba yo antes. Ya ves cómo me ha per¬judicado el hacer beneficio a los de¬más.” Y en seguida añadió: “Voy a darte un buen consejo de todos modos. He oído decir al amo que te entregarán al matarife si no te le¬vantas, y harán una cubierta para la mesa con tu piel. Te lo digo para que te salves, pues sentiría que te ocurriese algo.”
El buey, cuando oyó estas pala¬bras del asno, le dio las gracias nue¬vamente, y le dijo: “Mañana reanu¬daré mi trabajo.” Y se puso a comer, se tragó todo el forraje y hasta lamio el recipiente con su lengua.
Pero el amo les había oído hablar. En cuanto amaneció fue con su esposa hacia el establo de los bueyes y las vacas, y se sentaron a la puer¬ta.Vino el mayoral y sacó al buey, que en cuanto vio a su amo empezó a menear la cola, y a galopar en to¬das direcciones como si estuviese lo¬co. Entonces le entró tal risa al co¬merciante, que se cayó de espaldas. Su mujer le preguntó: “¿De qué te ríes?” Y él dijo: “De una cosa que he visto y oído; pero no la puedo descu¬brir porque me va en ello la vida.” La mujer insistió: “Pues has de contármela, aunque te cueste morir.” Y él dijo: “Me callo, porque temo a la muerte.” Ella repuso: “Entonces es que te ríes de mí.” Y desde aquel día no dejó de hostigarle tenazmente, hasta que le puso en una gran per¬plejidad. Entonces el comerciante mandó llamar a sus hijos, así como al kadí y a unos testigos. Quiso ha¬cer testamento antes de revelar el se¬creto a su mujer, pues amaba a su esposa entrañablemente porque era la hija de su tío paterno, madre de sus hijos, y había vivido con ella ciento veinte años de su edad. Hizo llamar también a todos los parientes de su esposa y a los habitantes del barrio y refirió a todos lo ocurrido, diciendo que moriría en cuanto reve¬lase el secreto. Entonces toda la gen¬te dijo a la mujer: “¡Por Alah sobre ti! No te ocupes más del asunto; pues va a perecer tu marido, el pa¬dre de tus hijos.” Pera ella replico: “Aunque le cueste la vida no le de¬jaré en paz hasta que me haya dicho su secreto.” Entonces ya no le roga¬ron más. El comerciante se apartó de ellos y se dirigió al estanque de la huerta para hacer sus abluciones y volver inmediatamente a revelar su secreto y morir.
Pero había allí un gallo lleno de vigor, capaz de dejar satisfechas a cincuenta gallinas, y junto a él hallá¬base un perro. Y el comerciante oyó que el perro increpaba al gallo de este modo: “ ¿No te avergüenza el es¬tar tan alegre cuando va a morir nuestro ama?” Y el gallo preguntó: “¿Por qué causa va a morir?”
Entonces el perro contó toda la historia, y el gallo repuso: “¡Por Alah! Poco talento tiene nuestro amo. Cincuenta esposas tengo yo, y a todas sé manejármelas perfecta¬mente, regañando a unas y contentando a otras. ¡En cambio, él sólo tiene una y no sabe entenderse. con ella! El medio es bien sencillo: basta¬ría con cortar unas cuantas varas de morera, entrar en el camarín de su esposa y darle hasta que sucumbie¬ra o se arrepintiese. No volvería a importunarle con preguntas.” Así dijo el gallo, y cuando el comerciante oyó sus palabras se iluminó su razón, y resolvió dar una paliza a su mujer.
El visir interrumpió aquí su relato para decir a su hija, Schahrazada: “Acaso el rey haga contigo lo que el comerciante con su mujer.” Y Schahrazada preguntó: “¿Pero qué hizo?” Entonces el visir prosiguió de este modo:
“Entró el comerciante llevando ocultas las varas de morera, que ocababa de cortar, y llamó aparte a su esposa: “Ven a nuestro, gabinete para que te diga mi secreto.” La mujer le siguió; el comerciante se encerró con ella y empezó a sacudirla varazos, hasta que ella acabó por decir: “¡Me arrepiento, me arrepiento!” Y besa¬ba las manos y los pies de su ma¬rido. Estaba arrepentida de veras. Salieron entonces, y la concurrencia se alegró muchísimo, regocijándose también los parientes. Y todos vivie¬ron muy felices hasta la muerte.”
Dijo. Y cuando Schahrazada, hija del visir, hubo oído este relato, insis¬tió nuevamente en su ruego: Padre, de todos modos quiero que hagas lo que te he pedido.” Entonces el visir, sin replicar nada, mandó que preparasen el ajuar de su hija, y mar¬chó a comunicar la nueva al rey Schahrían
Mientras tanto, Schahrazada decía a su hermana Doniazada: “Te man¬daré llamar cuando esté en el pala¬cio, y así que llegues y veas que el rey ha terminado de hablar conmigo, me dirás: “Hermana, cuenta alguna historia maravillosa que nos haga pa¬sar la noche.” Entonces yo narraré cuentos que, si quiere Alah, serán la causa de la emancipación de las hijas de los musulmanes.”
Fue a buscarla después el visir, y se dirigió con ella hacia la morada del rey. El rey se alegró muchísimo al ver a Schahrazada, y preguntó a su padre: “¿Es ésta lo que yo nece¬sito?” Y el visir dijo respetuosamen¬te: “Sí, lo es.”
Pero cuando el rey quiso acercar¬se a la joven, ésta se echó a llorar. Y el rey le dijo: “¿Qué te pasa?” Y ella contestó: “¡Oh rey poderoso, tengo una hermanita, de la cual qui¬siera despedirme!” El rey mandó buscar-a la hermana, y vino Donia¬zada.
Después empezaron a conversar Doniazada dijo entonces a Schah¬razada: “¡Hermana, por Alah sobre ti! cuéntanos una historia que nos haga pasar la noche.” Y Schahraza¬da contestó: “De buena gana, y como un debido homenaje, si es que me lo permite este rey tan generoso, dotado de tan buenas maneras.” El rey, al oir estas palabras, como no tuviese ningún sueño, se prestó de buen grado a escuchar la narración de Schahrazada.
Y Schahrazada, aquella primera noche, empezó su relato con la his¬toria que sigue:
PRIMERA NOCHE
HISTORIA DEI. MERCADER Y EL EFRIT
Schahrazada dijo:
“He llegado a saber, ¡oh rey, afor¬tunado! que hubo un mercader entre los mercaderes, dueño de numerosas riquezas y de negocios comerciales en todos los países.
Un día montó a caballo y salió para ciertas comarcas a las cuales le llamaban sus negocios. Como el ca¬lor era sofocante, se sentó debajo de un árbol, y echando mano al saco de provisiones, sacó unos dáti¬les, y cuando los hubo comido tiró a lo lejos los huesos. Pero de pronto se le apareció un efrit de enorme estatura que, blandiendo una espada, llegó hasta el mercader y le dijo: “Levántate para que yo te mate como has matado a mi hijo.” El mer¬cader repuso: “Pero ¿cómo he mata¬do yo a tu hijo?” Y contestó el efrit: “Al arrojar los huesos, dieron en el pecho a mi hilo y lo mataron.” En¬tonces dijo el mercader: “Considera ¡oh gran efrit! que no puedo mentir, siendo, como soy, un creyente. Ten¬go muchas riquezas, tengo hijos y esposa, y además guardo en mi casa depósitos que me confiaron. Permi¬teme volver para repartir lo de cada uno, y te vendré a buscar en cuanto lo haga. Tienes mi promesa y mi juramento de que volveré en seguida a tu lado. Y tú entonces harás de mí lo que quieras. Alah es fiador de mis palabras.”
El efrit, teniendo confianza en él, dejó partir al mercader.
Y el mercader volvió a su tierra, arregló sus asuntos, y dio a cada cual lo que le correspondía. Después contó a su mujer y a sus hijos lo que le había ocurrido, y se echaron todos a llorar: los parientes, las mujeres, los hijos. Después el mercader hizo testamento y estuvo coa su familia hasta el fin del año. Al llegar este término se resolvió a partir, y toman¬do su sudario bajo el brazo, dijo adiós a sus parientes y vecinos y se fue muy contra su gusto. Los suyos se lamentaban, dando grandes gritos de dolor.
En cuanto al mercader, siguió su camino hasta que llegó al jardín en cuestión, y el día en que llegó era el primer día del año nuevo. Y mien¬tras estaba sentado, llorando su des¬gracia, he aquí que un jeique se diri¬gió hacia él, llevando una gacela encadenada. Saludó al mercader, le deseó una vida próspera, y le dijo: “¿Por qué razón estás parado y solo en este lugar tan frecuentado por los efrits?”
Entonces le contó el mercader lo que le había ocurrido con el efrit y la causa de haberse detenido en aquel sitio. Y el jeique dueño de la gacela se asombró grandemente, y dijo: “¡Por Alah! ¡oh hermano! tu fe es una gran fe, y tu historia es tan pro¬digiosa, que si se escribiera con una aguja en el ángulo interior de un ojo, sería motivo de reflexión para el que sabe reflexionar respetuosamente.” Después, sentándose a su lado, pro¬siguió: “¡Por Alah! ¡oh mi hermano! no te dejaré hasta que veamos lo que te ocurre con el efrit.” Y allí se que¬dó, efectivamente, conversando con él, y hasta pudo ayudarle cuando se desmayó de terror, presa de una aflicción muy honda y de crueles pensamientos. Seguía allí el dueño de la gacela, cuando llegó un segundo jeique, que se dirigió a ellos con dos lebreles negros. Se acercó, les deseó la paz y les preguntó la causa de haberse parado en aquel lugar fre¬cuentado por los efrits. Entonces ellos le refirieron la historia desde el principio hasta el fin. Y apenas se había sentado, cuando un tercer jei¬que se dirigió hacia ellos, llevando una mula de color de estornino. Les deseó la paz y les preguntó por qué estaban sentados en aquel sitio. Y los otros le contaron la historia desde el principio hasta el fin. Pero no es de ninguna utilidad el repetirla.
A todo esto, se levantó un violento torbellino de polvo en el centro de aquella pradera. Descargó una tor¬menta, se disipó después el polvo y apareció el efrit con un alfanje muy afilado en una mano y brotándole chispas de los ojos. Se acercó al grupo, y dijo cogiendo al merca¬der: “Ven para que yo te mate como mataste a aquel hijo mío, que era el aliento de mi vida y el fuego de mi corazón.” Entonces se echó a llorar el mercader, y los tres jeiques em¬pezaron también a llorar, a. gemir y a suspirar.
Pero el primero de ellos, el dueño de la gacela, acabó por tomar áni¬mos, y besando la mano del efrit, le dijo: “¡Oh efrit, jefe de los efrits y de su corona! Si te cuento lo que me ocurrió con esta gacela y te maravilla mi historia, ¿me recompensarás con el tercio de la sangre de este mer¬cader?” Y el éfrit dijo: “Verdadera¬mente que sí, venerable jeique. Si me cuentas la historia y yo la encuen¬tro extraordinaria, te concederé el tercio de esa sangre.”
CUENTO DEL PRIMER JEIQUE
El primer jeique dijo:
“Sabe, ¡oh gran efrit! que esta gacela era la hija de mi tío, carne de nu carne y sangre de mi sangre. Cuando esta mujer era todavía muy joven, nos casamos, y vivimos jun¬tos cerca de treinta años. Pero Alah no me concedió tener de ella ningún hijo. Por esto tomé una concubina, qué, gracias a Alah, me dio un hijo varón, más hermoso que la luna cuando sale. Tenía unos ojos magní¬ficos, sus cejas se juntaban y sus miembros eran perfectos. Creció poco a poco; hasta llegar a los quin¬ce años. En aquella época tuve que marchar a una población lejana, don¬de reclamaba mi presencia un gran negocio de comercio.
La hija de mi tío, o sea esta gacela, estaba iniciada desde su infancia en la brujería y el arte de los encanta¬mientos. Con la ciencia de su magia transformó a mi hijo en ternerillo, y a su madre, la esclava, en una vaca, y los entregó al mayoral de nuestro ganado. Después de bastante tiempo, regresé del viaje; pregunté por mi hijo y por mi esclava, y la hija de mi tío me dijo: “Tu esclava ha muerto, y tu hijo se escapó y no sabemos de él.” Entonces, durante un año estuve bajo el peso de la aflicción de mi corazón y el llanto de mis ojos.
Llegada la fiesta anual del día de los Sacrificios, ordené al mayoral que me reservara una de las mejores vacas, y me trajo la más gorda de todas, que era mi esclava, encantada por esta gacela. Remangado mi bra¬zo, levanté los faldones de la túnica, y ya me disponía al sacrificio, cu¬chillo en mano, cuando de pronta la vaca prorrumpió en lamentos y de¬rramaba lágrimas abundantes. En¬tonces me detuve, y la entregué al mayoral para que la sacrificase; pero al desollarla no se le encontró ni carne ni grasa, pues sólo tenía los huesos y el pellejo. Me arrepentí de haberla matado, pero ¿de qué servía ya él arrepentimiento? Se la di al ma¬yoral, y le dije: “Tráeme un becerro bien gordo.” Y me trajo a mi hijo convertido en ternero.
Cuando el ternero me vio, rompió la cuerda, se me acercó corriendo, y se revolcó a mis pies, pero ¡con qué lamentos! ¡con qué llantos! Entonces tuve piedad de él, y le dije al mayo¬ral: “Tráeme otra vaca, y deja con vida este ternero.”
En este punto de su narración, vio Scháhrazada que iba a amanecer, y se calló discretamente, sin aprove¬charse más del permiso. Entonces su hermana Doniazada le dijo: “¡Oh hermana mía! ¡Cuán dulces y cuán sabrosas son tus palabras llenas de delicia!” Schahrazada contestó: “Pues nada son comparadas con lo que os podría contar la noche próxima, si vivo todavía y el rey quiere conser¬varme.” Y el rey dijo para sí: “¡Por Alah! No la mataré hasta que haya oído la continuación de su historia.”
Luego marchó el rey a presidir su tribunal. Y vio llegar al visir, que lle¬vaba debajo del brazo un sudario para Schahrazada, a la cual creía muerta. Pero nada le dijo de esto el rey, y siguió administrando justi¬cia, designando a unos para los em¬pleos, destituyendo a otros, hasta que acabó el día. Y el visir se fue perplejo, en el colmo del asombro, al saber que su hija vivía.
Cuando hubo terminado el diván, el rey Schalhriar volvió a su palacio.
Y CUANDO LLEGÓ LA SEGUNDA NOCHE
Doniazada dijo a su hermana Schahrazada:- “¡Oh hermana mía! Te ruego que acabes la historia del mer¬cader y el efrit “ Y Schahrazada res¬pondió: “De todo corazón y como debido homenaje, siempre que el rey me lo permita.” Y el rey ordenó: “Puedes hablar.”
Ella dijo:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado, dotado de ideas justas y rec¬tas! que cuando el mercader vio llo¬rar al ternero, se enterneció su cora¬zón, y dijo al mayoral: “Deja ese ternero con el ganado.”
Y a todo esto, el efrit se asombra¬ba prodigiosamente de esta historia asombrosa. Y el jeique dueño de la gacela prosiguió de este modo:
“¡Oh señor de los reyes de los efrits! todo esto aconteció. La hija de mi tío, esta gacela, hallábase allí mirando, y decía: “Debemos sacrifi¬car ese ternero tan gordo.” Pero yo, por lástima, no podía decidirme, y mandé al mayoral que de nuevo se lo llevara, obedeciéndome él.
El segundo día, estaba yo sentado, cuando se me acercó el pastor y me dijo:. “¡Oh amo mío! Voy a ente¬rarte de algo que te alegrará. Esta buena nueva bien merece una grati¬ficación.” Y yo le contesté: “Cuenta con ella.” Y me dijo: “¡Oh merca¬der ilustre! Mi hija es bruja, pues aprendió la brujería de una vieja que vivía con nosotros. Ayer, cuando me diste el ternero, entré con él en la habitación de mi hija, y ella, apenas lo vio, cubrióse con el velo la cara, echándose a llorar, y después a reir. Luego me dijo: “Padre, ¿tan poco valgo para ti que dejas entrar hom¬bres en mi aposento?” Yo repuse: “Pero ¿dónde están esos hombres? ¿Y por qué lloras y ríes así?” Y ella me dijo: “El ternero que traes con¬tigo es hijo de nuestro amo el mer¬cader, pero está encantado. Y es su madrastra la que lo ha encantado, y a su madre con él. Me he reído al verle bajo esa forma de becerro. Y si he llorado es a causa de la madre del becerro, que fue sacrificada por el padre.” Estas palabras de mi hija, me sorprendieron mucho, y aguardé con impaciencia que volviese la ma¬ñana para venir a enterarte de todo.”
Cuando oí, ¡oh poderoso efrit! prosiguió el jeique lo que me decía el mayoral, salí con él a toda prisa, y sin haber bebido vino creía¬me embriagado por el inmenso júbi¬lo y por la gran felicidad que sentía al recobrar a mi hijo. Cuando llegué a casa del mayoral, la joven me de¬seó la paz y me besó la mano, y luego se me acercó el ternero, revol¬cándose a mis pies. Pregunté enton¬ces a la hija del mayoral: “¿Es cierto lo que afirmas de este ternero?” Y ella dijo: “Cierto, sin duda alguna. Es tu hijo, la llama de tu corazón.” Y le supliqué: “¡Oh gentil y carita¬tiva joven! si desencantas a mi hijo, te daré cuantos ganados y fincas ten¬go al cuidado de tu padre.” Sonrió al oir estas palabras, y me dijo: “Sólo aceptaré la riqueza con dos condiciones: la primera„ que me ca¬saré con tu hijo, y la segunda, que me dejarás encantar y aprisionar a quien yo desee. De lo contrario, no respondo de mi eficacia contra las perfidias de tu mujer.
Cuando yo oí, ¡oh poderoso efrit! las palabras de la hija del mayoral, le dije: “Sea, y por añadidura tendrás las riquezas que tu padre me admi¬nistra. En cuanto a la hija de mi tío, te permito que dispongas de su san¬gre.”
Apenas escuchó ella mis palabras, cogió una cacerola de cobre, llenán¬dola de agua y pronunciando sus con¬juros mágicos. Después roció con el líquido al ternero, y le dijo:' “Si Alah te creó ternero, sigue ternero, sin cambiar de forma; pero si estás encantado recobra tu figura primera con el permiso de Alah el Altísimo.”
E inmediatamente el ternero em¬pezó a agitarse, y volvió a adquirir la forma humana. Entonces, arro¬jándome en sus brazos, le besé. Y luego le dije: “¡Por Alah sobre ti! Cuéntame lo que la hija de mi tío hizo contigo y con tu madre.” Y me contó cuanto les había ocurrido. Y yo dije entonces: “¡Ah, hijo mío! Alah, dueño de los destinos; reser¬vaba a alguien para salvarte y salvar tus derechos.”
Después de esto, ¡oh buen efrit! casé a mi hijo con la hija del mayo¬ral. Y ella, merced a su ciencia de brujería, encantó a la hija de mi tío, transformándola en esta gacela que tú ves. Al pasar por aquí encontré¬me con estas buenas gentes, les pre¬gunté qué hacían, y por ellas supe lo ocurrido a este mercader, y hube de sentarme para ver lo que pudiese sobrevenir. Y esta es mi historia.”
Entonces exclamó el efrit: “Histo¬ria realmente muy asombrosa. Por eso te concedo como gracia el tercio de la sangre que pides.”
En este momento se acercó el se¬gundo jeique, el de los lebreles ne¬gros, y dijo:
CUENTO DEL SEGUNDO JEIQUE
“Sabe, ¡oh señor de los reyes de los efrits! que éstos dos perros son mis hermanos. mayores y yo soy el tercero. Al morir nuestro padre nos dejó en herencia tres mil dinares. Yo, con mi parte, abrí una tienda y me puse a vender y comprar. Uno de mis hermanos, comerciante tam¬bién, se dedicó a viajar con las cara¬vanas, y estuvo ausente un año. Cuando regresó no le quedaba nada de su herencia. Entonces le dije: “¡Oh hermano mío! ¿no te había aconsejado que no viajaras?” Y echándose a llorar, me contestó: “Hermano, Alah, que es grande y poderoso, lo dispuso así. No pueden serme de provecho ya tus palabras, puesto que nada tengo ahora.” Le lleve conmigo a la tienda, lo acom¬pañé luego al hammam y le regalé un magnífico traje de la mejor clase.
Después nos sentamos a comer, y le dije: “Hermano, voy a hacer la cuen¬ta de lo que produce mi tienda en un año, sin tocar al capital, y nos partiremos las ganancias.” Y, efecti¬vamente, hice la cuenta, y hallé un beneficio anual de mil dinares: En¬tonces di gracias a Alah, que es po¬deroso y grande, y dividí la ganancia luego entre mi hermano y yo. Y así vivimos juntos días y días.
Poco tiempo después quiso via¬jar también mi segundo hermano. Hicimos cuanto nos fue posible para que desistiese de su proyecto, pero todo fue inútil, y al cabo de un año volvió en la misma situación que el hermano mayor.
Le di otros mil dinares que tuve de ganancia durante el periodo de su ausencia, abrió una tienda nueva continuó el ejercicio de su profesión.
Sin que les sirviese de escarmien¬to lo que les había sucedido, de nuevo mis hermanos desearon mar¬charse y pretendían que yo les acompañase. No acepté, y les di¬je: “¿Qué habéis ganado con viajar, para que así pueda yo tentarme de imitaros?” Entonces empezaron a dirigirme reconvenciones, pero sin nin¬gún fruto, pues no les hice caso, y seguimos comerciando en nuestras tiendas otro año. Otra vez volvieron a proponerme el viaje, oponiéndome yo también, y, así pasaron seis años más. Al fin acabaron por conven¬cerme, y les dije: “Hermanos, conte¬mos el dinero que tenemos.” Conta¬mos, y dimos con un total de seis mil dinares. Entonces les dije: “En¬terremos la mitad para poderla utili¬zar si nos ocurriese una desgracia, y tomemos mil dinares cada uno para comerciar al por menor.” `Y contestaron: “¡Alah, favorezca la idea!” Cogí el dinero y lo dividí en dos partes iguales; enterré tres mil dinares y los otros tres mil los repartí juiciosamente entre nosotros tres. Después compramos varias mercade¬rías, fletamos un barco, llevamos a él todos nuestros efectos, y partimos. Duró un mes entero el viaje, y llegamos a una ciudad, donde vendi¬mos las mercancías con unta ganan¬cia de diez dinares por dinar. Luego abandonamos la plaza.
Al llegar a orillas del mar encon¬tramos a una mujer pobremente ves¬tida, con ropas viejas y raídas. Se me acercó, me besó la mano, y me dijo: “Señor, ¿me puedes socorrer? ¿Quieres favorecerme? Yo, en cam¬bio, sabré agradecer tus bondades.” Y le dije: “Te socorreré, mas no te creas obligada a la gratitud.” Y ella me respondió: “Señor, entonces cá¬sate conmigo, llévame a tu país y te consagraré mi alma. Favoréceme, que yo soy de las que saben el valor de un beneficios No te avergüences de mi humilde condición.” Al decir estas palabras, sentí piedad hacia ella, pues nada hay que no se haga me¬diante la voluntad de Alah, que es grande y poderoso. Me la llevé, la vestí con ricos trajes, hice tender magníficas alfombras en el barco para ella y le dispensé una hospitáalaria acogida llena de cordialidad. Después zarpamos.
Mi corazón llegó a amarla con un gran amor, y no la abandoné ni de día ni de noche. Y como de los tres hermanos era yo el único que podía gozarla, estos hermanos míos, sintieron celos, además de envidiar¬me por mis riquezas y por la calidad de mis mercaderías. Dirigían ávidas miradas sobre cuanto poseía yo, y se concertaron para matarme y re¬partirse mi dinero, porque el Cheitán sin duda les hizo ver su mala acción con los más bellos colores.
Un día, cuándo estaba yo durmien¬do con mi esposa, llegaron hasta nosotros y nos cogieron, echándonos al mar. Mi esposa se despertó en el agua, y de súbito cambió de forma, convirtiéndose en efrita. Me tomó sobre sus hombros y me depositó sobre una isla. Después desapareció durante toda la noche, regresando al amanecer, y me dijo: “¿No recono¬ces. a tu esposa?” Te he salvado de la muerte con ayuda del Altísimo. Porque has de saber que yo soy una efrita. Y desde el instante en que te vi, te amó mi corazón, simplemente porque Alah lo ha querido, y yo soy una creyente de Alah y en su Profe¬ta, al cual Alah bendiga y persevere. Cuando yo me he acercado a ti en la pobre condición en que me hallaba, tú te aviniste de todos modos a ca¬sarte conmigo. Y yo, en justa grati¬tud, he impedido que perezcas aho¬gado. “En cuanto a tus hermanos, siento el mayor furor contra ellos y es preciso que los mate.”
Asombrado de sus palabras, le di las gracias por su acción, y le dije: “No puedo consentir la perdida de mis hermanos.” Luego le conté todo lo ocurrido con ellos, desde el prin¬cipio hasta el fin, y me dijo entonces: “Esta noche volaré hacia la nave que los conduce, y la haré zozobrar para que sucumban.” Yo repliqué: “¡Por Alah sobre tal No hagas eso, recuer¬da que el Maestro de los Proverbios dice: “¡Oh tú, compasivo del delin¬cuente! Piensa que para el criminal es bastante castigo su mismo cri¬men, y además, considera que son mis hermanos.” Pero ella insistió: :Tengo que matarlos sin remedio.” Y en vano imploré su indulgencia, Después se echó a volar llevándome en sus hombros, y me dejó en la azotea de mi casa.
Abrí entonces las puertas y saqué los tres mil dinares del escondrijo. Luego abrí mi tienda, y después de hacer las visitas necesarias y los saludos de costumbre, compré nue¬vos géneros.
Llegada la noche, cerré la tienda, y al entrar en mis habitaciones en¬contré estos dos lebreles que estaban atados en un rincón. Al verme se levantaron, rompieron a llorar y se agarraron a mis ropas. Entonces acu¬dió mi mujer, y me dijo: “Son tus hermanos. “Y yo le dije: “¿Quién los ha puesto en esta forma?” Y ella contestó: “Yo misma. He rogado a mi hermana, más versada que yo en artes de encantamiento, que los pu¬siera en ese estado. Diez años per¬manecerán así”.
Por eso, ¡oh efrit poderoso! me ves aquí, pues voy en basca de mi cuñada, a la que deseo suplicar los desencante, porque van ya transcu¬rridos los diez años. Al llegar me encontré con este buen hombre, y cuando supe su aventura, no quise marcharme hasta averiguar lo que sobreviniese entre tú y él. Y este es mi cuento.”
El efrit dijo: “Es realmente un cuento asombroso, por lo que te con¬cedo otro tercio de la sangre desti¬nada a rescatar el crimen.”
Entonces se adelantó el tercer jei¬que, dueño de la mula, y dijo al efrit: “Te contaré una historia más maravillosa que las de estos dos. Y tú me recompensarás con el resto de la sangre.” El efrit contestó: “Que así sea.”
Y el tercer jeique dijo:
CUENTO DEL TERCER JEIQUE
“¡Oh sultán, jefe de los efrits! Esta mula que ves aquí era mi es¬posa. Una vez salí de viaje y estuve ausente todo un año. Terminados mis negocios, volví de noche, y al entrar en el cuarto de mi mujer, la encontré con un esclavo negro, esta¬ban conversando, y se besaban, ha¬ciéndose zalamerías. Al verme, ella se levantó, súbitamente y se aba¬lanzó a mí con una vasija de agua en la mano; murmuró algunas pala¬bras luego, y me dijo arrojándome el agua: “¡Sal de tu propia forma y reviste la de un perro!” Inmediata¬mente me convertí en perro, y mi esposa me echó de casa. Anduve va¬gando, hasta llegar a una carnicería, donde me puse a roer huesos. Al ver¬me el carnicero, me cogió y me llevó con él.
Apenas penetramos en el cuarto de su hija, ésta se cubrió con el velo y recriminó a su padre: “¿Te parece bien lo que has hecho? Traes a un hombre y lo entras en mi habita¬ción.” Y repuso el padre: “¿Pero dónde está ese hombre?” Ella contes¬tó: “Ese perro es un hombre, Lo ha encantado una mujer; pero yo soy capaz de desencantarlo.” Y su padre le dijo: “¡Por Alah sobre ti! De¬vuélvele su forma, hija mía.” Ella cogió una vasija con agua, y después de murmurar un conjuro, me echó unas gotas y dijo: “.¡Sal de esa forma y recobra la primitiva!” , Entonces volví a mi forma humana, besé la mano de la joven, y le dije: “Quisie¬ra que encantases a mi mujer como ella me encantó.” Me dio entonces un frasco con agua, y me dijo: “Si encuentras dormida a tu mujer, ro¬cíala con esta agua y se convertirá en lo que quieras.” Efectivamente, la encontré dormida, le eché el agua, y dije: “¡Sal de esa forma y toma la de una mula!” Y al instante se trans¬formó en una mula, es la misma que aquí ves, sultán de reyes de los efrits.”
El efrit se volvió entonces hacia la mula, y le dijo: “¿Es verdad todo eso?” Y la mula movió la cabeza como afirmando: “Sí, sí; todo es verdad.”
Esta historia consiguió satisfacer al efrit, que, lleno de emoción y de placer, hizo gracia al anciano del último tercio de la sangre.
En aquel momento Schahrazada vio aparecer la mañana, y discreta¬mente dejó de hablar, sin aprove¬charse más del permiso. Entonces su hermana Doniazada dijo: “¡Ah, her¬mana mía! ¡Cuán dulces, cuán ama¬bles y cuán deliciosas son en su fres¬cura tus palabras!” Y Schahrazada contestó: “Nada es eso comparado con lo que te contaré la noche pró¬xima, si vivo aún y el rey quiere con¬servarme.” Y el rey se dijo: “¡Por Alah! no la mataré hasta que le haya oído la continuación de su relato, que es asombroso.”
Entonces el rey marchó a la sala de justicia. Entraron el visir y los oficiales y se llenó el diván de gente. Y el rey juzgó, nombró, destituyó, despachó sus asuntos y dio órdenes hasta el fin del día. Luego se levan¬tó el diván y el rey volvió a palacio.
Y CUANDO LLEGÓ LA TERCERA NOCHE
Daniazada dijo: “Hermana mía, te suplico que termines tu relato.” Y Schahrazada contestó: “Con toda la generosidad y simpatía de mi cora¬zón.” Y prosiguió después:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que, cuando el tercer jeique contó al efrit el más asombroso de los tres cuentos, el efrit se maravilló mucho, y emocionado y placentero, dijo: “Concedo el resto de la sangre por que había de redimirse el crí¬men, y dejo en libertad al merca¬der.”
Entonces el mercader, contentísi¬mo, salió al encuentro de los jeiques y les dio miles de gracias. Ellos, a su vez, le felicitaron por el indulto. Y cada cual regresó a su país.
“Pero -añadió Schahrazada- es más asombrosa la historia del pes¬cador.”
Y el rey dijo a Schahrazada: “¿Qué historia del pescador es esa?”
Y Shahrazada dijo:
HISTORIA DEL PESCADOR Y DEL EFRIT
“He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que había un pescador, hom¬bre de edad avanzada, casado, con tres hijos y muy pobre.
Tenía por costumbre echar las re¬des sólo cuatro veces al día y nada más Un día entre los días, a las doce de la mañana, fue a orillas del mar, dejó en el suelo la cesta, echó la red, y estuvo esperando hasta que llegara al fondo. Entonces juntó las cuerdas y notó que la red pesaba mucho y no podía con ella. Llevó el cabo a tierra y lo ató a un poste. Después se desnudó y entró en el mar, maniobrando en torno de la red, y no paró hasta que la hubo sacado. Vistióse entonces muy ale¬gre y acercándose a la red, encontró un borrico muerto. Al verlo, excla¬mó desconsolado: “¡Todo el poder y la fuerza están en Alah, el Altísi¬mo y el Omnipotente!” Luego dijo: “En verdad que este donativo de Alah es asombroso.” Y recitó los si¬guientes versos:
¡Oh buzo, que -giras ciegamente en las tinieblas de la noche y de la per¬dición! -¡Abandona esos penosos tra¬bajos; la fortuna no gusta del movi¬miento!
Sacó la red, exprimiéndola el agua, y cuando hubo acabado de expri¬mirla, la tendió de nuevo. Después, internándose en el agua, exclamó: “¡En el nombre de Alah!” Y arrojó la red de nuevo, aguardando que lle¬gara al fondo. Quiso entonces sacar¬la, pero notó que pesaba mas que antes y que estaba más adherida, por lo, cual la creyó repleta de una buena pesca; y arrojándose otra vez al agua, la sacó al fin con gran trabajo, lle¬vándola a la orilla, y encontró una tinaja enorme, llena de arena y de barro. Al verla, se lamentó mucho y recitó estos versos:
¡Cesad, vicisitudes de la suerte, y apiadaos de los hombres!
¡Qué tristeza! ¡Sobre la tierra nin¬guna, recompensa es igual al mérito ni digna del esfuerzo realizado por alcan¬zarla!
¡Salgo de casa a veces para buscar candorosamente la fortuna; y me ente¬ran de que la fortuna hace mucho tiempo que murió!
¿Es así, ¡oh fortuna! como dejas, a los sabios en la sombra, para que los necios gobiernen el mundo?
Y luego, arrojando la tinaja lejos de él, pidió perdón a Alah por su momento de rebeldía y lanzó la red por vez tercera, y al sacarla la en¬contró llena de trozos de cacharros y vidrios. Al ver esto, recitó todavía unos versos de un poeta:
¡Oh poeta! ¡Nunca soplará hacia ti el viento de la fortuna! ¿Ignoras, hom¬bre ingenuo, que ni tu pluma de caña ni las líneas armoniosas de la escritura han de enriquecerte jamas?
Y alzando la frente al cielo; ex¬clamó: “¡Alah! ¡Tú sabes que yo no echo la red mas que cuatro veces por día, y ya van tres!” Después invocó nuevamente el nombre de Alah y lanzó la red, aguardando que tocase el fondo. Esta vez, a pesar de todos sus esfuerzos, tampoco conse¬guía sacarla, pues a cada tirón se en¬ganchaba más en las rocas del fondo. Entonces dijo: “¡No hay fuerza ni poder mas que en Alah!” Se desnu¬dó, metiéndose en el agua y manio¬brando alrededor de la red, hasta que la desprendió y la llevó a tierra. Al abrirla encontró un enorme ja¬rrón de cobre dorado, lleno e intacto. La boca estaba cerrada con un plo¬mo que ostentaba el sello de nuestro Señor Soleimán, hijo de Daud. El pescador se puso muy alegre al verlo, y se dijo: “He aquí un objeto que venderé en el zoco de los caldereros, porque bien vale sus diez dinares de oro.” Intentó mover el jarrón, pero hallándolo muy pesado, se dijo para sí: “Tengo que abrirlo sin remedio; meteré en el saco lo que contenga y luego lo venderé en el zoco de los caldereros.” Sacó el cuchillo y em¬pezó a maniobrar, hasta que levantó el plomo. Entonces sacudió el jarrón, queriendo inclinarlo para verter el contenido en el suelo. Pero nada sa¬lió del vaso, aparte de una humare¬da que subió hasta lo azul del cielo y se extendió por la superficie de la tierra. Y el pescador no volvía de su asombro. Una vez que hubo salido todo el humo, comenzó a condensar¬se en torbellinos, y al fin se convirtió en un efrit cuya frente llegaba a las nubes, mientras sus pies se hundían en el polvo. La cabeza del efrit era como una cúpula; sus manos seme¬jaban rastrillos; sus piernas eran mástiles; su boca, una caverna; sus dientes, piedras; su nariz, una alca¬rraza; sus ojos, dos antorchas, y su cabellera aparecía revuelta y empol¬vada. Al ver a este efrit, el pescador quedó mudo de espanto, temblán¬dole las carnes, encajados los dientes, la boca seca, y los ojos se le cega¬ron a la luz.
Cuando vio al pescador, el efrit dijo: “¡No hay más Dios que Alah, y Soleimán es el profeta de Alah!” Y dirigiéndose hacia el pescador, prosiguió de este modo: “¡Oh tú, gran Soleimán, profeta de Alah, no me mates; te obedeceré siempre, y nunca me rebelaré contra tus mandatos.” Entonces exclamó el pes¬cador: “¡Oh gigante audaz y rebel¬de, tú te atreves a decir que Solei¬mán es el profeta de Alah! Soleimán murió hace mil ochocientos años; y nosotros estamos al fin de los tiempos. Pero ¿qué historia vienes a contarme? ¿Cuál es el motivo de que estuvieras en este jarrón?”
Entonces el efrit dijo: “No hay más Dios que Alah. Pero permite, ¡oh pescador! que te anuncie una buena noticia.” Y el pescador repu¬so: “¿Qué noticia es esa?” Y con¬testó el efrit: “Tu muerte. Vas a morir ahora mismo, y de la manera más terrible.” Y replicó el pesca¬dor: “¡Oh jefe de los efrits! ¡mere¬ces por esa noticia- que el cielo te retire su ayuda! ¡Pueda él alejarte de nosotros! Pero ¿por qué deseas mi muerte? ¿qué hice para mere¬cerla? Te he sacado de esa vasija, te he salvado de una larga perma¬nencia en el mar, y te he traído a la tierra.” Entonces el efrit dijo: “Piensa y elige la especie de muerte que prefieras; morirás del modo que gustes.” Y el pescador dijo: “¿Cuál es mi crimen para merecer tal cas¬tigo?” Y respondió el efrit: “Oye mi historia, pescador.” Y el pesca¬dor dijo: “Habla y abrevia tu relato, porque de impaciente que se halla mi alma se me está saliendo por el pie.” Y dijo el efrit:
“Sabe que yo soy un efrit rebelde. Me rebelé contra Soleimán, hijo de Daud. Mi nombre es Sakhr El¬Genni. Y Soleimán envió hacia mí a su visir Assef, hijo de Barkhia, que me cogió a pesar de mi resis¬tencia, y me llevó a manos de Solei¬mán. Y mi nariz en aquel momento se puso bien humilde. Al verme, Soleimán hizo su conjuro a Alah y me mandó que abrazase su religión y me sometiese a su obediencia. Pero yo me negué. Entonces mandó traer ese jarrón, me aprisionó en él y lo selló con plomo, imprimiendo el nombre del Altísimo. Después ordenó a los efrits fieles que me llevaran en hombros y me arrojasen en medio del mar. Permanecí cien años en el fondo del agua, y decía de todo corazón: “Enriqueceré eternamente al que logre libertarme.” Pero pasaron los cien años y nadie me libertó. Durante los otros cien años me decía: “Descubriré y daré los tesoros de la tierra a quien me, liberte.” Pero nadie me libró. Y pasaren. cuatrocientos años, y me dije: “Concederé tres cosas a quien me liberte.” Y nadie me libró tam¬poco. Entonces, terriblemente enco¬lerizado, dije con toda el alma: “Ahora mataré a quien me libre, pero le dejaré antes elegir, conce¬diéndole la clase de muerte que prefiera.” Entonces tú, ¡oh pesca¬dor! viniste a librarme, y por eso te permito que escojas la clase de muerte.”
El pescador, al oír estas palabras del efrit; dijo: “¡Por Alah que la oportunidad es prodigiosa! ¡Y había de ser yo quien te libertase! ¡Indúl¬tame, efrit, que Alah te recompen¬sará! En cambio, si me matas, buscará quien te haga perecer.” Entonces el efrit le dijo: “¡Pero si yo quiero matarte es precisamente porque me has libertado!” Y el pes¬cador le contestó: “¡Oh jeique de los efrits, así es como devuelves el mal por el bien! ¡A fe que no miente el proverbio!” Y recitó estos versos:
¿Quieres probar la amargura de las cosas? ¡Sé bueno y servicial!
¡Los malvadas desconocen la gra¬titud!
¡Pruébalo, si quieres, y tu suerte será la de la pobre Magir, madre de Amer!
Pero el efrit le dijo: “Ya hemos hablado bastante. Sabe que sin remedio te he de matar.” Entonces pensó el pescador: “Yo no soy mas que un hombre y él un efrit; pero Alah me ha dado una razón bien despierta. Acudiré a una astucia para perderlo. Veré hasta dónde llega su malicia.” Y entonces dijo al efrit: “¿Has decidido realmente mi muerte?” Y el efrit contestó: “No lo dudes.” Entonces dijo: “Por el nombre del Altísimo, que está grabado en el sello de Soleimán, te conjuro a que respondas con verdad a mi pregunta.” Cuando el efrit oyó el nombre del Altísimo, respondió muy conmovido: “Pregunta, que yo contestaré la verdad. Entonces dijo el pescador: “¿Cómo has podido entrar por entero en este jarrón donde apenas cabe tu pie o tu mano?” El efrit dijo: “¿Dudas acaso de ello?” El pescador respondió: “Efectivamente, no lo creeré jamás mientras no vea con mis propios ojos que te metes en él.”
En este momento de su narra¬ción, Schahrazada vio aparecer la mañana, y se calló discretamente.
PERO CUANDO LLEGÓ LA CUARTA NOCHE
Ella dijo:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que cuando el pescador dijo al efrit que no le creería como no lo viese con sus propios ojos, el efrit comenzó a agitarse; convirtiéndose nuevamente en humareda que subía hasta el firmamento. Después se condensó, y empezó a entrar en el jarrón poco a poco, hasta el fin. Entonces el pescador cogió rápida¬mente la tapadera de plomo, con el sello de Soleimán, y obstruyó la boca del jarrón. Después, llamando al efrit, le dijo: “Elige y piensa la clase de muerte que más te con¬venga; si no, te echaré al mar, y me haré una casa junto a la orilla, e impediré a todo el mundo que pes¬que, diciendo: “Allí hay un efrit, y si lo libran quiere matar a los que le liberten.” Luego enumeró todas las variedades de muertes para facilitar la elección. Al oirle, el efrit intentó salir, pero no pudo, y vio que estaba, encarcelado y tenía encima el sello de Soleimán, convenciéndose entonces de que el pescador le había encerrado en un calabozo contra el cual no pueden prevalecer ni los más débiles ni los más fuertes de los efrits. Y com¬prendiendo que el pescador le lleva¬ría hacia el mar, suplicó: “¡No me lleves! ¡no me lleves!” Y el pesca¬dor dijo: “No hay remedio.” Enton¬ces, dulcificando su lenguaje, excla¬mó el efrit: “¡Ah pescador! ¿Qué vas a hacer conmigo?” El otro dijo: “Echarte al mar, que si has estado en él mil ochocientos años, no sal¬drás esta vez hasta el día del Juicio. ¿No te rogué yo que me dejaras la vida para que Alah te la conservase a ti y no me mataras para que Alah no te matase? Obrando infamemente rechazaste mi plegaria. Por eso Alah te ha puesto en mis manos, y no me remuerde el haberte engañado.” Entonces dijo el efrit: “Abreme el jarrón y te colmaré de beneficias.” El pescador respondió: “Mientes, ¡oh maldito! Entre tú y yo pasa exactamente lo, que ocurrió entre el visir del rey Yunán y el médico Ruyán.”
Y el efrit dijo: “¿Quiénes eran el visir del rey Yunán y el médico Ruyán?... ¿Qué historia es esa?”
HISTORIA DEL VISIR DEL REY YUNÁN Y DEL MEDICO RUYÁN
El pescador dijo:
“Sabrás, ¡oh efrit! que en la anti¬güedad del tiempo y en lo pasado de la edad, hubo en la ciudad de Fars, en el país de los ruman, un rey llamado Yunán. Era rico y pode¬roso, señor de ejércitos, dueño de fuerzas considerables y de aliados de todas las especies de hombres. Pero su cuerpo padecía una lepra que desesperaba a los médicos y a los sabios. Ni drogas, ni píldoras, ni pomadas le hacían efecto algu¬no, y ningún sabio pudo encontrar un eficaz remedio para la espantosa dolencia. Pero cierto día llegó a la capital del rey Yunán un médico anciano de renombre, llamado Ru¬yan. Había estudiado los libros grie¬gos, persas, romanos, árabes y sirios, así como la medicina y la astrono¬mía, cuyos principios y reglas no ignoraba, así como sus buenos y malos efectos. Conocía las virtudes de las plantas grasas y secas y tam¬bién sus buenos y, malos efectos. Por último, había profundizado la filosofía y todas las ciencias médicas y otras muchas además. Cuando este médico llegó a la ciudad y perma¬neció en ella algunos días, supo la historia del rey y de la lepra que le martirizaba por la voluntad de Alah, enterándose del fracaso abso¬luto de todos los médicos y sabios. Al tener de ello noticia, pasó muy preocupado la noche. Pero no bien despertó por la mañana (al brillar la luz del día y saludar el sol al mundo, magnífica decora¬ción del Optimo) se puso su mejor traje y fue a ver al rey Yunán. Besó la tierra entre las manos del rey e hizo votos por la duración eterna de su. poderío y de las gracias de Alah y de todas las mejores cosas. Después le enteró de quien era, y le dijo: “He averiguado la enfer¬medad que atormenta tu cuerpo y he sabido que un gran número de médicos, no ha podido encontrar el medio de curarla. Voy, ¡oh rey! a aplicarte mi tratamiento, sin hacer¬te beber medicinas ni untarte con pomadas.” Al oírlo, el rey. Yunán se asombró mucho, y le dijo: “¡Por Alah! que si me curas te enrique¬cerá hasta los hijos de tus hijos, te concederé todos tus deseos y serás mi compañero y amigo” En seguida le dio un hermoso traje y otros pre¬sentes, y añadió: “¿Es cierto que me curarás de esta enfermedad sin medicamentos ni pomadas?” Y res¬pondió el otro: “Sí, ciertamente. Te curaré sin fatiga ni pena para tu cuerpo.” El rey le dijo, cada vez más asombrado: “¡Oh gran médico! ¿Qué día. y que momento verán realizarse lo que acabas de prome¬ter? Apresúrate a hacerlo, hijo mío.” Y el medico contestó:. “Escucho y obedezco.”
Entonces salió del palacio y alqui¬ló una casa, donde instaló sus libros, sus remedios y sus plantas aromáti¬cas. Después hizo extractos de sus medicamentos y de sus simples, y con estos extractos construyó un mazo corto y encorvado, cuyo man¬go horadó, y también hizo una pelota, todo esto lo mejor que pudo. Terminado completamente su traba¬jo, al segundo día fue a palacio, entró en la cámara del rey y besó la tierra entre sus manos. Después le prescribió que fuera a caballo al meidán y jugara con la bola y el mazo.
Acompañaron al rey sus emires, sus chambelanes, sus visires y los jefes del reinó. Apenas había llega¬do al meidán, se le acercó el médico y le entregó el mazo, diciéndole: “Empúñalo de este modo y da con toda tu fuerza en la pelota. Y haz de modo que llegues a sudar. De ese modo el remedio penetrará en la palma de la mano y circulará por todo tu cuerpo. Cuando transpires y el remedio haya tenido tiempo de obrar, regresa a tu palacio, ve en seguida a bañarte al hamman, y quedarás curado. Ahora, la paz sea contigo.”
El rey Yunán cogió el mazo que le alargaba el médico, empuñándolo con fuerza. Intrépidos jinetes mon¬taron a caballo y le echaron la pelo¬ta. Entonces empezó a galopar de¬trás de ella para alcanzarla y gol¬pearla, siempre con el mazo bien cogido. Y no dejó de golpear hasta que transpiró bien por la palma de la mano y por todo el cuerpo, dando lugar a que la medicina obrase sobre el organismo. Cuando el mé¬dico Ruyán vio que el remedio había circulado suficientemente, mandó al rey que volviera a palacio para bañarse en el hammam. Y el rey marchó en seguida y dispuso que le prepararan el hammam. Se lo prepararon con gran prisa, y los esclavos apresuráronse también a disponerle la ropa. Entonces el rey entró en el hammam y tomó el baño, se vistió de nuevo y salió del hammam para montar a caballo, volver a palacio y echarse a dormir.
Y hasta aquí lo referente al rey Yunán. En cuanto al médico Ruyán, éste regresó a su casa, se acostó, y al despertar por la mañana fue a palacio, pidió permiso al rey para entrar, lo que éste le concedió, entró, besó la tierra entre sus manos y empezó por declamar gravemente algunas estrofas:
¡Si la elocuencia te eligiese como padre, reflorecería! ¡Y no sabría elegir ya a otro más que a ti!
¡Oh rostro radiante, cuya claridad borraría la llama de un tizón encen¬dido!
¡Ojalá ese glorioso semblante siga con la luz de su frescura y alcance a ver cómo las arrugas surcan la cara del Tiempo!
¡Me has cubierto con los beneficias de tu generosidad, como la nube bienhechora cubre la colina!
¡Tus altas hazañas te han hecho alcanzar las cimas de la gloria y eres el amado del Destino, que ya no puede negarte nada!
Recitados los versos, el rey sé puso de pie; y cordialmente tendió sus brazos al médico. Luego, le sen¬tó a su lado, y le regaló magníficos trajes de honor.
Porque, efectivamente, al salir del hammam el rey se había mirado el cuerpo, sin encontrar rastro de lepra, y vio su piel tan pura como la plata virgen. Entonces se dilató con gran júbilo su pecho. Y al otro día, al levantarse el rey por la mañana, entró en el diván; se sentó en el trono y comparecieron los chambelanes y grandes del reino, así como él médico Ruyán. Por esto, al verle, el rey se levantó apre¬suradamente y le hizo sentar a su lado. Sirvieron a ambos manjares y bebidas durante todo el día. Y al anochecer, el rey entregó al médico dos mil dinares, sin contar los trajes de honor y magníficos presentes, y le hizo montar su propio corcel. Y entonces el médico se despidió y regresó a su casa.
El rey no dejaba de admirar el arte del médico ni de decir: “Me ha curado por el exterior de mi cuerpo sin untarme con pomadas. ¡Oh Alah! ¡Qué ciencia tan subli¬me! Fuerza es colmar de beneficios a este hombre y tenerle para siem¬pre como compañero y amigo afec¬tuoso.” Y el rey Yunán se acostó, muy alegre de verse con el cuerpo sano y libre de su enfermedad.
Cuando al otro día se levantó el rey y se sentó en el trono, los jefes de la nación pusiéronse de pie, y los emires y visires se sentaron a su derecha y a su izquierda. Entonces mandó llamar al médico Ruyán, que acudió y besó la tierra entre sus manos. El rey se levantó en honor suyo, le hizo sentar a su lado, comió en su compañía, le deseó larga vida y le dio magníficas telas y otros presentes, sin dejar de conversar, con él hasta el anochecer, y mandó le entregaran a modo de remunera¬ción cinco trajes de honor y mil dinares. Y así regresó el médico a su casa, haciendo votos por el rey.
Al levantarse por la mañana, salió el rey y entró en el diván, donde le rodearon los emires, los visires y los chambelanes. Y entre los visires había uno de cara sinies¬tra, repulsiva, terrible, sórdidamente avaro, envidioso y saturado de celos y de odio. Cuando este visir vio que el rey colocaba a su lado al médico Ruyán y le otorgaba tantos beneficios, le tuvo envidia y resol¬vio secretamente perderlo. El pro¬verbio lo dice: “El envidioso ataca a todo el mundo. En el corazón del envidioso está emboscada la perse¬cución, y la desarrolla si dispone de fuerza o la conserva latente la debilidad,” El visir se acercó al rey Yunán, besó la tierra entre sus, ma¬nos, y dijo: “¡Oh rey del siglo y del tiempo, que envuelves a los hombres en tus beneficios! Tengo para ti un consejo de gran impor¬tancia, que no podría ocultarte sin ser un mal hijo. Si me mandas que te lo revele, yo te lo revelaré.” Tur¬bado entonces el rey por las pala¬bras del visir, le dijo: “¿Qué consejo es el tuyo? El otro respondió: “¡Oh rey glorioso! los antiguos han dicho: “Quien no mire el fin y las consecuencias no tendrá a la Fortu¬na por amiga”, y justamente acaba de ver al rey obrar con poco juicio otorgando sus bondades a su enemi¬go, al que desea el aniquilamiento de su reino, colmándole de favores, abrumándole con generosidades. Y yo, por esta causa, siento grandes temores por el rey.” Al oir esto, el rey se turbó extremadamente, cam¬bió de color; y dijo: “¿Quién es el que supones enemigo mío y colma¬do por mí de favores?” Y el visir respondió: “¡Oh rey! Si estás dor¬mido, despierta, porque aludo al médico Ruyán.” El rey dijo: “Ese es buen amigo mío, y para mí el más querido de los hombres, pues me ha curado con una cosa que yo he tenido en la mano y me ha librado de mi enfermedad, que había desesperado a los médicos. Cierta¬mente que no hay otro como él en este siglo, en el mundo entero, lo mismo en Occidente que en Orien¬te. ¿Cómo, te atreves a hablarme así de él? Desde ahora le voy a señalar un sueldo de mil dinares al mes. Y aunque le diera la mitad de mi reino, poco seria para lo que merece. Creo que me dices todo eso por envidia, como se cuenta en la historia, que he sabido; del rey Sindabad.”
En aquel momento la aurora sor¬prendió a Schahrazada, que inte¬rrumpió su narración.
Entonces Doniazada le dijo: “¡Ah, hermana mía! ¡Cuán dulces, cuán puras, cuán deliciosas son tus pala¬bras!” Y Schahrazada dijo: “¿Qué es eso comparado con lo que os contaré la noche próxima, si vivo todavía y el rey tiene a bien con¬servarme?” Entonces el rey dijo para sí: “¡Por Alah! No la mataré sin haber oído la continuación de su historia, que es verdaderamente ma¬ravillosa.” Y el rey fue al diván, y juzgó, otorgó empleos, destituyó y despachó los asuntos pendientes has¬ta acabarse el día. Después se le¬vantó el diván y el rey entró en su palacio.
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COMO DECIAMOS
by UN ARABE Thursday, Jan. 19, 2006 at 12:13 PM
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ANÓNIMO
LAS MIL Y UNA NOCHES
ÍNDICE
Historia del Rey Schahriar y de su Hermano el Rey Schahzaman
Historia del Mercader y el Efrit
Historia del Pescador y el Efrit
Historia del Mandadero y de las Tres Doncellas
Historia de la Mujer Despedazada, de las Tres Manzanas y del Negro Rihán
Historia del Visir Nureddin, de su Hermano el Visir Chamseddin y de Hassán Badreddin
Historia del Jorobado, con el Sastre, el Corredor Nazareno, el Intendente y el Médico Judío; lo que de ello resultó, y sus aventuras sucesivamente referidas
Historia de Ghanem Ben-Ayub y de su Hermana Fetnah
Historia de Sindbad el Marino
Historia Prodigiosa de la Ciudad de Bronce
Historia de Aladino y la Lámpara Mágica
Historia de Alí Babá y los Cuarenta Ladrones
¡AQUELLO QUE QUIERA ALAH!
¡EN EL NOMBRE DE ALAH
EL CLEMENTE,
EL MISERICORDIOSO!
QUE LAS LEYENDAS DE LOS ANTIGUOS SEAN UNA LECCIÓN PARA LOS MODERNOS, A FIN DE QUE EL HOMBRE APRENDA EN LOS SUCESOS QUE OCURREN A OTROS QUE NO SON ÉL. ENTONCES RESPETARÁ Y COMPARARÁ CON ATENCIÓN LAS PALABRAS DE LOS PUEBLOS PASADOS Y LO QUE A ÉL LE OCURRA, Y SE REPRIMIRÁ.
POR ESTO ¡GLORIA A QUIEN GUARDA A LOS RELATOS DE LOS PRIME¬ROS COMO LECCIÓN DEDICADA A LOS ÚLTIMOS!
HISTORIA DEL REY SCHAHRIAR Y DE SU HERMANO EL REY SCHAHZAMAN
Cuéntase -pero Alah es más sa¬bio, mas prudente, más poderoso y más benéfico- que en lo que trans¬currió en la antigüedad del tiempo y en lo pasado de la edad, hubo un rey entre los reyes de Sassan, en las islas de la India y de la China. Era dueño de ejércitos y señor de auxi¬lliares de servidores y de un séquito numeroso. Tenía dos hijos, y ambos eran heroicos jinetes, pero el mayor valía más aún que el menor. El ma¬yor reinó en los países, gobernó con justicia entre los hombres, y por eso le querían los habitantes del país y del reino. Llamábase el rey Schah¬riar. Su hermano, llamado Schahza¬man; era el rey de Samarcanda Al¬-Ajam.
Siguiendo-las cosas el mismo cur¬so, residieron cada uno en su país, y gobernaron con justicia a sus ovejas durante veinte años. Y llegaron am¬bos hasta el límite del desarrollo y el florecimiento.
No dejaron de ser así, hasta que el mayor sintió vehementes deseos de ver a su hermano. Entonces ordenó a su visir que partiese y volviese con él. El visir contestó: “Escucho y obedezco.”
Partió, pues, y llegó felizmente par la gracia de Alah; entró en casa de Schahzaman, le transmitió la paz, le dijo que el rey Schahriar deseaba ardientemente verle, y que el objeto de su viaje era invitarle a visitar a su hermano. El rey Schahzaman con¬testo: “Escucho y obedezco.” Dispu¬so los preparativos de la partida, mandando sacar sus tiendas, sus ca¬mellos y sus mulos, y que saliesen sus servidores y sus auxiliares. Nom¬bró a su visir gobernador del reino y salió en demanda de las comarcas de su hermano.
Pero a media noche recordó una cosa que había olvidado; volvió a su palacio secretamente y se encaminó a los aposentos de su esposa a quien pensaba encontrar triste y llorando por su ausencia. Grande fue, pues, su sorpresa al hallarla departiendo con gran familiaridad con un negro, es¬clavo entre los esclavos. Al ver tal desacato, el mundo se obscureció an¬te sus ojos. Y se dijo: “Si ha sobreve¬nido ésto cuando apenas acabo de dejar la ciudad. ¿Cuán sería la con¬ducta de esta esposa si me ausen¬tase algún tiempo para estar con mi hermano?” Desenvainó inmediata¬mente el alfanje, y acometiendo a ambos, los dejó muertos sobre los tapices del lecho. Volvió a salir, sin perder una hora ni un instante, y ordenó la marcha de la comitiva. Y viajó de noche hasta avistar la ciu¬dad de su hermano.
Entonces éste se alegró de su pro¬ximidad, salió a su encuentro, y al recibirlo, le deseó la paz. Se regocijó hasta los mayores límites del conten¬to, mandó adornar en honor suyo la ciudad y se puso a hablarle lleno de efusión. Pero el rey Schahzaman recordaba la fragilidad de su esposa, y una nube de tristeza le velaba la faz. Su tez se había puesto pálida y su cuerpo se había debilitado. Al verle de tal modo, el rey Schahriar creyó en su alma que aquello se de¬bía a haberse alejado de su reino y de su país, lo dejaba estar sin pre¬guntarle nada. Al fin, un día, le dijo: “Hermano, tu cuerpo enflaquece y su cara amarillea.” Y el otro respon¬dió: “¡Ay, hermano, tengo en mi interior como una llaga en carne viva-!” Pero no le reveló lo que le había ocurrido con su esposa. El rey Schahriar le dijo: “Quisiera que me acompañase a cazar a pie y a caba¬llo, pues así tal vez se esparciera tu espíritu.” El rey Schalizaman no qui¬so aceptar y su hermano se fue solo a la cacería.
Había en el palacio unas ventanas que daban al jardín, y habiéndose asomado a una de ellas el rey Schah¬zaman, vio corno se abría una puerta secreta para dar salida a veinte escla¬vas y veinte esclavos, entre los cua¬les, avanzaba la mujer del rey Schah¬ciar en todo el esplendor de su belle¬za, y ocultándose para observar lo que hacían, pudo convencerse de que la misma desgracia de que él había sido víctima, la misma o ma¬yor, cabía a su hermano el sultán.
Al ver aquello, pensó el hermano del rey: “¡Por Alah! Más ligera es mi calamidad que esta otra.” Inme¬diatamente, dejando que se desvane¬ciese su aflicción, se dijo: “¡En ver¬dad, esto es más enorme que cuanto me ocurrió a mí!” Y desde aquel momento volvió a comer y beber cuanto pudo.
A todo esto, el rey, su hermano, volvió de su excursión y ambos se desearon la paz íntimamente. Luego el rey Schahriar observó que su her¬mano el rey Schalizaman acababa de recobrar el buen color, pues su semblante había adquirido nueva vida, y advirtió también que comía con toda su alma después de haberse alimentada parcamente en las pri¬meros días. Se asombró de ello, y dijo: -”Hermano, poco ha te veía amarillo de tez v ahora has recupe¬rado los colores. Cuéntame qué te pasa.” El rey le dijo: “Te contaré la causa de mi anterior palidez, pero dispénsame de reterirte el motivo de haber recobrado los colores.” El rey replicó: “Para entendernos, relata primeramente la causa de tu pérdida de color y tu debilidad.” Y se expli¬có de este modo: “Sabrás, hermano, que cuando enviaste tu visir para requerir mi presencia, hice mis pre¬parativos de marcha, y salí de la ciu¬dad. Pero después me acordé de la joya que te destinaba y que te di al llegar a tu palacio. Volví, pues, y encontré a mi mujer y a un esclavo negro departiendo con gran fami¬liaridad. Los maté a los dos, y vi¬ne hacia ti, muy atormentado por el recuerdo de tal aventura. Este fue el motivo de mi primera palidez y de mi enflaquecimiento. En cuan¬to a la causa de haber recobrada mi buen color, dispénsame de mencio¬narla.”
Cuando su hermano oyó estas pa¬labras, le dijo: “Por Alah te conjuro a que me cuentes la causa de haber recobrado tus colores.” Entonces el rey Schalizaman le refirió cuanto ha¬bía visto. Y el rey Schaliriar dijo: “Ante todo, es necesario que mis ojos vean semejante cosa.” Su her¬mano le respondió: “Finge que vas de caza, pera escóndete en mis apo¬sentos, y serás testigo del espectácu¬lo: tus ojos lo comprobarán.”
Inmediatamente, el rey mandó que el pregonero divulgase la orden de -marcha. Los soldados salieron con sus tiendas fuera de la ciudad. El rey marchó también, se ocultó en su tienda y dijo a sus jóvenes escla¬vos: “¡Que nadie entre!” Luego se disfrazó, salió a hurtadillas y se diri¬gió al palacio. Llegó a los aposentos de su hermano, y se asomó a la ven¬tana que daba al jardín. Apenas ha¬bía pasado una hora, cuando salieron las esclavas, rodeando a su señora, y tras ellas los esclavos. E hicieron cuanto había contado Schahzaman.
Cuando vio estas cosas el rey Schahriar, la razón se ausentó, de su cabeza, y dijo a su hermano: “Mar¬chemos para saber cuál es nuestro destino en el camino de Alah, por¬que nada de común debemos tener con la realeza hasta encontrar a al¬guien que haya sufrido una aventura semejante a la nuestra. Si no, la muerte sería preferible a nuestra vida.” Su hermano le contestó lo que era apropiado, y ambos salieron por una puerta secreta del palacio. Y no cesaron de caminar día y noche, has¬ta que por fin llegaron a un árbol, en medio de una solitaria pradera, junto al mar salado. En aquella pra¬dera había un manantial de agua dulce. Bebieron de ella y se sentaron a descansar.
Apenas había transcurrido una hora del día, cuando el mar empezó a agitarse. De pronto brotó de él una negra columna de humo, que llegó hasta el cielo y se dirigió después hacia la pradera. Los reyes, asusta¬dos, se subieron a la cima del árbol, que era muy alto, y se pusieron a mirar lo que tal cosa pudiera ser. Y he aquí que la columna de humo se convirtió en un efrit de elevada estatura, poderoso de hombros y ro¬busto de pecho. Llevaba un arca so¬bre la cabeza. Puso el pie en el suelo, y se dirigió hacia el árbol y se sentó debajo de él. Levantó entonces la tapa del arca, sacó de ella una caja, la abrió, y apareció en seguida una encantadora joven, de espléndida hermosura, luminosa lo mismo que el sol, como dijo el poeta:
¡Antorcha en las tinieblas, ella apa¬rece y es el día! ¡Ella aparece y con su luz se iluminan las auroras!
¡Los soles irradiar con su claridad y las lunas con las sonrisas de sus ojos! ¡Que los velos de su misterio se ras¬guen, e inmediatamente las criaturas se prosternan encantadas a sus pies!
¡Y ante los dulces relámpagos de su mirada, el rocío de las lágrimas de pa¬sion humedece todos los párpados!
Después que el efrit hubo contem¬plado a. la hermosa joven, le dijo: “¡Oh soberana de las sederías! ¡Oh tú, a quien rapté el mismo día de tu boda! Quisiera dormir un poco.” Y el efrit colocó la cabeza en las rodi¬llas de la joven y se durmió.
Entonces la joven levantó la cabe¬za hacia la copa del árbol y vio ocul¬tos en las ramas a los dos reyes. En seguida apartó de sus rodillas la ca¬beza del efrit, la puso en el suelo, y les dijo por señas: “Bajad, y no tengáis miedo de este efrit.” Por señas, le respondieron: “¡Por Alah sobre ti! ¡Dispénsanos de lance tan peligroso!” Ella les dijo: “¡Por Alah sobre vosotros! Bajad en seguida si no queréis que avise al efrit; que os dará la peor muerte.” Entonces, asus¬tados, bajaron hasta donde estaba ella, la joven los tomó de las manos, se internó con ellos en el bosque y les exigió algo que no pudieron ne¬garle. Una vez estuvieron cumpli¬dos sus deseos sacó del bolsillo un saquito y del saquito un collar com¬puesto de quinientas setenta sor¬tijas con sellos, y les pregunto “¿Sa¬béis lo que es esto?” Ellos con¬testaron: “No lo sabemos.” Entonces les explicó la joven: “Los dueños de estos anillos hicieron lo mismo que vosotros junto a los cuernos insen¬sibles de este efrit. De suerte que me vais a dar vuestros anillos.” Lo hi¬cieron así, sacándoselos de los dedos, y ella entonces les dijo: “Sabed que este efrit me robó la noche de mi bo¬da; me encerró en esa caja, metió la caja en el arca, le echó siete can¬dados y la arrastró al fondo del mar, allí donde se combaten las olas. Pero no sabía que cuando desea alguna co¬sa una mujer no hay quien la ven¬za.” Ya lo dijo el poeta:
¡Amigo: no te fíes de la mujer; ríete de sus promesas! ¡Su buen o mal hu¬mor depende de sus caprichos!
¡Prodigan amor falso cuando la per¬fidia-las llena y forma como la trama de sus vestidos!
¡Recuerda respetuosamente las pala¬bras de Yusuf! ¡Y no olvides que Eblis hizo que expulsaran a Adán por causa de la mujer!
¡No te confíes, amigo! ¡Es inútil! ¡Mañana, en aquella que creas más se¬gura, sucederá al amor puro una pasión loca!
Y no digas: “¡Si me enamoro, evita¬ré las locuras de los enamorados!” ¡No lo digas! ¡Sería verdaderamente un prodigio único ver salir a un hombre sano y salvo de la seducción de las mujeres!
Los dos hermanos; al oír estas palabras, se maravillaron hasta mas no poder, y se dijeron uno a otro: “Si éste es un efrit, y a pesar de su poderío le han ocurrido cosas más enormes que a nosotros, esta aventu¬ra debe consolarnos.” Inmediatamen¬te se despidieron de la joven y re¬gresaron cada uno a su ciudad.
En cuanto el rey Schahriar entró en su palacio, mandó degollar a su esposa, así como a los esclavos y esclavas. Después persuadido de que no existía mujer alguna de cuya fi¬delidad pudiese estar seguro, resol¬vió desposarse cada noche con una y hacerla degollar apenas alborease el día, siguiente. Así estuvo haciendo durante tres años, y todo eran la¬mentos y voces de horror. Los hom¬bres huían con las hijas que les que¬daban.
En esta situación, el rey mandó al visir que, como de costumbre, le trajese una joven. El visir, por más que buscó, no pudo encontrar nin¬guna, y regresó muy triste a su casa, con el alma transida de miedo ante el furor del rey. Pero este visir tenía dos hijas de gran hermosura-, que poseían todos los encantos, todas las perfecciones y eran de una delica¬deza exquisita. La mayor se llama¬ba Schathrazada, y el nombre de la menor era Doniazada.
La mayor; Schaltrazada, había leí¬do los libros, los anales, las leyendas de los reyes antiguos y las histo¬rias de los pueblos pasados. Dicen que poseía también mil libros de cró¬nicas referentes a los pueblos de las edades remotas, a los reyes de la an¬tigüedad y sus poetas. Y era muy elocuente v daba gusto oírla.
Al ver a su padre, le habló así: “Por qué te veo tan cambiado, so¬portando un peso abrumador de pe¬sadumbres y aflicciones?... Sabe, padre, que el poeta dice: “¡Oh tú, que te apenas, consuélate! Nada es duradero, toda alegría se desvanece y todo pesar se olvida.”
Cuando oyó estas palabras el visir; contó a su hija cuanto había ocurri¬do desde el principio al fin, concer¬niente al rey. Entonces le dijo Schah¬razada: “Por Alah, padre, cásame con el rey, porque si no me mata seré la causa del rescate de las hijas de los musulmanes y podré salvar¬las de entre las manos del rey.” En¬tonces el visir contestó: “¡Por Alah sobre ti! No te expongas nunca a tal peligro.” Pero Schahrazada repu¬so: “Es imprescindible que así lo haga.” Entonces le dijo su padre: “Cuidado no te ocurra lo que les ocurrió al asno y al buey con el la¬brador. Escucha su historia:
FÁBULA DEL ASNO, EL BUEY Y EL LABRADOR
“Has de saber, hija mía, que hubo un comerciante dueño de grandes riquezas y de mucho ganado. Estaba casado y con hijos. Alah, el Altísimo, le dio igualmente el conocimiento de los lenguajes de los animales y el canto de los pájaros. . Habitaba este comerciante en un país fértil, a ori¬llas de un río. En su morada había un asno y un buey.
Cierto día llegó el buey al lugar ocupado por el asno y vio aquel sitio barrido y regado. En el pesebre ha¬bía cebada y paja bien cribadas, y el jumento estaba echado, descansando. Cuando el amo lo montaba, era sólo para algún trayecto corto y por asun¬to urgente, y el asno volvía pronto a descansar. Ese día el comerciante oyó que el buey decía al pollino: “Come a gusto y que te sea sano, de provecho y de buena digestión. ¡Yo estoy rendido y tú descansando, des¬pués de comer cebada bien cribada! Si el amo, te monta alguna que otra vez, pronto vuelve a traerte. En cam¬bio yo me reviento arando y con el trabajo del molino.” El asno le acon¬sejo: “Cuando salgas al campo y te echen el yugo, túmbate y no te menees aunque te den de palos. Y si te levantan, vuélvete a echar otra vez. Y si entonces te vuelven al esta¬blo y te ponen habas, no las comas, fíngete enfermo. Haz por no comer ni beber en unos días, y de ese modo descansarás de la fatiga del trabajo.”
Pero el comerciante seguía presen¬te, oyendo todo lo que hablaban.
Se acercó el mayoral al buey para darle forraje y le vio comer muy poca cosa. Por la mañana, al llevarlo al trabajo, lo encontró enfermo. En¬tonces el amo dijo al mayoral: “Coge al asno y que are todo el día en lu¬gar del buey.” Y el hombre unció al asno en vez del buey y le hizo arar todo el día.
Al anochecer, cuando el asno re¬gresó al establo, el buey le dio las gracias por sus bondades, que le habían proporcionado el descanso de todo el día; pero el asno no le contestó. Estaba muy arrepentido.
Al otro día el asno estuvo arando también durante toda la jornada y regresó con el pescuezo desollado, rendido de fatiga. El buey, al verle en tal estado, le dio las gracias de nuevo y lo colmó de alabanzas. El asno le dijo: “Bien tranquilo estaba yo antes. Ya ves cómo me ha per¬judicado el hacer beneficio a los de¬más.” Y en seguida añadió: “Voy a darte un buen consejo de todos modos. He oído decir al amo que te entregarán al matarife si no te le¬vantas, y harán una cubierta para la mesa con tu piel. Te lo digo para que te salves, pues sentiría que te ocurriese algo.”
El buey, cuando oyó estas pala¬bras del asno, le dio las gracias nue¬vamente, y le dijo: “Mañana reanu¬daré mi trabajo.” Y se puso a comer, se tragó todo el forraje y hasta lamio el recipiente con su lengua.
Pero el amo les había oído hablar. En cuanto amaneció fue con su esposa hacia el establo de los bueyes y las vacas, y se sentaron a la puer¬ta.Vino el mayoral y sacó al buey, que en cuanto vio a su amo empezó a menear la cola, y a galopar en to¬das direcciones como si estuviese lo¬co. Entonces le entró tal risa al co¬merciante, que se cayó de espaldas. Su mujer le preguntó: “¿De qué te ríes?” Y él dijo: “De una cosa que he visto y oído; pero no la puedo descu¬brir porque me va en ello la vida.” La mujer insistió: “Pues has de contármela, aunque te cueste morir.” Y él dijo: “Me callo, porque temo a la muerte.” Ella repuso: “Entonces es que te ríes de mí.” Y desde aquel día no dejó de hostigarle tenazmente, hasta que le puso en una gran per¬plejidad. Entonces el comerciante mandó llamar a sus hijos, así como al kadí y a unos testigos. Quiso ha¬cer testamento antes de revelar el se¬creto a su mujer, pues amaba a su esposa entrañablemente porque era la hija de su tío paterno, madre de sus hijos, y había vivido con ella ciento veinte años de su edad. Hizo llamar también a todos los parientes de su esposa y a los habitantes del barrio y refirió a todos lo ocurrido, diciendo que moriría en cuanto reve¬lase el secreto. Entonces toda la gen¬te dijo a la mujer: “¡Por Alah sobre ti! No te ocupes más del asunto; pues va a perecer tu marido, el pa¬dre de tus hijos.” Pera ella replico: “Aunque le cueste la vida no le de¬jaré en paz hasta que me haya dicho su secreto.” Entonces ya no le roga¬ron más. El comerciante se apartó de ellos y se dirigió al estanque de la huerta para hacer sus abluciones y volver inmediatamente a revelar su secreto y morir.
Pero había allí un gallo lleno de vigor, capaz de dejar satisfechas a cincuenta gallinas, y junto a él hallá¬base un perro. Y el comerciante oyó que el perro increpaba al gallo de este modo: “ ¿No te avergüenza el es¬tar tan alegre cuando va a morir nuestro ama?” Y el gallo preguntó: “¿Por qué causa va a morir?”
Entonces el perro contó toda la historia, y el gallo repuso: “¡Por Alah! Poco talento tiene nuestro amo. Cincuenta esposas tengo yo, y a todas sé manejármelas perfecta¬mente, regañando a unas y contentando a otras. ¡En cambio, él sólo tiene una y no sabe entenderse. con ella! El medio es bien sencillo: basta¬ría con cortar unas cuantas varas de morera, entrar en el camarín de su esposa y darle hasta que sucumbie¬ra o se arrepintiese. No volvería a importunarle con preguntas.” Así dijo el gallo, y cuando el comerciante oyó sus palabras se iluminó su razón, y resolvió dar una paliza a su mujer.
El visir interrumpió aquí su relato para decir a su hija, Schahrazada: “Acaso el rey haga contigo lo que el comerciante con su mujer.” Y Schahrazada preguntó: “¿Pero qué hizo?” Entonces el visir prosiguió de este modo:
“Entró el comerciante llevando ocultas las varas de morera, que ocababa de cortar, y llamó aparte a su esposa: “Ven a nuestro, gabinete para que te diga mi secreto.” La mujer le siguió; el comerciante se encerró con ella y empezó a sacudirla varazos, hasta que ella acabó por decir: “¡Me arrepiento, me arrepiento!” Y besa¬ba las manos y los pies de su ma¬rido. Estaba arrepentida de veras. Salieron entonces, y la concurrencia se alegró muchísimo, regocijándose también los parientes. Y todos vivie¬ron muy felices hasta la muerte.”
Dijo. Y cuando Schahrazada, hija del visir, hubo oído este relato, insis¬tió nuevamente en su ruego: Padre, de todos modos quiero que hagas lo que te he pedido.” Entonces el visir, sin replicar nada, mandó que preparasen el ajuar de su hija, y mar¬chó a comunicar la nueva al rey Schahrían
Mientras tanto, Schahrazada decía a su hermana Doniazada: “Te man¬daré llamar cuando esté en el pala¬cio, y así que llegues y veas que el rey ha terminado de hablar conmigo, me dirás: “Hermana, cuenta alguna historia maravillosa que nos haga pa¬sar la noche.” Entonces yo narraré cuentos que, si quiere Alah, serán la causa de la emancipación de las hijas de los musulmanes.”
Fue a buscarla después el visir, y se dirigió con ella hacia la morada del rey. El rey se alegró muchísimo al ver a Schahrazada, y preguntó a su padre: “¿Es ésta lo que yo nece¬sito?” Y el visir dijo respetuosamen¬te: “Sí, lo es.”
Pero cuando el rey quiso acercar¬se a la joven, ésta se echó a llorar. Y el rey le dijo: “¿Qué te pasa?” Y ella contestó: “¡Oh rey poderoso, tengo una hermanita, de la cual qui¬siera despedirme!” El rey mandó buscar-a la hermana, y vino Donia¬zada.
Después empezaron a conversar Doniazada dijo entonces a Schah¬razada: “¡Hermana, por Alah sobre ti! cuéntanos una historia que nos haga pasar la noche.” Y Schahraza¬da contestó: “De buena gana, y como un debido homenaje, si es que me lo permite este rey tan generoso, dotado de tan buenas maneras.” El rey, al oir estas palabras, como no tuviese ningún sueño, se prestó de buen grado a escuchar la narración de Schahrazada.
Y Schahrazada, aquella primera noche, empezó su relato con la his¬toria que sigue:
PRIMERA NOCHE
HISTORIA DEI. MERCADER Y EL EFRIT
Schahrazada dijo:
“He llegado a saber, ¡oh rey, afor¬tunado! que hubo un mercader entre los mercaderes, dueño de numerosas riquezas y de negocios comerciales en todos los países.
Un día montó a caballo y salió para ciertas comarcas a las cuales le llamaban sus negocios. Como el ca¬lor era sofocante, se sentó debajo de un árbol, y echando mano al saco de provisiones, sacó unos dáti¬les, y cuando los hubo comido tiró a lo lejos los huesos. Pero de pronto se le apareció un efrit de enorme estatura que, blandiendo una espada, llegó hasta el mercader y le dijo: “Levántate para que yo te mate como has matado a mi hijo.” El mer¬cader repuso: “Pero ¿cómo he mata¬do yo a tu hijo?” Y contestó el efrit: “Al arrojar los huesos, dieron en el pecho a mi hilo y lo mataron.” En¬tonces dijo el mercader: “Considera ¡oh gran efrit! que no puedo mentir, siendo, como soy, un creyente. Ten¬go muchas riquezas, tengo hijos y esposa, y además guardo en mi casa depósitos que me confiaron. Permi¬teme volver para repartir lo de cada uno, y te vendré a buscar en cuanto lo haga. Tienes mi promesa y mi juramento de que volveré en seguida a tu lado. Y tú entonces harás de mí lo que quieras. Alah es fiador de mis palabras.”
El efrit, teniendo confianza en él, dejó partir al mercader.
Y el mercader volvió a su tierra, arregló sus asuntos, y dio a cada cual lo que le correspondía. Después contó a su mujer y a sus hijos lo que le había ocurrido, y se echaron todos a llorar: los parientes, las mujeres, los hijos. Después el mercader hizo testamento y estuvo coa su familia hasta el fin del año. Al llegar este término se resolvió a partir, y toman¬do su sudario bajo el brazo, dijo adiós a sus parientes y vecinos y se fue muy contra su gusto. Los suyos se lamentaban, dando grandes gritos de dolor.
En cuanto al mercader, siguió su camino hasta que llegó al jardín en cuestión, y el día en que llegó era el primer día del año nuevo. Y mien¬tras estaba sentado, llorando su des¬gracia, he aquí que un jeique se diri¬gió hacia él, llevando una gacela encadenada. Saludó al mercader, le deseó una vida próspera, y le dijo: “¿Por qué razón estás parado y solo en este lugar tan frecuentado por los efrits?”
Entonces le contó el mercader lo que le había ocurrido con el efrit y la causa de haberse detenido en aquel sitio. Y el jeique dueño de la gacela se asombró grandemente, y dijo: “¡Por Alah! ¡oh hermano! tu fe es una gran fe, y tu historia es tan pro¬digiosa, que si se escribiera con una aguja en el ángulo interior de un ojo, sería motivo de reflexión para el que sabe reflexionar respetuosamente.” Después, sentándose a su lado, pro¬siguió: “¡Por Alah! ¡oh mi hermano! no te dejaré hasta que veamos lo que te ocurre con el efrit.” Y allí se que¬dó, efectivamente, conversando con él, y hasta pudo ayudarle cuando se desmayó de terror, presa de una aflicción muy honda y de crueles pensamientos. Seguía allí el dueño de la gacela, cuando llegó un segundo jeique, que se dirigió a ellos con dos lebreles negros. Se acercó, les deseó la paz y les preguntó la causa de haberse parado en aquel lugar fre¬cuentado por los efrits. Entonces ellos le refirieron la historia desde el principio hasta el fin. Y apenas se había sentado, cuando un tercer jei¬que se dirigió hacia ellos, llevando una mula de color de estornino. Les deseó la paz y les preguntó por qué estaban sentados en aquel sitio. Y los otros le contaron la historia desde el principio hasta el fin. Pero no es de ninguna utilidad el repetirla.
A todo esto, se levantó un violento torbellino de polvo en el centro de aquella pradera. Descargó una tor¬menta, se disipó después el polvo y apareció el efrit con un alfanje muy afilado en una mano y brotándole chispas de los ojos. Se acercó al grupo, y dijo cogiendo al merca¬der: “Ven para que yo te mate como mataste a aquel hijo mío, que era el aliento de mi vida y el fuego de mi corazón.” Entonces se echó a llorar el mercader, y los tres jeiques em¬pezaron también a llorar, a. gemir y a suspirar.
Pero el primero de ellos, el dueño de la gacela, acabó por tomar áni¬mos, y besando la mano del efrit, le dijo: “¡Oh efrit, jefe de los efrits y de su corona! Si te cuento lo que me ocurrió con esta gacela y te maravilla mi historia, ¿me recompensarás con el tercio de la sangre de este mer¬cader?” Y el éfrit dijo: “Verdadera¬mente que sí, venerable jeique. Si me cuentas la historia y yo la encuen¬tro extraordinaria, te concederé el tercio de esa sangre.”
CUENTO DEL PRIMER JEIQUE
El primer jeique dijo:
“Sabe, ¡oh gran efrit! que esta gacela era la hija de mi tío, carne de nu carne y sangre de mi sangre. Cuando esta mujer era todavía muy joven, nos casamos, y vivimos jun¬tos cerca de treinta años. Pero Alah no me concedió tener de ella ningún hijo. Por esto tomé una concubina, qué, gracias a Alah, me dio un hijo varón, más hermoso que la luna cuando sale. Tenía unos ojos magní¬ficos, sus cejas se juntaban y sus miembros eran perfectos. Creció poco a poco; hasta llegar a los quin¬ce años. En aquella época tuve que marchar a una población lejana, don¬de reclamaba mi presencia un gran negocio de comercio.
La hija de mi tío, o sea esta gacela, estaba iniciada desde su infancia en la brujería y el arte de los encanta¬mientos. Con la ciencia de su magia transformó a mi hijo en ternerillo, y a su madre, la esclava, en una vaca, y los entregó al mayoral de nuestro ganado. Después de bastante tiempo, regresé del viaje; pregunté por mi hijo y por mi esclava, y la hija de mi tío me dijo: “Tu esclava ha muerto, y tu hijo se escapó y no sabemos de él.” Entonces, durante un año estuve bajo el peso de la aflicción de mi corazón y el llanto de mis ojos.
Llegada la fiesta anual del día de los Sacrificios, ordené al mayoral que me reservara una de las mejores vacas, y me trajo la más gorda de todas, que era mi esclava, encantada por esta gacela. Remangado mi bra¬zo, levanté los faldones de la túnica, y ya me disponía al sacrificio, cu¬chillo en mano, cuando de pronta la vaca prorrumpió en lamentos y de¬rramaba lágrimas abundantes. En¬tonces me detuve, y la entregué al mayoral para que la sacrificase; pero al desollarla no se le encontró ni carne ni grasa, pues sólo tenía los huesos y el pellejo. Me arrepentí de haberla matado, pero ¿de qué servía ya él arrepentimiento? Se la di al ma¬yoral, y le dije: “Tráeme un becerro bien gordo.” Y me trajo a mi hijo convertido en ternero.
Cuando el ternero me vio, rompió la cuerda, se me acercó corriendo, y se revolcó a mis pies, pero ¡con qué lamentos! ¡con qué llantos! Entonces tuve piedad de él, y le dije al mayo¬ral: “Tráeme otra vaca, y deja con vida este ternero.”
En este punto de su narración, vio Scháhrazada que iba a amanecer, y se calló discretamente, sin aprove¬charse más del permiso. Entonces su hermana Doniazada le dijo: “¡Oh hermana mía! ¡Cuán dulces y cuán sabrosas son tus palabras llenas de delicia!” Schahrazada contestó: “Pues nada son comparadas con lo que os podría contar la noche próxima, si vivo todavía y el rey quiere conser¬varme.” Y el rey dijo para sí: “¡Por Alah! No la mataré hasta que haya oído la continuación de su historia.”
Luego marchó el rey a presidir su tribunal. Y vio llegar al visir, que lle¬vaba debajo del brazo un sudario para Schahrazada, a la cual creía muerta. Pero nada le dijo de esto el rey, y siguió administrando justi¬cia, designando a unos para los em¬pleos, destituyendo a otros, hasta que acabó el día. Y el visir se fue perplejo, en el colmo del asombro, al saber que su hija vivía.
Cuando hubo terminado el diván, el rey Schalhriar volvió a su palacio.
Y CUANDO LLEGÓ LA SEGUNDA NOCHE
Doniazada dijo a su hermana Schahrazada:- “¡Oh hermana mía! Te ruego que acabes la historia del mer¬cader y el efrit “ Y Schahrazada res¬pondió: “De todo corazón y como debido homenaje, siempre que el rey me lo permita.” Y el rey ordenó: “Puedes hablar.”
Ella dijo:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado, dotado de ideas justas y rec¬tas! que cuando el mercader vio llo¬rar al ternero, se enterneció su cora¬zón, y dijo al mayoral: “Deja ese ternero con el ganado.”
Y a todo esto, el efrit se asombra¬ba prodigiosamente de esta historia asombrosa. Y el jeique dueño de la gacela prosiguió de este modo:
“¡Oh señor de los reyes de los efrits! todo esto aconteció. La hija de mi tío, esta gacela, hallábase allí mirando, y decía: “Debemos sacrifi¬car ese ternero tan gordo.” Pero yo, por lástima, no podía decidirme, y mandé al mayoral que de nuevo se lo llevara, obedeciéndome él.
El segundo día, estaba yo sentado, cuando se me acercó el pastor y me dijo:. “¡Oh amo mío! Voy a ente¬rarte de algo que te alegrará. Esta buena nueva bien merece una grati¬ficación.” Y yo le contesté: “Cuenta con ella.” Y me dijo: “¡Oh merca¬der ilustre! Mi hija es bruja, pues aprendió la brujería de una vieja que vivía con nosotros. Ayer, cuando me diste el ternero, entré con él en la habitación de mi hija, y ella, apenas lo vio, cubrióse con el velo la cara, echándose a llorar, y después a reir. Luego me dijo: “Padre, ¿tan poco valgo para ti que dejas entrar hom¬bres en mi aposento?” Yo repuse: “Pero ¿dónde están esos hombres? ¿Y por qué lloras y ríes así?” Y ella me dijo: “El ternero que traes con¬tigo es hijo de nuestro amo el mer¬cader, pero está encantado. Y es su madrastra la que lo ha encantado, y a su madre con él. Me he reído al verle bajo esa forma de becerro. Y si he llorado es a causa de la madre del becerro, que fue sacrificada por el padre.” Estas palabras de mi hija, me sorprendieron mucho, y aguardé con impaciencia que volviese la ma¬ñana para venir a enterarte de todo.”
Cuando oí, ¡oh poderoso efrit! prosiguió el jeique lo que me decía el mayoral, salí con él a toda prisa, y sin haber bebido vino creía¬me embriagado por el inmenso júbi¬lo y por la gran felicidad que sentía al recobrar a mi hijo. Cuando llegué a casa del mayoral, la joven me de¬seó la paz y me besó la mano, y luego se me acercó el ternero, revol¬cándose a mis pies. Pregunté enton¬ces a la hija del mayoral: “¿Es cierto lo que afirmas de este ternero?” Y ella dijo: “Cierto, sin duda alguna. Es tu hijo, la llama de tu corazón.” Y le supliqué: “¡Oh gentil y carita¬tiva joven! si desencantas a mi hijo, te daré cuantos ganados y fincas ten¬go al cuidado de tu padre.” Sonrió al oir estas palabras, y me dijo: “Sólo aceptaré la riqueza con dos condiciones: la primera„ que me ca¬saré con tu hijo, y la segunda, que me dejarás encantar y aprisionar a quien yo desee. De lo contrario, no respondo de mi eficacia contra las perfidias de tu mujer.
Cuando yo oí, ¡oh poderoso efrit! las palabras de la hija del mayoral, le dije: “Sea, y por añadidura tendrás las riquezas que tu padre me admi¬nistra. En cuanto a la hija de mi tío, te permito que dispongas de su san¬gre.”
Apenas escuchó ella mis palabras, cogió una cacerola de cobre, llenán¬dola de agua y pronunciando sus con¬juros mágicos. Después roció con el líquido al ternero, y le dijo:' “Si Alah te creó ternero, sigue ternero, sin cambiar de forma; pero si estás encantado recobra tu figura primera con el permiso de Alah el Altísimo.”
E inmediatamente el ternero em¬pezó a agitarse, y volvió a adquirir la forma humana. Entonces, arro¬jándome en sus brazos, le besé. Y luego le dije: “¡Por Alah sobre ti! Cuéntame lo que la hija de mi tío hizo contigo y con tu madre.” Y me contó cuanto les había ocurrido. Y yo dije entonces: “¡Ah, hijo mío! Alah, dueño de los destinos; reser¬vaba a alguien para salvarte y salvar tus derechos.”
Después de esto, ¡oh buen efrit! casé a mi hijo con la hija del mayo¬ral. Y ella, merced a su ciencia de brujería, encantó a la hija de mi tío, transformándola en esta gacela que tú ves. Al pasar por aquí encontré¬me con estas buenas gentes, les pre¬gunté qué hacían, y por ellas supe lo ocurrido a este mercader, y hube de sentarme para ver lo que pudiese sobrevenir. Y esta es mi historia.”
Entonces exclamó el efrit: “Histo¬ria realmente muy asombrosa. Por eso te concedo como gracia el tercio de la sangre que pides.”
En este momento se acercó el se¬gundo jeique, el de los lebreles ne¬gros, y dijo:
CUENTO DEL SEGUNDO JEIQUE
“Sabe, ¡oh señor de los reyes de los efrits! que éstos dos perros son mis hermanos. mayores y yo soy el tercero. Al morir nuestro padre nos dejó en herencia tres mil dinares. Yo, con mi parte, abrí una tienda y me puse a vender y comprar. Uno de mis hermanos, comerciante tam¬bién, se dedicó a viajar con las cara¬vanas, y estuvo ausente un año. Cuando regresó no le quedaba nada de su herencia. Entonces le dije: “¡Oh hermano mío! ¿no te había aconsejado que no viajaras?” Y echándose a llorar, me contestó: “Hermano, Alah, que es grande y poderoso, lo dispuso así. No pueden serme de provecho ya tus palabras, puesto que nada tengo ahora.” Le lleve conmigo a la tienda, lo acom¬pañé luego al hammam y le regalé un magnífico traje de la mejor clase.
Después nos sentamos a comer, y le dije: “Hermano, voy a hacer la cuen¬ta de lo que produce mi tienda en un año, sin tocar al capital, y nos partiremos las ganancias.” Y, efecti¬vamente, hice la cuenta, y hallé un beneficio anual de mil dinares: En¬tonces di gracias a Alah, que es po¬deroso y grande, y dividí la ganancia luego entre mi hermano y yo. Y así vivimos juntos días y días.
Poco tiempo después quiso via¬jar también mi segundo hermano. Hicimos cuanto nos fue posible para que desistiese de su proyecto, pero todo fue inútil, y al cabo de un año volvió en la misma situación que el hermano mayor.
Le di otros mil dinares que tuve de ganancia durante el periodo de su ausencia, abrió una tienda nueva continuó el ejercicio de su profesión.
Sin que les sirviese de escarmien¬to lo que les había sucedido, de nuevo mis hermanos desearon mar¬charse y pretendían que yo les acompañase. No acepté, y les di¬je: “¿Qué habéis ganado con viajar, para que así pueda yo tentarme de imitaros?” Entonces empezaron a dirigirme reconvenciones, pero sin nin¬gún fruto, pues no les hice caso, y seguimos comerciando en nuestras tiendas otro año. Otra vez volvieron a proponerme el viaje, oponiéndome yo también, y, así pasaron seis años más. Al fin acabaron por conven¬cerme, y les dije: “Hermanos, conte¬mos el dinero que tenemos.” Conta¬mos, y dimos con un total de seis mil dinares. Entonces les dije: “En¬terremos la mitad para poderla utili¬zar si nos ocurriese una desgracia, y tomemos mil dinares cada uno para comerciar al por menor.” `Y contestaron: “¡Alah, favorezca la idea!” Cogí el dinero y lo dividí en dos partes iguales; enterré tres mil dinares y los otros tres mil los repartí juiciosamente entre nosotros tres. Después compramos varias mercade¬rías, fletamos un barco, llevamos a él todos nuestros efectos, y partimos. Duró un mes entero el viaje, y llegamos a una ciudad, donde vendi¬mos las mercancías con unta ganan¬cia de diez dinares por dinar. Luego abandonamos la plaza.
Al llegar a orillas del mar encon¬tramos a una mujer pobremente ves¬tida, con ropas viejas y raídas. Se me acercó, me besó la mano, y me dijo: “Señor, ¿me puedes socorrer? ¿Quieres favorecerme? Yo, en cam¬bio, sabré agradecer tus bondades.” Y le dije: “Te socorreré, mas no te creas obligada a la gratitud.” Y ella me respondió: “Señor, entonces cá¬sate conmigo, llévame a tu país y te consagraré mi alma. Favoréceme, que yo soy de las que saben el valor de un beneficios No te avergüences de mi humilde condición.” Al decir estas palabras, sentí piedad hacia ella, pues nada hay que no se haga me¬diante la voluntad de Alah, que es grande y poderoso. Me la llevé, la vestí con ricos trajes, hice tender magníficas alfombras en el barco para ella y le dispensé una hospitáalaria acogida llena de cordialidad. Después zarpamos.
Mi corazón llegó a amarla con un gran amor, y no la abandoné ni de día ni de noche. Y como de los tres hermanos era yo el único que podía gozarla, estos hermanos míos, sintieron celos, además de envidiar¬me por mis riquezas y por la calidad de mis mercaderías. Dirigían ávidas miradas sobre cuanto poseía yo, y se concertaron para matarme y re¬partirse mi dinero, porque el Cheitán sin duda les hizo ver su mala acción con los más bellos colores.
Un día, cuándo estaba yo durmien¬do con mi esposa, llegaron hasta nosotros y nos cogieron, echándonos al mar. Mi esposa se despertó en el agua, y de súbito cambió de forma, convirtiéndose en efrita. Me tomó sobre sus hombros y me depositó sobre una isla. Después desapareció durante toda la noche, regresando al amanecer, y me dijo: “¿No recono¬ces. a tu esposa?” Te he salvado de la muerte con ayuda del Altísimo. Porque has de saber que yo soy una efrita. Y desde el instante en que te vi, te amó mi corazón, simplemente porque Alah lo ha querido, y yo soy una creyente de Alah y en su Profe¬ta, al cual Alah bendiga y persevere. Cuando yo me he acercado a ti en la pobre condición en que me hallaba, tú te aviniste de todos modos a ca¬sarte conmigo. Y yo, en justa grati¬tud, he impedido que perezcas aho¬gado. “En cuanto a tus hermanos, siento el mayor furor contra ellos y es preciso que los mate.”
Asombrado de sus palabras, le di las gracias por su acción, y le dije: “No puedo consentir la perdida de mis hermanos.” Luego le conté todo lo ocurrido con ellos, desde el prin¬cipio hasta el fin, y me dijo entonces: “Esta noche volaré hacia la nave que los conduce, y la haré zozobrar para que sucumban.” Yo repliqué: “¡Por Alah sobre tal No hagas eso, recuer¬da que el Maestro de los Proverbios dice: “¡Oh tú, compasivo del delin¬cuente! Piensa que para el criminal es bastante castigo su mismo cri¬men, y además, considera que son mis hermanos.” Pero ella insistió: :Tengo que matarlos sin remedio.” Y en vano imploré su indulgencia, Después se echó a volar llevándome en sus hombros, y me dejó en la azotea de mi casa.
Abrí entonces las puertas y saqué los tres mil dinares del escondrijo. Luego abrí mi tienda, y después de hacer las visitas necesarias y los saludos de costumbre, compré nue¬vos géneros.
Llegada la noche, cerré la tienda, y al entrar en mis habitaciones en¬contré estos dos lebreles que estaban atados en un rincón. Al verme se levantaron, rompieron a llorar y se agarraron a mis ropas. Entonces acu¬dió mi mujer, y me dijo: “Son tus hermanos. “Y yo le dije: “¿Quién los ha puesto en esta forma?” Y ella contestó: “Yo misma. He rogado a mi hermana, más versada que yo en artes de encantamiento, que los pu¬siera en ese estado. Diez años per¬manecerán así”.
Por eso, ¡oh efrit poderoso! me ves aquí, pues voy en basca de mi cuñada, a la que deseo suplicar los desencante, porque van ya transcu¬rridos los diez años. Al llegar me encontré con este buen hombre, y cuando supe su aventura, no quise marcharme hasta averiguar lo que sobreviniese entre tú y él. Y este es mi cuento.”
El efrit dijo: “Es realmente un cuento asombroso, por lo que te con¬cedo otro tercio de la sangre desti¬nada a rescatar el crimen.”
Entonces se adelantó el tercer jei¬que, dueño de la mula, y dijo al efrit: “Te contaré una historia más maravillosa que las de estos dos. Y tú me recompensarás con el resto de la sangre.” El efrit contestó: “Que así sea.”
Y el tercer jeique dijo:
CUENTO DEL TERCER JEIQUE
“¡Oh sultán, jefe de los efrits! Esta mula que ves aquí era mi es¬posa. Una vez salí de viaje y estuve ausente todo un año. Terminados mis negocios, volví de noche, y al entrar en el cuarto de mi mujer, la encontré con un esclavo negro, esta¬ban conversando, y se besaban, ha¬ciéndose zalamerías. Al verme, ella se levantó, súbitamente y se aba¬lanzó a mí con una vasija de agua en la mano; murmuró algunas pala¬bras luego, y me dijo arrojándome el agua: “¡Sal de tu propia forma y reviste la de un perro!” Inmediata¬mente me convertí en perro, y mi esposa me echó de casa. Anduve va¬gando, hasta llegar a una carnicería, donde me puse a roer huesos. Al ver¬me el carnicero, me cogió y me llevó con él.
Apenas penetramos en el cuarto de su hija, ésta se cubrió con el velo y recriminó a su padre: “¿Te parece bien lo que has hecho? Traes a un hombre y lo entras en mi habita¬ción.” Y repuso el padre: “¿Pero dónde está ese hombre?” Ella contes¬tó: “Ese perro es un hombre, Lo ha encantado una mujer; pero yo soy capaz de desencantarlo.” Y su padre le dijo: “¡Por Alah sobre ti! De¬vuélvele su forma, hija mía.” Ella cogió una vasija con agua, y después de murmurar un conjuro, me echó unas gotas y dijo: “.¡Sal de esa forma y recobra la primitiva!” , Entonces volví a mi forma humana, besé la mano de la joven, y le dije: “Quisie¬ra que encantases a mi mujer como ella me encantó.” Me dio entonces un frasco con agua, y me dijo: “Si encuentras dormida a tu mujer, ro¬cíala con esta agua y se convertirá en lo que quieras.” Efectivamente, la encontré dormida, le eché el agua, y dije: “¡Sal de esa forma y toma la de una mula!” Y al instante se trans¬formó en una mula, es la misma que aquí ves, sultán de reyes de los efrits.”
El efrit se volvió entonces hacia la mula, y le dijo: “¿Es verdad todo eso?” Y la mula movió la cabeza como afirmando: “Sí, sí; todo es verdad.”
Esta historia consiguió satisfacer al efrit, que, lleno de emoción y de placer, hizo gracia al anciano del último tercio de la sangre.
En aquel momento Schahrazada vio aparecer la mañana, y discreta¬mente dejó de hablar, sin aprove¬charse más del permiso. Entonces su hermana Doniazada dijo: “¡Ah, her¬mana mía! ¡Cuán dulces, cuán ama¬bles y cuán deliciosas son en su fres¬cura tus palabras!” Y Schahrazada contestó: “Nada es eso comparado con lo que te contaré la noche pró¬xima, si vivo aún y el rey quiere con¬servarme.” Y el rey se dijo: “¡Por Alah! no la mataré hasta que le haya oído la continuación de su relato, que es asombroso.”
Entonces el rey marchó a la sala de justicia. Entraron el visir y los oficiales y se llenó el diván de gente. Y el rey juzgó, nombró, destituyó, despachó sus asuntos y dio órdenes hasta el fin del día. Luego se levan¬tó el diván y el rey volvió a palacio.
Y CUANDO LLEGÓ LA TERCERA NOCHE
Daniazada dijo: “Hermana mía, te suplico que termines tu relato.” Y Schahrazada contestó: “Con toda la generosidad y simpatía de mi cora¬zón.” Y prosiguió después:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que, cuando el tercer jeique contó al efrit el más asombroso de los tres cuentos, el efrit se maravilló mucho, y emocionado y placentero, dijo: “Concedo el resto de la sangre por que había de redimirse el crí¬men, y dejo en libertad al merca¬der.”
Entonces el mercader, contentísi¬mo, salió al encuentro de los jeiques y les dio miles de gracias. Ellos, a su vez, le felicitaron por el indulto. Y cada cual regresó a su país.
“Pero -añadió Schahrazada- es más asombrosa la historia del pes¬cador.”
Y el rey dijo a Schahrazada: “¿Qué historia del pescador es esa?”
Y Shahrazada dijo:
HISTORIA DEL PESCADOR Y DEL EFRIT
“He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que había un pescador, hom¬bre de edad avanzada, casado, con tres hijos y muy pobre.
Tenía por costumbre echar las re¬des sólo cuatro veces al día y nada más Un día entre los días, a las doce de la mañana, fue a orillas del mar, dejó en el suelo la cesta, echó la red, y estuvo esperando hasta que llegara al fondo. Entonces juntó las cuerdas y notó que la red pesaba mucho y no podía con ella. Llevó el cabo a tierra y lo ató a un poste. Después se desnudó y entró en el mar, maniobrando en torno de la red, y no paró hasta que la hubo sacado. Vistióse entonces muy ale¬gre y acercándose a la red, encontró un borrico muerto. Al verlo, excla¬mó desconsolado: “¡Todo el poder y la fuerza están en Alah, el Altísi¬mo y el Omnipotente!” Luego dijo: “En verdad que este donativo de Alah es asombroso.” Y recitó los si¬guientes versos:
¡Oh buzo, que -giras ciegamente en las tinieblas de la noche y de la per¬dición! -¡Abandona esos penosos tra¬bajos; la fortuna no gusta del movi¬miento!
Sacó la red, exprimiéndola el agua, y cuando hubo acabado de expri¬mirla, la tendió de nuevo. Después, internándose en el agua, exclamó: “¡En el nombre de Alah!” Y arrojó la red de nuevo, aguardando que lle¬gara al fondo. Quiso entonces sacar¬la, pero notó que pesaba mas que antes y que estaba más adherida, por lo, cual la creyó repleta de una buena pesca; y arrojándose otra vez al agua, la sacó al fin con gran trabajo, lle¬vándola a la orilla, y encontró una tinaja enorme, llena de arena y de barro. Al verla, se lamentó mucho y recitó estos versos:
¡Cesad, vicisitudes de la suerte, y apiadaos de los hombres!
¡Qué tristeza! ¡Sobre la tierra nin¬guna, recompensa es igual al mérito ni digna del esfuerzo realizado por alcan¬zarla!
¡Salgo de casa a veces para buscar candorosamente la fortuna; y me ente¬ran de que la fortuna hace mucho tiempo que murió!
¿Es así, ¡oh fortuna! como dejas, a los sabios en la sombra, para que los necios gobiernen el mundo?
Y luego, arrojando la tinaja lejos de él, pidió perdón a Alah por su momento de rebeldía y lanzó la red por vez tercera, y al sacarla la en¬contró llena de trozos de cacharros y vidrios. Al ver esto, recitó todavía unos versos de un poeta:
¡Oh poeta! ¡Nunca soplará hacia ti el viento de la fortuna! ¿Ignoras, hom¬bre ingenuo, que ni tu pluma de caña ni las líneas armoniosas de la escritura han de enriquecerte jamas?
Y alzando la frente al cielo; ex¬clamó: “¡Alah! ¡Tú sabes que yo no echo la red mas que cuatro veces por día, y ya van tres!” Después invocó nuevamente el nombre de Alah y lanzó la red, aguardando que tocase el fondo. Esta vez, a pesar de todos sus esfuerzos, tampoco conse¬guía sacarla, pues a cada tirón se en¬ganchaba más en las rocas del fondo. Entonces dijo: “¡No hay fuerza ni poder mas que en Alah!” Se desnu¬dó, metiéndose en el agua y manio¬brando alrededor de la red, hasta que la desprendió y la llevó a tierra. Al abrirla encontró un enorme ja¬rrón de cobre dorado, lleno e intacto. La boca estaba cerrada con un plo¬mo que ostentaba el sello de nuestro Señor Soleimán, hijo de Daud. El pescador se puso muy alegre al verlo, y se dijo: “He aquí un objeto que venderé en el zoco de los caldereros, porque bien vale sus diez dinares de oro.” Intentó mover el jarrón, pero hallándolo muy pesado, se dijo para sí: “Tengo que abrirlo sin remedio; meteré en el saco lo que contenga y luego lo venderé en el zoco de los caldereros.” Sacó el cuchillo y em¬pezó a maniobrar, hasta que levantó el plomo. Entonces sacudió el jarrón, queriendo inclinarlo para verter el contenido en el suelo. Pero nada sa¬lió del vaso, aparte de una humare¬da que subió hasta lo azul del cielo y se extendió por la superficie de la tierra. Y el pescador no volvía de su asombro. Una vez que hubo salido todo el humo, comenzó a condensar¬se en torbellinos, y al fin se convirtió en un efrit cuya frente llegaba a las nubes, mientras sus pies se hundían en el polvo. La cabeza del efrit era como una cúpula; sus manos seme¬jaban rastrillos; sus piernas eran mástiles; su boca, una caverna; sus dientes, piedras; su nariz, una alca¬rraza; sus ojos, dos antorchas, y su cabellera aparecía revuelta y empol¬vada. Al ver a este efrit, el pescador quedó mudo de espanto, temblán¬dole las carnes, encajados los dientes, la boca seca, y los ojos se le cega¬ron a la luz.
Cuando vio al pescador, el efrit dijo: “¡No hay más Dios que Alah, y Soleimán es el profeta de Alah!” Y dirigiéndose hacia el pescador, prosiguió de este modo: “¡Oh tú, gran Soleimán, profeta de Alah, no me mates; te obedeceré siempre, y nunca me rebelaré contra tus mandatos.” Entonces exclamó el pes¬cador: “¡Oh gigante audaz y rebel¬de, tú te atreves a decir que Solei¬mán es el profeta de Alah! Soleimán murió hace mil ochocientos años; y nosotros estamos al fin de los tiempos. Pero ¿qué historia vienes a contarme? ¿Cuál es el motivo de que estuvieras en este jarrón?”
Entonces el efrit dijo: “No hay más Dios que Alah. Pero permite, ¡oh pescador! que te anuncie una buena noticia.” Y el pescador repu¬so: “¿Qué noticia es esa?” Y con¬testó el efrit: “Tu muerte. Vas a morir ahora mismo, y de la manera más terrible.” Y replicó el pesca¬dor: “¡Oh jefe de los efrits! ¡mere¬ces por esa noticia- que el cielo te retire su ayuda! ¡Pueda él alejarte de nosotros! Pero ¿por qué deseas mi muerte? ¿qué hice para mere¬cerla? Te he sacado de esa vasija, te he salvado de una larga perma¬nencia en el mar, y te he traído a la tierra.” Entonces el efrit dijo: “Piensa y elige la especie de muerte que prefieras; morirás del modo que gustes.” Y el pescador dijo: “¿Cuál es mi crimen para merecer tal cas¬tigo?” Y respondió el efrit: “Oye mi historia, pescador.” Y el pesca¬dor dijo: “Habla y abrevia tu relato, porque de impaciente que se halla mi alma se me está saliendo por el pie.” Y dijo el efrit:
“Sabe que yo soy un efrit rebelde. Me rebelé contra Soleimán, hijo de Daud. Mi nombre es Sakhr El¬Genni. Y Soleimán envió hacia mí a su visir Assef, hijo de Barkhia, que me cogió a pesar de mi resis¬tencia, y me llevó a manos de Solei¬mán. Y mi nariz en aquel momento se puso bien humilde. Al verme, Soleimán hizo su conjuro a Alah y me mandó que abrazase su religión y me sometiese a su obediencia. Pero yo me negué. Entonces mandó traer ese jarrón, me aprisionó en él y lo selló con plomo, imprimiendo el nombre del Altísimo. Después ordenó a los efrits fieles que me llevaran en hombros y me arrojasen en medio del mar. Permanecí cien años en el fondo del agua, y decía de todo corazón: “Enriqueceré eternamente al que logre libertarme.” Pero pasaron los cien años y nadie me libertó. Durante los otros cien años me decía: “Descubriré y daré los tesoros de la tierra a quien me, liberte.” Pero nadie me libró. Y pasaren. cuatrocientos años, y me dije: “Concederé tres cosas a quien me liberte.” Y nadie me libró tam¬poco. Entonces, terriblemente enco¬lerizado, dije con toda el alma: “Ahora mataré a quien me libre, pero le dejaré antes elegir, conce¬diéndole la clase de muerte que prefiera.” Entonces tú, ¡oh pesca¬dor! viniste a librarme, y por eso te permito que escojas la clase de muerte.”
El pescador, al oír estas palabras del efrit; dijo: “¡Por Alah que la oportunidad es prodigiosa! ¡Y había de ser yo quien te libertase! ¡Indúl¬tame, efrit, que Alah te recompen¬sará! En cambio, si me matas, buscará quien te haga perecer.” Entonces el efrit le dijo: “¡Pero si yo quiero matarte es precisamente porque me has libertado!” Y el pes¬cador le contestó: “¡Oh jeique de los efrits, así es como devuelves el mal por el bien! ¡A fe que no miente el proverbio!” Y recitó estos versos:
¿Quieres probar la amargura de las cosas? ¡Sé bueno y servicial!
¡Los malvadas desconocen la gra¬titud!
¡Pruébalo, si quieres, y tu suerte será la de la pobre Magir, madre de Amer!
Pero el efrit le dijo: “Ya hemos hablado bastante. Sabe que sin remedio te he de matar.” Entonces pensó el pescador: “Yo no soy mas que un hombre y él un efrit; pero Alah me ha dado una razón bien despierta. Acudiré a una astucia para perderlo. Veré hasta dónde llega su malicia.” Y entonces dijo al efrit: “¿Has decidido realmente mi muerte?” Y el efrit contestó: “No lo dudes.” Entonces dijo: “Por el nombre del Altísimo, que está grabado en el sello de Soleimán, te conjuro a que respondas con verdad a mi pregunta.” Cuando el efrit oyó el nombre del Altísimo, respondió muy conmovido: “Pregunta, que yo contestaré la verdad. Entonces dijo el pescador: “¿Cómo has podido entrar por entero en este jarrón donde apenas cabe tu pie o tu mano?” El efrit dijo: “¿Dudas acaso de ello?” El pescador respondió: “Efectivamente, no lo creeré jamás mientras no vea con mis propios ojos que te metes en él.”
En este momento de su narra¬ción, Schahrazada vio aparecer la mañana, y se calló discretamente.
PERO CUANDO LLEGÓ LA CUARTA NOCHE
Ella dijo:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que cuando el pescador dijo al efrit que no le creería como no lo viese con sus propios ojos, el efrit comenzó a agitarse; convirtiéndose nuevamente en humareda que subía hasta el firmamento. Después se condensó, y empezó a entrar en el jarrón poco a poco, hasta el fin. Entonces el pescador cogió rápida¬mente la tapadera de plomo, con el sello de Soleimán, y obstruyó la boca del jarrón. Después, llamando al efrit, le dijo: “Elige y piensa la clase de muerte que más te con¬venga; si no, te echaré al mar, y me haré una casa junto a la orilla, e impediré a todo el mundo que pes¬que, diciendo: “Allí hay un efrit, y si lo libran quiere matar a los que le liberten.” Luego enumeró todas las variedades de muertes para facilitar la elección. Al oirle, el efrit intentó salir, pero no pudo, y vio que estaba, encarcelado y tenía encima el sello de Soleimán, convenciéndose entonces de que el pescador le había encerrado en un calabozo contra el cual no pueden prevalecer ni los más débiles ni los más fuertes de los efrits. Y com¬prendiendo que el pescador le lleva¬ría hacia el mar, suplicó: “¡No me lleves! ¡no me lleves!” Y el pesca¬dor dijo: “No hay remedio.” Enton¬ces, dulcificando su lenguaje, excla¬mó el efrit: “¡Ah pescador! ¿Qué vas a hacer conmigo?” El otro dijo: “Echarte al mar, que si has estado en él mil ochocientos años, no sal¬drás esta vez hasta el día del Juicio. ¿No te rogué yo que me dejaras la vida para que Alah te la conservase a ti y no me mataras para que Alah no te matase? Obrando infamemente rechazaste mi plegaria. Por eso Alah te ha puesto en mis manos, y no me remuerde el haberte engañado.” Entonces dijo el efrit: “Abreme el jarrón y te colmaré de beneficias.” El pescador respondió: “Mientes, ¡oh maldito! Entre tú y yo pasa exactamente lo, que ocurrió entre el visir del rey Yunán y el médico Ruyán.”
Y el efrit dijo: “¿Quiénes eran el visir del rey Yunán y el médico Ruyán?... ¿Qué historia es esa?”
HISTORIA DEL VISIR DEL REY YUNÁN Y DEL MEDICO RUYÁN
El pescador dijo:
“Sabrás, ¡oh efrit! que en la anti¬güedad del tiempo y en lo pasado de la edad, hubo en la ciudad de Fars, en el país de los ruman, un rey llamado Yunán. Era rico y pode¬roso, señor de ejércitos, dueño de fuerzas considerables y de aliados de todas las especies de hombres. Pero su cuerpo padecía una lepra que desesperaba a los médicos y a los sabios. Ni drogas, ni píldoras, ni pomadas le hacían efecto algu¬no, y ningún sabio pudo encontrar un eficaz remedio para la espantosa dolencia. Pero cierto día llegó a la capital del rey Yunán un médico anciano de renombre, llamado Ru¬yan. Había estudiado los libros grie¬gos, persas, romanos, árabes y sirios, así como la medicina y la astrono¬mía, cuyos principios y reglas no ignoraba, así como sus buenos y malos efectos. Conocía las virtudes de las plantas grasas y secas y tam¬bién sus buenos y, malos efectos. Por último, había profundizado la filosofía y todas las ciencias médicas y otras muchas además. Cuando este médico llegó a la ciudad y perma¬neció en ella algunos días, supo la historia del rey y de la lepra que le martirizaba por la voluntad de Alah, enterándose del fracaso abso¬luto de todos los médicos y sabios. Al tener de ello noticia, pasó muy preocupado la noche. Pero no bien despertó por la mañana (al brillar la luz del día y saludar el sol al mundo, magnífica decora¬ción del Optimo) se puso su mejor traje y fue a ver al rey Yunán. Besó la tierra entre las manos del rey e hizo votos por la duración eterna de su. poderío y de las gracias de Alah y de todas las mejores cosas. Después le enteró de quien era, y le dijo: “He averiguado la enfer¬medad que atormenta tu cuerpo y he sabido que un gran número de médicos, no ha podido encontrar el medio de curarla. Voy, ¡oh rey! a aplicarte mi tratamiento, sin hacer¬te beber medicinas ni untarte con pomadas.” Al oírlo, el rey. Yunán se asombró mucho, y le dijo: “¡Por Alah! que si me curas te enrique¬cerá hasta los hijos de tus hijos, te concederé todos tus deseos y serás mi compañero y amigo” En seguida le dio un hermoso traje y otros pre¬sentes, y añadió: “¿Es cierto que me curarás de esta enfermedad sin medicamentos ni pomadas?” Y res¬pondió el otro: “Sí, ciertamente. Te curaré sin fatiga ni pena para tu cuerpo.” El rey le dijo, cada vez más asombrado: “¡Oh gran médico! ¿Qué día. y que momento verán realizarse lo que acabas de prome¬ter? Apresúrate a hacerlo, hijo mío.” Y el medico contestó:. “Escucho y obedezco.”
Entonces salió del palacio y alqui¬ló una casa, donde instaló sus libros, sus remedios y sus plantas aromáti¬cas. Después hizo extractos de sus medicamentos y de sus simples, y con estos extractos construyó un mazo corto y encorvado, cuyo man¬go horadó, y también hizo una pelota, todo esto lo mejor que pudo. Terminado completamente su traba¬jo, al segundo día fue a palacio, entró en la cámara del rey y besó la tierra entre sus manos. Después le prescribió que fuera a caballo al meidán y jugara con la bola y el mazo.
Acompañaron al rey sus emires, sus chambelanes, sus visires y los jefes del reinó. Apenas había llega¬do al meidán, se le acercó el médico y le entregó el mazo, diciéndole: “Empúñalo de este modo y da con toda tu fuerza en la pelota. Y haz de modo que llegues a sudar. De ese modo el remedio penetrará en la palma de la mano y circulará por todo tu cuerpo. Cuando transpires y el remedio haya tenido tiempo de obrar, regresa a tu palacio, ve en seguida a bañarte al hamman, y quedarás curado. Ahora, la paz sea contigo.”
El rey Yunán cogió el mazo que le alargaba el médico, empuñándolo con fuerza. Intrépidos jinetes mon¬taron a caballo y le echaron la pelo¬ta. Entonces empezó a galopar de¬trás de ella para alcanzarla y gol¬pearla, siempre con el mazo bien cogido. Y no dejó de golpear hasta que transpiró bien por la palma de la mano y por todo el cuerpo, dando lugar a que la medicina obrase sobre el organismo. Cuando el mé¬dico Ruyán vio que el remedio había circulado suficientemente, mandó al rey que volviera a palacio para bañarse en el hammam. Y el rey marchó en seguida y dispuso que le prepararan el hammam. Se lo prepararon con gran prisa, y los esclavos apresuráronse también a disponerle la ropa. Entonces el rey entró en el hammam y tomó el baño, se vistió de nuevo y salió del hammam para montar a caballo, volver a palacio y echarse a dormir.
Y hasta aquí lo referente al rey Yunán. En cuanto al médico Ruyán, éste regresó a su casa, se acostó, y al despertar por la mañana fue a palacio, pidió permiso al rey para entrar, lo que éste le concedió, entró, besó la tierra entre sus manos y empezó por declamar gravemente algunas estrofas:
¡Si la elocuencia te eligiese como padre, reflorecería! ¡Y no sabría elegir ya a otro más que a ti!
¡Oh rostro radiante, cuya claridad borraría la llama de un tizón encen¬dido!
¡Ojalá ese glorioso semblante siga con la luz de su frescura y alcance a ver cómo las arrugas surcan la cara del Tiempo!
¡Me has cubierto con los beneficias de tu generosidad, como la nube bienhechora cubre la colina!
¡Tus altas hazañas te han hecho alcanzar las cimas de la gloria y eres el amado del Destino, que ya no puede negarte nada!
Recitados los versos, el rey sé puso de pie; y cordialmente tendió sus brazos al médico. Luego, le sen¬tó a su lado, y le regaló magníficos trajes de honor.
Porque, efectivamente, al salir del hammam el rey se había mirado el cuerpo, sin encontrar rastro de lepra, y vio su piel tan pura como la plata virgen. Entonces se dilató con gran júbilo su pecho. Y al otro día, al levantarse el rey por la mañana, entró en el diván; se sentó en el trono y comparecieron los chambelanes y grandes del reino, así como él médico Ruyán. Por esto, al verle, el rey se levantó apre¬suradamente y le hizo sentar a su lado. Sirvieron a ambos manjares y bebidas durante todo el día. Y al anochecer, el rey entregó al médico dos mil dinares, sin contar los trajes de honor y magníficos presentes, y le hizo montar su propio corcel. Y entonces el médico se despidió y regresó a su casa.
El rey no dejaba de admirar el arte del médico ni de decir: “Me ha curado por el exterior de mi cuerpo sin untarme con pomadas. ¡Oh Alah! ¡Qué ciencia tan subli¬me! Fuerza es colmar de beneficios a este hombre y tenerle para siem¬pre como compañero y amigo afec¬tuoso.” Y el rey Yunán se acostó, muy alegre de verse con el cuerpo sano y libre de su enfermedad.
Cuando al otro día se levantó el rey y se sentó en el trono, los jefes de la nación pusiéronse de pie, y los emires y visires se sentaron a su derecha y a su izquierda. Entonces mandó llamar al médico Ruyán, que acudió y besó la tierra entre sus manos. El rey se levantó en honor suyo, le hizo sentar a su lado, comió en su compañía, le deseó larga vida y le dio magníficas telas y otros presentes, sin dejar de conversar, con él hasta el anochecer, y mandó le entregaran a modo de remunera¬ción cinco trajes de honor y mil dinares. Y así regresó el médico a su casa, haciendo votos por el rey.
Al levantarse por la mañana, salió el rey y entró en el diván, donde le rodearon los emires, los visires y los chambelanes. Y entre los visires había uno de cara sinies¬tra, repulsiva, terrible, sórdidamente avaro, envidioso y saturado de celos y de odio. Cuando este visir vio que el rey colocaba a su lado al médico Ruyán y le otorgaba tantos beneficios, le tuvo envidia y resol¬vio secretamente perderlo. El pro¬verbio lo dice: “El envidioso ataca a todo el mundo. En el corazón del envidioso está emboscada la perse¬cución, y la desarrolla si dispone de fuerza o la conserva latente la debilidad,” El visir se acercó al rey Yunán, besó la tierra entre sus, ma¬nos, y dijo: “¡Oh rey del siglo y del tiempo, que envuelves a los hombres en tus beneficios! Tengo para ti un consejo de gran impor¬tancia, que no podría ocultarte sin ser un mal hijo. Si me mandas que te lo revele, yo te lo revelaré.” Tur¬bado entonces el rey por las pala¬bras del visir, le dijo: “¿Qué consejo es el tuyo? El otro respondió: “¡Oh rey glorioso! los antiguos han dicho: “Quien no mire el fin y las consecuencias no tendrá a la Fortu¬na por amiga”, y justamente acaba de ver al rey obrar con poco juicio otorgando sus bondades a su enemi¬go, al que desea el aniquilamiento de su reino, colmándole de favores, abrumándole con generosidades. Y yo, por esta causa, siento grandes temores por el rey.” Al oir esto, el rey se turbó extremadamente, cam¬bió de color; y dijo: “¿Quién es el que supones enemigo mío y colma¬do por mí de favores?” Y el visir respondió: “¡Oh rey! Si estás dor¬mido, despierta, porque aludo al médico Ruyán.” El rey dijo: “Ese es buen amigo mío, y para mí el más querido de los hombres, pues me ha curado con una cosa que yo he tenido en la mano y me ha librado de mi enfermedad, que había desesperado a los médicos. Cierta¬mente que no hay otro como él en este siglo, en el mundo entero, lo mismo en Occidente que en Orien¬te. ¿Cómo, te atreves a hablarme así de él? Desde ahora le voy a señalar un sueldo de mil dinares al mes. Y aunque le diera la mitad de mi reino, poco seria para lo que merece. Creo que me dices todo eso por envidia, como se cuenta en la historia, que he sabido; del rey Sindabad.”
En aquel momento la aurora sor¬prendió a Schahrazada, que inte¬rrumpió su narración.
Entonces Doniazada le dijo: “¡Ah, hermana mía! ¡Cuán dulces, cuán puras, cuán deliciosas son tus pala¬bras!” Y Schahrazada dijo: “¿Qué es eso comparado con lo que os contaré la noche próxima, si vivo todavía y el rey tiene a bien con¬servarme?” Entonces el rey dijo para sí: “¡Por Alah! No la mataré sin haber oído la continuación de su historia, que es verdaderamente ma¬ravillosa.” Y el rey fue al diván, y juzgó, otorgó empleos, destituyó y despachó los asuntos pendientes has¬ta acabarse el día. Después se le¬vantó el diván y el rey entró en su palacio.
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inpotante
by inpotante Friday, Jan. 20, 2006 at 9:46 AM
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Suscríbase GRATIS y reciba un chiste políticamente correcto gratis todos los días vía correo-e Apriete aquí nosotros no divulgaremos sus datos.(vea nuestra política de privacidad. )Durante una visita a un Instituto Psiquiátrico, una de las visitas le preguntó al Director qué criterio se usaba para definir si un paciente debería o no ser Internado.
"Bueno," dijo el Director, hacemos la prueba siguiente:
- "llenamos una bañadera, luego al paciente le ofrecemos una cucharita, una taza y un balde y le pedimos que vacíe la bañadera."
- Ah, entiendo- dijo la visita. - Una persona normal usaría el balde porque es más grande que la cucharita y la taza.
- No- dijo el Director. -Una persona normal sacaría el tapón.
- Usted que prefiere: ¿una habitación con o sin vistas?-
#341297
Por: Marco Parra - Santiago - R.M. - Chile
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anonimno
by anonimo Friday, Jan. 20, 2006 at 9:50 AM
oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbgggg87ttbo8to8t o8to8rto8 r6
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Orden Bonaria: farsa y estafa
by d.l. Friday, Feb. 04, 2005 at 9:57 PM
José Manuel Mosquera y la falsa y estafadora Orden Bonaria
José Manuel Mosquera lleva una carrera loca, propia de un psicópata (tiene un evidente tratorno bipolar demostrado), por apropiarse de títulos nobiliarios que hinchen su ego.
Para satisfacer sus ansias, se ha autoproclamado recientemente con títulos nobiliarios falsos gran maestre de una inexistente Orden Bonaria de las Islas Canarias, orden declarada apócrifa y falsa desde la central con este texto: "Ante la aparición de apócrifas y seudo órdenes autodenominadas "Orden Bonaria" y a fin de no confundir a las personas de buena fé, el Consejo Magistral por resolución unánime 05/04 de fecha 8 de mayo de 2004, ha dispuesto suspender cualquier Priorato, Bailiato o Representación alguna de ésta Soberana Orden en todo el territorio español; por lo que de ahora en más los Caballeros Bonarios Españoles dependerán directamente de la Sede Magistral Unica, residente en la Ciudad de Buenos Aires, Argentina".
El deseo de confundir es cierto, porque el farsante Mosquera, que no tiene más título que su carnetr de identidad, luego vende a precio de oro titulines a un buen número de incautos que se dejan timar o estafar. Recientemente ha tenido que acudir a los juzgados por estafas y timos de la época en que sólo era un españolito de a pie.
El Soberano Gran Maestre e Insigne Señor:
S.A.S. Duque don Rubén Alberto Iº de Gavaldá y Castro, ha sido acusado de homosexual por Mosquea en Internet, antes lo amaba. Es evidente que esto refleja un transtorno bipolar y la necesidad de un tratamiento psiquiátrico, más cuando media Canarias sabe el gusto del señor Mosquera por los "pantalones". No hay rincón gay de Canarias por el que no haya sido visto, y no siempre vestido de hombre...
Este es uno de los mensajes de los que cuelga el psicópata Mosquera, que de "flor" maquillada con faldas pasa a machote: "ASI Y TODO ESPERO QUE EL AMANTE DEL SEÑOR GAVALDA Y EL SEÑOR VALENTIN FLORES, EL "MOSEÑOR" GRECO LIEBANA, HAGAN EL CUADRO DE LAS TRES GRACIAS, DESNUDITOS, COMO NIÑOS, Y HAGAN LAS CERDADAS Y PERRERIAS DE ENGAÑOS".
Otra calumnia del españolito de apie Mosquera es hablar de ayudas a chicas que eran insultadas por nuestro gran maestre. Mosquera vuelve a olvidar porque fue investigado cuando dirigía una orden neotemplaria fraudulenta hace años: los crímenes de varias chicas desaparecidas.
Sería interesante redondear lo expuesto comentando que no hagan caso de las expulsiones de Mosquera, que no tiene potestad ni para vestirse con faldas, nuestro gran maestre es un hombre de bien y que los interesados han de dirigirse a:
http://www.ordenbonaria.com
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bon-arios templarios
by ojo al dato Friday, Feb. 04, 2005 at 10:42 PM
Os paso datos del peligro que suponen estas sectas neotemplarias: En la central del link Orden Bonaria que han colgado, salen linkadas sectas neotemplarias.
Estos hijos de perra, que le venden el culo al menos pintado y son neonazis por lo que leo, salen en la web de Hemerosectas como asesinos. Ver esto:
http://www.geocities.com/hemerosectas/ts.htm
Vaya perros..
josé manolo mosquera miente más que habla. ha colgado las difamaciones de un foro de indymedia y le han respondido sus antiguos socios con la misma moneda. de tal palo, tal astilla. no entraré yo en el combate de esta pareja de vividores de lo ajeno.
pero sí quiere espresar mi opinión:
1. la web de manolito mosquera con trescientos títulos me huele ha estafa pura y dura. insto a que la policía y la guardia civil averigüe si no es una vulgar estafa.
2. la web de manolito mosquera habla de entidades que parecen estar encaminadas al encubrimiento de capitales. insto a la policíoa y la guardia civil una investigación a fondo.
3. es cierto (él no lo ha desmentido) que manolo mosquera ha sido juzgado recientemente por estafas y timos (me lo ha comentado una fuente bien informada).
4. otro cuestión es la profesión de este caballero. no se le conoce. y claro de algo hay que comer, y beber...
¿será que estos aristócratas de poco pelo cobran por bajo mano? ¿llevarán razón los que asocian a manolo mosquera con la central nacional de inteligencia española encubierta en labores humanitarias?
KP
COMENTARIO
by COMENTARIO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:37 AM
RECORDAMOS A TODAS AQUELLAS PERSONAS, QUE PARA CUALQUIER INFORMACIÓN, PUEDEN USTEDES DIRIGIRSE AL DEPARTAMENTO JURIDICO DE LA ORDEN BONARIA.
DIRECTOR JURÍDICO: D. IÑAKI DE PABLOS
http://www.ordenbonaria.org/djob
mail: gabinete-juridico@ordenbonaria.org
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ACUSACIONES
by INTERESADO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:45 AM
MARIA, Y ACUSAR SIN DEMOSTRAR, SIMPLEMENTE CON LÁGRIMAS DE COCODRILO, PARA EL EFECTO PENA. ¿NO ES DELITO?, ¿ Y SI EL QUE FUERA A LA CÁRCEL, ES USTED?
LE DICE ALGO EL APELLIDO, RAPISARDO. MARÍA, SABEMOS QUIÉN ES USTED, POR LO MENOS VAYA A UN CIBER A ESCRIBIR LAS ACUSACIONES, SU DIRECCIÓN IP LE DELATA.
NO SE SI HAY UNA CIUDAD EN ARGENTINA QUE SE LLAME CANARIAS, PERO USTED ESTA DIFAMANDO DESDE LA CIUDAD DE BUENOS AYRES. ES CURIOSO, SOLICITO DESDE AQUI A QUIEN TENGA CONOCIMIENTOS INFORMÁTICOS QUE DESENMASCARE A QUIÉN DICE ESTAR EN UN SITIO, Y DESPUÉS ESTÁ EN OTRO.
¿ COMO ES EL AEROPUERTO PRINCIPAL DE TANZANIA?, EN QUE CÁRCEL ESTUVO?
HABLANDO DE "REINO DE SILAM", ¿DONDE ESTÁ?.
SUPONGO QUE IRIA USTED DE VACACIONES A TANZANIA, O DE "NEGOCIOS", ALUIEN TAN "SENSIBLE" Y "DELICADA", VA A UN PAÍS TAN HERMOSAMENTE SALVAJE.
NO SE, NO SE, PERO MARÍA USTED NO DICE LA VERDAD.
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ACUSACIONES
by INTERESADO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:46 AM
MARIA, Y ACUSAR SIN DEMOSTRAR, SIMPLEMENTE CON LÁGRIMAS DE COCODRILO, PARA EL EFECTO PENA. ¿NO ES DELITO?, ¿ Y SI EL QUE FUERA A LA CÁRCEL, ES USTED?
LE DICE ALGO EL APELLIDO, RAPISARDO. MARÍA, SABEMOS QUIÉN ES USTED, POR LO MENOS VAYA A UN CIBER A ESCRIBIR LAS ACUSACIONES, SU DIRECCIÓN IP LE DELATA.
NO SE SI HAY UNA CIUDAD EN ARGENTINA QUE SE LLAME CANARIAS, PERO USTED ESTA DIFAMANDO DESDE LA CIUDAD DE BUENOS AYRES. ES CURIOSO, SOLICITO DESDE AQUI A QUIEN TENGA CONOCIMIENTOS INFORMÁTICOS QUE DESENMASCARE A QUIÉN DICE ESTAR EN UN SITIO, Y DESPUÉS ESTÁ EN OTRO.
¿ COMO ES EL AEROPUERTO PRINCIPAL DE TANZANIA?, EN QUE CÁRCEL ESTUVO?
HABLANDO DE "REINO DE SILAM", ¿DONDE ESTÁ?.
SUPONGO QUE IRIA USTED DE VACACIONES A TANZANIA, O DE "NEGOCIOS", ALUIEN TAN "SENSIBLE" Y "DELICADA", VA A UN PAÍS TAN HERMOSAMENTE SALVAJE.
NO SE, NO SE, PERO MARÍA USTED NO DICE LA VERDAD.
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COMENTARIO
by ALFREDO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:58 AM
MARIA, Y ACUSAR SIN DEMOSTRAR, SIMPLEMENTE CON LÁGRIMAS DE COCODRILO, PARA EL EFECTO PENA. ¿NO ES DELITO?, ¿ Y SI EL QUE FUERA A LA CÁRCEL, ES USTED?
LE DICE ALGO EL APELLIDO, RAPISARDO. MARÍA, SABEMOS QUIÉN ES USTED, POR LO MENOS VAYA A UN CIBER A ESCRIBIR LAS ACUSACIONES, SU DIRECCIÓN IP LE DELATA.
NO SE SI HAY UNA CIUDAD EN ARGENTINA QUE SE LLAME CANARIAS, PERO USTED ESTA DIFAMANDO DESDE LA CIUDAD DE BUENOS AYRES. ES CURIOSO, SOLICITO DESDE AQUI A QUIEN TENGA CONOCIMIENTOS INFORMÁTICOS QUE DESENMASCARE A QUIÉN DICE ESTAR EN UN SITIO, Y DESPUÉS ESTÁ EN OTRO.
¿ COMO ES EL AEROPUERTO PRINCIPAL DE TANZANIA?, EN QUE CÁRCEL ESTUVO?
HABLANDO DE "REINO DE SILAM", ¿DONDE ESTÁ?.
SUPONGO QUE IRIA USTED DE VACACIONES A TANZANIA, O DE "NEGOCIOS", ALGUIEN TAN "SENSIBLE" Y "DELICADA", VA A UN PAÍS TAN HERMOSAMENTE SALVAJE.
NO SE, NO SE, PERO MARÍA USTED NO DICE LA VERDAD.
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COMENTARIO
by ALFREDO Wednesday, Jun. 29, 2005 at 8:59 AM
MARIA, Y ACUSAR SIN DEMOSTRAR, SIMPLEMENTE CON LÁGRIMAS DE COCODRILO, PARA EL EFECTO PENA. ¿NO ES DELITO?, ¿ Y SI EL QUE FUERA A LA CÁRCEL, ES USTED?
LE DICE ALGO EL APELLIDO, RAPISARDO. MARÍA, SABEMOS QUIÉN ES USTED, POR LO MENOS VAYA A UN CIBER A ESCRIBIR LAS ACUSACIONES, SU DIRECCIÓN IP LE DELATA.
NO SE SI HAY UNA CIUDAD EN ARGENTINA QUE SE LLAME CANARIAS, PERO USTED ESTA DIFAMANDO DESDE LA CIUDAD DE BUENOS AYRES. ES CURIOSO, SOLICITO DESDE AQUI A QUIEN TENGA CONOCIMIENTOS INFORMÁTICOS QUE DESENMASCARE A QUIÉN DICE ESTAR EN UN SITIO, Y DESPUÉS ESTÁ EN OTRO.
¿ COMO ES EL AEROPUERTO PRINCIPAL DE TANZANIA?, EN QUE CÁRCEL ESTUVO?
HABLANDO DE "REINO DE SILAM", ¿DONDE ESTÁ?.
SUPONGO QUE IRIA USTED DE VACACIONES A TANZANIA, O DE "NEGOCIOS", ALUIEN TAN "SENSIBLE" Y "DELICADA", VA A UN PAÍS TAN HERMOSAMENTE SALVAJE.
NO SE, NO SE, PERO MARÍA USTED NO DICE LA VERDAD.
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CARCELES EN TANZANIA
by LECTOR Wednesday, Jun. 29, 2005 at 9:22 AM
DETENIDA EN TANZANIA, POR FALSIFICACION DE PASAPORTES, Y USTED CON PASAPORTE DIPLOMATICO, Y USTED AHORA ESTA SUPONGO EN EL CIBER DE LA CÁRCEL. EN TANZANIA HAY DESDE HACE TRES AÑOS, HAY CÓLERA, SUPONGO QUE LE HABRÁ AFECTADO.
LAS CONDICIONES EN LAS CÁRCELES SON MUY DURAS, Y NO HAY EXTRADICIÓN A CÁRCELES ESPAÑOLAS, SIMPLEMENTE PORQUE NO HAY CONVENIO, NI ACUERDO BILATERAL.
HASTA TAL PUNTO QUE AMNISTÍA INTERNACIONAL ELAVORÓ UN INFORME, PARA QUE SIRVA COMO COLATERAL A LA HORA DE SANCIONAR AL PRESIDNETE BENJAMIN MPAKA.
SI COMO USTED DICE FUERA DETENIDA, CON ESE PASAPORTE, SE LE ACUSARÍA DE ESPIONAJE, Y EL "REINO DE SILAM", O EN SU CASO ESPAÑA, TENDRÍAN QUE PEDIR LA EXTRADICIÓN, POR LO TANTO USTED ESTARÍA EN CÁRCEL ESPANOLA.
LLORE, LLORE QUE TIENE QUE SER TRISTE ESTAR EN LA CARCEL.
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INVESTIGADOR
by CSI Wednesday, Jun. 29, 2005 at 10:18 AM
SI, SI , SI, EL MOSQUERA, ES UN VAMPIRO, QUE UTILIZA SU ORGANIZACION PARA CHUPARLE LA SANGRE A LOS NIÑOS. TENEMOS PRUEBAS.
LOS DE LA INTERPOL, LO BUSCAN POR SER UN VAMPIRO, ES UN EXPEDIENTE X.
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gracias 2
by reverendo Wednesday, Jun. 29, 2005 at 7:03 PM
desearia alguna fotografia o fotocopia de todo lo que escriben...no se a quien creer..lo unico que revisado es la web de orden bonaria.org..y solo vi a niños y gente agradecida por la generosodad en paises de africa, centro america, y america del Sur...sera que estos señores promoteres en america latina tambien estan mintiendo...
indico please, envien articulos con sellos, o fotografias no importa en anonimo...asi entendere..quien dice la vera veritas
por cierto es facil escribir en anonimato..pero al menos si dieran una prueba ...asi solo escribimos al aire
EL reverendo
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o sea ...
by frasco carrasco Thursday, Jun. 30, 2005 at 5:40 AM
que solo se trata de difamar? porque la tal maria dice falacias y lo del mosquera no se lo cree nadie? no hay modo de que alguien que haya sido estafado diga algo con un poquito de sentido común? Es cierto lo de las ayudas a América Latina, me ha sorprendido y agradado bastante, pero bajo que manto de milongas, inventos (como la supuesta universidad) se cubren? a que se debe? ...
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observador
by observador Thursday, Jul. 07, 2005 at 3:15 PM
observador@observador.com observador observador
Que verguenza manolito, esto ultimo que has puesto
http://www.ordenbonaria.org/ht/nn/0_00106.htm
se nota que es tu letra, y no solo eso, sino que la firma de ese italiano es claramente tu firma y tu letra
FARSANTE
A QUIEN QUIERES ENGAÑAR?
esa hoja la hago yo con mi ordenador, y ese sello lo mando hacer a una imprentilla
que buscas con todo esto? hacer ver que eres alguien importante?
ESCUCHA: ERES UN SER LAMENTABLE Y UN ENFERMO. TRATATE y VETE A UN PSICOLOGO, POBRE HOMBRE
observador
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duda
by francisco tejeria Thursday, Jul. 07, 2005 at 3:27 PM
fran@hotmail.com
Hola
no se muy bien quien es el señor mosquera, pero en la pagina de las noticias esas de la orden bonaria no sale en ninguna foto, asi que pongo en duda todo lo que dice mosquera, porque no sale en Peru ni en ningun sitio
Y claro, yo tambien puedo sacar una web diciendo que estoy aqui y alla, espero que me entiendan
un saludo afectuoso
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El Juezcito
by jusgais Saturday, Jul. 09, 2005 at 5:43 PM
sinceramente.....observe muchas fotos y videos.de la activ.en seccion noticia de quela orden .de aquellos q dice son piorratos...tal ves alla algo de verdad.. imagenes y videos no mienten...ma......che importante...Misters..buena pantalla...me rindo a vuestros profesionales...del ingenio en america latina....en africa os faltaria ser ..mas creativos..
ma vais por buena ruta ...hombre..
el sabio....segid asi..
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Grazie
by Italiani Saturday, Jul. 09, 2005 at 5:51 PM
ma no ne vero...e complicato questi informazioni....grazie..per tuto...sua amore..e costanza
amici di sur america latina...no e certo tanti difamizione io se la verita vera..
i italiani.......
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pregunta
by respuestas Saturday, Jul. 09, 2005 at 6:18 PM
Esta familia CORACE DI COSTANZA, si que se las traen,,,lindos escudos..alguien podria darme,,informacion de esta familia.una casa digna..mmmm algo interesante....
el admirador
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MOSQUERA RESPONDE
by observador romano Wednesday, Jul. 13, 2005 at 4:00 PM
MANOLITO, POR QUE NO RESPONDES?
ESAS FOTOS CON PERUANOS MUERTOS DE HAMBRE LAS HAGO YO TAMBIEN EN UN VIAJE, LES COMPRO CUATRO MIERDAS Y DETRAS PONGO MI ESCUDITO Y NI SE ENTERAN
VERGUENZA DEBERIA DE DARTE JUGAR CON LOS POBRES DE ESTA MANERA TAN SUCIA Y RUIN, Y LO QUE ES PEOR HACIENDOTE PASAR POR OTRAS PERSONAS EN ESTE FORO
QUE TODOS SABEMOS QUE ERES TU, ENFERMO MENTAL, SE TE NOTA A LA LEGUA CUANDO ESCRIBES
ERES PATETICO, PERO SIGUE ASI, FALSIFICANDO DIPLOMAS Y TITULOS, QUE ERES MUY DIVERTIDO
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el muerto de hambre
by que lastima Monday, Jul. 18, 2005 at 12:45 PM
lastima mayuscula que pateticos como estos señores se ofendan uno hacia el otro....si propusieran..juntos unirse para hacer bellas obras...por los muertos de hambre como dicen... en el mundo existe mucho pobreza y miseria....darnos un pan ..y un techo..es suficiente....cobijar a un muerto de hambre..te hacerca mas a Dios....un muerto de hambre..te sonrie cuando m as le ofendes..porque su corazon ...es grande..un muerto de hambre..bendice tus dias asi le hagas daño o con engaños...si la sonrisa sincera de un pequeño es llegar inocente..entonces gracias por decirme muerto de hambre.....el hambre es orrible...y vosotros solo discuten por quien es mas rico o poderoso.....si hicieran cosas por nosotros los muertos de hambre..entonces seremos menos muertos de hambre.....
gracias por hacernos recordar..que somos muertos de hambre.....Espero que Dios te juzgue asi te dira en su presencia que muerto de hambre de espiritu eres....y que ricos humildes y llenos de sinceridad son estos pequeños muertos de hambre....
el muerto de hambre
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el muerto de hambre 2
by lastima 2 Monday, Jul. 18, 2005 at 12:54 PM
olvide decir que...soy un pequeño...que ingrese a este Foro de internet...si he sido engañado por estos señores que me alimentan ..entonces gracias por haber sido estafado....porque esta estafa..hace que yo coma y cene..todos los dias del señor.....y te doy gracias a ti que sin conocerte...me hayas dicho muerto de hambre....espero que cuando cenes y botes tus restos a la basura...te acuerdes que aqui hay un muerto de hambre..que podrias darle esos restos....gracias a estos estafadores que tu dices son...si no hubiera sido por ellos...yo no podria comer y seguir estudiando en mi ..miserable escuela...donde estan todos los muertos de hambre que tu dices.....
el Señor de los cielos,, te juzgue...por habernos dicho muertos de hambre....
un adolecente..muerto de hambre..de Peru-
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al muerto de hambre
by antimosquera Tuesday, Jul. 19, 2005 at 10:09 PM
VENGA MOSQUERA, DEJA DE ARRASTRAR A SINPAPELES A UN ORDENADOR PARA QUE ESCRIBAN PARA TI
MOSQUERA, SABEMOS QUIENES ESTAN DETRAS DE TU ORDEN DE FALSETE
YO Y UNAS CUANTAS PERSONAS VAMOS A DENUNCIARTE POR ESTAFA Y EXTORSION, Y TUS HUESOS ACABARAN EN PRISION
DANOS TIEMPO, QUE ESTAMOS ACABANDO DE REDACTAR LA ACUSACION Y NOS VEREMOS EN LOS JUZGADOS
TENGO UNA SEÑORA QUE DICE QUE TE CONOCE Y QUE SEGUN PARECE LA TIMASTE, Y ELLA SERA NUESTRO TESTIGO MAS POTENTE, VE LLAMANDO A TUS ABOGADOS PORQUE VAMOS EN SERIO
NOS VEMOS EN EL JUZGADO, CATETO
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bla bla
by inverdad Monday, Jul. 25, 2005 at 6:47 PM
muy bien kateto llevais vuestra falda y moñitos..asi reconoceremos vuestro interior..
el kateto
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verguenza
by Maria H. Thursday, Jul. 28, 2005 at 9:19 PM
mariaH@hotmail.com
Siento verguenza e impotencia al haber visto ese video de los peruanos en el umbral de la pobreza. Que nos quiere decir la ORDEN BONARIA con eso? donde sale la orden bonaria en ese video? señores de la orden bonaria, como son tan sinverguenzas de jugar con la vida de los peruanos que se mueren de hambre? se creen ustedes que por poner en el video la banderita de la orden,vamos a creernos que ustedes hicieron ese video? por dios! si ese video es de los años 80 al menos, se ve por la calidad del video sigan ustedes dandose titulos y con toda esta farsa, que yo seguire diciendo lo que sois ORDEN BONARIA= MENTIRA Y ESTAFA
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Josep Guijarro
by pepe tramullas Friday, Jul. 29, 2005 at 5:51 AM
maria es josep guijarro, infiltrado en la Trilateral dentro de un OVNI con una cámara micróscopica, y compinche de miss Gabalda
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opinion
by el conde Friday, Jul. 29, 2005 at 11:33 AM
todavia seguid..discutiendo..quien es mejor...en sus ordenes.......bien..asi y todo..me divierten estos tios..insultandose unos a otros....me placeria indagar....si existiera,,,,mayores cosas,,,,,,,por cierto..quien es esa ....Miss Gvalada...sera lujuriosa..ajajjaja
Desearia please un titulo..... sea de...Conde... sere entonces condescendiente...jajajjajajaj..que risa me dan estos tios....seguireis peleando en estos foros..anonimos...aqui se puede hablar cualquier tonteria.......a rabo libre...
el Conde..
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AL CONDE
by EL LACAYO Saturday, Jul. 30, 2005 at 12:32 PM
OLE CONDE QUE ALLI OS VA EL MARQUEZ CON CUERNOS DE REY
QUE LA NOCHE OS SEA PROPICIA CONTADSELO SOLO A LOS QUE AMEIS
EL BISCOCHO
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se han ido
by camino Sunday, Aug. 21, 2005 at 5:09 PM
Los que le hacian la web a Mosquera se han ido porque no paga
MOSQUERA PAGA A TUS EMPLEADOS; CARADURA!
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el
by yo Monday, Aug. 22, 2005 at 8:21 PM
vendo...........titulos......
mujeres..buenas...
pago a estafados..
por favor abstenerse..locas..y dudosos de sexo..
el mercader...
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impresentable
by trotamundos Monday, Aug. 29, 2005 at 6:30 AM
Pues si, que al final el pollo este del mosquera va a ser un poco hijoputa ... que me ando enterando de cosas y menudo pájaro está hecho
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e loco
by la loca Monday, Aug. 29, 2005 at 5:36 PM
mirad..escribid que aqui se puede decir cualquier estupidez es anonimo asi cualquier loca hace comentarios ruines o felice
viva el anonimato
y las locas perdidas
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gol
by los Tuesday, Aug. 30, 2005 at 10:56 AM
bla bla bla bla bla bbla bla bla bla b alb la bla bla bla bla bla blalb la blsa blsa blas bla bvla
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si el río suena ...
by trotamundos Wednesday, Aug. 31, 2005 at 2:34 AM
... es que agua lleva. Si hay tanta gente que habla de vos, caballero, duque o marqués, sin tan rebuscadas parecen sus hazañas que ni el máyor de los intelectos la comprende, no será por razones oscuras? ayyy
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mosquera
by mosqueo Tuesday, Sep. 13, 2005 at 6:20 AM
macho, tienes un morro que te lo pisas. no se como no te da vergüenza
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quien son
by anonimo Saturday, Dec. 10, 2005 at 9:49 AM
si alguien conoce a esta gente por favor que me lo esplique, en mi pueblo estan empezando a comprar cosas y tener mucha actividad, debo preocuparme? son estafadores como he leido?parece que aqui nadie sabe nada y la gente los tiene como una ong es cierto? si alguien de algun pueblo donde ya hayan actuado me puede adelantar lo que tratan de hacer aqui, por favor que se dirija a mi como "miedoso"gracias a quien intente aclarar mis dudas
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AZUSTADIZO
by SALUTE Saturday, Dec. 17, 2005 at 7:59 PM
AGRADECERIA COLGAR FOTOGRAFIAS DE ACTIVIDADES VERDADERAS AL OBSERVAR AQUELLA ORDEN ME ENTERO QUE LA UNICA ACTIVIDAD QUE REALIZAN SE CITUA EN LA REGION LATINA DE PERU
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para asustadizo
by el del río Monday, Dec. 26, 2005 at 9:55 AM
Asustadizo: si parece que hagan cosas, en principio no parece que estén timando a nadie, metete en su web y verás que cosas inventadas hacen (no me creo ni la mitad de lo que ponen). Yo creo que es una panda de cretinos que intentan colocarse títulos de cartón con que propósito? el de intentar ser quien no son
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orden bonaria
by olimpia Wednesday, Jan. 11, 2006 at 8:13 PM
No se mucho sobre la Orden Bonaria ni su funcionamiento, tampoco conozco al Señor Mosquera, escribo desde la imparcialidad mas absoluta.`
El Señor Mosquera no se si lo busca la Interpol pero no creo que lo busque porque si estuviese en busca y captura como se dice en algun mensaje, ya lo habrian encontrado por las fotos que he visto en las noticias de su pagina, donde aparecen fotos de este Señor de hace muy pocos dias.
Por eso mas bien creo que aqui lo unico que hay son rabietas por algun motivo personal, pero nada creibles, ya que en la pagina de los que dicen ser los autenticos existen muchas menos.
Asi que al menos cuenten la verdad, pero no suelten tonterias como la de la Interpol porque eso se cae por su propio peso.
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Cuando el rio suena
by Manolo no Mosquera otro Friday, Jan. 13, 2006 at 8:18 AM
Cuando el rio suena es por algo, y yo afirmo y se que es un estafador, si no que pregunten por el dinero de los niños apadrinados, donde esta el dinero wapo.-
Chorizo
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Cua
by Manolo no Mosquera otro Friday, Jan. 13, 2006 at 8:28 AM
Cuando el rio suena ... es por algo, que le pregunten donde esta el dinero de los apadrinamientos de Irak y Peru, conteste señor Mosquera.
Chorizo
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Cuando el rio suena
by Manolo no Mosquera otro Friday, Jan. 13, 2006 at 8:29 AM
Cuando el rio suena ... es por algo, que le pregunten donde esta el dinero de los apadrinamientos de Irak y Peru, conteste señor Mosquera.
Chorizo
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Huete el circo esta en la ciudad
by Visor Saturday, Jan. 14, 2006 at 6:13 AM
Ni en carnaval lucio tanto las vestimentas de tales payasos, en su jornada de puertas abiertas en Huete, jamas vi cosa tan ridicula y cursi, aquello parecia el circo de los esperpentos, Dios mio y luego hay gente que se queja de la vestimenta de los punk y de los gotigos , y ha estos prendas donde me los dejan,aqui les dejo algunas direcciones para q se puedan reir un rato,
http://www.tolomeos.com/nn/0_00225.htm
http://www.tolomeos.com/nn/0_00241.htm
http://www.tolomeos.com/nn/0_00227.htm
joer que pasada , les falto la mujer barbuda, y la serpiente de dos cabezas, por cierto no se pierdan al cura, se les colo la version sacra de torrente.
No hay trafico de drogas en la ciudad de Huete, pero estamos alucinando jejejejej
www.tolomeos.com/nn/0_00241.htm
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Sr.
by pp Sunday, Jan. 15, 2006 at 1:26 PM
Recientemente he conocido a un tal Hugo von Habsburg, archiduque de Austria según él, que pertenece a tal orden bonaria, la de Mosquera. He estado investigando si realmente este señor es un Habsburgo y tiene todos los titulos que dice tener, pero no he encontrado nada. ¿Alguien sabe algo de este supuesto archiduque de Austria? Me gustaria ver una foto de Mosquera. ¿Es posible que sea la misma persona? ¿Alguien tiene una foto de él? Gracias, saludos a todos
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mi experiencia con la orden bonaria
by pp Sunday, Jan. 15, 2006 at 1:51 PM
Hola a todos,
He tenido una pequeña experiencia con un miembro de honor de esta orden que voy a contar para quien le pueda interesar. Es uno de los miembros de honor de la orden bonaria.org, Hugo Guntram von Habsburg und Lothringen, archiduque de Austria, principe de Bavaria y muchos otros titulos, según él.
Este señor tiene creencias temerarias, me pareció muy autócrata y sectario en sus maneras. Me ofreció comprar unos titulos nobiliarios para ayudar a los pobres de america latina. He estado investigando desde entonces y lo que he encontrado es lo siguiente:
La orden bonaria.org tiene a varios miembros de honor, entre ellos a Jimmy Carter, Nelson Mandela, y Ama Amritanandamayi. He escerito a todas sus organizaciones para comprobar si realmente estan afiliados a la orden bonaria. Algunos me han dicho que la organizacion les entregó, como reconocimiento a su labor humanitaria, ser miembros de honor de la orden, pero no estan afiliados. Otros no han contestado.
He intentado encontrar al tal señor Hugo von Habsburg en cualquier lista genealogica de las casas reales, pero nada he encontrado, no existe ningún descendiente llamado Hugo, según mis averiguaciones.
En la web de la orden bonaria, hay unos enlaces a fabricas de armamento militar. Da la impresión de que si la orden es verdadera, pueda ser nazi.
Si alguien sabe algo de este señor o de la orden, le agradeceria muchisimo lo exponga en este foro.
Y tambien seria interesante poder ver una fotografia del tal Sr. Mosquera. Gracias a todos y a este foro.
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para Olimpia
by pp Sunday, Jan. 15, 2006 at 1:53 PM
¿Dice usted que fotos del Sr- Mosquera en su pagina?
¿Me podria indicar que pagina Olimpia por favor? Gracias. Saludos
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AVISO A WEBMASTER NO TRABAJEN PA ESTA GENTE NO COBRAN OJO
by WEBMASTER2 Tuesday, Jan. 17, 2006 at 4:55 AM
Ojo con esta gente, pagan un mes lo siguientes trabajas con la esperanza de cobrar o con un talon sin fondo, a base de por favor y ruegos, mentirosos falsos, y este señor que quiere ver una foto del Mosquera hay la tiene http://www.tolomeos.com/nn/0_00225.htm la lok que va con peineta y de negro no, el de enfrente.
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by alfredo Wednesday, Jan. 18, 2006 at 1:32 PM
roco@hotmail.com
Retrospectiva: Revisión de la campaña de la OTAN sobre Kosovo
Noam Chomsky
Calmado el asunto, debería ser posible abordar una revisión y un análisis relativamente desapasionados de la guerra de la OTAN en Kosovo. Se podría esperar que el asunto hubiese dominado el milenarismo de fin de año, considerando la respuesta abundante que la guerra provocó en los círculos intelectuales occidentales y la ola de autocomplacencia de tanta gente respetable aclamando la primera guerra en la historia batallada "en el nombre de principios y valores", el primer paso audaz hacia una "nueva era" en la cual los "estados ilustrados" protegerán los derechos humanos de todos bajo la guía de un "Nuevo Mundo idealista decidido a terminar con la inhumanidad", ahora liberado de los grilletes de arcaicos conceptos sobre el orden mundial. Pero recibió una escasa mención.
Una rara excepción fue el Wall Street Journal (WSJ), que dedicó su artículo principal del 31 de Diciembre a un análisis en profundidad de lo ocurrido. El titular decía: "La guerra de Kosovo fue cruel, encarnizada, salvaje; genocidio no fue". La conclusión contrasta bastante con la propaganda durante la guerra. Una búsqueda en la base de datos de referencias a "genocidio" en Kosovo sólo durante la primera semana de bombardeos se interrumpía al alcanzar su límite de 1000 documentos.
Cuando las fuerzas de la OTAN entraron en Kosovo, se emprendieron tremendos esfuerzos para descubrir evidencias de crímenes de guerra, "modelo de rapidez y eficiencia", para asegurar que ninguna evidencia se perdiera o pasara por alto. Esfuerzos "basados en lecciones aprendidas de los errores pasados" que reflejaban "una creciente atención internacional en atrapar a los responsables de crímenes de guerra". Aún más, añaden los analistas, "probar la escala de los crímenes es también políticamente importante para la OTAN, para demostrar porqué fueron necesarios 78 días de ataques aéreos contra fuerzas e infraestructuras serbias".
Esta lógica ampliamente aceptada es intrigante. Indiscutiblemente, los enormes crímenes tuvieron lugar después de que comenzaran los bombardeos: fueron no una causa sino una consecuencia. Requiere un considerable atrevimiento, por tanto, tomar los crímenes como justificación con efecto retroactivo de las acciones que contribuyeron a provocarlos.
Una "lección aprendida", y rápidamente puesta en práctica, fue la necesidad de evitar una investigación seria de los crímenes en Timor Oriental. Aquí no hubo "modelo de rapidez y eficiencia". A pesar de las súplicas de la misión de pacificación de la ONU, fueron enviados pocos forenses, y con cuatro meses de retraso, bastante después de que la estación de las lluvias borrase evidencias esenciales. La propia misión fue retrasada incluso después de que el país hubiese sido virtualmente destruido y la mayoría de su población expulsada. La diferencia no es difícil de comprender. En Timor Oriental los crímenes eran imputables directamente al terrorismo de estado que había sido apoyado por Occidente justo hasta el final de las atrocidades. Consecuentemente, temas como el disuadir y el exigir responsabilidades difícilmente pueden estar en la agenda. En contraposición, en Kosovo puede aducirse la evidencia de crímenes terribles para dar una justificación con efecto retroactivo de la guerra de la OTAN, sobre el interesante principio establecido por el sistema doctrinal.
A pesar de los intensivos esfuerzos, los resultados de "la obsesión por la fosa común", como la llaman los analistas del WSJ, era decepcionantemente escasos. A pesar de "los enormes campos de exterminio que algunos investigadores esperaban... la norma ha sido la dispersión de los asesinatos", una forma de "limpieza étnica descafeinada". "La mayoría de las muertes e incendios sucedieron en áreas dónde el separatista Ejército de Liberación de Kosovo (ELK-UCK) había estado activo" o podía infiltrarse, informaron algunos investigadores pro derechos humanos, en un intento por "delimitar las áreas de apoyo al ELK-UCK, utilizando selectivamente amenazas, saqueos y asesinatos esporádicos". Estas conclusiones ganan apoyo con la detallada revisión de la OSCE publicada en Diciembre, la cual "sugiere un fundamento de tipo militar para las expulsiones, las cuales estaban concentradas en las áreas controladas por los rebeldes y las probables rutas para una invasión".
El análisis del WSJ concluye con que "la OTAN dio un paso más en sus afirmaciones sobre los 'campos de exterminio' serbios" cuando "vio que un débil sector de la prensa se inclinaba por la historia contraria: civiles asesinados por las bombas de la OTAN". El portavoz de la OTAN Jamie Shea presentó "información" que podía ser rastreada hasta fuentes del ELK- UCK. El WSJ concluye con que muchos de los más espeluznantes y prominentemente reportajes publicados sobre atrocidades atribuidos a los refugiados y a otras fuentes eran falsos. Entretanto la OTAN buscaba negar sus propias atrocidades, por ejemplo, publicando un video falso "pasado al triple de su velocidad real" para simular que "la muerte de al menos catorce civiles a bordo de un tren sobre un puente en Serbia el pasado abril" era inevitable porque "el tren viajaba demasiado rápido para que la trayectoria de los misiles pudiese haber sido cambiada a tiempo".
Los analistas del WSJ sin embargo llegan a la conclusión de que los "horribles" crímenes, incluyendo la enorme campaña de expulsión, "pueden ser suficientes para justificar" la campaña de bombardeos de la OTAN, sobre el principio de justificación con efecto retroactivo.
El estudio de la OSCE es la tercera fuente más importante en cuanto a los crímenes serbios. La primera es el caso del Departamento de Estado contra Milosevic y sus cómplices en Mayo; la segunda, su acusación formal poco después por el Tribunal Internacional de Crímenes de Guerra. Los dos documentos son muy parecidos, seguramente porque la "notablemente rápida acusación" por el Tribunal estaba basada en "espionaje y otras informaciones de EEUU/Reino Unido denegada durante largo tiempo al [Tribunal] por los gobiernos occidentales". Pocos esperan que tal información sea revelada para un Tribunal de Crímenes de Guerra en Timor Oriental, en el improbable caso de que haya uno. El Departamento de Estado volvió a abrir el caso en Diciembre de 1999, con lo que se pretende que sea la justificación definitiva para el bombardeo, añadiendo cualquier información que pudiese obtenerse de los refugiados y de las investigaciones tras la guerra.
En los dos informes del Departamento de Estado y en la acusación del Tribunal, la cronología detallada se restringe, casi por completo, al periodo que siguió a la campaña de bombardeos iniciada el 24 de Marzo. Así, el informe final del Departamento de Estado de Diciembre de 1999 se refiere vagamente a "finales de Marzo" o "después de Marzo", aparte de una única referencia a informaciones de refugiados sobre una ejecución el 23 de Marzo, el día de la declaración oficial de la OTAN de que las operaciones aéreas anunciadas el 22 de Marzo iban a empezar. La única excepción significativa es la masacre de 45 personas el 15 de Enero en Racak. Pero que no puede haber sido el motivo para el bombardeo, por dos razones suficientes: primero, los monitores de la OSCE y otros observadores internacionales (incluyendo la OTAN) informaron de que era un incidente aislado, que no tenía nada que ver con los meses posteriores hasta el bombardeo; volvemos a ese antecedente directamente. Y segundo, tales atrocidades preocupan poco a EEUU y sus aliados. Las evidencias sobre esta última conclusión es abrumadora, y fue confirmada una vez más poco después de la masacre de Racak, cuando las fuerzas indonesias y sus subordinados paramilitares asesinaron brutalmente a 50 o más personas que se habían refugiado del terror indonesio en una iglesia en el remoto pueblo timorés de Liquica. A diferencia de Racak, esta fue sólo una de las muchas masacres en Timor Oriental en aquella época, con una cifra de muertos mucho más allá de cualquiera de las atribuidas a Milosevic en Kosovo: entre 3 y 5 mil asesinados desde Enero de 1999, informaron fuentes fiables de la Iglesia el 6 de Agosto, aproximadamente el doble del número de asesinados en todo Kosovo en el año anterior al bombardeo, de acuerdo con la OTAN. El historiador John Taylor estima el número de muertos entre 5 y 6 mil desde Enero hasta el referéndum del 30 de Agosto.
Los EEUU y sus aliados reaccionaron a las masacres de Timor Oriental de la forma habitual: continuar proporcionando ayuda militar y de otras clases a los asesinos y manteniendo otros acuerdos militares, incluyendo ejercicios de entrenamiento conjuntos tan tarde como en Agosto, mientras que se insistía en que la seguridad en Timor Oriental "es responsabilidad del Gobierno de Indonesia, y no queremos quitarles esa responsabilidad".
En resumen, el Departamento de Estado y el Tribunal no hacen esfuerzos serios para justificar la campaña de bombardeos o la retirada de los observadores de la OSCE el 20 de Marzo en preparación de la misma.
La investigación de la OSCE se aviene claramente a las acusaciones producidas por el Departamento de Estado y el Tribunal. Recoge "el esquema de las expulsiones y el enorme aumento de saqueos, asesinatos, violaciones, secuestros y pillaje una vez comenzó la guerra aérea de la OTAN el 24 de Marzo". "El cambio de acontecimientos más visible sucedió después de que la OTAN lanzase sus primeros ataques aéreos" el 24 de Marzo, informa la OSCE. "Por un lado, la situación parecía haberse precipitado sin el control de ninguna autoridad, ya que el desorden reinaba en forma de asesinatos y saqueos de casas. Por el otro, la expulsión masiva de miles de residentes de la ciudad, los cuales principalmente tuvieron lugar en la última semana de Marzo y la primera de Abril, siguieron un cierto patrón y es concebible que fuese bien organizada con antelación".
La palabra "concebible" es seguramente un eufemismo. Incluso sin evidencias documentales, apenas se puede dudar que Serbia tenía planes de contingencia para la expulsión de la población, y que sería probable ponerlos en marcha ante un bombardeo de la OTAN, bajo la perspectiva de una invasión directa. Se arguye comúnmente que el bombardeo está justificado por los planes de contingencia que fueron implementados en respuesta al bombardeo. Una vez más, la lógica es interesante. Adoptando el mismo principio, los ataques terroristas sobre objetivos norteamericanos estarían justificados si producen como respuesta un ataque nuclear, de acuerdo con planes de contingencia –los cuales existen- para un primer ataque, incluso preventivo contra estados no nucleares que han firmado el tratado de no proliferación. Un ataque iraní con misiles sobre Israel con una amenaza creíble de invasión se justificaría si Israel respondiera poniendo en práctica sus precisos planes de contingencia –los cuales presumiblemente existen- para expulsar a la población palestina.
La investigación de la OSCE informa además de que "una vez la OSCE-KVM (sus monitores) se marchó el 20 de Marzo de 1999 y en particular después del comienzo de los bombardeos de la OTAN sobre la Federación Yugoslava el 24 de Marzo, la policía serbia y/o el Ejército, a menudo acompañados por los paramilitares, fueron de pueblo en pueblo y, en las ciudades de área en área amenazando y expulsando a la población albano-kosovar. La partida de los monitores también precipitó un incremento de las emboscadas del ELK-UCK sobre los oficiales serbios, "provocando una fuerte reacción" por parte de la policía, una escalada desde "la atmósfera de pre-guerra, dónde las fuerzas serbias se enfrentaban a los rebeldes, que estaban raptando civiles serbios y emboscando oficiales de policía y soldados".
Para comprender el recurso a la guerra de la OTAN, el periodo más importante es el de los meses que precedieron la decisión. Por supuesto, lo que la OTAN sabía sobre ese periodo es un tema de crucial significación para cualquier intento serio a la hora de evaluar la decisión de bombardear Yugoslavia sin autorización del Consejo de Seguridad de la ONU. Afortunadamente, ese es el periodo del cual tenemos la más detallada evidencia directa: particularmente, de los informes de los monitores KVM y otros observadores internacionales. Desafortunadamente, la investigación de la OSCE pasa por alto rápidamente estos meses, presentando pocas evidencias y concentrándose más bien en el periodo posterior a que los monitores fueran apartados. Una selección de informes del KVM está, sin embargo, disponible, junto con otros de la OTAN y observadores internacionales independientes. Éstos merecen un examen detallado.
El periodo relevante empieza en Diciembre, con la violación del alto el fuego que había permitido la vuelta de mucha gente desplazada por las luchas. A lo largo de estos meses, los monitores informaron que "las agencias humanitarias en general tienen acceso libre a todas las áreas de Kosovo", con un hostigamiento ocasional de las fuerzas de seguridad serbias y los paramilitares del ELK, así que la información se supone que es bastante amplia.
Los "incidentes más serios" de los que informó el ICRC en diciembre son enfrentamientos a lo largo de la frontera de la Federación Yugoslava y Albania, y "lo que parecen ser los primeros ataques deliberados sobre sitios públicos en áreas urbanas". Un informe de actualización de Naciones Unidas (24 de Diciembre) identifica éstos como un intento por parte de albaneses armados de entrar en Kosovo desde Albania, dejando a su paso al menos 36 hombres armados muertos, y el asesinato de 6 adolescentes serbios a manos de unos enmascarados en un tiroteo contra un café la ciudad mayoritariamente serbia de Pec. El siguiente incidente es el rapto y asesinato del concejal de Kosovo Polie, atribuido por OTAN al ELK-UCK. Después hay un informe de "secuestros atribuidos al ELK". El informe del Secretario General de la ONU (24 de Diciembre) repasa la misma evidencia, citando la figura de 282 civiles y policías secuestrados por el ELK desde el 7 de Diciembre (cifras de la Federación Yugoslava). La imagen general es que después del alto al fuego de Octubre, "las unidades paramilitares albano-kosovares han tomado ventaja en ese periodo de calma dentro de la lucha para restablecer su control en muchas poblaciones en Kosovo, así como sobre algunas áreas cerca de centros urbanos y autopistas... llevando a la afirmación (por parte de las autoridades serbias) de que si [KVM] no puede controlar esas unidades el gobierno lo hará".
La actualización de la agencia internacional de noticias de la ONU el 11 de Enero es similar. Informa de los combates entre las fuerzas de seguridad serbias y el ELK. Además, en "el incidente más serio desde la declaración del alto el fuego en Octubre de 1998, el periodo bajo revisión ha sido testigo de un incremento en el número de asesinatos (presuntamente perpetrados por el ELK), los cuales han incitado vigorosas represalias de las fuerzas de seguridad gubernamentales". La "violencia fortuita" mató 21 personas en los 11 días anteriores. Sólo se cita un ejemplo: una bomba frente a "un café en Pristina, hirió a tres jóvenes serbios y fue el detonante de represalias de los civiles serbios sobre los albaneses", el primer incidente semejante en la capital. Los otros principales incidentes citados son la captura de ocho soldados por el ELK, el asesinato de un civil serbio, y la noticia del asesinato de tres policías serbios. La revisión del periodo por la OTAN es similar, con detalles adicionales: bombardeo del Ejercito serbio sobre civiles y e instalaciones del UCK con "al menos 15 albano-kosovares" asesinados, muerte de jueces, policías y civiles serbios a manos del UCK, etc.
Después está la masacre de Racak del 15 de Enero, tras la cual los informes vuelven a lo anterior. El informe mensual de la OSCE del 20 de Febrero describe la situación como "volátil". El "choque militar directo disminuyó significativamente" entre los serbios y el ELK, pero los ataques del ELK sobre la policía y los "tiroteos esporádicos" continuaron, "incluyendo a veces el uso de armas pesadas por el Ejercito serbio". La "principal característica de la última parte del periodo en el informe ha sido un alarmante incremento en el terrorismo urbano con una serie de bombardeos indiscriminados o lluvia de balas sobre la población civil en lugares públicos de poblaciones de Kosovo"; éstos son "no-atribuibles", o bien "criminal o políticamente motivados". Entonces sigue un repaso de las confrontaciones policía-ELK, secuestro de "cinco civiles serbios de avanzada edad", y rechazo del ELK y del Ejército serbio a cumplir las resoluciones del Consejo de Seguridad. Cinco civiles fueron asesinados cuando la "violencia urbana creció significativamente", incluyendo tres muertos por una bomba a la salida de una tienda de comestibles albanesa. "Se recibieron más informes acerca del 'mantenimiento del orden' sobre la comunidad albanesa por parte del ELK y de sus castigos a aquellos acusados de colaborar con los serbios ", además de la muerte y secuestro de supuestos colaboradores albaneses y policías serbios. El "ciclo de la confrontación puede ser descrito generalmente" como ataques del ELK sobre la policía serbia y la población civil, "una desproporcionada respuesta por las autoridades de la Federación Yugoslava", y "actividad renovada del ELK en todas partes".
En su informe mensual, el 17 de Marzo, el Secretario General de la ONU informa que las confrontaciones entre las fuerzas de seguridad serbias y el KLA "continuaron a un bajo nivel relativamente", pero los civiles "crecientemente se convierten en los principales objetivos de actos violentos", incluyendo asesinatos, ejecuciones, malos tratos y secuestros. El Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Refugiados (ACNUR) "registró más de 65 muertes violentas" de civiles albaneses y serbios, y de varios gitanos, desde el 20 de Enero hasta el 17 de Marzo. Aparecen en los informes como asesinatos aislados de francotiradores y ataques con granadas sobre bares y tiendas. Las victimas incluían supuestos colaboradores albaneses y "civiles conocidos como liberales y flexibles en sus relaciones sociales". Los secuestros continuaron, siendo las víctimas casi todas serbias y en su mayoría civiles. El informe de la OSCE del 20 de Marzo daba una imagen similar, informando de "ataques no provocados del KLA contra la policía" y un incremento de las víctimas entre las fuerzas de seguridad serbias, junto con "operaciones militares que afectan a la población civil", "ataques terroristas indiscriminados en la ciudad contra civiles", "muertes no atribuibles a nadie" mayoritariamente de albaneses, y secuestro de civiles albaneses, atribuidos a una "fuerza de seguridad controlada y centralizada" por el ELK. Después se detallan los incidentes concretos.
El último informe de la OTAN (del 16 de Enero hasta el 22 de Marzo) cita varias docenas de incidentes, la mitad iniciados por el ELK-UCK, la mitad por fuerzas de seguridad serbias, además de media docena de respuestas por parte de las fuerzas de seguridad serbias y enfrentamientos con el ELK, incluyendo "agresivos ataques serbios sobre pueblos sospechosos de cobijar fuerzas o centros de mando del UCK". Se informó de que las víctimas eran la mayoría militares, en los niveles de los meses anteriores.
Como un modelo con el que comparar, podríamos considerar que las habituales asesinas y destructivas operaciones militares israelíes en Líbano apoyadas por EEUU cuando las fuerzas israelíes ocuparon el sur del Líbano violando las órdenes del Consejo de Seguridad, o las de sus mercenarios locales, son atacadas por la resistencia libanesa. A través de los 90, como antes, éstas han excedido con creces cualquier cosa atribuida a las fuerzas de seguridad de la Federación Yugoslava dentro lo que la OTAN insiste en que es su territorio.
Dentro de Kosovo, no se informó de cambios significativos desde la ruptura del alto el fuego en Diciembre hasta la decisión del 22 de Marzo de bombardear. Incluso aparte de la (aparente aislada) masacre de Racak, no hay duda de que las autoridades y fuerzas de seguridad yugoslavas eran responsables de crímenes serios. Pero los antecedentes de los que se informó tampoco dan credibilidad a la afirmación de que estas eran las razones para el bombardeo; en el caso de atrocidades comparables o mucho peores durante el mismo periodo, los EEUU y sus aliados tampoco reaccionaron, o –más significativamente- mantuvieron e incluso incrementaron su apoyo a las atrocidades. Los ejemplos son demasiado fáciles de nombrar, Timor Oriental en los mismos meses, para mencionar sólo el más obvio de ellos.
Las grandes expulsiones de Kosovo comenzaron inmediatamente después de la campaña de bombardeos iniciada el 24 de Marzo. El 27 de Marzo, el ACNUR informó que 4000 habían escapado de Kosovo, y que el 1 de Abril, el flujo era suficientemente grande para que el ACNUR empezase a proporcionar cifras día a día. Su Programa Humanitario de Evacuación comenzó el 5 de Abril. Desde la pasada semana de Marzo hasta el final de la guerra en Junio, "las fuerzas de la Federación Yugoslava y serbias expulsaron más de 863.000 albano- kosovares de Kosovo", informa la OSCE, y cientos de miles de otros fueron internamente desplazados, mientras un número desconocido de serbios, gitanos y otros escaparon también.
Los EEUU y Reino Unido habían estado planeando la campaña de bombardeos durante muchos meses, y difícilmente podían haber fallado en anticipar las consecuencias. A principios de Marzo, el primer ministro italiano Massimo D'Alema advirtió a Clinton del enorme flujo de refugiados que seguiría al bombardeo; la asesora de Seguridad Nacional de Clinton Sandy Berger respondió que en ese caso "la OTAN continuaría el bombardeo", con resultados todavía más espantosos. La inteligencia norteamericana también advirtió de que habría "una explosión de refugiados" y una campaña de limpieza étnica, reiterando las anteriores predicciones de los monitores europeos.
Al comenzar la campaña de bombardeos, el comandante general de las tropas norteamericanas- OTAN Wesley Clark informó a la prensa que era "enteramente previsible" que el terror serbio se intensificase como consecuencia. Poco después, Clark clarificó otra vez que "las autoridades militares anticiparon totalmente la cruel estrategia que Milosevic adoptaría, así como también la terrible eficiencia con la cual la llevaría a cabo". Elucubrando lo que pasaría algunas semanas más tarde, él comentó que la operación de la OTAN planeada por "los dirigentes políticos... no fue diseñada como una forma de detener la limpieza étnica serbia. No fue diseñada como una manera de librar una guerra contra los serbios y sus fuerzas militares policiales en Kosovo. De ninguna manera. No hubo nunca ningún intento de hacer eso. Esa no era la idea". El general Clark manifestó además que los planes para la Operación Herradura "nunca han sido compartidos conmigo", en referencia al supuesto plan serbio para expulsar a la población, que fue difundida por la OTAN después de que la traumática reacción serbia al bombardeo se hubiese hecho evidente.
La agencia que tiene la principal responsabilidad para el cuidado de refugiados es ACNUR. "Al final de la guerra, el Primer Ministro británico Tony Blair reprendió en privado a la agencia por lo que él consideró un funcionamiento problemático". Evidentemente, el funcionamiento de ACNUR habría sido menos problemático si la agencia no hubiera sido dejada sin fondos por las grandes potencias. Por esta razón, el ACNUR tuvo que recortar personal más de un 15 por ciento en 1998. En octubre, mientras los planes del bombardeo estaban siendo formulados, el ACNUR anunciaba que tendría que eliminar una quinta parte del personal restante en Enero de 1999 por la crisis presupuestaria creada por los "estados ilustrados".
En resumen, los monitores del KVM fueron apartados y una campaña de bombardeos comenzó con la expectativa, rápidamente cumplida, de que la consecuencia sería una fuerte escalada de la limpieza étnica y otras atrocidades, después de que la organización responsable del cuidado de refugiados fuese dejada sin fondos. Bajo la doctrina de justificación retrospectiva, los horribles crímenes que sobrevinieron son ahora presentados como, quizás, "suficientes para justificar" la campaña de bombardeos de la OTAN.
La persona que comete un crimen carga con la principal responsabilidad por el mismo; aquellos que le incitan, anticipando las consecuencias, llevan una responsabilidad secundaria, lo cual sólo se agrava si actúan de manera que aumente el sufrimiento de las víctimas. El único argumento posible para la acción que incita a los crímenes es que hubieran sido aún más severos en el caso de no haberse actuado. Esa exigencia, una de las más notables en la historia del apoyo del crimen de estado, requiere evidencias sustanciales. En el caso presente, uno buscará evidencias en vano –e incluso el reconocimiento que tales evidencias requieren.
Supongamos, no obstante, que tomamos en serio el argumento. Pierde fuerza descaradamente hasta el punto de que los subsiguientes crímenes son algo estupendo. Si ninguno de los albano- kosovares habían sufrido como resultado de la campaña de bombardeos de la OTAN, entonces la decisión de bombardear podría estar justificada sobre la base de que se impedirían los crímenes en contra de ellos. La fuerza del argumento disminuye tanto como aumenta la escala de los crímenes. Es, por consiguiente, más bien curioso que los que apoyan el bombardeo busquen pintar el peor cuadro posible de los crímenes en los cuales comparten responsabilidad; debería ser el caso contrario. La extraña postura probablemente refleja el éxito en inculcar la doctrina de que los crímenes incitados por el bombardeo de la OTAN proporciona una justificación retrospectiva para ella.
Éste, en absoluto es el único gran logro de la dirección doctrinal. Otro es el debate sobre la supuesta "doble moral" de la OTAN, revelado por su "apartar la vista" de otras crisis humanitarias, o "hacer demasiado poco" para prevenirlas. Los participantes en el debate deben acordar que la OTAN fue guiada por principios humanitarios en Kosovo — precisamente la pregunta en disputa. Aparte de eso, la administración Clinton "apartó la vista" o "hizo demasiado poco" frente a las atrocidades en Timor Oriental, o Colombia, o muchos otros lugares. Más bien, junto con sus aliados, escogió incrementar las atrocidades, a menudo vigorosamente y decisivamente. Quizá el caso de Turquía -dentro de OTAN y bajo la jurisdicción europea- es lo más relevante en la presente conexión. Sus operaciones de limpieza étnica y otros crímenes, enormes en proporción, fueron efectuados con un flujo enorme de ayuda militar de la administración Clinton, que aumentó a la par que las atrocidades. También han virtualmente desaparecido de historia. No hubo mención a ellos en la reunión del 50 aniversario de la OTAN en abril de 1999, celebrada bajo la sombra de la limpieza étnica -un crimen que no puede ser tolerado, declararon participantes y comentaristas, cerca de los bordes de OTAN; sólo dentro de sus bordes, dónde los crímenes van a ser agilizados. Con raras excepciones, la prensa ha mantenido una actitud de disculpa, aunque la participación de Fuerzas Armadas turcas en la campaña Kosovo fue altamente reconocida. El más reciente debate sobre los problemas de "intervención humanitaria" evade el papel crucial estadounidense en las atrocidades de los turcos, o ignora el tema completamente.
Es un logro raro para un sistema de propaganda el haber asumido sus doctrinas como propias presuposiciones en el debate. Éstas están entre las "lecciones aprendidas", para ser aplicados en ejercicios futuros enmascarados tras el objetivo humanitario.
Hasta cierto nivel, seguramente, se reconoce el disparate de la justificación retrospectiva. Por consiguiente muchos intentos de justificar el bombardeo de la OTAN siguen una línea diferente. Una versión típica dice que "Serbia invadió Kosovo para aplastar un movimiento separatista albanés pero mató 10.000 civiles y expulsó a 700.000 personas hacia Macedonia y Albania. Entonces, la OTAN atacó a Serbia desde el aire para proteger a los albaneses de una limpieza étnica [ pero] mató centenares de civiles serbios y produjo un éxodo de decenas de miles de ellos desde las ciudades al campo". Si asumimos este orden de los acontecimientos se podría armar una base racional que justifique el bombardeo, pero, sin ningún tipo de dudas, el orden real es exactamente el opuesto.
El dispositivo es de uso habitual en los medios y los especialistas con frecuencia adoptan una postura similar. El historiador David Fromkin, en su libro ampliamente elogiado sobre la guerra, afirma sin argumentos que los EEUU y sus aliados actuaron únicamente por "altruismo" y "fervor moral", forjando "un enfoque novedoso sobre el uso de la fuerza en política internacional" al "reaccionar a la deportación de más de un millón de kosovares de su patria" con el bombardeo, para salvarlos de "horribles sufrimientos o la muerte". Se está refiriendo a aquellos expulsados como consecuencia anticipada de la campaña de bombardeos. Al abrir su defensa legal de la guerra, la profesora en leyes, Ruth Wedgwood asume sin argumentos, que el objetivo del bombardeo de la OTAN fue "detener la expulsión de los albaneses de Kosovo" a manos de Belgrado; esto es, la expulsión precipitada por el bombardeo, un objetivo desconocido y enérgicamente negado por el comandante militar de la operación.
El especialista en asuntos exteriores y seguridad Alan Kuperman escribe que en Timor Oriental y Kosovo "la amenaza de sanciones económicas o de bombardeo provocó una trágica reacción violenta" y que "la intervención occidental llegó demasiado tarde para prevenir atrocidades masivas". En Kosovo el bombardeo no llegó "demasiado tarde para prevenir atrocidades masivas" mas bien las precedió y tal como fue anticipado, las incitó. En Timor Oriental, ninguna acción occidental "provocó una reacción violenta". No se propuso el uso de la fuerza e incluso se retrasó la amenaza de sanciones hasta después de que se consumaran las atrocidades. La "intervención" la realizó una fuerza de paz de la ONU que ingresó en el territorio administrado por Portugal en principio bajo jurisdicción de la ONU, después de que las potencias occidentales finalmente retiraran su apoyo directo a la invasión de Indonesia y sus masivas atrocidades, causando la rápida retirada de su ejército.
Tal revisión del registro de los hechos ha sido un procedimiento habitual durante todo este tiempo. En una peculiar versión anterior, el especialista en política exterior del New York Times (NYT) Thomas Friedman, escribió al final de la guerra que "al comenzar la expulsión de los refugiados, ignorar a Kosovo hubiera sido un error.... por lo tanto el uso de un "enorme poder de fuego aéreo" en pos de un objetivo concreto era la única opción lógica. El desalojo de los refugiados al que él se refiere siguió al uso del "enorme poder de fuego aéreo" tal como se anticipó. De nuevo la inversión que ya nos es familiar, comprensible ya que sin ella la defensa de la violencia de estado se vuelve verdaderamente dificultosa.
Una justificación retrospectiva usualmente empleada es que el uso de la fuerza hizo posible el retorno de los albano-kosovares a sus hogares; un logro significativo si ignoramos el hecho que casi todos fueron expulsados como reacción a los bombardeos. Según éste razonamiento, una alternativa preferible, grotesca pero algo menos que el plan de acción que se siguió, hubiera sido esperar a que los serbios consumaran la supuesta amenaza y si lo hacían, bombardear la República Federal Yugoslava (RFY) para asegurar el retorno de los kosovares, que hubieran sufrido bastante menos daño que al huir bajo los bombardeos de la OTAN.
Una variante interesante aparece en la introducción al libro de documentos sobre Kosovo editado por el profesor en leyes Marc Weller de la Universidad de Cambridge. Él reconoce que el bombardeo de la OTAN, al que apoyó enérgicamente, es una clara violación del derecho internacional y podría justificarse solamente sobre la base de un supuesto "derecho a la intervención humanitaria". Esta justificación a su vez, se basa en el supuesto que el rechazo de la RFY a "aceptar un detallado acuerdo sobre el tema de Kosovo [ el ultimátum de Rambouillet] constituiría una circunstancia que desencadenaría una descomunal emergencia humanitaria. Pero los sucesos en el terreno "disculparon" a la OTAN de tener que contestar este punto", escribe:
particularmente "el inicio de una campaña de deportación masiva previamente planificada de lo que pareció en algún momento ser la totalidad de la población de la etnia albanesa de Kosovo justo antes del comienzo de los bombardeos".
Hay dos problemas con este planteamiento. Primero, el registro documental, incluyendo el libro que el editó, no brinda ninguna evidencia en apoyo de este crucial argumento y de hecho lo niega (dada la falta de evidencia a pesar de los importantes esfuerzos para sacarla a luz). Segundo, aún en el caso que se hubiera descubierto a posteriori que la expulsión comenzó antes de los bombardeos, esto difícilmente podría justificar el empleo de la fuerza, por simple lógica. Además, como fue ya discutido, aún si el inicio de la expulsión se hubiera conocido antes del bombardeo (aunque misteriosamente esto falta en la evidencia documental) hubiera sido altamente preferible permitir que la expulsión se llevara a cabo y entonces iniciar el bombardeo que llevaría al retorno de aquellos deportados: grotesco pero en bastante menor grado que lo finalmente decidido. Sin embargo, a la luz de las evidencias disponibles, todo esto es una discusión académica, que simplemente muestra los desesperados esfuerzos para justificar la guerra.
¿Es que existían opciones menos grotescas en Marzo de 1999? El peso de la prueba está obviamente del lado de aquellos que optaron por la violencia de estado, un gran peso que no ha tenido intentos serios de ser levantado. Pero dejemos esto de lado y miremos al abanico de opciones disponibles.
Una pregunta importante, hecha por Eric Rouleau es si "las atrocidades serbias habían llegado a proporciones tales que obligaban a romper el proceso diplomático con el fin de salvar a los kosovares de un genocidio". Anota que "la continua negativa de la Organización para la Seguridad y la Cooperación Europea (OSCE) a difundir el informe [ sobre las observaciones de los monitores de la Misión de Verificación de Kosovo (KVM) desde noviembre hasta su retirada] solamente alimenta las dudas sobre la veracidad de tal alegato. Como se dijo antes, los autos de procesamiento del Departamento de Estado y el Tribunal no brindan ningún apoyo significativo a tal alegato, lo cual no es un hecho insignificante puesto que ambos buscaron desarrollar el caso más contundente. ¿Qué hay entonces del informe de la OSCE, difundido después del artículo de Rouleau? Como ya fue comentado, el informe no hace ningún esfuerzo serio para apoyar tal argumento, de hecho brinda poca información acerca del período crucial. Sus referencias confirman de hecho el testimonio de Jacques Prod´home, miembro francés del KVM citado por Rouleau, de que "en el mes previo a la guerra, durante el cual se movió libremente en la región de Pec, ni él ni sus colegas vieron nada que pudiera ser descrito como persecución sistemática, crímenes colectivos o individuales, incendio de casas o deportaciones." Los detallados informes del KVM y otros observadores omitidos en la revisión de la OSCE socavan aún más el alegato, como ya hemos dicho.
El argumento central, componente clave del caso de la OTAN tal como reconocen aún sus más fervientes defensores, Weller por ejemplo, permanece sin apoyo. Una vez más debe subrayarse que el mayor peso de la prueba está del lado de aquellos que lo emplearon para justificar el uso de la fuerza. La discordancia entre lo que se requiere y la evidencia presentada es "impresionante", si bien el término "contradicción" sería mas adecuado, en particular cuando se consideran otras evidencias pertinentes, como el testimonio directo del comandante militar, General Clark.
Kosovo había sido un lugar extremadamente desagradable durante el año previo. Cerca de 2,000 personas murieron asesinadas según la OTAN, la mayoría albaneses, en el curso de una lucha encarnizada que comenzó en Febrero con acciones del Ejército de Liberación de Kosovo (ELK) que los EEUU denunciaron como "terrorismo", y una brutal respuesta Serbia. En el verano el KLA controlaba cerca del 40% de la provincia, desencadenando una cruenta reacción de las fuerzas de seguridad serbias y de paramilitares dirigida a la población civil. De acuerdo con el consejero legal de los albano-kosovares Marc Weller, "en pocos días [ después de la retirada de los monitores el 20 de Marzo] , el número de desplazados se incrementó hasta 200,000", números que concuerdan grosso modo con los de la inteligencia norteamericana.
Supongan que los monitores no hubieran sido retirados en la preparación del bombardeo y que se hubieran proseguido los esfuerzos diplomáticos. ¿Eran éstas opciones factibles? ¿Hubieran conducido a un a un peor desenlace, o incluso a uno mejor?. Ya que la OTAN se negó a explorar esta posibilidad, no lo sabemos. Pero al menos podemos considerar los hechos conocidos y preguntarnos lo que sugieren.
¿Podían los monitores de la KVM haber permanecido, incluso haber aumentado su presencia? Parece posible, particularmente a la luz de la condena inmediata a la retirada realizada por la Asamblea Nacional Serbia. No se ha argumentado que el incremento de las atrocidades después de su retirada se hubiera producido incluso si se hubieran quedado y mucho menos que la masiva escalada fue la consecuencia prevista del bombardeo marcado por la partida de los mismos. La OTAN también puso poco esfuerzo en utilizar otros medios pacíficos; incluso un embargo de petróleo, la base de cualquier régimen de sanciones serio, no fue considerado sino hasta después del bombardeo.
Sin embargo, la cuestión más importante, tiene que ver con las opciones diplomáticas. En la víspera del bombardeo había dos propuestas sobre la mesa. Una era el acuerdo de Rambouillet, presentado a Serbia como un ultimátum. La segunda era la posición Serbia, formulada en el "Borrador del Acuerdo Revisado" del 15 de Marzo y la Resolución de la Asamblea Nacional Serbia del 23 de marzo. Una preocupación seria por proteger a los kosovares bien podría haber puesto en consideración también otras opciones, incluso tal vez, algo parecido a la propuesta del presidente Serbio de Yugoslavia, Dobrica Cosic, de 1992-93 que proponía la partición de Kosovo y su separación de Serbia, con la excepción "de una cantidad de enclaves Serbios". En su momento, la propuesta fue rechazada por la República de Kosovo de Ibrahim Rugova que había declarado la independencia y formado un gobierno paralelo; pero podría haber sido de utilidad como base de una negociación en las circunstancias diferentes de comienzos de 1999. Quedémonos entonces con las dos posiciones oficiales al final de marzo: el ultimátum de Rambouillet y la Resolución Serbia.
Es importante y a la vez revelador que, con excepciones marginales, los contenidos esenciales de ambas posiciones fueron mantenidos fuera del alcance de la opinión pública, aparte de medios disidentes que llegan a poca gente.
La Resolución de la Asamblea Nacional Serbia, si bien reportada enseguida por los servicios cablegráficos, ha permanecido prácticamente como un secreto. Ha habido escasos indicios incluso de su existencia, y menos aún de su contenido. La Resolución condena el retiro de los monitores de la OSCE y hace un llamado a la ONU y la OSCE para permitir un acuerdo diplomático a través de negociaciones "hacia la concreción de un acuerdo político basado en una amplia autonomía para [ Kosovo] , asegurando la completa igualdad de todos los ciudadanos y comunidades étnicas y el respeto a la soberanía e integridad territorial de la República de Serbia y la República Federal de Yugoslavia." Abre la posibilidad de una "presencia internacional" de "tamaño y características" a determinar a los efectos de llevar a cabo el "acuerdo político sobre la autodeterminación acordada y aceptada por los representantes de todas las comunidades nacionales que viven en [ Kosovo] ." La conformidad de la RFY para "discutir el alcance y el carácter de la presencia internacional en [ Kosovo] para aplicar el acuerdo a ser aceptado en Rambouillet" había sido transmitida formalmente a los negociadores el 23 de Febrero, y anunciada por la RFY en conferencia de prensa el mismo día. Si esas propuestas tenían alguna sustancia no lo podemos saber puesto que nunca fueron consideradas y permanecen desconocidas.
Es quizás más llamativo aún que el ultimátum de Rambouillet, descrito universalmente como la propuesta de paz, fue ocultado a la opinión pública, en particular las cláusulas aparentemente introducidas en los últimos momentos de las conversaciones de París en Marzo, después que Serbia manifestara su acuerdo con las principales propuestas políticas, garantizando así su rechazo. De singular importancia son los términos de los Apéndices de aplicación que otorgaban a la OTAN el derecho de "entrada libre y sin restricciones y acceso autorizado a todo lo largo de la RFY incluyendo el espacio aéreo y las aguas territoriales," sin límites, obligaciones ni ataduras respecto a las leyes del país o la jurisdicción de sus autoridades, quienes, sin embargo, deberán seguir las órdenes de la OTAN "con la mayor prioridad y todos los medios apropiados" (Apéndice B).
El Anexo fue ocultado a los periodistas que cubrían las conversaciones de Rambouillet y París, informa Robert Fisk. "Los serbios dicen que lo denunciaron en su última conferencia de prensa en París, un encuentro pobremente cubierto en la embajada Yugoslava a las 11de la noche el 18 de Marzo." Los disidentes serbios que participaron en las negociaciones sostienen que tales condiciones les fueron entregadas el último día de las conversaciones de París, y los rusos no sabían de su existencia. Estas cláusulas no estuvieron a disposición de los miembros de la Casa de los Comunes Británica hasta el 1 de Abril, el primer día del receso parlamentario, una semana después del inicio del bombardeo.
En las negociaciones que comenzaron después del bombardeo, la OTAN abandonó completamente estas demandas junto con otras a las cuales Serbia se había opuesto, y no existe ninguna mención a ellas en el acuerdo final de paz. Sin que le falte razón, Fisk pregunta: ¿Cuál era el propósito real de la exigencia de última hora de la OTAN? ¿Era un caballo de Troya? ¿Para salvaguardar la paz? ¿O para sabotearla? En cualquier caso, si los negociadores de la OTAN hubieran estado preocupados por el destino de los albano-kosovares, deberían haber intentado determinar si la diplomacia podía tener éxito retirando las demandas más provocativas y obviamente irrelevantes de la OTAN, aumentando el vigilancia, y no terminándola; y amenazando con el uso de sanciones significativas.
Cuando se han formulado tales preguntas, los líderes de los equipos negociadores de los EEUU y Gran Bretaña han alegado que estaban dispuestos a retirar las demandas exorbitantes que luego dejaron de lado, pero que los serbios se negaron. El alegato es difícilmente creíble. Hubieran tenido toda la razón del mundo de hacer públicos esos hechos de inmediato. Es interesante que ellos no fueron llamados a responder por este asombroso desempeño.
Destacados partidarios del bombardeo han empleado alegatos similares. Un importante ejemplo es el comentario sobre Rambouillet realizado por Marc Weller. Éste ridiculiza los "alegatos extravagantes" sobre los Apéndices de aplicación, los cuales dice "fueron publicados junto con el acuerdo," esto es el Borrador del Acuerdo fechado el 23 de marzo. Donde fueron publicados no lo dice, ni explica porqué los periodistas que cubrían las conversaciones de Rambouillet y París los desconocían; ni tal parece, el parlamento Británico. El "famoso Apéndice B", afirma, establecía "los términos habituales de un acuerdo de fuerzas para la KFOR (las fuerzas de ocupación de la OTAN)." No explica porqué tal exigencia fue retirada después que empezara el bombardeo, y evidentemente no lo necesitan las fuerzas que entraron en Kosovo bajo mando de la OTAN en Junio, y que son mucho más grandes que las contempladas en Rambouillet y por tanto deberían ser aún más dependientes del acuerdo de fuerzas. También queda sin explicar la respuesta de la RFY del 15 de marzo al Borrador del Acuerdo del 23 de febrero. La respuesta de la FRY analiza el Borrador de Acuerdo con gran detalle, sección por sección, proponiendo extensos cambios y supresiones a lo largo del mismo, pero sin hacer ninguna referencia a los apéndices- los acuerdos de aplicación, que tal como Weller enfatiza, eran con mucho la parte más importante y el tema de las negociaciones de París que tenían lugar en ese momento. La única forma de ver esta descripción es con escepticismo, incluso dejando fuera su actitud descuidada hacia el hecho crucial, ya apuntada, y sus claros cometidos. De momento, estos importantes asuntos permanecen sepultados en la oscuridad.
A pesar de los esfuerzos oficiales para prevenir el conocimiento público de lo que estaba sucediendo, los documentos estaban disponibles para cualquier medio noticioso que se decidiese a profundizar en el asunto. En los EEUU, la demanda extrema (y claramente irrelevante) de una práctica ocupación de la RFY por parte de la OTAN recibió su primer mención en una conferencia de prensa de la OTAN el 26 de abril, cuando se hizo un pregunta al respecto, pero fue rápidamente desechada y no profundizada. Los hechos fueron informados cuando las demandas fueron formalmente retiradas y se volvieron irrelevantes con relación a una opción democrática. Inmediatamente después del anuncio de los acuerdos de paz el 3 de junio, la prensa citó los pasajes críticos del "tómelo o déjelo" del ultimátum de Rambouillet, anotando que "una fuerza únicamente de la OTAN iba a tener permiso completo para ir a cualquier parte de Yugoslavia donde quisiera, inmune a cualquier proceso legal," y que "fuerzas lideradas por la OTAN hubieran tenido prácticamente acceso libre por toda Yugoslavia, no solamente Kosovo." Durante los 78 días de los bombardeos las negociaciones continuaron, cada lado haciendo compromisos -descritos en los EEUU como fraude serbio, o capitulación bajo las bombas. El acuerdo de paz del 3 de junio fue un compromiso entre las dos posiciones sobre la mesa a finales de marzo. La OTAN abandonó sus exigencias más extremas, incluyendo aquellas que aparentemente minaron las negociaciones en el último minuto y el texto que se interpretó como un llamado a referéndum sobre la independencia. Serbia aceptó a la "presencia de una fuerza de seguridad internacional con participación prominente de la OTAN", la única mención a la OTAN en el acuerdo de paz o la Resolución 1244 confirmatoria del Consejo de Seguridad. La OTAN no tenía la intención de ajustarse a los pedazos de papel que había firmado e inmediatamente actuó violándolos, aplicando una ocupación militar de Kosovo bajo su mando. Cuando Serbia y Rusia insistieron en el cumplimiento de los acuerdos formales, fueron castigados por su fraude, y el bombardeo fue renovado para hacerlos entrar en vereda. El 7 de junio, los aviones de la OTAN bombardearon de nuevo las refinerías de petróleo en Novi Sad y Pancebo, centros de oposición a Milosevic. La refinería de Pancebo se prendió fuego liberando una gran nube de gases tóxicos, mostrada en una foto de un artículo del NYT del 14 de julio que discutía los severos efectos sobre la economía y la salud. No se informó del bombardeo aunque fue cubierto por los servicios cablegráficos.
Se ha argumentado que de haberse llegado al mismo en marzo, Milosevic hubiera intentado evadir los términos de un acuerdo. Los antecedentes apoyan fuertemente esta conclusión así como apoyan la misma conclusión acerca de lo que hubiese hecho la OTAN - no sólo en este caso, incidentalmente; el desmantelamiento por la fuerza de los acuerdos firmados es la norma por parte de las grandes potencias. Tal como ahora se reconoce tardíamente, los antecedentes también sugieren que "habría sido posible [ en marzo] iniciar una verdadera ronda de negociaciones- no el desastroso dictado Americano presentado a Milosevic en la conferencia de Rambouillet - e introducir un gran contingente de observadores externos capaces de proteger a civiles albaneses y serbios por igual.
Al menos todo esto parece claro. La OTAN prefirió rechazar las opciones diplomáticas que no estaban agotadas y lanzar una campaña militar que tuvo terribles consecuencias para los albano- kosovares, tal como se esperaba. Otras consecuencias preocupan poco a occidente, incluyendo la destrucción de la economía civil Serbia por operaciones militares violando en forma flagrante las leyes de la guerra. Si bien este asunto fue presentado al Tribunal de los Crímenes de Guerra tiempo atrás, es difícil imaginar que será seriamente considerado. Por similares razones, es poco probable que el Tribunal preste atención a las 150 páginas del "Sumario de la Operación Tormenta: Un caso prima facie", que revisa los crímenes de guerra cometidos por las fuerzas croatas que expulsaron 200.000 serbios de Krajina en agosto de 1995, con participación crucial de los EEUU y que produjo "prácticamente una falta total de interés en la prensa y el Congreso de los EEUU," observa David Binder, corresponsal del NYT en los Balcanes.
El sufrimiento de los kosovares no concluyó con la llegada de la fuerza de ocupación de la OTAN (KFOR) y la misión de la ONU. A pesar de los billones de dólares que estuvieron rápidamente disponibles para el bombardeo, siendo octubre, los EEUU "aun no han pagado uno solo de los 37.9 millones de dólares estimados para cubrir los gastos de la puesta en funcionamiento de la operación civil de la ONU en Kosovo"; tal como en Timor Oriental, donde la administración Clinton solicitó una reducción de la pequeña fuerza de paz. Cerca de noviembre, "la Oficina para la Asistencia a Desastres en el Exterior de los EEUU aún no había distribuido ningún kit de trabajo pesado y estaba únicamente entregando trastos viejos" por el programa de protección contra el invierno en Kosovo; la ACNUR y la agencia humanitaria de la UE, ECHO han insistido en sus críticas por las demoras y la falta de previsión". Las actuales necesidades de la misión de la ONU cuestan "el precio de medio día de bombardeos", dijo un amargado funcionario de la ONU y sin tal ayuda, "este lugar fracasará", para el regocijo de Milosevic. Una conferencia de donantes llevada a cabo por los gobiernos occidentales prometió sólo 88 millones de dólares para cubrir el presupuesto de la misión de la ONU en Kosovo y ofreció para el próximo año 1 billón de dólares en ayuda para la reconstrucción - fondos públicos que serán transferidos a las arcas de los contratistas privados, si se llega a una solución de las controversias dentro de la OTAN sobre como se distribuirán los contratos. A mediados de diciembre la misión de la ONU suplicó nuevamente con poco éxito, por fondos para maestros, la policía, funcionarios y otros empleados públicos.
A pesar de la limitada ayuda, el atractivo de un desastre que puede ser atribuido al enemigo oficial y explotado (en forma curiosa) "para demostrar porqué 78 días de ataques aéreos contra las fuerzas y la infraestructura serbia eran necesarios" ha sido suficiente para introducir cortes severos en la ayuda en otros lugares. El senado de los EEUU está proyectando un corte en decenas de millones de dólares de los programas relacionados con Africa. Dinamarca ha cortado la ayuda fuera de Kosovo en un 26%. El Cuerpo Médico Internacional está suspendiendo su programa en Angola, ya que mientras recaudaron 5 millones de dólares para Kosovo, han buscado en vano 1.5 millones de dólares para Angola, donde 1.6 millones de desplazados se enfrentan a la muerte por inanición. El Programa Mundial de Alimentación anunció que deberá recortar sus programas que atienden a 2 millones de refugiados en Sierra Leona, Liberia y Guinea, al haber obtenido menos del 20% de los fondos solicitados. La misma suerte espera a 4 millones de personas que sufren hambruna en la región africana de los Grandes Lagos -cuyas circunstancias no están desvinculadas durante muchos años de las acciones de las potencias occidentales, así como de la negativa a actuar en momentos críticos. El ACNUR gasta 11 veces más por refugiado en Kosovo que en Africa. "Los centenares de millones de dólares gastados en los refugiados de Kosovo y el amontonamiento entre las agencias deseosas de gastarlos fue casi una obscenidad", dijo Randolph Kent," quien dejó los programas de la ONU en los Balcanes por el trabajo en Africa Oriental. El presidente Clinton mantuvo una reunión con las agencias de ayuda más importantes "para destacar su propio entusiasmo en apoyar a Kosovo"
Todo esto sucede va contra del trasfondo de importantes reducciones de la ayuda en los EEUU, en "la cima de su gloria" (Fromkin), con sus dirigentes complacidos de adulación por su "altruismo" sin precedentes históricos, al tiempo que prácticamente desaparecen de la lista de donantes para los pobres y miserables.
El informe de la OSCE brinda una detallada documentación de los crímenes cometidos bajo la ocupación militar de la OTAN. Si bien no se comparan con aquellos cometidos por Serbia bajo el bombardeo de la OTAN, no son insignificantes. La provincia ocupada se encuentra bajo "la falta de legalidad que ha dejado una violencia incontrolada" mucha de la cual es atribuida al ELK-UCK, indica la OSCE, mientras la "impunidad" ha prevalecido sobre la justicia. Los albaneses opositores al "nuevo orden" bajo el dominio del UCK, incluidos los dirigentes del "principal rival político de este grupo rebelde" han sido secuestrados, asesinados, atacados con granadas, amedrentados y obligados a abandonar la política. La selección del informe de la OSCE aparecida en el NYT se refiere a la ciudad de Prizren cerca de la frontera albanesa, atacada por los serbios el 28 de marzo, pero "el resultado global es que mucho más daño ha sido causado .....después de la guerra que durante ella." La policía militar británica informa de la participación de la mafia albanesa en ataques con granadas y otros actos criminales como el asesinato de ancianas por "hombres autoidentificados como representantes del ELK."
La minoría serbia ha sido en su mayor parte expulsada. Robert Fisk informa que "el número de serbios asesinados en los 5 meses desde la guerra se acerca al de albaneses asesinados a manos serbias en los 5 meses previos al inicio del bombardeo por la OTAN en marzo," tal como indica la evidencia disponible; recordar que la ONU informó de "65 muertes violentas" de civiles (principalmente albaneses y serbios) en los 2 meses previos a la retirada de los monitores y el bombardeo. Los crímenes no son investigados, ni siquiera el asesinato de un empleado serbio del Tribunal Internacional. La comunidad croata "huyó en masa" en octubre. En noviembre, "el presidente de la pequeña comunidad judía en Pristina, Cedra Prlincevic huyó a Belgrado después de denunciar "un pogromo contra la población no-albanesa." Amnistía Internacional informó al finalizar el año que la "violencia contra serbios, gitanos, eslavos musulmanes y albaneses moderados en Kosovo ha crecido dramáticamente durante el mes pasado", incluyendo "asesinatos, secuestros, ataques violentos, intimidación e incendio de casas a diario," del mismo modo que la tortura y las violaciones, y los ataques a los medios y organizaciones políticas independientes en lo que parece ser "una campaña orquestada para silenciar las voces moderadas en la sociedad de etnia albanesa," todo esto ante los ojos de las fuerzas de la OTAN.
Los oficiales de la KFOR informan que sus órdenes son pasar por alto los crímenes: "Por supuesto que es una locura," dijo un comandante francés, "pero esas son las órdenes de la OTAN, desde arriba." Las fuerzas de la OTAN asimismo "parecen completamente indiferentes" a los ataques de "bandas armadas de etnia albanesa" que cruzan la frontera entre Serbia y Kosovo "para aterrorizar aldeas fronterizas, robar madera o ganado y, en algunos casos, para asesinar," produciendo el abandono de estos pueblos.
Actualmente, todo indica que Kosovo bajo la ocupación de la OTAN se ha transformado en el sitio que fue a principios de 1980, después de la muerte de Tito, cuando fuerzas nacionalistas se movilizaron para crear "una república Albanesa étnicamente pura", tomando tierras de los serbios, atacando iglesias, y participando en "premeditados actos de violencia" para lograr el objetivo de una región albanesa "étnicamente pura" , con "episodios de violación, incendio, robo y sabotaje industrial aparentemente pensados para enviar a los indígenas eslavos que permanecían en Kosovo ... fuera de la provincia." Este problema "en apariencia ingobernable", otra fase en una terrible historia de violencia intercomunitaria, condujo a una respuesta particularmente brutal de Milosevic, despojando a Kosovo de su autonomía y de los importantes subsidios federales de los cuales dependía, imponiendo un régimen de "Apartheid". Kosovo comenzó a parecerse a Bosnia, "un antro de ladrones y evasores de impuestos" sin una economía operativa, dominado por "una adinerada clase criminal que ejerce una enorme influencia política y que se apodera anualmente de cientos de millones de dólares de los impuestos." Lo peor puede estar por venir cuando la lucha por la independencia para Kosovo viene intrincada con presiones por una "gran Albania", de sombríos presagios.
Los países pobres de la región han sufrido enormes pérdidas por el bloqueo del Danubio causado por el bombardeo de Novi Sad, otro centro de oposición a Milosevic. Estos ya venían sufriendo de las barreras proteccionistas que "impiden que los barcos lleven sus productos a la UE," lo mismo que "una barrera de cuotas y tarifas occidentales sobre sus exportaciones." Pero el "bloqueo del [ Danubio] es realmente un regalo para Europa Occidental, particularmente Alemania, que se beneficia del incremento de su actividad en el Rhin y en los puertos sobre el Atlántico.
Hay también otros ganadores. Al final de la guerra, la prensa económica declaró como "los verdaderos ganadores" a la industria militar occidental, refiriéndose principalmente a la industria de tecnologías punta. Moscú está esperando "un gran año para las exportaciones de armas rusas" ya que "el mundo se está rearmando aprensivamente gracias sobre todo a la aventura balcánica de la OTAN", buscando una disuasión, tal como fue ampliamente previsto durante la guerra. Aún más importante, los EEUU fueron capaces de imponer su dominio sobre la región estratégica de los Balcanes, desplazando, al menos temporalmente, las iniciativas de la UE, una causa primaria de la insistencia que la operación estuviera en manos de la OTAN, una subsidiaria de los EEUU. Una Serbia venida a menos se mantiene como la última que no está de acuerdo, probablemente no por mucho tiempo.
Una consecuencia adicional es un golpe a los frágiles principios del orden mundial. La acción de la OTAN representa una amenaza para "el corazón del sistema de seguridad internacional" fundado por la Carta de las Naciones Unidas, observa el Secretario General Kofi Annan en su informe anual a la ONU en septiembre. Esto importa poco a los ricos y poderosos, que actúan a voluntad, rechazando decisiones de la Corte Internacional de Justicia y vetando resoluciones del Consejo de Seguridad cuando es necesario; es útil recordar que, contrariamente a lo que habitualmente se cree, los EEUU han sido por lejos los que han vetado más resoluciones del Consejo de Seguridad en una gran gama de temas, incluyendo terrorismo y agresión, desde que perdieron el control de la ONU en el curso de la descolonización, con Gran Bretaña como segundo, seguidos de lejos por Francia como tercero. Las víctimas habituales, sin embargo, se toman estos asuntos más seriamente como demuestra la reacción global a la guerra en Kosovo.
El punto esencial -para nada oscuro- es que el mundo enfrenta dos opciones con relación al empleo de la fuerza: 1) algo parecido a un orden mundial, ya sea la Carta o incluso algo mejor si puede ganar cierto grado de legitimidad; o 2) los estados poderosos hacen lo que quieran a menos que sufran restricciones internas, guiados por intereses de poder y ganancias, como en el pasado. Tiene mucho sentido luchar por un mundo mejor, pero no complacerse con en pretensiones e ilusiones sobre el mundo en que vivimos.
Los archivos y otras fuentes de información brindarán mucha más información sobre la última guerra en los Balcanes. Cualquier conclusión a la que se llegue hoy, será como máximo tentativa y parcial. Por lo pronto, sin embargo, las "lecciones aprendidas" no parecen ser particularmente atractivas.
Del Epílogo de la Traducción Francesa de El Nuevo Humanismo Militar (Common Courage, 1999; Page Deux Lausanne, 2000).
Título original: In Retrospect. A review of NATO's war over Kosovo, part II
Autor: Noam Chomsky
Origen: Z Magazine, abril de 2000
Traducido por Pedro Edu Hondo y revisado por Carlos Carmona, febrero de 2001
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No callaran nuestra verdad
by Cuzco Thursday, Jan. 19, 2006 at 4:30 AM
Por mucho que hagan con intencion de hacernos callar, hasta las piedras lo diran, falsos, hipocritas, sinverguenzas.
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No callaran nuestra verdad
by Cuzco Thursday, Jan. 19, 2006 at 4:33 AM
Por mucho que hagan con intencion de hacernos callar, hasta las piedras lo diran, falsos, hipocritas, sinverguenzas.
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SALUDO
by ROCO Thursday, Jan. 19, 2006 at 9:42 AM
ROCO@HOTMAIL.COM
Retrospectiva: Revisión de la campaña de la OTAN sobre Kosovo
Noam Chomsky
Calmado el asunto, debería ser posible abordar una revisión y un análisis relativamente desapasionados de la guerra de la OTAN en Kosovo. Se podría esperar que el asunto hubiese dominado el milenarismo de fin de año, considerando la respuesta abundante que la guerra provocó en los círculos intelectuales occidentales y la ola de autocomplacencia de tanta gente respetable aclamando la primera guerra en la historia batallada "en el nombre de principios y valores", el primer paso audaz hacia una "nueva era" en la cual los "estados ilustrados" protegerán los derechos humanos de todos bajo la guía de un "Nuevo Mundo idealista decidido a terminar con la inhumanidad", ahora liberado de los grilletes de arcaicos conceptos sobre el orden mundial. Pero recibió una escasa mención.
Una rara excepción fue el Wall Street Journal (WSJ), que dedicó su artículo principal del 31 de Diciembre a un análisis en profundidad de lo ocurrido. El titular decía: "La guerra de Kosovo fue cruel, encarnizada, salvaje; genocidio no fue". La conclusión contrasta bastante con la propaganda durante la guerra. Una búsqueda en la base de datos de referencias a "genocidio" en Kosovo sólo durante la primera semana de bombardeos se interrumpía al alcanzar su límite de 1000 documentos.
Cuando las fuerzas de la OTAN entraron en Kosovo, se emprendieron tremendos esfuerzos para descubrir evidencias de crímenes de guerra, "modelo de rapidez y eficiencia", para asegurar que ninguna evidencia se perdiera o pasara por alto. Esfuerzos "basados en lecciones aprendidas de los errores pasados" que reflejaban "una creciente atención internacional en atrapar a los responsables de crímenes de guerra". Aún más, añaden los analistas, "probar la escala de los crímenes es también políticamente importante para la OTAN, para demostrar porqué fueron necesarios 78 días de ataques aéreos contra fuerzas e infraestructuras serbias".
Esta lógica ampliamente aceptada es intrigante. Indiscutiblemente, los enormes crímenes tuvieron lugar después de que comenzaran los bombardeos: fueron no una causa sino una consecuencia. Requiere un considerable atrevimiento, por tanto, tomar los crímenes como justificación con efecto retroactivo de las acciones que contribuyeron a provocarlos.
Una "lección aprendida", y rápidamente puesta en práctica, fue la necesidad de evitar una investigación seria de los crímenes en Timor Oriental. Aquí no hubo "modelo de rapidez y eficiencia". A pesar de las súplicas de la misión de pacificación de la ONU, fueron enviados pocos forenses, y con cuatro meses de retraso, bastante después de que la estación de las lluvias borrase evidencias esenciales. La propia misión fue retrasada incluso después de que el país hubiese sido virtualmente destruido y la mayoría de su población expulsada. La diferencia no es difícil de comprender. En Timor Oriental los crímenes eran imputables directamente al terrorismo de estado que había sido apoyado por Occidente justo hasta el final de las atrocidades. Consecuentemente, temas como el disuadir y el exigir responsabilidades difícilmente pueden estar en la agenda. En contraposición, en Kosovo puede aducirse la evidencia de crímenes terribles para dar una justificación con efecto retroactivo de la guerra de la OTAN, sobre el interesante principio establecido por el sistema doctrinal.
A pesar de los intensivos esfuerzos, los resultados de "la obsesión por la fosa común", como la llaman los analistas del WSJ, era decepcionantemente escasos. A pesar de "los enormes campos de exterminio que algunos investigadores esperaban... la norma ha sido la dispersión de los asesinatos", una forma de "limpieza étnica descafeinada". "La mayoría de las muertes e incendios sucedieron en áreas dónde el separatista Ejército de Liberación de Kosovo (ELK-UCK) había estado activo" o podía infiltrarse, informaron algunos investigadores pro derechos humanos, en un intento por "delimitar las áreas de apoyo al ELK-UCK, utilizando selectivamente amenazas, saqueos y asesinatos esporádicos". Estas conclusiones ganan apoyo con la detallada revisión de la OSCE publicada en Diciembre, la cual "sugiere un fundamento de tipo militar para las expulsiones, las cuales estaban concentradas en las áreas controladas por los rebeldes y las probables rutas para una invasión".
El análisis del WSJ concluye con que "la OTAN dio un paso más en sus afirmaciones sobre los 'campos de exterminio' serbios" cuando "vio que un débil sector de la prensa se inclinaba por la historia contraria: civiles asesinados por las bombas de la OTAN". El portavoz de la OTAN Jamie Shea presentó "información" que podía ser rastreada hasta fuentes del ELK- UCK. El WSJ concluye con que muchos de los más espeluznantes y prominentemente reportajes publicados sobre atrocidades atribuidos a los refugiados y a otras fuentes eran falsos. Entretanto la OTAN buscaba negar sus propias atrocidades, por ejemplo, publicando un video falso "pasado al triple de su velocidad real" para simular que "la muerte de al menos catorce civiles a bordo de un tren sobre un puente en Serbia el pasado abril" era inevitable porque "el tren viajaba demasiado rápido para que la trayectoria de los misiles pudiese haber sido cambiada a tiempo".
Los analistas del WSJ sin embargo llegan a la conclusión de que los "horribles" crímenes, incluyendo la enorme campaña de expulsión, "pueden ser suficientes para justificar" la campaña de bombardeos de la OTAN, sobre el principio de justificación con efecto retroactivo.
El estudio de la OSCE es la tercera fuente más importante en cuanto a los crímenes serbios. La primera es el caso del Departamento de Estado contra Milosevic y sus cómplices en Mayo; la segunda, su acusación formal poco después por el Tribunal Internacional de Crímenes de Guerra. Los dos documentos son muy parecidos, seguramente porque la "notablemente rápida acusación" por el Tribunal estaba basada en "espionaje y otras informaciones de EEUU/Reino Unido denegada durante largo tiempo al [Tribunal] por los gobiernos occidentales". Pocos esperan que tal información sea revelada para un Tribunal de Crímenes de Guerra en Timor Oriental, en el improbable caso de que haya uno. El Departamento de Estado volvió a abrir el caso en Diciembre de 1999, con lo que se pretende que sea la justificación definitiva para el bombardeo, añadiendo cualquier información que pudiese obtenerse de los refugiados y de las investigaciones tras la guerra.
En los dos informes del Departamento de Estado y en la acusación del Tribunal, la cronología detallada se restringe, casi por completo, al periodo que siguió a la campaña de bombardeos iniciada el 24 de Marzo. Así, el informe final del Departamento de Estado de Diciembre de 1999 se refiere vagamente a "finales de Marzo" o "después de Marzo", aparte de una única referencia a informaciones de refugiados sobre una ejecución el 23 de Marzo, el día de la declaración oficial de la OTAN de que las operaciones aéreas anunciadas el 22 de Marzo iban a empezar. La única excepción significativa es la masacre de 45 personas el 15 de Enero en Racak. Pero que no puede haber sido el motivo para el bombardeo, por dos razones suficientes: primero, los monitores de la OSCE y otros observadores internacionales (incluyendo la OTAN) informaron de que era un incidente aislado, que no tenía nada que ver con los meses posteriores hasta el bombardeo; volvemos a ese antecedente directamente. Y segundo, tales atrocidades preocupan poco a EEUU y sus aliados. Las evidencias sobre esta última conclusión es abrumadora, y fue confirmada una vez más poco después de la masacre de Racak, cuando las fuerzas indonesias y sus subordinados paramilitares asesinaron brutalmente a 50 o más personas que se habían refugiado del terror indonesio en una iglesia en el remoto pueblo timorés de Liquica. A diferencia de Racak, esta fue sólo una de las muchas masacres en Timor Oriental en aquella época, con una cifra de muertos mucho más allá de cualquiera de las atribuidas a Milosevic en Kosovo: entre 3 y 5 mil asesinados desde Enero de 1999, informaron fuentes fiables de la Iglesia el 6 de Agosto, aproximadamente el doble del número de asesinados en todo Kosovo en el año anterior al bombardeo, de acuerdo con la OTAN. El historiador John Taylor estima el número de muertos entre 5 y 6 mil desde Enero hasta el referéndum del 30 de Agosto.
Los EEUU y sus aliados reaccionaron a las masacres de Timor Oriental de la forma habitual: continuar proporcionando ayuda militar y de otras clases a los asesinos y manteniendo otros acuerdos militares, incluyendo ejercicios de entrenamiento conjuntos tan tarde como en Agosto, mientras que se insistía en que la seguridad en Timor Oriental "es responsabilidad del Gobierno de Indonesia, y no queremos quitarles esa responsabilidad".
En resumen, el Departamento de Estado y el Tribunal no hacen esfuerzos serios para justificar la campaña de bombardeos o la retirada de los observadores de la OSCE el 20 de Marzo en preparación de la misma.
La investigación de la OSCE se aviene claramente a las acusaciones producidas por el Departamento de Estado y el Tribunal. Recoge "el esquema de las expulsiones y el enorme aumento de saqueos, asesinatos, violaciones, secuestros y pillaje una vez comenzó la guerra aérea de la OTAN el 24 de Marzo". "El cambio de acontecimientos más visible sucedió después de que la OTAN lanzase sus primeros ataques aéreos" el 24 de Marzo, informa la OSCE. "Por un lado, la situación parecía haberse precipitado sin el control de ninguna autoridad, ya que el desorden reinaba en forma de asesinatos y saqueos de casas. Por el otro, la expulsión masiva de miles de residentes de la ciudad, los cuales principalmente tuvieron lugar en la última semana de Marzo y la primera de Abril, siguieron un cierto patrón y es concebible que fuese bien organizada con antelación".
La palabra "concebible" es seguramente un eufemismo. Incluso sin evidencias documentales, apenas se puede dudar que Serbia tenía planes de contingencia para la expulsión de la población, y que sería probable ponerlos en marcha ante un bombardeo de la OTAN, bajo la perspectiva de una invasión directa. Se arguye comúnmente que el bombardeo está justificado por los planes de contingencia que fueron implementados en respuesta al bombardeo. Una vez más, la lógica es interesante. Adoptando el mismo principio, los ataques terroristas sobre objetivos norteamericanos estarían justificados si producen como respuesta un ataque nuclear, de acuerdo con planes de contingencia –los cuales existen- para un primer ataque, incluso preventivo contra estados no nucleares que han firmado el tratado de no proliferación. Un ataque iraní con misiles sobre Israel con una amenaza creíble de invasión se justificaría si Israel respondiera poniendo en práctica sus precisos planes de contingencia –los cuales presumiblemente existen- para expulsar a la población palestina.
La investigación de la OSCE informa además de que "una vez la OSCE-KVM (sus monitores) se marchó el 20 de Marzo de 1999 y en particular después del comienzo de los bombardeos de la OTAN sobre la Federación Yugoslava el 24 de Marzo, la policía serbia y/o el Ejército, a menudo acompañados por los paramilitares, fueron de pueblo en pueblo y, en las ciudades de área en área amenazando y expulsando a la población albano-kosovar. La partida de los monitores también precipitó un incremento de las emboscadas del ELK-UCK sobre los oficiales serbios, "provocando una fuerte reacción" por parte de la policía, una escalada desde "la atmósfera de pre-guerra, dónde las fuerzas serbias se enfrentaban a los rebeldes, que estaban raptando civiles serbios y emboscando oficiales de policía y soldados".
Para comprender el recurso a la guerra de la OTAN, el periodo más importante es el de los meses que precedieron la decisión. Por supuesto, lo que la OTAN sabía sobre ese periodo es un tema de crucial significación para cualquier intento serio a la hora de evaluar la decisión de bombardear Yugoslavia sin autorización del Consejo de Seguridad de la ONU. Afortunadamente, ese es el periodo del cual tenemos la más detallada evidencia directa: particularmente, de los informes de los monitores KVM y otros observadores internacionales. Desafortunadamente, la investigación de la OSCE pasa por alto rápidamente estos meses, presentando pocas evidencias y concentrándose más bien en el periodo posterior a que los monitores fueran apartados. Una selección de informes del KVM está, sin embargo, disponible, junto con otros de la OTAN y observadores internacionales independientes. Éstos merecen un examen detallado.
El periodo relevante empieza en Diciembre, con la violación del alto el fuego que había permitido la vuelta de mucha gente desplazada por las luchas. A lo largo de estos meses, los monitores informaron que "las agencias humanitarias en general tienen acceso libre a todas las áreas de Kosovo", con un hostigamiento ocasional de las fuerzas de seguridad serbias y los paramilitares del ELK, así que la información se supone que es bastante amplia.
Los "incidentes más serios" de los que informó el ICRC en diciembre son enfrentamientos a lo largo de la frontera de la Federación Yugoslava y Albania, y "lo que parecen ser los primeros ataques deliberados sobre sitios públicos en áreas urbanas". Un informe de actualización de Naciones Unidas (24 de Diciembre) identifica éstos como un intento por parte de albaneses armados de entrar en Kosovo desde Albania, dejando a su paso al menos 36 hombres armados muertos, y el asesinato de 6 adolescentes serbios a manos de unos enmascarados en un tiroteo contra un café la ciudad mayoritariamente serbia de Pec. El siguiente incidente es el rapto y asesinato del concejal de Kosovo Polie, atribuido por OTAN al ELK-UCK. Después hay un informe de "secuestros atribuidos al ELK". El informe del Secretario General de la ONU (24 de Diciembre) repasa la misma evidencia, citando la figura de 282 civiles y policías secuestrados por el ELK desde el 7 de Diciembre (cifras de la Federación Yugoslava). La imagen general es que después del alto al fuego de Octubre, "las unidades paramilitares albano-kosovares han tomado ventaja en ese periodo de calma dentro de la lucha para restablecer su control en muchas poblaciones en Kosovo, así como sobre algunas áreas cerca de centros urbanos y autopistas... llevando a la afirmación (por parte de las autoridades serbias) de que si [KVM] no puede controlar esas unidades el gobierno lo hará".
La actualización de la agencia internacional de noticias de la ONU el 11 de Enero es similar. Informa de los combates entre las fuerzas de seguridad serbias y el ELK. Además, en "el incidente más serio desde la declaración del alto el fuego en Octubre de 1998, el periodo bajo revisión ha sido testigo de un incremento en el número de asesinatos (presuntamente perpetrados por el ELK), los cuales han incitado vigorosas represalias de las fuerzas de seguridad gubernamentales". La "violencia fortuita" mató 21 personas en los 11 días anteriores. Sólo se cita un ejemplo: una bomba frente a "un café en Pristina, hirió a tres jóvenes serbios y fue el detonante de represalias de los civiles serbios sobre los albaneses", el primer incidente semejante en la capital. Los otros principales incidentes citados son la captura de ocho soldados por el ELK, el asesinato de un civil serbio, y la noticia del asesinato de tres policías serbios. La revisión del periodo por la OTAN es similar, con detalles adicionales: bombardeo del Ejercito serbio sobre civiles y e instalaciones del UCK con "al menos 15 albano-kosovares" asesinados, muerte de jueces, policías y civiles serbios a manos del UCK, etc.
Después está la masacre de Racak del 15 de Enero, tras la cual los informes vuelven a lo anterior. El informe mensual de la OSCE del 20 de Febrero describe la situación como "volátil". El "choque militar directo disminuyó significativamente" entre los serbios y el ELK, pero los ataques del ELK sobre la policía y los "tiroteos esporádicos" continuaron, "incluyendo a veces el uso de armas pesadas por el Ejercito serbio". La "principal característica de la última parte del periodo en el informe ha sido un alarmante incremento en el terrorismo urbano con una serie de bombardeos indiscriminados o lluvia de balas sobre la población civil en lugares públicos de poblaciones de Kosovo"; éstos son "no-atribuibles", o bien "criminal o políticamente motivados". Entonces sigue un repaso de las confrontaciones policía-ELK, secuestro de "cinco civiles serbios de avanzada edad", y rechazo del ELK y del Ejército serbio a cumplir las resoluciones del Consejo de Seguridad. Cinco civiles fueron asesinados cuando la "violencia urbana creció significativamente", incluyendo tres muertos por una bomba a la salida de una tienda de comestibles albanesa. "Se recibieron más informes acerca del 'mantenimiento del orden' sobre la comunidad albanesa por parte del ELK y de sus castigos a aquellos acusados de colaborar con los serbios ", además de la muerte y secuestro de supuestos colaboradores albaneses y policías serbios. El "ciclo de la confrontación puede ser descrito generalmente" como ataques del ELK sobre la policía serbia y la población civil, "una desproporcionada respuesta por las autoridades de la Federación Yugoslava", y "actividad renovada del ELK en todas partes".
En su informe mensual, el 17 de Marzo, el Secretario General de la ONU informa que las confrontaciones entre las fuerzas de seguridad serbias y el KLA "continuaron a un bajo nivel relativamente", pero los civiles "crecientemente se convierten en los principales objetivos de actos violentos", incluyendo asesinatos, ejecuciones, malos tratos y secuestros. El Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Refugiados (ACNUR) "registró más de 65 muertes violentas" de civiles albaneses y serbios, y de varios gitanos, desde el 20 de Enero hasta el 17 de Marzo. Aparecen en los informes como asesinatos aislados de francotiradores y ataques con granadas sobre bares y tiendas. Las victimas incluían supuestos colaboradores albaneses y "civiles conocidos como liberales y flexibles en sus relaciones sociales". Los secuestros continuaron, siendo las víctimas casi todas serbias y en su mayoría civiles. El informe de la OSCE del 20 de Marzo daba una imagen similar, informando de "ataques no provocados del KLA contra la policía" y un incremento de las víctimas entre las fuerzas de seguridad serbias, junto con "operaciones militares que afectan a la población civil", "ataques terroristas indiscriminados en la ciudad contra civiles", "muertes no atribuibles a nadie" mayoritariamente de albaneses, y secuestro de civiles albaneses, atribuidos a una "fuerza de seguridad controlada y centralizada" por el ELK. Después se detallan los incidentes concretos.
El último informe de la OTAN (del 16 de Enero hasta el 22 de Marzo) cita varias docenas de incidentes, la mitad iniciados por el ELK-UCK, la mitad por fuerzas de seguridad serbias, además de media docena de respuestas por parte de las fuerzas de seguridad serbias y enfrentamientos con el ELK, incluyendo "agresivos ataques serbios sobre pueblos sospechosos de cobijar fuerzas o centros de mando del UCK". Se informó de que las víctimas eran la mayoría militares, en los niveles de los meses anteriores.
Como un modelo con el que comparar, podríamos considerar que las habituales asesinas y destructivas operaciones militares israelíes en Líbano apoyadas por EEUU cuando las fuerzas israelíes ocuparon el sur del Líbano violando las órdenes del Consejo de Seguridad, o las de sus mercenarios locales, son atacadas por la resistencia libanesa. A través de los 90, como antes, éstas han excedido con creces cualquier cosa atribuida a las fuerzas de seguridad de la Federación Yugoslava dentro lo que la OTAN insiste en que es su territorio.
Dentro de Kosovo, no se informó de cambios significativos desde la ruptura del alto el fuego en Diciembre hasta la decisión del 22 de Marzo de bombardear. Incluso aparte de la (aparente aislada) masacre de Racak, no hay duda de que las autoridades y fuerzas de seguridad yugoslavas eran responsables de crímenes serios. Pero los antecedentes de los que se informó tampoco dan credibilidad a la afirmación de que estas eran las razones para el bombardeo; en el caso de atrocidades comparables o mucho peores durante el mismo periodo, los EEUU y sus aliados tampoco reaccionaron, o –más significativamente- mantuvieron e incluso incrementaron su apoyo a las atrocidades. Los ejemplos son demasiado fáciles de nombrar, Timor Oriental en los mismos meses, para mencionar sólo el más obvio de ellos.
Las grandes expulsiones de Kosovo comenzaron inmediatamente después de la campaña de bombardeos iniciada el 24 de Marzo. El 27 de Marzo, el ACNUR informó que 4000 habían escapado de Kosovo, y que el 1 de Abril, el flujo era suficientemente grande para que el ACNUR empezase a proporcionar cifras día a día. Su Programa Humanitario de Evacuación comenzó el 5 de Abril. Desde la pasada semana de Marzo hasta el final de la guerra en Junio, "las fuerzas de la Federación Yugoslava y serbias expulsaron más de 863.000 albano- kosovares de Kosovo", informa la OSCE, y cientos de miles de otros fueron internamente desplazados, mientras un número desconocido de serbios, gitanos y otros escaparon también.
Los EEUU y Reino Unido habían estado planeando la campaña de bombardeos durante muchos meses, y difícilmente podían haber fallado en anticipar las consecuencias. A principios de Marzo, el primer ministro italiano Massimo D'Alema advirtió a Clinton del enorme flujo de refugiados que seguiría al bombardeo; la asesora de Seguridad Nacional de Clinton Sandy Berger respondió que en ese caso "la OTAN continuaría el bombardeo", con resultados todavía más espantosos. La inteligencia norteamericana también advirtió de que habría "una explosión de refugiados" y una campaña de limpieza étnica, reiterando las anteriores predicciones de los monitores europeos.
Al comenzar la campaña de bombardeos, el comandante general de las tropas norteamericanas- OTAN Wesley Clark informó a la prensa que era "enteramente previsible" que el terror serbio se intensificase como consecuencia. Poco después, Clark clarificó otra vez que "las autoridades militares anticiparon totalmente la cruel estrategia que Milosevic adoptaría, así como también la terrible eficiencia con la cual la llevaría a cabo". Elucubrando lo que pasaría algunas semanas más tarde, él comentó que la operación de la OTAN planeada por "los dirigentes políticos... no fue diseñada como una forma de detener la limpieza étnica serbia. No fue diseñada como una manera de librar una guerra contra los serbios y sus fuerzas militares policiales en Kosovo. De ninguna manera. No hubo nunca ningún intento de hacer eso. Esa no era la idea". El general Clark manifestó además que los planes para la Operación Herradura "nunca han sido compartidos conmigo", en referencia al supuesto plan serbio para expulsar a la población, que fue difundida por la OTAN después de que la traumática reacción serbia al bombardeo se hubiese hecho evidente.
La agencia que tiene la principal responsabilidad para el cuidado de refugiados es ACNUR. "Al final de la guerra, el Primer Ministro británico Tony Blair reprendió en privado a la agencia por lo que él consideró un funcionamiento problemático". Evidentemente, el funcionamiento de ACNUR habría sido menos problemático si la agencia no hubiera sido dejada sin fondos por las grandes potencias. Por esta razón, el ACNUR tuvo que recortar personal más de un 15 por ciento en 1998. En octubre, mientras los planes del bombardeo estaban siendo formulados, el ACNUR anunciaba que tendría que eliminar una quinta parte del personal restante en Enero de 1999 por la crisis presupuestaria creada por los "estados ilustrados".
En resumen, los monitores del KVM fueron apartados y una campaña de bombardeos comenzó con la expectativa, rápidamente cumplida, de que la consecuencia sería una fuerte escalada de la limpieza étnica y otras atrocidades, después de que la organización responsable del cuidado de refugiados fuese dejada sin fondos. Bajo la doctrina de justificación retrospectiva, los horribles crímenes que sobrevinieron son ahora presentados como, quizás, "suficientes para justificar" la campaña de bombardeos de la OTAN.
La persona que comete un crimen carga con la principal responsabilidad por el mismo; aquellos que le incitan, anticipando las consecuencias, llevan una responsabilidad secundaria, lo cual sólo se agrava si actúan de manera que aumente el sufrimiento de las víctimas. El único argumento posible para la acción que incita a los crímenes es que hubieran sido aún más severos en el caso de no haberse actuado. Esa exigencia, una de las más notables en la historia del apoyo del crimen de estado, requiere evidencias sustanciales. En el caso presente, uno buscará evidencias en vano –e incluso el reconocimiento que tales evidencias requieren.
Supongamos, no obstante, que tomamos en serio el argumento. Pierde fuerza descaradamente hasta el punto de que los subsiguientes crímenes son algo estupendo. Si ninguno de los albano- kosovares habían sufrido como resultado de la campaña de bombardeos de la OTAN, entonces la decisión de bombardear podría estar justificada sobre la base de que se impedirían los crímenes en contra de ellos. La fuerza del argumento disminuye tanto como aumenta la escala de los crímenes. Es, por consiguiente, más bien curioso que los que apoyan el bombardeo busquen pintar el peor cuadro posible de los crímenes en los cuales comparten responsabilidad; debería ser el caso contrario. La extraña postura probablemente refleja el éxito en inculcar la doctrina de que los crímenes incitados por el bombardeo de la OTAN proporciona una justificación retrospectiva para ella.
Éste, en absoluto es el único gran logro de la dirección doctrinal. Otro es el debate sobre la supuesta "doble moral" de la OTAN, revelado por su "apartar la vista" de otras crisis humanitarias, o "hacer demasiado poco" para prevenirlas. Los participantes en el debate deben acordar que la OTAN fue guiada por principios humanitarios en Kosovo — precisamente la pregunta en disputa. Aparte de eso, la administración Clinton "apartó la vista" o "hizo demasiado poco" frente a las atrocidades en Timor Oriental, o Colombia, o muchos otros lugares. Más bien, junto con sus aliados, escogió incrementar las atrocidades, a menudo vigorosamente y decisivamente. Quizá el caso de Turquía -dentro de OTAN y bajo la jurisdicción europea- es lo más relevante en la presente conexión. Sus operaciones de limpieza étnica y otros crímenes, enormes en proporción, fueron efectuados con un flujo enorme de ayuda militar de la administración Clinton, que aumentó a la par que las atrocidades. También han virtualmente desaparecido de historia. No hubo mención a ellos en la reunión del 50 aniversario de la OTAN en abril de 1999, celebrada bajo la sombra de la limpieza étnica -un crimen que no puede ser tolerado, declararon participantes y comentaristas, cerca de los bordes de OTAN; sólo dentro de sus bordes, dónde los crímenes van a ser agilizados. Con raras excepciones, la prensa ha mantenido una actitud de disculpa, aunque la participación de Fuerzas Armadas turcas en la campaña Kosovo fue altamente reconocida. El más reciente debate sobre los problemas de "intervención humanitaria" evade el papel crucial estadounidense en las atrocidades de los turcos, o ignora el tema completamente.
Es un logro raro para un sistema de propaganda el haber asumido sus doctrinas como propias presuposiciones en el debate. Éstas están entre las "lecciones aprendidas", para ser aplicados en ejercicios futuros enmascarados tras el objetivo humanitario.
Hasta cierto nivel, seguramente, se reconoce el disparate de la justificación retrospectiva. Por consiguiente muchos intentos de justificar el bombardeo de la OTAN siguen una línea diferente. Una versión típica dice que "Serbia invadió Kosovo para aplastar un movimiento separatista albanés pero mató 10.000 civiles y expulsó a 700.000 personas hacia Macedonia y Albania. Entonces, la OTAN atacó a Serbia desde el aire para proteger a los albaneses de una limpieza étnica [ pero] mató centenares de civiles serbios y produjo un éxodo de decenas de miles de ellos desde las ciudades al campo". Si asumimos este orden de los acontecimientos se podría armar una base racional que justifique el bombardeo, pero, sin ningún tipo de dudas, el orden real es exactamente el opuesto.
El dispositivo es de uso habitual en los medios y los especialistas con frecuencia adoptan una postura similar. El historiador David Fromkin, en su libro ampliamente elogiado sobre la guerra, afirma sin argumentos que los EEUU y sus aliados actuaron únicamente por "altruismo" y "fervor moral", forjando "un enfoque novedoso sobre el uso de la fuerza en política internacional" al "reaccionar a la deportación de más de un millón de kosovares de su patria" con el bombardeo, para salvarlos de "horribles sufrimientos o la muerte". Se está refiriendo a aquellos expulsados como consecuencia anticipada de la campaña de bombardeos. Al abrir su defensa legal de la guerra, la profesora en leyes, Ruth Wedgwood asume sin argumentos, que el objetivo del bombardeo de la OTAN fue "detener la expulsión de los albaneses de Kosovo" a manos de Belgrado; esto es, la expulsión precipitada por el bombardeo, un objetivo desconocido y enérgicamente negado por el comandante militar de la operación.
El especialista en asuntos exteriores y seguridad Alan Kuperman escribe que en Timor Oriental y Kosovo "la amenaza de sanciones económicas o de bombardeo provocó una trágica reacción violenta" y que "la intervención occidental llegó demasiado tarde para prevenir atrocidades masivas". En Kosovo el bombardeo no llegó "demasiado tarde para prevenir atrocidades masivas" mas bien las precedió y tal como fue anticipado, las incitó. En Timor Oriental, ninguna acción occidental "provocó una reacción violenta". No se propuso el uso de la fuerza e incluso se retrasó la amenaza de sanciones hasta después de que se consumaran las atrocidades. La "intervención" la realizó una fuerza de paz de la ONU que ingresó en el territorio administrado por Portugal en principio bajo jurisdicción de la ONU, después de que las potencias occidentales finalmente retiraran su apoyo directo a la invasión de Indonesia y sus masivas atrocidades, causando la rápida retirada de su ejército.
Tal revisión del registro de los hechos ha sido un procedimiento habitual durante todo este tiempo. En una peculiar versión anterior, el especialista en política exterior del New York Times (NYT) Thomas Friedman, escribió al final de la guerra que "al comenzar la expulsión de los refugiados, ignorar a Kosovo hubiera sido un error.... por lo tanto el uso de un "enorme poder de fuego aéreo" en pos de un objetivo concreto era la única opción lógica. El desalojo de los refugiados al que él se refiere siguió al uso del "enorme poder de fuego aéreo" tal como se anticipó. De nuevo la inversión que ya nos es familiar, comprensible ya que sin ella la defensa de la violencia de estado se vuelve verdaderamente dificultosa.
Una justificación retrospectiva usualmente empleada es que el uso de la fuerza hizo posible el retorno de los albano-kosovares a sus hogares; un logro significativo si ignoramos el hecho que casi todos fueron expulsados como reacción a los bombardeos. Según éste razonamiento, una alternativa preferible, grotesca pero algo menos que el plan de acción que se siguió, hubiera sido esperar a que los serbios consumaran la supuesta amenaza y si lo hacían, bombardear la República Federal Yugoslava (RFY) para asegurar el retorno de los kosovares, que hubieran sufrido bastante menos daño que al huir bajo los bombardeos de la OTAN.
Una variante interesante aparece en la introducción al libro de documentos sobre Kosovo editado por el profesor en leyes Marc Weller de la Universidad de Cambridge. Él reconoce que el bombardeo de la OTAN, al que apoyó enérgicamente, es una clara violación del derecho internacional y podría justificarse solamente sobre la base de un supuesto "derecho a la intervención humanitaria". Esta justificación a su vez, se basa en el supuesto que el rechazo de la RFY a "aceptar un detallado acuerdo sobre el tema de Kosovo [ el ultimátum de Rambouillet] constituiría una circunstancia que desencadenaría una descomunal emergencia humanitaria. Pero los sucesos en el terreno "disculparon" a la OTAN de tener que contestar este punto", escribe:
particularmente "el inicio de una campaña de deportación masiva previamente planificada de lo que pareció en algún momento ser la totalidad de la población de la etnia albanesa de Kosovo justo antes del comienzo de los bombardeos".
Hay dos problemas con este planteamiento. Primero, el registro documental, incluyendo el libro que el editó, no brinda ninguna evidencia en apoyo de este crucial argumento y de hecho lo niega (dada la falta de evidencia a pesar de los importantes esfuerzos para sacarla a luz). Segundo, aún en el caso que se hubiera descubierto a posteriori que la expulsión comenzó antes de los bombardeos, esto difícilmente podría justificar el empleo de la fuerza, por simple lógica. Además, como fue ya discutido, aún si el inicio de la expulsión se hubiera conocido antes del bombardeo (aunque misteriosamente esto falta en la evidencia documental) hubiera sido altamente preferible permitir que la expulsión se llevara a cabo y entonces iniciar el bombardeo que llevaría al retorno de aquellos deportados: grotesco pero en bastante menor grado que lo finalmente decidido. Sin embargo, a la luz de las evidencias disponibles, todo esto es una discusión académica, que simplemente muestra los desesperados esfuerzos para justificar la guerra.
¿Es que existían opciones menos grotescas en Marzo de 1999? El peso de la prueba está obviamente del lado de aquellos que optaron por la violencia de estado, un gran peso que no ha tenido intentos serios de ser levantado. Pero dejemos esto de lado y miremos al abanico de opciones disponibles.
Una pregunta importante, hecha por Eric Rouleau es si "las atrocidades serbias habían llegado a proporciones tales que obligaban a romper el proceso diplomático con el fin de salvar a los kosovares de un genocidio". Anota que "la continua negativa de la Organización para la Seguridad y la Cooperación Europea (OSCE) a difundir el informe [ sobre las observaciones de los monitores de la Misión de Verificación de Kosovo (KVM) desde noviembre hasta su retirada] solamente alimenta las dudas sobre la veracidad de tal alegato. Como se dijo antes, los autos de procesamiento del Departamento de Estado y el Tribunal no brindan ningún apoyo significativo a tal alegato, lo cual no es un hecho insignificante puesto que ambos buscaron desarrollar el caso más contundente. ¿Qué hay entonces del informe de la OSCE, difundido después del artículo de Rouleau? Como ya fue comentado, el informe no hace ningún esfuerzo serio para apoyar tal argumento, de hecho brinda poca información acerca del período crucial. Sus referencias confirman de hecho el testimonio de Jacques Prod´home, miembro francés del KVM citado por Rouleau, de que "en el mes previo a la guerra, durante el cual se movió libremente en la región de Pec, ni él ni sus colegas vieron nada que pudiera ser descrito como persecución sistemática, crímenes colectivos o individuales, incendio de casas o deportaciones." Los detallados informes del KVM y otros observadores omitidos en la revisión de la OSCE socavan aún más el alegato, como ya hemos dicho.
El argumento central, componente clave del caso de la OTAN tal como reconocen aún sus más fervientes defensores, Weller por ejemplo, permanece sin apoyo. Una vez más debe subrayarse que el mayor peso de la prueba está del lado de aquellos que lo emplearon para justificar el uso de la fuerza. La discordancia entre lo que se requiere y la evidencia presentada es "impresionante", si bien el término "contradicción" sería mas adecuado, en particular cuando se consideran otras evidencias pertinentes, como el testimonio directo del comandante militar, General Clark.
Kosovo había sido un lugar extremadamente desagradable durante el año previo. Cerca de 2,000 personas murieron asesinadas según la OTAN, la mayoría albaneses, en el curso de una lucha encarnizada que comenzó en Febrero con acciones del Ejército de Liberación de Kosovo (ELK) que los EEUU denunciaron como "terrorismo", y una brutal respuesta Serbia. En el verano el KLA controlaba cerca del 40% de la provincia, desencadenando una cruenta reacción de las fuerzas de seguridad serbias y de paramilitares dirigida a la población civil. De acuerdo con el consejero legal de los albano-kosovares Marc Weller, "en pocos días [ después de la retirada de los monitores el 20 de Marzo] , el número de desplazados se incrementó hasta 200,000", números que concuerdan grosso modo con los de la inteligencia norteamericana.
Supongan que los monitores no hubieran sido retirados en la preparación del bombardeo y que se hubieran proseguido los esfuerzos diplomáticos. ¿Eran éstas opciones factibles? ¿Hubieran conducido a un a un peor desenlace, o incluso a uno mejor?. Ya que la OTAN se negó a explorar esta posibilidad, no lo sabemos. Pero al menos podemos considerar los hechos conocidos y preguntarnos lo que sugieren.
¿Podían los monitores de la KVM haber permanecido, incluso haber aumentado su presencia? Parece posible, particularmente a la luz de la condena inmediata a la retirada realizada por la Asamblea Nacional Serbia. No se ha argumentado que el incremento de las atrocidades después de su retirada se hubiera producido incluso si se hubieran quedado y mucho menos que la masiva escalada fue la consecuencia prevista del bombardeo marcado por la partida de los mismos. La OTAN también puso poco esfuerzo en utilizar otros medios pacíficos; incluso un embargo de petróleo, la base de cualquier régimen de sanciones serio, no fue considerado sino hasta después del bombardeo.
Sin embargo, la cuestión más importante, tiene que ver con las opciones diplomáticas. En la víspera del bombardeo había dos propuestas sobre la mesa. Una era el acuerdo de Rambouillet, presentado a Serbia como un ultimátum. La segunda era la posición Serbia, formulada en el "Borrador del Acuerdo Revisado" del 15 de Marzo y la Resolución de la Asamblea Nacional Serbia del 23 de marzo. Una preocupación seria por proteger a los kosovares bien podría haber puesto en consideración también otras opciones, incluso tal vez, algo parecido a la propuesta del presidente Serbio de Yugoslavia, Dobrica Cosic, de 1992-93 que proponía la partición de Kosovo y su separación de Serbia, con la excepción "de una cantidad de enclaves Serbios". En su momento, la propuesta fue rechazada por la República de Kosovo de Ibrahim Rugova que había declarado la independencia y formado un gobierno paralelo; pero podría haber sido de utilidad como base de una negociación en las circunstancias diferentes de comienzos de 1999. Quedémonos entonces con las dos posiciones oficiales al final de marzo: el ultimátum de Rambouillet y la Resolución Serbia.
Es importante y a la vez revelador que, con excepciones marginales, los contenidos esenciales de ambas posiciones fueron mantenidos fuera del alcance de la opinión pública, aparte de medios disidentes que llegan a poca gente.
La Resolución de la Asamblea Nacional Serbia, si bien reportada enseguida por los servicios cablegráficos, ha permanecido prácticamente como un secreto. Ha habido escasos indicios incluso de su existencia, y menos aún de su contenido. La Resolución condena el retiro de los monitores de la OSCE y hace un llamado a la ONU y la OSCE para permitir un acuerdo diplomático a través de negociaciones "hacia la concreción de un acuerdo político basado en una amplia autonomía para [ Kosovo] , asegurando la completa igualdad de todos los ciudadanos y comunidades étnicas y el respeto a la soberanía e integridad territorial de la República de Serbia y la República Federal de Yugoslavia." Abre la posibilidad de una "presencia internacional" de "tamaño y características" a determinar a los efectos de llevar a cabo el "acuerdo político sobre la autodeterminación acordada y aceptada por los representantes de todas las comunidades nacionales que viven en [ Kosovo] ." La conformidad de la RFY para "discutir el alcance y el carácter de la presencia internacional en [ Kosovo] para aplicar el acuerdo a ser aceptado en Rambouillet" había sido transmitida formalmente a los negociadores el 23 de Febrero, y anunciada por la RFY en conferencia de prensa el mismo día. Si esas propuestas tenían alguna sustancia no lo podemos saber puesto que nunca fueron consideradas y permanecen desconocidas.
Es quizás más llamativo aún que el ultimátum de Rambouillet, descrito universalmente como la propuesta de paz, fue ocultado a la opinión pública, en particular las cláusulas aparentemente introducidas en los últimos momentos de las conversaciones de París en Marzo, después que Serbia manifestara su acuerdo con las principales propuestas políticas, garantizando así su rechazo. De singular importancia son los términos de los Apéndices de aplicación que otorgaban a la OTAN el derecho de "entrada libre y sin restricciones y acceso autorizado a todo lo largo de la RFY incluyendo el espacio aéreo y las aguas territoriales," sin límites, obligaciones ni ataduras respecto a las leyes del país o la jurisdicción de sus autoridades, quienes, sin embargo, deberán seguir las órdenes de la OTAN "con la mayor prioridad y todos los medios apropiados" (Apéndice B).
El Anexo fue ocultado a los periodistas que cubrían las conversaciones de Rambouillet y París, informa Robert Fisk. "Los serbios dicen que lo denunciaron en su última conferencia de prensa en París, un encuentro pobremente cubierto en la embajada Yugoslava a las 11de la noche el 18 de Marzo." Los disidentes serbios que participaron en las negociaciones sostienen que tales condiciones les fueron entregadas el último día de las conversaciones de París, y los rusos no sabían de su existencia. Estas cláusulas no estuvieron a disposición de los miembros de la Casa de los Comunes Británica hasta el 1 de Abril, el primer día del receso parlamentario, una semana después del inicio del bombardeo.
En las negociaciones que comenzaron después del bombardeo, la OTAN abandonó completamente estas demandas junto con otras a las cuales Serbia se había opuesto, y no existe ninguna mención a ellas en el acuerdo final de paz. Sin que le falte razón, Fisk pregunta: ¿Cuál era el propósito real de la exigencia de última hora de la OTAN? ¿Era un caballo de Troya? ¿Para salvaguardar la paz? ¿O para sabotearla? En cualquier caso, si los negociadores de la OTAN hubieran estado preocupados por el destino de los albano-kosovares, deberían haber intentado determinar si la diplomacia podía tener éxito retirando las demandas más provocativas y obviamente irrelevantes de la OTAN, aumentando el vigilancia, y no terminándola; y amenazando con el uso de sanciones significativas.
Cuando se han formulado tales preguntas, los líderes de los equipos negociadores de los EEUU y Gran Bretaña han alegado que estaban dispuestos a retirar las demandas exorbitantes que luego dejaron de lado, pero que los serbios se negaron. El alegato es difícilmente creíble. Hubieran tenido toda la razón del mundo de hacer públicos esos hechos de inmediato. Es interesante que ellos no fueron llamados a responder por este asombroso desempeño.
Destacados partidarios del bombardeo han empleado alegatos similares. Un importante ejemplo es el comentario sobre Rambouillet realizado por Marc Weller. Éste ridiculiza los "alegatos extravagantes" sobre los Apéndices de aplicación, los cuales dice "fueron publicados junto con el acuerdo," esto es el Borrador del Acuerdo fechado el 23 de marzo. Donde fueron publicados no lo dice, ni explica porqué los periodistas que cubrían las conversaciones de Rambouillet y París los desconocían; ni tal parece, el parlamento Británico. El "famoso Apéndice B", afirma, establecía "los términos habituales de un acuerdo de fuerzas para la KFOR (las fuerzas de ocupación de la OTAN)." No explica porqué tal exigencia fue retirada después que empezara el bombardeo, y evidentemente no lo necesitan las fuerzas que entraron en Kosovo bajo mando de la OTAN en Junio, y que son mucho más grandes que las contempladas en Rambouillet y por tanto deberían ser aún más dependientes del acuerdo de fuerzas. También queda sin explicar la respuesta de la RFY del 15 de marzo al Borrador del Acuerdo del 23 de febrero. La respuesta de la FRY analiza el Borrador de Acuerdo con gran detalle, sección por sección, proponiendo extensos cambios y supresiones a lo largo del mismo, pero sin hacer ninguna referencia a los apéndices- los acuerdos de aplicación, que tal como Weller enfatiza, eran con mucho la parte más importante y el tema de las negociaciones de París que tenían lugar en ese momento. La única forma de ver esta descripción es con escepticismo, incluso dejando fuera su actitud descuidada hacia el hecho crucial, ya apuntada, y sus claros cometidos. De momento, estos importantes asuntos permanecen sepultados en la oscuridad.
A pesar de los esfuerzos oficiales para prevenir el conocimiento público de lo que estaba sucediendo, los documentos estaban disponibles para cualquier medio noticioso que se decidiese a profundizar en el asunto. En los EEUU, la demanda extrema (y claramente irrelevante) de una práctica ocupación de la RFY por parte de la OTAN recibió su primer mención en una conferencia de prensa de la OTAN el 26 de abril, cuando se hizo un pregunta al respecto, pero fue rápidamente desechada y no profundizada. Los hechos fueron informados cuando las demandas fueron formalmente retiradas y se volvieron irrelevantes con relación a una opción democrática. Inmediatamente después del anuncio de los acuerdos de paz el 3 de junio, la prensa citó los pasajes críticos del "tómelo o déjelo" del ultimátum de Rambouillet, anotando que "una fuerza únicamente de la OTAN iba a tener permiso completo para ir a cualquier parte de Yugoslavia donde quisiera, inmune a cualquier proceso legal," y que "fuerzas lideradas por la OTAN hubieran tenido prácticamente acceso libre por toda Yugoslavia, no solamente Kosovo." Durante los 78 días de los bombardeos las negociaciones continuaron, cada lado haciendo compromisos -descritos en los EEUU como fraude serbio, o capitulación bajo las bombas. El acuerdo de paz del 3 de junio fue un compromiso entre las dos posiciones sobre la mesa a finales de marzo. La OTAN abandonó sus exigencias más extremas, incluyendo aquellas que aparentemente minaron las negociaciones en el último minuto y el texto que se interpretó como un llamado a referéndum sobre la independencia. Serbia aceptó a la "presencia de una fuerza de seguridad internacional con participación prominente de la OTAN", la única mención a la OTAN en el acuerdo de paz o la Resolución 1244 confirmatoria del Consejo de Seguridad. La OTAN no tenía la intención de ajustarse a los pedazos de papel que había firmado e inmediatamente actuó violándolos, aplicando una ocupación militar de Kosovo bajo su mando. Cuando Serbia y Rusia insistieron en el cumplimiento de los acuerdos formales, fueron castigados por su fraude, y el bombardeo fue renovado para hacerlos entrar en vereda. El 7 de junio, los aviones de la OTAN bombardearon de nuevo las refinerías de petróleo en Novi Sad y Pancebo, centros de oposición a Milosevic. La refinería de Pancebo se prendió fuego liberando una gran nube de gases tóxicos, mostrada en una foto de un artículo del NYT del 14 de julio que discutía los severos efectos sobre la economía y la salud. No se informó del bombardeo aunque fue cubierto por los servicios cablegráficos.
Se ha argumentado que de haberse llegado al mismo en marzo, Milosevic hubiera intentado evadir los términos de un acuerdo. Los antecedentes apoyan fuertemente esta conclusión así como apoyan la misma conclusión acerca de lo que hubiese hecho la OTAN - no sólo en este caso, incidentalmente; el desmantelamiento por la fuerza de los acuerdos firmados es la norma por parte de las grandes potencias. Tal como ahora se reconoce tardíamente, los antecedentes también sugieren que "habría sido posible [ en marzo] iniciar una verdadera ronda de negociaciones- no el desastroso dictado Americano presentado a Milosevic en la conferencia de Rambouillet - e introducir un gran contingente de observadores externos capaces de proteger a civiles albaneses y serbios por igual.
Al menos todo esto parece claro. La OTAN prefirió rechazar las opciones diplomáticas que no estaban agotadas y lanzar una campaña militar que tuvo terribles consecuencias para los albano- kosovares, tal como se esperaba. Otras consecuencias preocupan poco a occidente, incluyendo la destrucción de la economía civil Serbia por operaciones militares violando en forma flagrante las leyes de la guerra. Si bien este asunto fue presentado al Tribunal de los Crímenes de Guerra tiempo atrás, es difícil imaginar que será seriamente considerado. Por similares razones, es poco probable que el Tribunal preste atención a las 150 páginas del "Sumario de la Operación Tormenta: Un caso prima facie", que revisa los crímenes de guerra cometidos por las fuerzas croatas que expulsaron 200.000 serbios de Krajina en agosto de 1995, con participación crucial de los EEUU y que produjo "prácticamente una falta total de interés en la prensa y el Congreso de los EEUU," observa David Binder, corresponsal del NYT en los Balcanes.
El sufrimiento de los kosovares no concluyó con la llegada de la fuerza de ocupación de la OTAN (KFOR) y la misión de la ONU. A pesar de los billones de dólares que estuvieron rápidamente disponibles para el bombardeo, siendo octubre, los EEUU "aun no han pagado uno solo de los 37.9 millones de dólares estimados para cubrir los gastos de la puesta en funcionamiento de la operación civil de la ONU en Kosovo"; tal como en Timor Oriental, donde la administración Clinton solicitó una reducción de la pequeña fuerza de paz. Cerca de noviembre, "la Oficina para la Asistencia a Desastres en el Exterior de los EEUU aún no había distribuido ningún kit de trabajo pesado y estaba únicamente entregando trastos viejos" por el programa de protección contra el invierno en Kosovo; la ACNUR y la agencia humanitaria de la UE, ECHO han insistido en sus críticas por las demoras y la falta de previsión". Las actuales necesidades de la misión de la ONU cuestan "el precio de medio día de bombardeos", dijo un amargado funcionario de la ONU y sin tal ayuda, "este lugar fracasará", para el regocijo de Milosevic. Una conferencia de donantes llevada a cabo por los gobiernos occidentales prometió sólo 88 millones de dólares para cubrir el presupuesto de la misión de la ONU en Kosovo y ofreció para el próximo año 1 billón de dólares en ayuda para la reconstrucción - fondos públicos que serán transferidos a las arcas de los contratistas privados, si se llega a una solución de las controversias dentro de la OTAN sobre como se distribuirán los contratos. A mediados de diciembre la misión de la ONU suplicó nuevamente con poco éxito, por fondos para maestros, la policía, funcionarios y otros empleados públicos.
A pesar de la limitada ayuda, el atractivo de un desastre que puede ser atribuido al enemigo oficial y explotado (en forma curiosa) "para demostrar porqué 78 días de ataques aéreos contra las fuerzas y la infraestructura serbia eran necesarios" ha sido suficiente para introducir cortes severos en la ayuda en otros lugares. El senado de los EEUU está proyectando un corte en decenas de millones de dólares de los programas relacionados con Africa. Dinamarca ha cortado la ayuda fuera de Kosovo en un 26%. El Cuerpo Médico Internacional está suspendiendo su programa en Angola, ya que mientras recaudaron 5 millones de dólares para Kosovo, han buscado en vano 1.5 millones de dólares para Angola, donde 1.6 millones de desplazados se enfrentan a la muerte por inanición. El Programa Mundial de Alimentación anunció que deberá recortar sus programas que atienden a 2 millones de refugiados en Sierra Leona, Liberia y Guinea, al haber obtenido menos del 20% de los fondos solicitados. La misma suerte espera a 4 millones de personas que sufren hambruna en la región africana de los Grandes Lagos -cuyas circunstancias no están desvinculadas durante muchos años de las acciones de las potencias occidentales, así como de la negativa a actuar en momentos críticos. El ACNUR gasta 11 veces más por refugiado en Kosovo que en Africa. "Los centenares de millones de dólares gastados en los refugiados de Kosovo y el amontonamiento entre las agencias deseosas de gastarlos fue casi una obscenidad", dijo Randolph Kent," quien dejó los programas de la ONU en los Balcanes por el trabajo en Africa Oriental. El presidente Clinton mantuvo una reunión con las agencias de ayuda más importantes "para destacar su propio entusiasmo en apoyar a Kosovo"
Todo esto sucede va contra del trasfondo de importantes reducciones de la ayuda en los EEUU, en "la cima de su gloria" (Fromkin), con sus dirigentes complacidos de adulación por su "altruismo" sin precedentes históricos, al tiempo que prácticamente desaparecen de la lista de donantes para los pobres y miserables.
El informe de la OSCE brinda una detallada documentación de los crímenes cometidos bajo la ocupación militar de la OTAN. Si bien no se comparan con aquellos cometidos por Serbia bajo el bombardeo de la OTAN, no son insignificantes. La provincia ocupada se encuentra bajo "la falta de legalidad que ha dejado una violencia incontrolada" mucha de la cual es atribuida al ELK-UCK, indica la OSCE, mientras la "impunidad" ha prevalecido sobre la justicia. Los albaneses opositores al "nuevo orden" bajo el dominio del UCK, incluidos los dirigentes del "principal rival político de este grupo rebelde" han sido secuestrados, asesinados, atacados con granadas, amedrentados y obligados a abandonar la política. La selección del informe de la OSCE aparecida en el NYT se refiere a la ciudad de Prizren cerca de la frontera albanesa, atacada por los serbios el 28 de marzo, pero "el resultado global es que mucho más daño ha sido causado .....después de la guerra que durante ella." La policía militar británica informa de la participación de la mafia albanesa en ataques con granadas y otros actos criminales como el asesinato de ancianas por "hombres autoidentificados como representantes del ELK."
La minoría serbia ha sido en su mayor parte expulsada. Robert Fisk informa que "el número de serbios asesinados en los 5 meses desde la guerra se acerca al de albaneses asesinados a manos serbias en los 5 meses previos al inicio del bombardeo por la OTAN en marzo," tal como indica la evidencia disponible; recordar que la ONU informó de "65 muertes violentas" de civiles (principalmente albaneses y serbios) en los 2 meses previos a la retirada de los monitores y el bombardeo. Los crímenes no son investigados, ni siquiera el asesinato de un empleado serbio del Tribunal Internacional. La comunidad croata "huyó en masa" en octubre. En noviembre, "el presidente de la pequeña comunidad judía en Pristina, Cedra Prlincevic huyó a Belgrado después de denunciar "un pogromo contra la población no-albanesa." Amnistía Internacional informó al finalizar el año que la "violencia contra serbios, gitanos, eslavos musulmanes y albaneses moderados en Kosovo ha crecido dramáticamente durante el mes pasado", incluyendo "asesinatos, secuestros, ataques violentos, intimidación e incendio de casas a diario," del mismo modo que la tortura y las violaciones, y los ataques a los medios y organizaciones políticas independientes en lo que parece ser "una campaña orquestada para silenciar las voces moderadas en la sociedad de etnia albanesa," todo esto ante los ojos de las fuerzas de la OTAN.
Los oficiales de la KFOR informan que sus órdenes son pasar por alto los crímenes: "Por supuesto que es una locura," dijo un comandante francés, "pero esas son las órdenes de la OTAN, desde arriba." Las fuerzas de la OTAN asimismo "parecen completamente indiferentes" a los ataques de "bandas armadas de etnia albanesa" que cruzan la frontera entre Serbia y Kosovo "para aterrorizar aldeas fronterizas, robar madera o ganado y, en algunos casos, para asesinar," produciendo el abandono de estos pueblos.
Actualmente, todo indica que Kosovo bajo la ocupación de la OTAN se ha transformado en el sitio que fue a principios de 1980, después de la muerte de Tito, cuando fuerzas nacionalistas se movilizaron para crear "una república Albanesa étnicamente pura", tomando tierras de los serbios, atacando iglesias, y participando en "premeditados actos de violencia" para lograr el objetivo de una región albanesa "étnicamente pura" , con "episodios de violación, incendio, robo y sabotaje industrial aparentemente pensados para enviar a los indígenas eslavos que permanecían en Kosovo ... fuera de la provincia." Este problema "en apariencia ingobernable", otra fase en una terrible historia de violencia intercomunitaria, condujo a una respuesta particularmente brutal de Milosevic, despojando a Kosovo de su autonomía y de los importantes subsidios federales de los cuales dependía, imponiendo un régimen de "Apartheid". Kosovo comenzó a parecerse a Bosnia, "un antro de ladrones y evasores de impuestos" sin una economía operativa, dominado por "una adinerada clase criminal que ejerce una enorme influencia política y que se apodera anualmente de cientos de millones de dólares de los impuestos." Lo peor puede estar por venir cuando la lucha por la independencia para Kosovo viene intrincada con presiones por una "gran Albania", de sombríos presagios.
Los países pobres de la región han sufrido enormes pérdidas por el bloqueo del Danubio causado por el bombardeo de Novi Sad, otro centro de oposición a Milosevic. Estos ya venían sufriendo de las barreras proteccionistas que "impiden que los barcos lleven sus productos a la UE," lo mismo que "una barrera de cuotas y tarifas occidentales sobre sus exportaciones." Pero el "bloqueo del [ Danubio] es realmente un regalo para Europa Occidental, particularmente Alemania, que se beneficia del incremento de su actividad en el Rhin y en los puertos sobre el Atlántico.
Hay también otros ganadores. Al final de la guerra, la prensa económica declaró como "los verdaderos ganadores" a la industria militar occidental, refiriéndose principalmente a la industria de tecnologías punta. Moscú está esperando "un gran año para las exportaciones de armas rusas" ya que "el mundo se está rearmando aprensivamente gracias sobre todo a la aventura balcánica de la OTAN", buscando una disuasión, tal como fue ampliamente previsto durante la guerra. Aún más importante, los EEUU fueron capaces de imponer su dominio sobre la región estratégica de los Balcanes, desplazando, al menos temporalmente, las iniciativas de la UE, una causa primaria de la insistencia que la operación estuviera en manos de la OTAN, una subsidiaria de los EEUU. Una Serbia venida a menos se mantiene como la última que no está de acuerdo, probablemente no por mucho tiempo.
Una consecuencia adicional es un golpe a los frágiles principios del orden mundial. La acción de la OTAN representa una amenaza para "el corazón del sistema de seguridad internacional" fundado por la Carta de las Naciones Unidas, observa el Secretario General Kofi Annan en su informe anual a la ONU en septiembre. Esto importa poco a los ricos y poderosos, que actúan a voluntad, rechazando decisiones de la Corte Internacional de Justicia y vetando resoluciones del Consejo de Seguridad cuando es necesario; es útil recordar que, contrariamente a lo que habitualmente se cree, los EEUU han sido por lejos los que han vetado más resoluciones del Consejo de Seguridad en una gran gama de temas, incluyendo terrorismo y agresión, desde que perdieron el control de la ONU en el curso de la descolonización, con Gran Bretaña como segundo, seguidos de lejos por Francia como tercero. Las víctimas habituales, sin embargo, se toman estos asuntos más seriamente como demuestra la reacción global a la guerra en Kosovo.
El punto esencial -para nada oscuro- es que el mundo enfrenta dos opciones con relación al empleo de la fuerza: 1) algo parecido a un orden mundial, ya sea la Carta o incluso algo mejor si puede ganar cierto grado de legitimidad; o 2) los estados poderosos hacen lo que quieran a menos que sufran restricciones internas, guiados por intereses de poder y ganancias, como en el pasado. Tiene mucho sentido luchar por un mundo mejor, pero no complacerse con en pretensiones e ilusiones sobre el mundo en que vivimos.
Los archivos y otras fuentes de información brindarán mucha más información sobre la última guerra en los Balcanes. Cualquier conclusión a la que se llegue hoy, será como máximo tentativa y parcial. Por lo pronto, sin embargo, las "lecciones aprendidas" no parecen ser particularmente atractivas.
Del Epílogo de la Traducción Francesa de El Nuevo Humanismo Militar (Common Courage, 1999; Page Deux Lausanne, 2000).
Título original: In Retrospect. A review of NATO's war over Kosovo, part II
Autor: Noam Chomsky
Origen: Z Magazine, abril de 2000
Traducido por Pedro Edu Hondo y revisado por Carlos Carmona, febrero de 2001
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COMO DECIAMOS
by UN ARABE Thursday, Jan. 19, 2006 at 12:11 PM
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ANÓNIMO
LAS MIL Y UNA NOCHES
ÍNDICE
Historia del Rey Schahriar y de su Hermano el Rey Schahzaman
Historia del Mercader y el Efrit
Historia del Pescador y el Efrit
Historia del Mandadero y de las Tres Doncellas
Historia de la Mujer Despedazada, de las Tres Manzanas y del Negro Rihán
Historia del Visir Nureddin, de su Hermano el Visir Chamseddin y de Hassán Badreddin
Historia del Jorobado, con el Sastre, el Corredor Nazareno, el Intendente y el Médico Judío; lo que de ello resultó, y sus aventuras sucesivamente referidas
Historia de Ghanem Ben-Ayub y de su Hermana Fetnah
Historia de Sindbad el Marino
Historia Prodigiosa de la Ciudad de Bronce
Historia de Aladino y la Lámpara Mágica
Historia de Alí Babá y los Cuarenta Ladrones
¡AQUELLO QUE QUIERA ALAH!
¡EN EL NOMBRE DE ALAH
EL CLEMENTE,
EL MISERICORDIOSO!
QUE LAS LEYENDAS DE LOS ANTIGUOS SEAN UNA LECCIÓN PARA LOS MODERNOS, A FIN DE QUE EL HOMBRE APRENDA EN LOS SUCESOS QUE OCURREN A OTROS QUE NO SON ÉL. ENTONCES RESPETARÁ Y COMPARARÁ CON ATENCIÓN LAS PALABRAS DE LOS PUEBLOS PASADOS Y LO QUE A ÉL LE OCURRA, Y SE REPRIMIRÁ.
POR ESTO ¡GLORIA A QUIEN GUARDA A LOS RELATOS DE LOS PRIME¬ROS COMO LECCIÓN DEDICADA A LOS ÚLTIMOS!
HISTORIA DEL REY SCHAHRIAR Y DE SU HERMANO EL REY SCHAHZAMAN
Cuéntase -pero Alah es más sa¬bio, mas prudente, más poderoso y más benéfico- que en lo que trans¬currió en la antigüedad del tiempo y en lo pasado de la edad, hubo un rey entre los reyes de Sassan, en las islas de la India y de la China. Era dueño de ejércitos y señor de auxi¬lliares de servidores y de un séquito numeroso. Tenía dos hijos, y ambos eran heroicos jinetes, pero el mayor valía más aún que el menor. El ma¬yor reinó en los países, gobernó con justicia entre los hombres, y por eso le querían los habitantes del país y del reino. Llamábase el rey Schah¬riar. Su hermano, llamado Schahza¬man; era el rey de Samarcanda Al¬-Ajam.
Siguiendo-las cosas el mismo cur¬so, residieron cada uno en su país, y gobernaron con justicia a sus ovejas durante veinte años. Y llegaron am¬bos hasta el límite del desarrollo y el florecimiento.
No dejaron de ser así, hasta que el mayor sintió vehementes deseos de ver a su hermano. Entonces ordenó a su visir que partiese y volviese con él. El visir contestó: “Escucho y obedezco.”
Partió, pues, y llegó felizmente par la gracia de Alah; entró en casa de Schahzaman, le transmitió la paz, le dijo que el rey Schahriar deseaba ardientemente verle, y que el objeto de su viaje era invitarle a visitar a su hermano. El rey Schahzaman con¬testo: “Escucho y obedezco.” Dispu¬so los preparativos de la partida, mandando sacar sus tiendas, sus ca¬mellos y sus mulos, y que saliesen sus servidores y sus auxiliares. Nom¬bró a su visir gobernador del reino y salió en demanda de las comarcas de su hermano.
Pero a media noche recordó una cosa que había olvidado; volvió a su palacio secretamente y se encaminó a los aposentos de su esposa a quien pensaba encontrar triste y llorando por su ausencia. Grande fue, pues, su sorpresa al hallarla departiendo con gran familiaridad con un negro, es¬clavo entre los esclavos. Al ver tal desacato, el mundo se obscureció an¬te sus ojos. Y se dijo: “Si ha sobreve¬nido ésto cuando apenas acabo de dejar la ciudad. ¿Cuán sería la con¬ducta de esta esposa si me ausen¬tase algún tiempo para estar con mi hermano?” Desenvainó inmediata¬mente el alfanje, y acometiendo a ambos, los dejó muertos sobre los tapices del lecho. Volvió a salir, sin perder una hora ni un instante, y ordenó la marcha de la comitiva. Y viajó de noche hasta avistar la ciu¬dad de su hermano.
Entonces éste se alegró de su pro¬ximidad, salió a su encuentro, y al recibirlo, le deseó la paz. Se regocijó hasta los mayores límites del conten¬to, mandó adornar en honor suyo la ciudad y se puso a hablarle lleno de efusión. Pero el rey Schahzaman recordaba la fragilidad de su esposa, y una nube de tristeza le velaba la faz. Su tez se había puesto pálida y su cuerpo se había debilitado. Al verle de tal modo, el rey Schahriar creyó en su alma que aquello se de¬bía a haberse alejado de su reino y de su país, lo dejaba estar sin pre¬guntarle nada. Al fin, un día, le dijo: “Hermano, tu cuerpo enflaquece y su cara amarillea.” Y el otro respon¬dió: “¡Ay, hermano, tengo en mi interior como una llaga en carne viva-!” Pero no le reveló lo que le había ocurrido con su esposa. El rey Schahriar le dijo: “Quisiera que me acompañase a cazar a pie y a caba¬llo, pues así tal vez se esparciera tu espíritu.” El rey Schalizaman no qui¬so aceptar y su hermano se fue solo a la cacería.
Había en el palacio unas ventanas que daban al jardín, y habiéndose asomado a una de ellas el rey Schah¬zaman, vio corno se abría una puerta secreta para dar salida a veinte escla¬vas y veinte esclavos, entre los cua¬les, avanzaba la mujer del rey Schah¬ciar en todo el esplendor de su belle¬za, y ocultándose para observar lo que hacían, pudo convencerse de que la misma desgracia de que él había sido víctima, la misma o ma¬yor, cabía a su hermano el sultán.
Al ver aquello, pensó el hermano del rey: “¡Por Alah! Más ligera es mi calamidad que esta otra.” Inme¬diatamente, dejando que se desvane¬ciese su aflicción, se dijo: “¡En ver¬dad, esto es más enorme que cuanto me ocurrió a mí!” Y desde aquel momento volvió a comer y beber cuanto pudo.
A todo esto, el rey, su hermano, volvió de su excursión y ambos se desearon la paz íntimamente. Luego el rey Schahriar observó que su her¬mano el rey Schalizaman acababa de recobrar el buen color, pues su semblante había adquirido nueva vida, y advirtió también que comía con toda su alma después de haberse alimentada parcamente en las pri¬meros días. Se asombró de ello, y dijo: -”Hermano, poco ha te veía amarillo de tez v ahora has recupe¬rado los colores. Cuéntame qué te pasa.” El rey le dijo: “Te contaré la causa de mi anterior palidez, pero dispénsame de reterirte el motivo de haber recobrado los colores.” El rey replicó: “Para entendernos, relata primeramente la causa de tu pérdida de color y tu debilidad.” Y se expli¬có de este modo: “Sabrás, hermano, que cuando enviaste tu visir para requerir mi presencia, hice mis pre¬parativos de marcha, y salí de la ciu¬dad. Pero después me acordé de la joya que te destinaba y que te di al llegar a tu palacio. Volví, pues, y encontré a mi mujer y a un esclavo negro departiendo con gran fami¬liaridad. Los maté a los dos, y vi¬ne hacia ti, muy atormentado por el recuerdo de tal aventura. Este fue el motivo de mi primera palidez y de mi enflaquecimiento. En cuan¬to a la causa de haber recobrada mi buen color, dispénsame de mencio¬narla.”
Cuando su hermano oyó estas pa¬labras, le dijo: “Por Alah te conjuro a que me cuentes la causa de haber recobrado tus colores.” Entonces el rey Schalizaman le refirió cuanto ha¬bía visto. Y el rey Schaliriar dijo: “Ante todo, es necesario que mis ojos vean semejante cosa.” Su her¬mano le respondió: “Finge que vas de caza, pera escóndete en mis apo¬sentos, y serás testigo del espectácu¬lo: tus ojos lo comprobarán.”
Inmediatamente, el rey mandó que el pregonero divulgase la orden de -marcha. Los soldados salieron con sus tiendas fuera de la ciudad. El rey marchó también, se ocultó en su tienda y dijo a sus jóvenes escla¬vos: “¡Que nadie entre!” Luego se disfrazó, salió a hurtadillas y se diri¬gió al palacio. Llegó a los aposentos de su hermano, y se asomó a la ven¬tana que daba al jardín. Apenas ha¬bía pasado una hora, cuando salieron las esclavas, rodeando a su señora, y tras ellas los esclavos. E hicieron cuanto había contado Schahzaman.
Cuando vio estas cosas el rey Schahriar, la razón se ausentó, de su cabeza, y dijo a su hermano: “Mar¬chemos para saber cuál es nuestro destino en el camino de Alah, por¬que nada de común debemos tener con la realeza hasta encontrar a al¬guien que haya sufrido una aventura semejante a la nuestra. Si no, la muerte sería preferible a nuestra vida.” Su hermano le contestó lo que era apropiado, y ambos salieron por una puerta secreta del palacio. Y no cesaron de caminar día y noche, has¬ta que por fin llegaron a un árbol, en medio de una solitaria pradera, junto al mar salado. En aquella pra¬dera había un manantial de agua dulce. Bebieron de ella y se sentaron a descansar.
Apenas había transcurrido una hora del día, cuando el mar empezó a agitarse. De pronto brotó de él una negra columna de humo, que llegó hasta el cielo y se dirigió después hacia la pradera. Los reyes, asusta¬dos, se subieron a la cima del árbol, que era muy alto, y se pusieron a mirar lo que tal cosa pudiera ser. Y he aquí que la columna de humo se convirtió en un efrit de elevada estatura, poderoso de hombros y ro¬busto de pecho. Llevaba un arca so¬bre la cabeza. Puso el pie en el suelo, y se dirigió hacia el árbol y se sentó debajo de él. Levantó entonces la tapa del arca, sacó de ella una caja, la abrió, y apareció en seguida una encantadora joven, de espléndida hermosura, luminosa lo mismo que el sol, como dijo el poeta:
¡Antorcha en las tinieblas, ella apa¬rece y es el día! ¡Ella aparece y con su luz se iluminan las auroras!
¡Los soles irradiar con su claridad y las lunas con las sonrisas de sus ojos! ¡Que los velos de su misterio se ras¬guen, e inmediatamente las criaturas se prosternan encantadas a sus pies!
¡Y ante los dulces relámpagos de su mirada, el rocío de las lágrimas de pa¬sion humedece todos los párpados!
Después que el efrit hubo contem¬plado a. la hermosa joven, le dijo: “¡Oh soberana de las sederías! ¡Oh tú, a quien rapté el mismo día de tu boda! Quisiera dormir un poco.” Y el efrit colocó la cabeza en las rodi¬llas de la joven y se durmió.
Entonces la joven levantó la cabe¬za hacia la copa del árbol y vio ocul¬tos en las ramas a los dos reyes. En seguida apartó de sus rodillas la ca¬beza del efrit, la puso en el suelo, y les dijo por señas: “Bajad, y no tengáis miedo de este efrit.” Por señas, le respondieron: “¡Por Alah sobre ti! ¡Dispénsanos de lance tan peligroso!” Ella les dijo: “¡Por Alah sobre vosotros! Bajad en seguida si no queréis que avise al efrit; que os dará la peor muerte.” Entonces, asus¬tados, bajaron hasta donde estaba ella, la joven los tomó de las manos, se internó con ellos en el bosque y les exigió algo que no pudieron ne¬garle. Una vez estuvieron cumpli¬dos sus deseos sacó del bolsillo un saquito y del saquito un collar com¬puesto de quinientas setenta sor¬tijas con sellos, y les pregunto “¿Sa¬béis lo que es esto?” Ellos con¬testaron: “No lo sabemos.” Entonces les explicó la joven: “Los dueños de estos anillos hicieron lo mismo que vosotros junto a los cuernos insen¬sibles de este efrit. De suerte que me vais a dar vuestros anillos.” Lo hi¬cieron así, sacándoselos de los dedos, y ella entonces les dijo: “Sabed que este efrit me robó la noche de mi bo¬da; me encerró en esa caja, metió la caja en el arca, le echó siete can¬dados y la arrastró al fondo del mar, allí donde se combaten las olas. Pero no sabía que cuando desea alguna co¬sa una mujer no hay quien la ven¬za.” Ya lo dijo el poeta:
¡Amigo: no te fíes de la mujer; ríete de sus promesas! ¡Su buen o mal hu¬mor depende de sus caprichos!
¡Prodigan amor falso cuando la per¬fidia-las llena y forma como la trama de sus vestidos!
¡Recuerda respetuosamente las pala¬bras de Yusuf! ¡Y no olvides que Eblis hizo que expulsaran a Adán por causa de la mujer!
¡No te confíes, amigo! ¡Es inútil! ¡Mañana, en aquella que creas más se¬gura, sucederá al amor puro una pasión loca!
Y no digas: “¡Si me enamoro, evita¬ré las locuras de los enamorados!” ¡No lo digas! ¡Sería verdaderamente un prodigio único ver salir a un hombre sano y salvo de la seducción de las mujeres!
Los dos hermanos; al oír estas palabras, se maravillaron hasta mas no poder, y se dijeron uno a otro: “Si éste es un efrit, y a pesar de su poderío le han ocurrido cosas más enormes que a nosotros, esta aventu¬ra debe consolarnos.” Inmediatamen¬te se despidieron de la joven y re¬gresaron cada uno a su ciudad.
En cuanto el rey Schahriar entró en su palacio, mandó degollar a su esposa, así como a los esclavos y esclavas. Después persuadido de que no existía mujer alguna de cuya fi¬delidad pudiese estar seguro, resol¬vió desposarse cada noche con una y hacerla degollar apenas alborease el día, siguiente. Así estuvo haciendo durante tres años, y todo eran la¬mentos y voces de horror. Los hom¬bres huían con las hijas que les que¬daban.
En esta situación, el rey mandó al visir que, como de costumbre, le trajese una joven. El visir, por más que buscó, no pudo encontrar nin¬guna, y regresó muy triste a su casa, con el alma transida de miedo ante el furor del rey. Pero este visir tenía dos hijas de gran hermosura-, que poseían todos los encantos, todas las perfecciones y eran de una delica¬deza exquisita. La mayor se llama¬ba Schathrazada, y el nombre de la menor era Doniazada.
La mayor; Schaltrazada, había leí¬do los libros, los anales, las leyendas de los reyes antiguos y las histo¬rias de los pueblos pasados. Dicen que poseía también mil libros de cró¬nicas referentes a los pueblos de las edades remotas, a los reyes de la an¬tigüedad y sus poetas. Y era muy elocuente v daba gusto oírla.
Al ver a su padre, le habló así: “Por qué te veo tan cambiado, so¬portando un peso abrumador de pe¬sadumbres y aflicciones?... Sabe, padre, que el poeta dice: “¡Oh tú, que te apenas, consuélate! Nada es duradero, toda alegría se desvanece y todo pesar se olvida.”
Cuando oyó estas palabras el visir; contó a su hija cuanto había ocurri¬do desde el principio al fin, concer¬niente al rey. Entonces le dijo Schah¬razada: “Por Alah, padre, cásame con el rey, porque si no me mata seré la causa del rescate de las hijas de los musulmanes y podré salvar¬las de entre las manos del rey.” En¬tonces el visir contestó: “¡Por Alah sobre ti! No te expongas nunca a tal peligro.” Pero Schahrazada repu¬so: “Es imprescindible que así lo haga.” Entonces le dijo su padre: “Cuidado no te ocurra lo que les ocurrió al asno y al buey con el la¬brador. Escucha su historia:
FÁBULA DEL ASNO, EL BUEY Y EL LABRADOR
“Has de saber, hija mía, que hubo un comerciante dueño de grandes riquezas y de mucho ganado. Estaba casado y con hijos. Alah, el Altísimo, le dio igualmente el conocimiento de los lenguajes de los animales y el canto de los pájaros. . Habitaba este comerciante en un país fértil, a ori¬llas de un río. En su morada había un asno y un buey.
Cierto día llegó el buey al lugar ocupado por el asno y vio aquel sitio barrido y regado. En el pesebre ha¬bía cebada y paja bien cribadas, y el jumento estaba echado, descansando. Cuando el amo lo montaba, era sólo para algún trayecto corto y por asun¬to urgente, y el asno volvía pronto a descansar. Ese día el comerciante oyó que el buey decía al pollino: “Come a gusto y que te sea sano, de provecho y de buena digestión. ¡Yo estoy rendido y tú descansando, des¬pués de comer cebada bien cribada! Si el amo, te monta alguna que otra vez, pronto vuelve a traerte. En cam¬bio yo me reviento arando y con el trabajo del molino.” El asno le acon¬sejo: “Cuando salgas al campo y te echen el yugo, túmbate y no te menees aunque te den de palos. Y si te levantan, vuélvete a echar otra vez. Y si entonces te vuelven al esta¬blo y te ponen habas, no las comas, fíngete enfermo. Haz por no comer ni beber en unos días, y de ese modo descansarás de la fatiga del trabajo.”
Pero el comerciante seguía presen¬te, oyendo todo lo que hablaban.
Se acercó el mayoral al buey para darle forraje y le vio comer muy poca cosa. Por la mañana, al llevarlo al trabajo, lo encontró enfermo. En¬tonces el amo dijo al mayoral: “Coge al asno y que are todo el día en lu¬gar del buey.” Y el hombre unció al asno en vez del buey y le hizo arar todo el día.
Al anochecer, cuando el asno re¬gresó al establo, el buey le dio las gracias por sus bondades, que le habían proporcionado el descanso de todo el día; pero el asno no le contestó. Estaba muy arrepentido.
Al otro día el asno estuvo arando también durante toda la jornada y regresó con el pescuezo desollado, rendido de fatiga. El buey, al verle en tal estado, le dio las gracias de nuevo y lo colmó de alabanzas. El asno le dijo: “Bien tranquilo estaba yo antes. Ya ves cómo me ha per¬judicado el hacer beneficio a los de¬más.” Y en seguida añadió: “Voy a darte un buen consejo de todos modos. He oído decir al amo que te entregarán al matarife si no te le¬vantas, y harán una cubierta para la mesa con tu piel. Te lo digo para que te salves, pues sentiría que te ocurriese algo.”
El buey, cuando oyó estas pala¬bras del asno, le dio las gracias nue¬vamente, y le dijo: “Mañana reanu¬daré mi trabajo.” Y se puso a comer, se tragó todo el forraje y hasta lamio el recipiente con su lengua.
Pero el amo les había oído hablar. En cuanto amaneció fue con su esposa hacia el establo de los bueyes y las vacas, y se sentaron a la puer¬ta.Vino el mayoral y sacó al buey, que en cuanto vio a su amo empezó a menear la cola, y a galopar en to¬das direcciones como si estuviese lo¬co. Entonces le entró tal risa al co¬merciante, que se cayó de espaldas. Su mujer le preguntó: “¿De qué te ríes?” Y él dijo: “De una cosa que he visto y oído; pero no la puedo descu¬brir porque me va en ello la vida.” La mujer insistió: “Pues has de contármela, aunque te cueste morir.” Y él dijo: “Me callo, porque temo a la muerte.” Ella repuso: “Entonces es que te ríes de mí.” Y desde aquel día no dejó de hostigarle tenazmente, hasta que le puso en una gran per¬plejidad. Entonces el comerciante mandó llamar a sus hijos, así como al kadí y a unos testigos. Quiso ha¬cer testamento antes de revelar el se¬creto a su mujer, pues amaba a su esposa entrañablemente porque era la hija de su tío paterno, madre de sus hijos, y había vivido con ella ciento veinte años de su edad. Hizo llamar también a todos los parientes de su esposa y a los habitantes del barrio y refirió a todos lo ocurrido, diciendo que moriría en cuanto reve¬lase el secreto. Entonces toda la gen¬te dijo a la mujer: “¡Por Alah sobre ti! No te ocupes más del asunto; pues va a perecer tu marido, el pa¬dre de tus hijos.” Pera ella replico: “Aunque le cueste la vida no le de¬jaré en paz hasta que me haya dicho su secreto.” Entonces ya no le roga¬ron más. El comerciante se apartó de ellos y se dirigió al estanque de la huerta para hacer sus abluciones y volver inmediatamente a revelar su secreto y morir.
Pero había allí un gallo lleno de vigor, capaz de dejar satisfechas a cincuenta gallinas, y junto a él hallá¬base un perro. Y el comerciante oyó que el perro increpaba al gallo de este modo: “ ¿No te avergüenza el es¬tar tan alegre cuando va a morir nuestro ama?” Y el gallo preguntó: “¿Por qué causa va a morir?”
Entonces el perro contó toda la historia, y el gallo repuso: “¡Por Alah! Poco talento tiene nuestro amo. Cincuenta esposas tengo yo, y a todas sé manejármelas perfecta¬mente, regañando a unas y contentando a otras. ¡En cambio, él sólo tiene una y no sabe entenderse. con ella! El medio es bien sencillo: basta¬ría con cortar unas cuantas varas de morera, entrar en el camarín de su esposa y darle hasta que sucumbie¬ra o se arrepintiese. No volvería a importunarle con preguntas.” Así dijo el gallo, y cuando el comerciante oyó sus palabras se iluminó su razón, y resolvió dar una paliza a su mujer.
El visir interrumpió aquí su relato para decir a su hija, Schahrazada: “Acaso el rey haga contigo lo que el comerciante con su mujer.” Y Schahrazada preguntó: “¿Pero qué hizo?” Entonces el visir prosiguió de este modo:
“Entró el comerciante llevando ocultas las varas de morera, que ocababa de cortar, y llamó aparte a su esposa: “Ven a nuestro, gabinete para que te diga mi secreto.” La mujer le siguió; el comerciante se encerró con ella y empezó a sacudirla varazos, hasta que ella acabó por decir: “¡Me arrepiento, me arrepiento!” Y besa¬ba las manos y los pies de su ma¬rido. Estaba arrepentida de veras. Salieron entonces, y la concurrencia se alegró muchísimo, regocijándose también los parientes. Y todos vivie¬ron muy felices hasta la muerte.”
Dijo. Y cuando Schahrazada, hija del visir, hubo oído este relato, insis¬tió nuevamente en su ruego: Padre, de todos modos quiero que hagas lo que te he pedido.” Entonces el visir, sin replicar nada, mandó que preparasen el ajuar de su hija, y mar¬chó a comunicar la nueva al rey Schahrían
Mientras tanto, Schahrazada decía a su hermana Doniazada: “Te man¬daré llamar cuando esté en el pala¬cio, y así que llegues y veas que el rey ha terminado de hablar conmigo, me dirás: “Hermana, cuenta alguna historia maravillosa que nos haga pa¬sar la noche.” Entonces yo narraré cuentos que, si quiere Alah, serán la causa de la emancipación de las hijas de los musulmanes.”
Fue a buscarla después el visir, y se dirigió con ella hacia la morada del rey. El rey se alegró muchísimo al ver a Schahrazada, y preguntó a su padre: “¿Es ésta lo que yo nece¬sito?” Y el visir dijo respetuosamen¬te: “Sí, lo es.”
Pero cuando el rey quiso acercar¬se a la joven, ésta se echó a llorar. Y el rey le dijo: “¿Qué te pasa?” Y ella contestó: “¡Oh rey poderoso, tengo una hermanita, de la cual qui¬siera despedirme!” El rey mandó buscar-a la hermana, y vino Donia¬zada.
Después empezaron a conversar Doniazada dijo entonces a Schah¬razada: “¡Hermana, por Alah sobre ti! cuéntanos una historia que nos haga pasar la noche.” Y Schahraza¬da contestó: “De buena gana, y como un debido homenaje, si es que me lo permite este rey tan generoso, dotado de tan buenas maneras.” El rey, al oir estas palabras, como no tuviese ningún sueño, se prestó de buen grado a escuchar la narración de Schahrazada.
Y Schahrazada, aquella primera noche, empezó su relato con la his¬toria que sigue:
PRIMERA NOCHE
HISTORIA DEI. MERCADER Y EL EFRIT
Schahrazada dijo:
“He llegado a saber, ¡oh rey, afor¬tunado! que hubo un mercader entre los mercaderes, dueño de numerosas riquezas y de negocios comerciales en todos los países.
Un día montó a caballo y salió para ciertas comarcas a las cuales le llamaban sus negocios. Como el ca¬lor era sofocante, se sentó debajo de un árbol, y echando mano al saco de provisiones, sacó unos dáti¬les, y cuando los hubo comido tiró a lo lejos los huesos. Pero de pronto se le apareció un efrit de enorme estatura que, blandiendo una espada, llegó hasta el mercader y le dijo: “Levántate para que yo te mate como has matado a mi hijo.” El mer¬cader repuso: “Pero ¿cómo he mata¬do yo a tu hijo?” Y contestó el efrit: “Al arrojar los huesos, dieron en el pecho a mi hilo y lo mataron.” En¬tonces dijo el mercader: “Considera ¡oh gran efrit! que no puedo mentir, siendo, como soy, un creyente. Ten¬go muchas riquezas, tengo hijos y esposa, y además guardo en mi casa depósitos que me confiaron. Permi¬teme volver para repartir lo de cada uno, y te vendré a buscar en cuanto lo haga. Tienes mi promesa y mi juramento de que volveré en seguida a tu lado. Y tú entonces harás de mí lo que quieras. Alah es fiador de mis palabras.”
El efrit, teniendo confianza en él, dejó partir al mercader.
Y el mercader volvió a su tierra, arregló sus asuntos, y dio a cada cual lo que le correspondía. Después contó a su mujer y a sus hijos lo que le había ocurrido, y se echaron todos a llorar: los parientes, las mujeres, los hijos. Después el mercader hizo testamento y estuvo coa su familia hasta el fin del año. Al llegar este término se resolvió a partir, y toman¬do su sudario bajo el brazo, dijo adiós a sus parientes y vecinos y se fue muy contra su gusto. Los suyos se lamentaban, dando grandes gritos de dolor.
En cuanto al mercader, siguió su camino hasta que llegó al jardín en cuestión, y el día en que llegó era el primer día del año nuevo. Y mien¬tras estaba sentado, llorando su des¬gracia, he aquí que un jeique se diri¬gió hacia él, llevando una gacela encadenada. Saludó al mercader, le deseó una vida próspera, y le dijo: “¿Por qué razón estás parado y solo en este lugar tan frecuentado por los efrits?”
Entonces le contó el mercader lo que le había ocurrido con el efrit y la causa de haberse detenido en aquel sitio. Y el jeique dueño de la gacela se asombró grandemente, y dijo: “¡Por Alah! ¡oh hermano! tu fe es una gran fe, y tu historia es tan pro¬digiosa, que si se escribiera con una aguja en el ángulo interior de un ojo, sería motivo de reflexión para el que sabe reflexionar respetuosamente.” Después, sentándose a su lado, pro¬siguió: “¡Por Alah! ¡oh mi hermano! no te dejaré hasta que veamos lo que te ocurre con el efrit.” Y allí se que¬dó, efectivamente, conversando con él, y hasta pudo ayudarle cuando se desmayó de terror, presa de una aflicción muy honda y de crueles pensamientos. Seguía allí el dueño de la gacela, cuando llegó un segundo jeique, que se dirigió a ellos con dos lebreles negros. Se acercó, les deseó la paz y les preguntó la causa de haberse parado en aquel lugar fre¬cuentado por los efrits. Entonces ellos le refirieron la historia desde el principio hasta el fin. Y apenas se había sentado, cuando un tercer jei¬que se dirigió hacia ellos, llevando una mula de color de estornino. Les deseó la paz y les preguntó por qué estaban sentados en aquel sitio. Y los otros le contaron la historia desde el principio hasta el fin. Pero no es de ninguna utilidad el repetirla.
A todo esto, se levantó un violento torbellino de polvo en el centro de aquella pradera. Descargó una tor¬menta, se disipó después el polvo y apareció el efrit con un alfanje muy afilado en una mano y brotándole chispas de los ojos. Se acercó al grupo, y dijo cogiendo al merca¬der: “Ven para que yo te mate como mataste a aquel hijo mío, que era el aliento de mi vida y el fuego de mi corazón.” Entonces se echó a llorar el mercader, y los tres jeiques em¬pezaron también a llorar, a. gemir y a suspirar.
Pero el primero de ellos, el dueño de la gacela, acabó por tomar áni¬mos, y besando la mano del efrit, le dijo: “¡Oh efrit, jefe de los efrits y de su corona! Si te cuento lo que me ocurrió con esta gacela y te maravilla mi historia, ¿me recompensarás con el tercio de la sangre de este mer¬cader?” Y el éfrit dijo: “Verdadera¬mente que sí, venerable jeique. Si me cuentas la historia y yo la encuen¬tro extraordinaria, te concederé el tercio de esa sangre.”
CUENTO DEL PRIMER JEIQUE
El primer jeique dijo:
“Sabe, ¡oh gran efrit! que esta gacela era la hija de mi tío, carne de nu carne y sangre de mi sangre. Cuando esta mujer era todavía muy joven, nos casamos, y vivimos jun¬tos cerca de treinta años. Pero Alah no me concedió tener de ella ningún hijo. Por esto tomé una concubina, qué, gracias a Alah, me dio un hijo varón, más hermoso que la luna cuando sale. Tenía unos ojos magní¬ficos, sus cejas se juntaban y sus miembros eran perfectos. Creció poco a poco; hasta llegar a los quin¬ce años. En aquella época tuve que marchar a una población lejana, don¬de reclamaba mi presencia un gran negocio de comercio.
La hija de mi tío, o sea esta gacela, estaba iniciada desde su infancia en la brujería y el arte de los encanta¬mientos. Con la ciencia de su magia transformó a mi hijo en ternerillo, y a su madre, la esclava, en una vaca, y los entregó al mayoral de nuestro ganado. Después de bastante tiempo, regresé del viaje; pregunté por mi hijo y por mi esclava, y la hija de mi tío me dijo: “Tu esclava ha muerto, y tu hijo se escapó y no sabemos de él.” Entonces, durante un año estuve bajo el peso de la aflicción de mi corazón y el llanto de mis ojos.
Llegada la fiesta anual del día de los Sacrificios, ordené al mayoral que me reservara una de las mejores vacas, y me trajo la más gorda de todas, que era mi esclava, encantada por esta gacela. Remangado mi bra¬zo, levanté los faldones de la túnica, y ya me disponía al sacrificio, cu¬chillo en mano, cuando de pronta la vaca prorrumpió en lamentos y de¬rramaba lágrimas abundantes. En¬tonces me detuve, y la entregué al mayoral para que la sacrificase; pero al desollarla no se le encontró ni carne ni grasa, pues sólo tenía los huesos y el pellejo. Me arrepentí de haberla matado, pero ¿de qué servía ya él arrepentimiento? Se la di al ma¬yoral, y le dije: “Tráeme un becerro bien gordo.” Y me trajo a mi hijo convertido en ternero.
Cuando el ternero me vio, rompió la cuerda, se me acercó corriendo, y se revolcó a mis pies, pero ¡con qué lamentos! ¡con qué llantos! Entonces tuve piedad de él, y le dije al mayo¬ral: “Tráeme otra vaca, y deja con vida este ternero.”
En este punto de su narración, vio Scháhrazada que iba a amanecer, y se calló discretamente, sin aprove¬charse más del permiso. Entonces su hermana Doniazada le dijo: “¡Oh hermana mía! ¡Cuán dulces y cuán sabrosas son tus palabras llenas de delicia!” Schahrazada contestó: “Pues nada son comparadas con lo que os podría contar la noche próxima, si vivo todavía y el rey quiere conser¬varme.” Y el rey dijo para sí: “¡Por Alah! No la mataré hasta que haya oído la continuación de su historia.”
Luego marchó el rey a presidir su tribunal. Y vio llegar al visir, que lle¬vaba debajo del brazo un sudario para Schahrazada, a la cual creía muerta. Pero nada le dijo de esto el rey, y siguió administrando justi¬cia, designando a unos para los em¬pleos, destituyendo a otros, hasta que acabó el día. Y el visir se fue perplejo, en el colmo del asombro, al saber que su hija vivía.
Cuando hubo terminado el diván, el rey Schalhriar volvió a su palacio.
Y CUANDO LLEGÓ LA SEGUNDA NOCHE
Doniazada dijo a su hermana Schahrazada:- “¡Oh hermana mía! Te ruego que acabes la historia del mer¬cader y el efrit “ Y Schahrazada res¬pondió: “De todo corazón y como debido homenaje, siempre que el rey me lo permita.” Y el rey ordenó: “Puedes hablar.”
Ella dijo:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado, dotado de ideas justas y rec¬tas! que cuando el mercader vio llo¬rar al ternero, se enterneció su cora¬zón, y dijo al mayoral: “Deja ese ternero con el ganado.”
Y a todo esto, el efrit se asombra¬ba prodigiosamente de esta historia asombrosa. Y el jeique dueño de la gacela prosiguió de este modo:
“¡Oh señor de los reyes de los efrits! todo esto aconteció. La hija de mi tío, esta gacela, hallábase allí mirando, y decía: “Debemos sacrifi¬car ese ternero tan gordo.” Pero yo, por lástima, no podía decidirme, y mandé al mayoral que de nuevo se lo llevara, obedeciéndome él.
El segundo día, estaba yo sentado, cuando se me acercó el pastor y me dijo:. “¡Oh amo mío! Voy a ente¬rarte de algo que te alegrará. Esta buena nueva bien merece una grati¬ficación.” Y yo le contesté: “Cuenta con ella.” Y me dijo: “¡Oh merca¬der ilustre! Mi hija es bruja, pues aprendió la brujería de una vieja que vivía con nosotros. Ayer, cuando me diste el ternero, entré con él en la habitación de mi hija, y ella, apenas lo vio, cubrióse con el velo la cara, echándose a llorar, y después a reir. Luego me dijo: “Padre, ¿tan poco valgo para ti que dejas entrar hom¬bres en mi aposento?” Yo repuse: “Pero ¿dónde están esos hombres? ¿Y por qué lloras y ríes así?” Y ella me dijo: “El ternero que traes con¬tigo es hijo de nuestro amo el mer¬cader, pero está encantado. Y es su madrastra la que lo ha encantado, y a su madre con él. Me he reído al verle bajo esa forma de becerro. Y si he llorado es a causa de la madre del becerro, que fue sacrificada por el padre.” Estas palabras de mi hija, me sorprendieron mucho, y aguardé con impaciencia que volviese la ma¬ñana para venir a enterarte de todo.”
Cuando oí, ¡oh poderoso efrit! prosiguió el jeique lo que me decía el mayoral, salí con él a toda prisa, y sin haber bebido vino creía¬me embriagado por el inmenso júbi¬lo y por la gran felicidad que sentía al recobrar a mi hijo. Cuando llegué a casa del mayoral, la joven me de¬seó la paz y me besó la mano, y luego se me acercó el ternero, revol¬cándose a mis pies. Pregunté enton¬ces a la hija del mayoral: “¿Es cierto lo que afirmas de este ternero?” Y ella dijo: “Cierto, sin duda alguna. Es tu hijo, la llama de tu corazón.” Y le supliqué: “¡Oh gentil y carita¬tiva joven! si desencantas a mi hijo, te daré cuantos ganados y fincas ten¬go al cuidado de tu padre.” Sonrió al oir estas palabras, y me dijo: “Sólo aceptaré la riqueza con dos condiciones: la primera„ que me ca¬saré con tu hijo, y la segunda, que me dejarás encantar y aprisionar a quien yo desee. De lo contrario, no respondo de mi eficacia contra las perfidias de tu mujer.
Cuando yo oí, ¡oh poderoso efrit! las palabras de la hija del mayoral, le dije: “Sea, y por añadidura tendrás las riquezas que tu padre me admi¬nistra. En cuanto a la hija de mi tío, te permito que dispongas de su san¬gre.”
Apenas escuchó ella mis palabras, cogió una cacerola de cobre, llenán¬dola de agua y pronunciando sus con¬juros mágicos. Después roció con el líquido al ternero, y le dijo:' “Si Alah te creó ternero, sigue ternero, sin cambiar de forma; pero si estás encantado recobra tu figura primera con el permiso de Alah el Altísimo.”
E inmediatamente el ternero em¬pezó a agitarse, y volvió a adquirir la forma humana. Entonces, arro¬jándome en sus brazos, le besé. Y luego le dije: “¡Por Alah sobre ti! Cuéntame lo que la hija de mi tío hizo contigo y con tu madre.” Y me contó cuanto les había ocurrido. Y yo dije entonces: “¡Ah, hijo mío! Alah, dueño de los destinos; reser¬vaba a alguien para salvarte y salvar tus derechos.”
Después de esto, ¡oh buen efrit! casé a mi hijo con la hija del mayo¬ral. Y ella, merced a su ciencia de brujería, encantó a la hija de mi tío, transformándola en esta gacela que tú ves. Al pasar por aquí encontré¬me con estas buenas gentes, les pre¬gunté qué hacían, y por ellas supe lo ocurrido a este mercader, y hube de sentarme para ver lo que pudiese sobrevenir. Y esta es mi historia.”
Entonces exclamó el efrit: “Histo¬ria realmente muy asombrosa. Por eso te concedo como gracia el tercio de la sangre que pides.”
En este momento se acercó el se¬gundo jeique, el de los lebreles ne¬gros, y dijo:
CUENTO DEL SEGUNDO JEIQUE
“Sabe, ¡oh señor de los reyes de los efrits! que éstos dos perros son mis hermanos. mayores y yo soy el tercero. Al morir nuestro padre nos dejó en herencia tres mil dinares. Yo, con mi parte, abrí una tienda y me puse a vender y comprar. Uno de mis hermanos, comerciante tam¬bién, se dedicó a viajar con las cara¬vanas, y estuvo ausente un año. Cuando regresó no le quedaba nada de su herencia. Entonces le dije: “¡Oh hermano mío! ¿no te había aconsejado que no viajaras?” Y echándose a llorar, me contestó: “Hermano, Alah, que es grande y poderoso, lo dispuso así. No pueden serme de provecho ya tus palabras, puesto que nada tengo ahora.” Le lleve conmigo a la tienda, lo acom¬pañé luego al hammam y le regalé un magnífico traje de la mejor clase.
Después nos sentamos a comer, y le dije: “Hermano, voy a hacer la cuen¬ta de lo que produce mi tienda en un año, sin tocar al capital, y nos partiremos las ganancias.” Y, efecti¬vamente, hice la cuenta, y hallé un beneficio anual de mil dinares: En¬tonces di gracias a Alah, que es po¬deroso y grande, y dividí la ganancia luego entre mi hermano y yo. Y así vivimos juntos días y días.
Poco tiempo después quiso via¬jar también mi segundo hermano. Hicimos cuanto nos fue posible para que desistiese de su proyecto, pero todo fue inútil, y al cabo de un año volvió en la misma situación que el hermano mayor.
Le di otros mil dinares que tuve de ganancia durante el periodo de su ausencia, abrió una tienda nueva continuó el ejercicio de su profesión.
Sin que les sirviese de escarmien¬to lo que les había sucedido, de nuevo mis hermanos desearon mar¬charse y pretendían que yo les acompañase. No acepté, y les di¬je: “¿Qué habéis ganado con viajar, para que así pueda yo tentarme de imitaros?” Entonces empezaron a dirigirme reconvenciones, pero sin nin¬gún fruto, pues no les hice caso, y seguimos comerciando en nuestras tiendas otro año. Otra vez volvieron a proponerme el viaje, oponiéndome yo también, y, así pasaron seis años más. Al fin acabaron por conven¬cerme, y les dije: “Hermanos, conte¬mos el dinero que tenemos.” Conta¬mos, y dimos con un total de seis mil dinares. Entonces les dije: “En¬terremos la mitad para poderla utili¬zar si nos ocurriese una desgracia, y tomemos mil dinares cada uno para comerciar al por menor.” `Y contestaron: “¡Alah, favorezca la idea!” Cogí el dinero y lo dividí en dos partes iguales; enterré tres mil dinares y los otros tres mil los repartí juiciosamente entre nosotros tres. Después compramos varias mercade¬rías, fletamos un barco, llevamos a él todos nuestros efectos, y partimos. Duró un mes entero el viaje, y llegamos a una ciudad, donde vendi¬mos las mercancías con unta ganan¬cia de diez dinares por dinar. Luego abandonamos la plaza.
Al llegar a orillas del mar encon¬tramos a una mujer pobremente ves¬tida, con ropas viejas y raídas. Se me acercó, me besó la mano, y me dijo: “Señor, ¿me puedes socorrer? ¿Quieres favorecerme? Yo, en cam¬bio, sabré agradecer tus bondades.” Y le dije: “Te socorreré, mas no te creas obligada a la gratitud.” Y ella me respondió: “Señor, entonces cá¬sate conmigo, llévame a tu país y te consagraré mi alma. Favoréceme, que yo soy de las que saben el valor de un beneficios No te avergüences de mi humilde condición.” Al decir estas palabras, sentí piedad hacia ella, pues nada hay que no se haga me¬diante la voluntad de Alah, que es grande y poderoso. Me la llevé, la vestí con ricos trajes, hice tender magníficas alfombras en el barco para ella y le dispensé una hospitáalaria acogida llena de cordialidad. Después zarpamos.
Mi corazón llegó a amarla con un gran amor, y no la abandoné ni de día ni de noche. Y como de los tres hermanos era yo el único que podía gozarla, estos hermanos míos, sintieron celos, además de envidiar¬me por mis riquezas y por la calidad de mis mercaderías. Dirigían ávidas miradas sobre cuanto poseía yo, y se concertaron para matarme y re¬partirse mi dinero, porque el Cheitán sin duda les hizo ver su mala acción con los más bellos colores.
Un día, cuándo estaba yo durmien¬do con mi esposa, llegaron hasta nosotros y nos cogieron, echándonos al mar. Mi esposa se despertó en el agua, y de súbito cambió de forma, convirtiéndose en efrita. Me tomó sobre sus hombros y me depositó sobre una isla. Después desapareció durante toda la noche, regresando al amanecer, y me dijo: “¿No recono¬ces. a tu esposa?” Te he salvado de la muerte con ayuda del Altísimo. Porque has de saber que yo soy una efrita. Y desde el instante en que te vi, te amó mi corazón, simplemente porque Alah lo ha querido, y yo soy una creyente de Alah y en su Profe¬ta, al cual Alah bendiga y persevere. Cuando yo me he acercado a ti en la pobre condición en que me hallaba, tú te aviniste de todos modos a ca¬sarte conmigo. Y yo, en justa grati¬tud, he impedido que perezcas aho¬gado. “En cuanto a tus hermanos, siento el mayor furor contra ellos y es preciso que los mate.”
Asombrado de sus palabras, le di las gracias por su acción, y le dije: “No puedo consentir la perdida de mis hermanos.” Luego le conté todo lo ocurrido con ellos, desde el prin¬cipio hasta el fin, y me dijo entonces: “Esta noche volaré hacia la nave que los conduce, y la haré zozobrar para que sucumban.” Yo repliqué: “¡Por Alah sobre tal No hagas eso, recuer¬da que el Maestro de los Proverbios dice: “¡Oh tú, compasivo del delin¬cuente! Piensa que para el criminal es bastante castigo su mismo cri¬men, y además, considera que son mis hermanos.” Pero ella insistió: :Tengo que matarlos sin remedio.” Y en vano imploré su indulgencia, Después se echó a volar llevándome en sus hombros, y me dejó en la azotea de mi casa.
Abrí entonces las puertas y saqué los tres mil dinares del escondrijo. Luego abrí mi tienda, y después de hacer las visitas necesarias y los saludos de costumbre, compré nue¬vos géneros.
Llegada la noche, cerré la tienda, y al entrar en mis habitaciones en¬contré estos dos lebreles que estaban atados en un rincón. Al verme se levantaron, rompieron a llorar y se agarraron a mis ropas. Entonces acu¬dió mi mujer, y me dijo: “Son tus hermanos. “Y yo le dije: “¿Quién los ha puesto en esta forma?” Y ella contestó: “Yo misma. He rogado a mi hermana, más versada que yo en artes de encantamiento, que los pu¬siera en ese estado. Diez años per¬manecerán así”.
Por eso, ¡oh efrit poderoso! me ves aquí, pues voy en basca de mi cuñada, a la que deseo suplicar los desencante, porque van ya transcu¬rridos los diez años. Al llegar me encontré con este buen hombre, y cuando supe su aventura, no quise marcharme hasta averiguar lo que sobreviniese entre tú y él. Y este es mi cuento.”
El efrit dijo: “Es realmente un cuento asombroso, por lo que te con¬cedo otro tercio de la sangre desti¬nada a rescatar el crimen.”
Entonces se adelantó el tercer jei¬que, dueño de la mula, y dijo al efrit: “Te contaré una historia más maravillosa que las de estos dos. Y tú me recompensarás con el resto de la sangre.” El efrit contestó: “Que así sea.”
Y el tercer jeique dijo:
CUENTO DEL TERCER JEIQUE
“¡Oh sultán, jefe de los efrits! Esta mula que ves aquí era mi es¬posa. Una vez salí de viaje y estuve ausente todo un año. Terminados mis negocios, volví de noche, y al entrar en el cuarto de mi mujer, la encontré con un esclavo negro, esta¬ban conversando, y se besaban, ha¬ciéndose zalamerías. Al verme, ella se levantó, súbitamente y se aba¬lanzó a mí con una vasija de agua en la mano; murmuró algunas pala¬bras luego, y me dijo arrojándome el agua: “¡Sal de tu propia forma y reviste la de un perro!” Inmediata¬mente me convertí en perro, y mi esposa me echó de casa. Anduve va¬gando, hasta llegar a una carnicería, donde me puse a roer huesos. Al ver¬me el carnicero, me cogió y me llevó con él.
Apenas penetramos en el cuarto de su hija, ésta se cubrió con el velo y recriminó a su padre: “¿Te parece bien lo que has hecho? Traes a un hombre y lo entras en mi habita¬ción.” Y repuso el padre: “¿Pero dónde está ese hombre?” Ella contes¬tó: “Ese perro es un hombre, Lo ha encantado una mujer; pero yo soy capaz de desencantarlo.” Y su padre le dijo: “¡Por Alah sobre ti! De¬vuélvele su forma, hija mía.” Ella cogió una vasija con agua, y después de murmurar un conjuro, me echó unas gotas y dijo: “.¡Sal de esa forma y recobra la primitiva!” , Entonces volví a mi forma humana, besé la mano de la joven, y le dije: “Quisie¬ra que encantases a mi mujer como ella me encantó.” Me dio entonces un frasco con agua, y me dijo: “Si encuentras dormida a tu mujer, ro¬cíala con esta agua y se convertirá en lo que quieras.” Efectivamente, la encontré dormida, le eché el agua, y dije: “¡Sal de esa forma y toma la de una mula!” Y al instante se trans¬formó en una mula, es la misma que aquí ves, sultán de reyes de los efrits.”
El efrit se volvió entonces hacia la mula, y le dijo: “¿Es verdad todo eso?” Y la mula movió la cabeza como afirmando: “Sí, sí; todo es verdad.”
Esta historia consiguió satisfacer al efrit, que, lleno de emoción y de placer, hizo gracia al anciano del último tercio de la sangre.
En aquel momento Schahrazada vio aparecer la mañana, y discreta¬mente dejó de hablar, sin aprove¬charse más del permiso. Entonces su hermana Doniazada dijo: “¡Ah, her¬mana mía! ¡Cuán dulces, cuán ama¬bles y cuán deliciosas son en su fres¬cura tus palabras!” Y Schahrazada contestó: “Nada es eso comparado con lo que te contaré la noche pró¬xima, si vivo aún y el rey quiere con¬servarme.” Y el rey se dijo: “¡Por Alah! no la mataré hasta que le haya oído la continuación de su relato, que es asombroso.”
Entonces el rey marchó a la sala de justicia. Entraron el visir y los oficiales y se llenó el diván de gente. Y el rey juzgó, nombró, destituyó, despachó sus asuntos y dio órdenes hasta el fin del día. Luego se levan¬tó el diván y el rey volvió a palacio.
Y CUANDO LLEGÓ LA TERCERA NOCHE
Daniazada dijo: “Hermana mía, te suplico que termines tu relato.” Y Schahrazada contestó: “Con toda la generosidad y simpatía de mi cora¬zón.” Y prosiguió después:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que, cuando el tercer jeique contó al efrit el más asombroso de los tres cuentos, el efrit se maravilló mucho, y emocionado y placentero, dijo: “Concedo el resto de la sangre por que había de redimirse el crí¬men, y dejo en libertad al merca¬der.”
Entonces el mercader, contentísi¬mo, salió al encuentro de los jeiques y les dio miles de gracias. Ellos, a su vez, le felicitaron por el indulto. Y cada cual regresó a su país.
“Pero -añadió Schahrazada- es más asombrosa la historia del pes¬cador.”
Y el rey dijo a Schahrazada: “¿Qué historia del pescador es esa?”
Y Shahrazada dijo:
HISTORIA DEL PESCADOR Y DEL EFRIT
“He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que había un pescador, hom¬bre de edad avanzada, casado, con tres hijos y muy pobre.
Tenía por costumbre echar las re¬des sólo cuatro veces al día y nada más Un día entre los días, a las doce de la mañana, fue a orillas del mar, dejó en el suelo la cesta, echó la red, y estuvo esperando hasta que llegara al fondo. Entonces juntó las cuerdas y notó que la red pesaba mucho y no podía con ella. Llevó el cabo a tierra y lo ató a un poste. Después se desnudó y entró en el mar, maniobrando en torno de la red, y no paró hasta que la hubo sacado. Vistióse entonces muy ale¬gre y acercándose a la red, encontró un borrico muerto. Al verlo, excla¬mó desconsolado: “¡Todo el poder y la fuerza están en Alah, el Altísi¬mo y el Omnipotente!” Luego dijo: “En verdad que este donativo de Alah es asombroso.” Y recitó los si¬guientes versos:
¡Oh buzo, que -giras ciegamente en las tinieblas de la noche y de la per¬dición! -¡Abandona esos penosos tra¬bajos; la fortuna no gusta del movi¬miento!
Sacó la red, exprimiéndola el agua, y cuando hubo acabado de expri¬mirla, la tendió de nuevo. Después, internándose en el agua, exclamó: “¡En el nombre de Alah!” Y arrojó la red de nuevo, aguardando que lle¬gara al fondo. Quiso entonces sacar¬la, pero notó que pesaba mas que antes y que estaba más adherida, por lo, cual la creyó repleta de una buena pesca; y arrojándose otra vez al agua, la sacó al fin con gran trabajo, lle¬vándola a la orilla, y encontró una tinaja enorme, llena de arena y de barro. Al verla, se lamentó mucho y recitó estos versos:
¡Cesad, vicisitudes de la suerte, y apiadaos de los hombres!
¡Qué tristeza! ¡Sobre la tierra nin¬guna, recompensa es igual al mérito ni digna del esfuerzo realizado por alcan¬zarla!
¡Salgo de casa a veces para buscar candorosamente la fortuna; y me ente¬ran de que la fortuna hace mucho tiempo que murió!
¿Es así, ¡oh fortuna! como dejas, a los sabios en la sombra, para que los necios gobiernen el mundo?
Y luego, arrojando la tinaja lejos de él, pidió perdón a Alah por su momento de rebeldía y lanzó la red por vez tercera, y al sacarla la en¬contró llena de trozos de cacharros y vidrios. Al ver esto, recitó todavía unos versos de un poeta:
¡Oh poeta! ¡Nunca soplará hacia ti el viento de la fortuna! ¿Ignoras, hom¬bre ingenuo, que ni tu pluma de caña ni las líneas armoniosas de la escritura han de enriquecerte jamas?
Y alzando la frente al cielo; ex¬clamó: “¡Alah! ¡Tú sabes que yo no echo la red mas que cuatro veces por día, y ya van tres!” Después invocó nuevamente el nombre de Alah y lanzó la red, aguardando que tocase el fondo. Esta vez, a pesar de todos sus esfuerzos, tampoco conse¬guía sacarla, pues a cada tirón se en¬ganchaba más en las rocas del fondo. Entonces dijo: “¡No hay fuerza ni poder mas que en Alah!” Se desnu¬dó, metiéndose en el agua y manio¬brando alrededor de la red, hasta que la desprendió y la llevó a tierra. Al abrirla encontró un enorme ja¬rrón de cobre dorado, lleno e intacto. La boca estaba cerrada con un plo¬mo que ostentaba el sello de nuestro Señor Soleimán, hijo de Daud. El pescador se puso muy alegre al verlo, y se dijo: “He aquí un objeto que venderé en el zoco de los caldereros, porque bien vale sus diez dinares de oro.” Intentó mover el jarrón, pero hallándolo muy pesado, se dijo para sí: “Tengo que abrirlo sin remedio; meteré en el saco lo que contenga y luego lo venderé en el zoco de los caldereros.” Sacó el cuchillo y em¬pezó a maniobrar, hasta que levantó el plomo. Entonces sacudió el jarrón, queriendo inclinarlo para verter el contenido en el suelo. Pero nada sa¬lió del vaso, aparte de una humare¬da que subió hasta lo azul del cielo y se extendió por la superficie de la tierra. Y el pescador no volvía de su asombro. Una vez que hubo salido todo el humo, comenzó a condensar¬se en torbellinos, y al fin se convirtió en un efrit cuya frente llegaba a las nubes, mientras sus pies se hundían en el polvo. La cabeza del efrit era como una cúpula; sus manos seme¬jaban rastrillos; sus piernas eran mástiles; su boca, una caverna; sus dientes, piedras; su nariz, una alca¬rraza; sus ojos, dos antorchas, y su cabellera aparecía revuelta y empol¬vada. Al ver a este efrit, el pescador quedó mudo de espanto, temblán¬dole las carnes, encajados los dientes, la boca seca, y los ojos se le cega¬ron a la luz.
Cuando vio al pescador, el efrit dijo: “¡No hay más Dios que Alah, y Soleimán es el profeta de Alah!” Y dirigiéndose hacia el pescador, prosiguió de este modo: “¡Oh tú, gran Soleimán, profeta de Alah, no me mates; te obedeceré siempre, y nunca me rebelaré contra tus mandatos.” Entonces exclamó el pes¬cador: “¡Oh gigante audaz y rebel¬de, tú te atreves a decir que Solei¬mán es el profeta de Alah! Soleimán murió hace mil ochocientos años; y nosotros estamos al fin de los tiempos. Pero ¿qué historia vienes a contarme? ¿Cuál es el motivo de que estuvieras en este jarrón?”
Entonces el efrit dijo: “No hay más Dios que Alah. Pero permite, ¡oh pescador! que te anuncie una buena noticia.” Y el pescador repu¬so: “¿Qué noticia es esa?” Y con¬testó el efrit: “Tu muerte. Vas a morir ahora mismo, y de la manera más terrible.” Y replicó el pesca¬dor: “¡Oh jefe de los efrits! ¡mere¬ces por esa noticia- que el cielo te retire su ayuda! ¡Pueda él alejarte de nosotros! Pero ¿por qué deseas mi muerte? ¿qué hice para mere¬cerla? Te he sacado de esa vasija, te he salvado de una larga perma¬nencia en el mar, y te he traído a la tierra.” Entonces el efrit dijo: “Piensa y elige la especie de muerte que prefieras; morirás del modo que gustes.” Y el pescador dijo: “¿Cuál es mi crimen para merecer tal cas¬tigo?” Y respondió el efrit: “Oye mi historia, pescador.” Y el pesca¬dor dijo: “Habla y abrevia tu relato, porque de impaciente que se halla mi alma se me está saliendo por el pie.” Y dijo el efrit:
“Sabe que yo soy un efrit rebelde. Me rebelé contra Soleimán, hijo de Daud. Mi nombre es Sakhr El¬Genni. Y Soleimán envió hacia mí a su visir Assef, hijo de Barkhia, que me cogió a pesar de mi resis¬tencia, y me llevó a manos de Solei¬mán. Y mi nariz en aquel momento se puso bien humilde. Al verme, Soleimán hizo su conjuro a Alah y me mandó que abrazase su religión y me sometiese a su obediencia. Pero yo me negué. Entonces mandó traer ese jarrón, me aprisionó en él y lo selló con plomo, imprimiendo el nombre del Altísimo. Después ordenó a los efrits fieles que me llevaran en hombros y me arrojasen en medio del mar. Permanecí cien años en el fondo del agua, y decía de todo corazón: “Enriqueceré eternamente al que logre libertarme.” Pero pasaron los cien años y nadie me libertó. Durante los otros cien años me decía: “Descubriré y daré los tesoros de la tierra a quien me, liberte.” Pero nadie me libró. Y pasaren. cuatrocientos años, y me dije: “Concederé tres cosas a quien me liberte.” Y nadie me libró tam¬poco. Entonces, terriblemente enco¬lerizado, dije con toda el alma: “Ahora mataré a quien me libre, pero le dejaré antes elegir, conce¬diéndole la clase de muerte que prefiera.” Entonces tú, ¡oh pesca¬dor! viniste a librarme, y por eso te permito que escojas la clase de muerte.”
El pescador, al oír estas palabras del efrit; dijo: “¡Por Alah que la oportunidad es prodigiosa! ¡Y había de ser yo quien te libertase! ¡Indúl¬tame, efrit, que Alah te recompen¬sará! En cambio, si me matas, buscará quien te haga perecer.” Entonces el efrit le dijo: “¡Pero si yo quiero matarte es precisamente porque me has libertado!” Y el pes¬cador le contestó: “¡Oh jeique de los efrits, así es como devuelves el mal por el bien! ¡A fe que no miente el proverbio!” Y recitó estos versos:
¿Quieres probar la amargura de las cosas? ¡Sé bueno y servicial!
¡Los malvadas desconocen la gra¬titud!
¡Pruébalo, si quieres, y tu suerte será la de la pobre Magir, madre de Amer!
Pero el efrit le dijo: “Ya hemos hablado bastante. Sabe que sin remedio te he de matar.” Entonces pensó el pescador: “Yo no soy mas que un hombre y él un efrit; pero Alah me ha dado una razón bien despierta. Acudiré a una astucia para perderlo. Veré hasta dónde llega su malicia.” Y entonces dijo al efrit: “¿Has decidido realmente mi muerte?” Y el efrit contestó: “No lo dudes.” Entonces dijo: “Por el nombre del Altísimo, que está grabado en el sello de Soleimán, te conjuro a que respondas con verdad a mi pregunta.” Cuando el efrit oyó el nombre del Altísimo, respondió muy conmovido: “Pregunta, que yo contestaré la verdad. Entonces dijo el pescador: “¿Cómo has podido entrar por entero en este jarrón donde apenas cabe tu pie o tu mano?” El efrit dijo: “¿Dudas acaso de ello?” El pescador respondió: “Efectivamente, no lo creeré jamás mientras no vea con mis propios ojos que te metes en él.”
En este momento de su narra¬ción, Schahrazada vio aparecer la mañana, y se calló discretamente.
PERO CUANDO LLEGÓ LA CUARTA NOCHE
Ella dijo:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que cuando el pescador dijo al efrit que no le creería como no lo viese con sus propios ojos, el efrit comenzó a agitarse; convirtiéndose nuevamente en humareda que subía hasta el firmamento. Después se condensó, y empezó a entrar en el jarrón poco a poco, hasta el fin. Entonces el pescador cogió rápida¬mente la tapadera de plomo, con el sello de Soleimán, y obstruyó la boca del jarrón. Después, llamando al efrit, le dijo: “Elige y piensa la clase de muerte que más te con¬venga; si no, te echaré al mar, y me haré una casa junto a la orilla, e impediré a todo el mundo que pes¬que, diciendo: “Allí hay un efrit, y si lo libran quiere matar a los que le liberten.” Luego enumeró todas las variedades de muertes para facilitar la elección. Al oirle, el efrit intentó salir, pero no pudo, y vio que estaba, encarcelado y tenía encima el sello de Soleimán, convenciéndose entonces de que el pescador le había encerrado en un calabozo contra el cual no pueden prevalecer ni los más débiles ni los más fuertes de los efrits. Y com¬prendiendo que el pescador le lleva¬ría hacia el mar, suplicó: “¡No me lleves! ¡no me lleves!” Y el pesca¬dor dijo: “No hay remedio.” Enton¬ces, dulcificando su lenguaje, excla¬mó el efrit: “¡Ah pescador! ¿Qué vas a hacer conmigo?” El otro dijo: “Echarte al mar, que si has estado en él mil ochocientos años, no sal¬drás esta vez hasta el día del Juicio. ¿No te rogué yo que me dejaras la vida para que Alah te la conservase a ti y no me mataras para que Alah no te matase? Obrando infamemente rechazaste mi plegaria. Por eso Alah te ha puesto en mis manos, y no me remuerde el haberte engañado.” Entonces dijo el efrit: “Abreme el jarrón y te colmaré de beneficias.” El pescador respondió: “Mientes, ¡oh maldito! Entre tú y yo pasa exactamente lo, que ocurrió entre el visir del rey Yunán y el médico Ruyán.”
Y el efrit dijo: “¿Quiénes eran el visir del rey Yunán y el médico Ruyán?... ¿Qué historia es esa?”
HISTORIA DEL VISIR DEL REY YUNÁN Y DEL MEDICO RUYÁN
El pescador dijo:
“Sabrás, ¡oh efrit! que en la anti¬güedad del tiempo y en lo pasado de la edad, hubo en la ciudad de Fars, en el país de los ruman, un rey llamado Yunán. Era rico y pode¬roso, señor de ejércitos, dueño de fuerzas considerables y de aliados de todas las especies de hombres. Pero su cuerpo padecía una lepra que desesperaba a los médicos y a los sabios. Ni drogas, ni píldoras, ni pomadas le hacían efecto algu¬no, y ningún sabio pudo encontrar un eficaz remedio para la espantosa dolencia. Pero cierto día llegó a la capital del rey Yunán un médico anciano de renombre, llamado Ru¬yan. Había estudiado los libros grie¬gos, persas, romanos, árabes y sirios, así como la medicina y la astrono¬mía, cuyos principios y reglas no ignoraba, así como sus buenos y malos efectos. Conocía las virtudes de las plantas grasas y secas y tam¬bién sus buenos y, malos efectos. Por último, había profundizado la filosofía y todas las ciencias médicas y otras muchas además. Cuando este médico llegó a la ciudad y perma¬neció en ella algunos días, supo la historia del rey y de la lepra que le martirizaba por la voluntad de Alah, enterándose del fracaso abso¬luto de todos los médicos y sabios. Al tener de ello noticia, pasó muy preocupado la noche. Pero no bien despertó por la mañana (al brillar la luz del día y saludar el sol al mundo, magnífica decora¬ción del Optimo) se puso su mejor traje y fue a ver al rey Yunán. Besó la tierra entre las manos del rey e hizo votos por la duración eterna de su. poderío y de las gracias de Alah y de todas las mejores cosas. Después le enteró de quien era, y le dijo: “He averiguado la enfer¬medad que atormenta tu cuerpo y he sabido que un gran número de médicos, no ha podido encontrar el medio de curarla. Voy, ¡oh rey! a aplicarte mi tratamiento, sin hacer¬te beber medicinas ni untarte con pomadas.” Al oírlo, el rey. Yunán se asombró mucho, y le dijo: “¡Por Alah! que si me curas te enrique¬cerá hasta los hijos de tus hijos, te concederé todos tus deseos y serás mi compañero y amigo” En seguida le dio un hermoso traje y otros pre¬sentes, y añadió: “¿Es cierto que me curarás de esta enfermedad sin medicamentos ni pomadas?” Y res¬pondió el otro: “Sí, ciertamente. Te curaré sin fatiga ni pena para tu cuerpo.” El rey le dijo, cada vez más asombrado: “¡Oh gran médico! ¿Qué día. y que momento verán realizarse lo que acabas de prome¬ter? Apresúrate a hacerlo, hijo mío.” Y el medico contestó:. “Escucho y obedezco.”
Entonces salió del palacio y alqui¬ló una casa, donde instaló sus libros, sus remedios y sus plantas aromáti¬cas. Después hizo extractos de sus medicamentos y de sus simples, y con estos extractos construyó un mazo corto y encorvado, cuyo man¬go horadó, y también hizo una pelota, todo esto lo mejor que pudo. Terminado completamente su traba¬jo, al segundo día fue a palacio, entró en la cámara del rey y besó la tierra entre sus manos. Después le prescribió que fuera a caballo al meidán y jugara con la bola y el mazo.
Acompañaron al rey sus emires, sus chambelanes, sus visires y los jefes del reinó. Apenas había llega¬do al meidán, se le acercó el médico y le entregó el mazo, diciéndole: “Empúñalo de este modo y da con toda tu fuerza en la pelota. Y haz de modo que llegues a sudar. De ese modo el remedio penetrará en la palma de la mano y circulará por todo tu cuerpo. Cuando transpires y el remedio haya tenido tiempo de obrar, regresa a tu palacio, ve en seguida a bañarte al hamman, y quedarás curado. Ahora, la paz sea contigo.”
El rey Yunán cogió el mazo que le alargaba el médico, empuñándolo con fuerza. Intrépidos jinetes mon¬taron a caballo y le echaron la pelo¬ta. Entonces empezó a galopar de¬trás de ella para alcanzarla y gol¬pearla, siempre con el mazo bien cogido. Y no dejó de golpear hasta que transpiró bien por la palma de la mano y por todo el cuerpo, dando lugar a que la medicina obrase sobre el organismo. Cuando el mé¬dico Ruyán vio que el remedio había circulado suficientemente, mandó al rey que volviera a palacio para bañarse en el hammam. Y el rey marchó en seguida y dispuso que le prepararan el hammam. Se lo prepararon con gran prisa, y los esclavos apresuráronse también a disponerle la ropa. Entonces el rey entró en el hammam y tomó el baño, se vistió de nuevo y salió del hammam para montar a caballo, volver a palacio y echarse a dormir.
Y hasta aquí lo referente al rey Yunán. En cuanto al médico Ruyán, éste regresó a su casa, se acostó, y al despertar por la mañana fue a palacio, pidió permiso al rey para entrar, lo que éste le concedió, entró, besó la tierra entre sus manos y empezó por declamar gravemente algunas estrofas:
¡Si la elocuencia te eligiese como padre, reflorecería! ¡Y no sabría elegir ya a otro más que a ti!
¡Oh rostro radiante, cuya claridad borraría la llama de un tizón encen¬dido!
¡Ojalá ese glorioso semblante siga con la luz de su frescura y alcance a ver cómo las arrugas surcan la cara del Tiempo!
¡Me has cubierto con los beneficias de tu generosidad, como la nube bienhechora cubre la colina!
¡Tus altas hazañas te han hecho alcanzar las cimas de la gloria y eres el amado del Destino, que ya no puede negarte nada!
Recitados los versos, el rey sé puso de pie; y cordialmente tendió sus brazos al médico. Luego, le sen¬tó a su lado, y le regaló magníficos trajes de honor.
Porque, efectivamente, al salir del hammam el rey se había mirado el cuerpo, sin encontrar rastro de lepra, y vio su piel tan pura como la plata virgen. Entonces se dilató con gran júbilo su pecho. Y al otro día, al levantarse el rey por la mañana, entró en el diván; se sentó en el trono y comparecieron los chambelanes y grandes del reino, así como él médico Ruyán. Por esto, al verle, el rey se levantó apre¬suradamente y le hizo sentar a su lado. Sirvieron a ambos manjares y bebidas durante todo el día. Y al anochecer, el rey entregó al médico dos mil dinares, sin contar los trajes de honor y magníficos presentes, y le hizo montar su propio corcel. Y entonces el médico se despidió y regresó a su casa.
El rey no dejaba de admirar el arte del médico ni de decir: “Me ha curado por el exterior de mi cuerpo sin untarme con pomadas. ¡Oh Alah! ¡Qué ciencia tan subli¬me! Fuerza es colmar de beneficios a este hombre y tenerle para siem¬pre como compañero y amigo afec¬tuoso.” Y el rey Yunán se acostó, muy alegre de verse con el cuerpo sano y libre de su enfermedad.
Cuando al otro día se levantó el rey y se sentó en el trono, los jefes de la nación pusiéronse de pie, y los emires y visires se sentaron a su derecha y a su izquierda. Entonces mandó llamar al médico Ruyán, que acudió y besó la tierra entre sus manos. El rey se levantó en honor suyo, le hizo sentar a su lado, comió en su compañía, le deseó larga vida y le dio magníficas telas y otros presentes, sin dejar de conversar, con él hasta el anochecer, y mandó le entregaran a modo de remunera¬ción cinco trajes de honor y mil dinares. Y así regresó el médico a su casa, haciendo votos por el rey.
Al levantarse por la mañana, salió el rey y entró en el diván, donde le rodearon los emires, los visires y los chambelanes. Y entre los visires había uno de cara sinies¬tra, repulsiva, terrible, sórdidamente avaro, envidioso y saturado de celos y de odio. Cuando este visir vio que el rey colocaba a su lado al médico Ruyán y le otorgaba tantos beneficios, le tuvo envidia y resol¬vio secretamente perderlo. El pro¬verbio lo dice: “El envidioso ataca a todo el mundo. En el corazón del envidioso está emboscada la perse¬cución, y la desarrolla si dispone de fuerza o la conserva latente la debilidad,” El visir se acercó al rey Yunán, besó la tierra entre sus, ma¬nos, y dijo: “¡Oh rey del siglo y del tiempo, que envuelves a los hombres en tus beneficios! Tengo para ti un consejo de gran impor¬tancia, que no podría ocultarte sin ser un mal hijo. Si me mandas que te lo revele, yo te lo revelaré.” Tur¬bado entonces el rey por las pala¬bras del visir, le dijo: “¿Qué consejo es el tuyo? El otro respondió: “¡Oh rey glorioso! los antiguos han dicho: “Quien no mire el fin y las consecuencias no tendrá a la Fortu¬na por amiga”, y justamente acaba de ver al rey obrar con poco juicio otorgando sus bondades a su enemi¬go, al que desea el aniquilamiento de su reino, colmándole de favores, abrumándole con generosidades. Y yo, por esta causa, siento grandes temores por el rey.” Al oir esto, el rey se turbó extremadamente, cam¬bió de color; y dijo: “¿Quién es el que supones enemigo mío y colma¬do por mí de favores?” Y el visir respondió: “¡Oh rey! Si estás dor¬mido, despierta, porque aludo al médico Ruyán.” El rey dijo: “Ese es buen amigo mío, y para mí el más querido de los hombres, pues me ha curado con una cosa que yo he tenido en la mano y me ha librado de mi enfermedad, que había desesperado a los médicos. Cierta¬mente que no hay otro como él en este siglo, en el mundo entero, lo mismo en Occidente que en Orien¬te. ¿Cómo, te atreves a hablarme así de él? Desde ahora le voy a señalar un sueldo de mil dinares al mes. Y aunque le diera la mitad de mi reino, poco seria para lo que merece. Creo que me dices todo eso por envidia, como se cuenta en la historia, que he sabido; del rey Sindabad.”
En aquel momento la aurora sor¬prendió a Schahrazada, que inte¬rrumpió su narración.
Entonces Doniazada le dijo: “¡Ah, hermana mía! ¡Cuán dulces, cuán puras, cuán deliciosas son tus pala¬bras!” Y Schahrazada dijo: “¿Qué es eso comparado con lo que os contaré la noche próxima, si vivo todavía y el rey tiene a bien con¬servarme?” Entonces el rey dijo para sí: “¡Por Alah! No la mataré sin haber oído la continuación de su historia, que es verdaderamente ma¬ravillosa.” Y el rey fue al diván, y juzgó, otorgó empleos, destituyó y despachó los asuntos pendientes has¬ta acabarse el día. Después se le¬vantó el diván y el rey entró en su palacio.
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COMO DECIAMOS
by UN ARABE Thursday, Jan. 19, 2006 at 12:13 PM
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ANÓNIMO
LAS MIL Y UNA NOCHES
ÍNDICE
Historia del Rey Schahriar y de su Hermano el Rey Schahzaman
Historia del Mercader y el Efrit
Historia del Pescador y el Efrit
Historia del Mandadero y de las Tres Doncellas
Historia de la Mujer Despedazada, de las Tres Manzanas y del Negro Rihán
Historia del Visir Nureddin, de su Hermano el Visir Chamseddin y de Hassán Badreddin
Historia del Jorobado, con el Sastre, el Corredor Nazareno, el Intendente y el Médico Judío; lo que de ello resultó, y sus aventuras sucesivamente referidas
Historia de Ghanem Ben-Ayub y de su Hermana Fetnah
Historia de Sindbad el Marino
Historia Prodigiosa de la Ciudad de Bronce
Historia de Aladino y la Lámpara Mágica
Historia de Alí Babá y los Cuarenta Ladrones
¡AQUELLO QUE QUIERA ALAH!
¡EN EL NOMBRE DE ALAH
EL CLEMENTE,
EL MISERICORDIOSO!
QUE LAS LEYENDAS DE LOS ANTIGUOS SEAN UNA LECCIÓN PARA LOS MODERNOS, A FIN DE QUE EL HOMBRE APRENDA EN LOS SUCESOS QUE OCURREN A OTROS QUE NO SON ÉL. ENTONCES RESPETARÁ Y COMPARARÁ CON ATENCIÓN LAS PALABRAS DE LOS PUEBLOS PASADOS Y LO QUE A ÉL LE OCURRA, Y SE REPRIMIRÁ.
POR ESTO ¡GLORIA A QUIEN GUARDA A LOS RELATOS DE LOS PRIME¬ROS COMO LECCIÓN DEDICADA A LOS ÚLTIMOS!
HISTORIA DEL REY SCHAHRIAR Y DE SU HERMANO EL REY SCHAHZAMAN
Cuéntase -pero Alah es más sa¬bio, mas prudente, más poderoso y más benéfico- que en lo que trans¬currió en la antigüedad del tiempo y en lo pasado de la edad, hubo un rey entre los reyes de Sassan, en las islas de la India y de la China. Era dueño de ejércitos y señor de auxi¬lliares de servidores y de un séquito numeroso. Tenía dos hijos, y ambos eran heroicos jinetes, pero el mayor valía más aún que el menor. El ma¬yor reinó en los países, gobernó con justicia entre los hombres, y por eso le querían los habitantes del país y del reino. Llamábase el rey Schah¬riar. Su hermano, llamado Schahza¬man; era el rey de Samarcanda Al¬-Ajam.
Siguiendo-las cosas el mismo cur¬so, residieron cada uno en su país, y gobernaron con justicia a sus ovejas durante veinte años. Y llegaron am¬bos hasta el límite del desarrollo y el florecimiento.
No dejaron de ser así, hasta que el mayor sintió vehementes deseos de ver a su hermano. Entonces ordenó a su visir que partiese y volviese con él. El visir contestó: “Escucho y obedezco.”
Partió, pues, y llegó felizmente par la gracia de Alah; entró en casa de Schahzaman, le transmitió la paz, le dijo que el rey Schahriar deseaba ardientemente verle, y que el objeto de su viaje era invitarle a visitar a su hermano. El rey Schahzaman con¬testo: “Escucho y obedezco.” Dispu¬so los preparativos de la partida, mandando sacar sus tiendas, sus ca¬mellos y sus mulos, y que saliesen sus servidores y sus auxiliares. Nom¬bró a su visir gobernador del reino y salió en demanda de las comarcas de su hermano.
Pero a media noche recordó una cosa que había olvidado; volvió a su palacio secretamente y se encaminó a los aposentos de su esposa a quien pensaba encontrar triste y llorando por su ausencia. Grande fue, pues, su sorpresa al hallarla departiendo con gran familiaridad con un negro, es¬clavo entre los esclavos. Al ver tal desacato, el mundo se obscureció an¬te sus ojos. Y se dijo: “Si ha sobreve¬nido ésto cuando apenas acabo de dejar la ciudad. ¿Cuán sería la con¬ducta de esta esposa si me ausen¬tase algún tiempo para estar con mi hermano?” Desenvainó inmediata¬mente el alfanje, y acometiendo a ambos, los dejó muertos sobre los tapices del lecho. Volvió a salir, sin perder una hora ni un instante, y ordenó la marcha de la comitiva. Y viajó de noche hasta avistar la ciu¬dad de su hermano.
Entonces éste se alegró de su pro¬ximidad, salió a su encuentro, y al recibirlo, le deseó la paz. Se regocijó hasta los mayores límites del conten¬to, mandó adornar en honor suyo la ciudad y se puso a hablarle lleno de efusión. Pero el rey Schahzaman recordaba la fragilidad de su esposa, y una nube de tristeza le velaba la faz. Su tez se había puesto pálida y su cuerpo se había debilitado. Al verle de tal modo, el rey Schahriar creyó en su alma que aquello se de¬bía a haberse alejado de su reino y de su país, lo dejaba estar sin pre¬guntarle nada. Al fin, un día, le dijo: “Hermano, tu cuerpo enflaquece y su cara amarillea.” Y el otro respon¬dió: “¡Ay, hermano, tengo en mi interior como una llaga en carne viva-!” Pero no le reveló lo que le había ocurrido con su esposa. El rey Schahriar le dijo: “Quisiera que me acompañase a cazar a pie y a caba¬llo, pues así tal vez se esparciera tu espíritu.” El rey Schalizaman no qui¬so aceptar y su hermano se fue solo a la cacería.
Había en el palacio unas ventanas que daban al jardín, y habiéndose asomado a una de ellas el rey Schah¬zaman, vio corno se abría una puerta secreta para dar salida a veinte escla¬vas y veinte esclavos, entre los cua¬les, avanzaba la mujer del rey Schah¬ciar en todo el esplendor de su belle¬za, y ocultándose para observar lo que hacían, pudo convencerse de que la misma desgracia de que él había sido víctima, la misma o ma¬yor, cabía a su hermano el sultán.
Al ver aquello, pensó el hermano del rey: “¡Por Alah! Más ligera es mi calamidad que esta otra.” Inme¬diatamente, dejando que se desvane¬ciese su aflicción, se dijo: “¡En ver¬dad, esto es más enorme que cuanto me ocurrió a mí!” Y desde aquel momento volvió a comer y beber cuanto pudo.
A todo esto, el rey, su hermano, volvió de su excursión y ambos se desearon la paz íntimamente. Luego el rey Schahriar observó que su her¬mano el rey Schalizaman acababa de recobrar el buen color, pues su semblante había adquirido nueva vida, y advirtió también que comía con toda su alma después de haberse alimentada parcamente en las pri¬meros días. Se asombró de ello, y dijo: -”Hermano, poco ha te veía amarillo de tez v ahora has recupe¬rado los colores. Cuéntame qué te pasa.” El rey le dijo: “Te contaré la causa de mi anterior palidez, pero dispénsame de reterirte el motivo de haber recobrado los colores.” El rey replicó: “Para entendernos, relata primeramente la causa de tu pérdida de color y tu debilidad.” Y se expli¬có de este modo: “Sabrás, hermano, que cuando enviaste tu visir para requerir mi presencia, hice mis pre¬parativos de marcha, y salí de la ciu¬dad. Pero después me acordé de la joya que te destinaba y que te di al llegar a tu palacio. Volví, pues, y encontré a mi mujer y a un esclavo negro departiendo con gran fami¬liaridad. Los maté a los dos, y vi¬ne hacia ti, muy atormentado por el recuerdo de tal aventura. Este fue el motivo de mi primera palidez y de mi enflaquecimiento. En cuan¬to a la causa de haber recobrada mi buen color, dispénsame de mencio¬narla.”
Cuando su hermano oyó estas pa¬labras, le dijo: “Por Alah te conjuro a que me cuentes la causa de haber recobrado tus colores.” Entonces el rey Schalizaman le refirió cuanto ha¬bía visto. Y el rey Schaliriar dijo: “Ante todo, es necesario que mis ojos vean semejante cosa.” Su her¬mano le respondió: “Finge que vas de caza, pera escóndete en mis apo¬sentos, y serás testigo del espectácu¬lo: tus ojos lo comprobarán.”
Inmediatamente, el rey mandó que el pregonero divulgase la orden de -marcha. Los soldados salieron con sus tiendas fuera de la ciudad. El rey marchó también, se ocultó en su tienda y dijo a sus jóvenes escla¬vos: “¡Que nadie entre!” Luego se disfrazó, salió a hurtadillas y se diri¬gió al palacio. Llegó a los aposentos de su hermano, y se asomó a la ven¬tana que daba al jardín. Apenas ha¬bía pasado una hora, cuando salieron las esclavas, rodeando a su señora, y tras ellas los esclavos. E hicieron cuanto había contado Schahzaman.
Cuando vio estas cosas el rey Schahriar, la razón se ausentó, de su cabeza, y dijo a su hermano: “Mar¬chemos para saber cuál es nuestro destino en el camino de Alah, por¬que nada de común debemos tener con la realeza hasta encontrar a al¬guien que haya sufrido una aventura semejante a la nuestra. Si no, la muerte sería preferible a nuestra vida.” Su hermano le contestó lo que era apropiado, y ambos salieron por una puerta secreta del palacio. Y no cesaron de caminar día y noche, has¬ta que por fin llegaron a un árbol, en medio de una solitaria pradera, junto al mar salado. En aquella pra¬dera había un manantial de agua dulce. Bebieron de ella y se sentaron a descansar.
Apenas había transcurrido una hora del día, cuando el mar empezó a agitarse. De pronto brotó de él una negra columna de humo, que llegó hasta el cielo y se dirigió después hacia la pradera. Los reyes, asusta¬dos, se subieron a la cima del árbol, que era muy alto, y se pusieron a mirar lo que tal cosa pudiera ser. Y he aquí que la columna de humo se convirtió en un efrit de elevada estatura, poderoso de hombros y ro¬busto de pecho. Llevaba un arca so¬bre la cabeza. Puso el pie en el suelo, y se dirigió hacia el árbol y se sentó debajo de él. Levantó entonces la tapa del arca, sacó de ella una caja, la abrió, y apareció en seguida una encantadora joven, de espléndida hermosura, luminosa lo mismo que el sol, como dijo el poeta:
¡Antorcha en las tinieblas, ella apa¬rece y es el día! ¡Ella aparece y con su luz se iluminan las auroras!
¡Los soles irradiar con su claridad y las lunas con las sonrisas de sus ojos! ¡Que los velos de su misterio se ras¬guen, e inmediatamente las criaturas se prosternan encantadas a sus pies!
¡Y ante los dulces relámpagos de su mirada, el rocío de las lágrimas de pa¬sion humedece todos los párpados!
Después que el efrit hubo contem¬plado a. la hermosa joven, le dijo: “¡Oh soberana de las sederías! ¡Oh tú, a quien rapté el mismo día de tu boda! Quisiera dormir un poco.” Y el efrit colocó la cabeza en las rodi¬llas de la joven y se durmió.
Entonces la joven levantó la cabe¬za hacia la copa del árbol y vio ocul¬tos en las ramas a los dos reyes. En seguida apartó de sus rodillas la ca¬beza del efrit, la puso en el suelo, y les dijo por señas: “Bajad, y no tengáis miedo de este efrit.” Por señas, le respondieron: “¡Por Alah sobre ti! ¡Dispénsanos de lance tan peligroso!” Ella les dijo: “¡Por Alah sobre vosotros! Bajad en seguida si no queréis que avise al efrit; que os dará la peor muerte.” Entonces, asus¬tados, bajaron hasta donde estaba ella, la joven los tomó de las manos, se internó con ellos en el bosque y les exigió algo que no pudieron ne¬garle. Una vez estuvieron cumpli¬dos sus deseos sacó del bolsillo un saquito y del saquito un collar com¬puesto de quinientas setenta sor¬tijas con sellos, y les pregunto “¿Sa¬béis lo que es esto?” Ellos con¬testaron: “No lo sabemos.” Entonces les explicó la joven: “Los dueños de estos anillos hicieron lo mismo que vosotros junto a los cuernos insen¬sibles de este efrit. De suerte que me vais a dar vuestros anillos.” Lo hi¬cieron así, sacándoselos de los dedos, y ella entonces les dijo: “Sabed que este efrit me robó la noche de mi bo¬da; me encerró en esa caja, metió la caja en el arca, le echó siete can¬dados y la arrastró al fondo del mar, allí donde se combaten las olas. Pero no sabía que cuando desea alguna co¬sa una mujer no hay quien la ven¬za.” Ya lo dijo el poeta:
¡Amigo: no te fíes de la mujer; ríete de sus promesas! ¡Su buen o mal hu¬mor depende de sus caprichos!
¡Prodigan amor falso cuando la per¬fidia-las llena y forma como la trama de sus vestidos!
¡Recuerda respetuosamente las pala¬bras de Yusuf! ¡Y no olvides que Eblis hizo que expulsaran a Adán por causa de la mujer!
¡No te confíes, amigo! ¡Es inútil! ¡Mañana, en aquella que creas más se¬gura, sucederá al amor puro una pasión loca!
Y no digas: “¡Si me enamoro, evita¬ré las locuras de los enamorados!” ¡No lo digas! ¡Sería verdaderamente un prodigio único ver salir a un hombre sano y salvo de la seducción de las mujeres!
Los dos hermanos; al oír estas palabras, se maravillaron hasta mas no poder, y se dijeron uno a otro: “Si éste es un efrit, y a pesar de su poderío le han ocurrido cosas más enormes que a nosotros, esta aventu¬ra debe consolarnos.” Inmediatamen¬te se despidieron de la joven y re¬gresaron cada uno a su ciudad.
En cuanto el rey Schahriar entró en su palacio, mandó degollar a su esposa, así como a los esclavos y esclavas. Después persuadido de que no existía mujer alguna de cuya fi¬delidad pudiese estar seguro, resol¬vió desposarse cada noche con una y hacerla degollar apenas alborease el día, siguiente. Así estuvo haciendo durante tres años, y todo eran la¬mentos y voces de horror. Los hom¬bres huían con las hijas que les que¬daban.
En esta situación, el rey mandó al visir que, como de costumbre, le trajese una joven. El visir, por más que buscó, no pudo encontrar nin¬guna, y regresó muy triste a su casa, con el alma transida de miedo ante el furor del rey. Pero este visir tenía dos hijas de gran hermosura-, que poseían todos los encantos, todas las perfecciones y eran de una delica¬deza exquisita. La mayor se llama¬ba Schathrazada, y el nombre de la menor era Doniazada.
La mayor; Schaltrazada, había leí¬do los libros, los anales, las leyendas de los reyes antiguos y las histo¬rias de los pueblos pasados. Dicen que poseía también mil libros de cró¬nicas referentes a los pueblos de las edades remotas, a los reyes de la an¬tigüedad y sus poetas. Y era muy elocuente v daba gusto oírla.
Al ver a su padre, le habló así: “Por qué te veo tan cambiado, so¬portando un peso abrumador de pe¬sadumbres y aflicciones?... Sabe, padre, que el poeta dice: “¡Oh tú, que te apenas, consuélate! Nada es duradero, toda alegría se desvanece y todo pesar se olvida.”
Cuando oyó estas palabras el visir; contó a su hija cuanto había ocurri¬do desde el principio al fin, concer¬niente al rey. Entonces le dijo Schah¬razada: “Por Alah, padre, cásame con el rey, porque si no me mata seré la causa del rescate de las hijas de los musulmanes y podré salvar¬las de entre las manos del rey.” En¬tonces el visir contestó: “¡Por Alah sobre ti! No te expongas nunca a tal peligro.” Pero Schahrazada repu¬so: “Es imprescindible que así lo haga.” Entonces le dijo su padre: “Cuidado no te ocurra lo que les ocurrió al asno y al buey con el la¬brador. Escucha su historia:
FÁBULA DEL ASNO, EL BUEY Y EL LABRADOR
“Has de saber, hija mía, que hubo un comerciante dueño de grandes riquezas y de mucho ganado. Estaba casado y con hijos. Alah, el Altísimo, le dio igualmente el conocimiento de los lenguajes de los animales y el canto de los pájaros. . Habitaba este comerciante en un país fértil, a ori¬llas de un río. En su morada había un asno y un buey.
Cierto día llegó el buey al lugar ocupado por el asno y vio aquel sitio barrido y regado. En el pesebre ha¬bía cebada y paja bien cribadas, y el jumento estaba echado, descansando. Cuando el amo lo montaba, era sólo para algún trayecto corto y por asun¬to urgente, y el asno volvía pronto a descansar. Ese día el comerciante oyó que el buey decía al pollino: “Come a gusto y que te sea sano, de provecho y de buena digestión. ¡Yo estoy rendido y tú descansando, des¬pués de comer cebada bien cribada! Si el amo, te monta alguna que otra vez, pronto vuelve a traerte. En cam¬bio yo me reviento arando y con el trabajo del molino.” El asno le acon¬sejo: “Cuando salgas al campo y te echen el yugo, túmbate y no te menees aunque te den de palos. Y si te levantan, vuélvete a echar otra vez. Y si entonces te vuelven al esta¬blo y te ponen habas, no las comas, fíngete enfermo. Haz por no comer ni beber en unos días, y de ese modo descansarás de la fatiga del trabajo.”
Pero el comerciante seguía presen¬te, oyendo todo lo que hablaban.
Se acercó el mayoral al buey para darle forraje y le vio comer muy poca cosa. Por la mañana, al llevarlo al trabajo, lo encontró enfermo. En¬tonces el amo dijo al mayoral: “Coge al asno y que are todo el día en lu¬gar del buey.” Y el hombre unció al asno en vez del buey y le hizo arar todo el día.
Al anochecer, cuando el asno re¬gresó al establo, el buey le dio las gracias por sus bondades, que le habían proporcionado el descanso de todo el día; pero el asno no le contestó. Estaba muy arrepentido.
Al otro día el asno estuvo arando también durante toda la jornada y regresó con el pescuezo desollado, rendido de fatiga. El buey, al verle en tal estado, le dio las gracias de nuevo y lo colmó de alabanzas. El asno le dijo: “Bien tranquilo estaba yo antes. Ya ves cómo me ha per¬judicado el hacer beneficio a los de¬más.” Y en seguida añadió: “Voy a darte un buen consejo de todos modos. He oído decir al amo que te entregarán al matarife si no te le¬vantas, y harán una cubierta para la mesa con tu piel. Te lo digo para que te salves, pues sentiría que te ocurriese algo.”
El buey, cuando oyó estas pala¬bras del asno, le dio las gracias nue¬vamente, y le dijo: “Mañana reanu¬daré mi trabajo.” Y se puso a comer, se tragó todo el forraje y hasta lamio el recipiente con su lengua.
Pero el amo les había oído hablar. En cuanto amaneció fue con su esposa hacia el establo de los bueyes y las vacas, y se sentaron a la puer¬ta.Vino el mayoral y sacó al buey, que en cuanto vio a su amo empezó a menear la cola, y a galopar en to¬das direcciones como si estuviese lo¬co. Entonces le entró tal risa al co¬merciante, que se cayó de espaldas. Su mujer le preguntó: “¿De qué te ríes?” Y él dijo: “De una cosa que he visto y oído; pero no la puedo descu¬brir porque me va en ello la vida.” La mujer insistió: “Pues has de contármela, aunque te cueste morir.” Y él dijo: “Me callo, porque temo a la muerte.” Ella repuso: “Entonces es que te ríes de mí.” Y desde aquel día no dejó de hostigarle tenazmente, hasta que le puso en una gran per¬plejidad. Entonces el comerciante mandó llamar a sus hijos, así como al kadí y a unos testigos. Quiso ha¬cer testamento antes de revelar el se¬creto a su mujer, pues amaba a su esposa entrañablemente porque era la hija de su tío paterno, madre de sus hijos, y había vivido con ella ciento veinte años de su edad. Hizo llamar también a todos los parientes de su esposa y a los habitantes del barrio y refirió a todos lo ocurrido, diciendo que moriría en cuanto reve¬lase el secreto. Entonces toda la gen¬te dijo a la mujer: “¡Por Alah sobre ti! No te ocupes más del asunto; pues va a perecer tu marido, el pa¬dre de tus hijos.” Pera ella replico: “Aunque le cueste la vida no le de¬jaré en paz hasta que me haya dicho su secreto.” Entonces ya no le roga¬ron más. El comerciante se apartó de ellos y se dirigió al estanque de la huerta para hacer sus abluciones y volver inmediatamente a revelar su secreto y morir.
Pero había allí un gallo lleno de vigor, capaz de dejar satisfechas a cincuenta gallinas, y junto a él hallá¬base un perro. Y el comerciante oyó que el perro increpaba al gallo de este modo: “ ¿No te avergüenza el es¬tar tan alegre cuando va a morir nuestro ama?” Y el gallo preguntó: “¿Por qué causa va a morir?”
Entonces el perro contó toda la historia, y el gallo repuso: “¡Por Alah! Poco talento tiene nuestro amo. Cincuenta esposas tengo yo, y a todas sé manejármelas perfecta¬mente, regañando a unas y contentando a otras. ¡En cambio, él sólo tiene una y no sabe entenderse. con ella! El medio es bien sencillo: basta¬ría con cortar unas cuantas varas de morera, entrar en el camarín de su esposa y darle hasta que sucumbie¬ra o se arrepintiese. No volvería a importunarle con preguntas.” Así dijo el gallo, y cuando el comerciante oyó sus palabras se iluminó su razón, y resolvió dar una paliza a su mujer.
El visir interrumpió aquí su relato para decir a su hija, Schahrazada: “Acaso el rey haga contigo lo que el comerciante con su mujer.” Y Schahrazada preguntó: “¿Pero qué hizo?” Entonces el visir prosiguió de este modo:
“Entró el comerciante llevando ocultas las varas de morera, que ocababa de cortar, y llamó aparte a su esposa: “Ven a nuestro, gabinete para que te diga mi secreto.” La mujer le siguió; el comerciante se encerró con ella y empezó a sacudirla varazos, hasta que ella acabó por decir: “¡Me arrepiento, me arrepiento!” Y besa¬ba las manos y los pies de su ma¬rido. Estaba arrepentida de veras. Salieron entonces, y la concurrencia se alegró muchísimo, regocijándose también los parientes. Y todos vivie¬ron muy felices hasta la muerte.”
Dijo. Y cuando Schahrazada, hija del visir, hubo oído este relato, insis¬tió nuevamente en su ruego: Padre, de todos modos quiero que hagas lo que te he pedido.” Entonces el visir, sin replicar nada, mandó que preparasen el ajuar de su hija, y mar¬chó a comunicar la nueva al rey Schahrían
Mientras tanto, Schahrazada decía a su hermana Doniazada: “Te man¬daré llamar cuando esté en el pala¬cio, y así que llegues y veas que el rey ha terminado de hablar conmigo, me dirás: “Hermana, cuenta alguna historia maravillosa que nos haga pa¬sar la noche.” Entonces yo narraré cuentos que, si quiere Alah, serán la causa de la emancipación de las hijas de los musulmanes.”
Fue a buscarla después el visir, y se dirigió con ella hacia la morada del rey. El rey se alegró muchísimo al ver a Schahrazada, y preguntó a su padre: “¿Es ésta lo que yo nece¬sito?” Y el visir dijo respetuosamen¬te: “Sí, lo es.”
Pero cuando el rey quiso acercar¬se a la joven, ésta se echó a llorar. Y el rey le dijo: “¿Qué te pasa?” Y ella contestó: “¡Oh rey poderoso, tengo una hermanita, de la cual qui¬siera despedirme!” El rey mandó buscar-a la hermana, y vino Donia¬zada.
Después empezaron a conversar Doniazada dijo entonces a Schah¬razada: “¡Hermana, por Alah sobre ti! cuéntanos una historia que nos haga pasar la noche.” Y Schahraza¬da contestó: “De buena gana, y como un debido homenaje, si es que me lo permite este rey tan generoso, dotado de tan buenas maneras.” El rey, al oir estas palabras, como no tuviese ningún sueño, se prestó de buen grado a escuchar la narración de Schahrazada.
Y Schahrazada, aquella primera noche, empezó su relato con la his¬toria que sigue:
PRIMERA NOCHE
HISTORIA DEI. MERCADER Y EL EFRIT
Schahrazada dijo:
“He llegado a saber, ¡oh rey, afor¬tunado! que hubo un mercader entre los mercaderes, dueño de numerosas riquezas y de negocios comerciales en todos los países.
Un día montó a caballo y salió para ciertas comarcas a las cuales le llamaban sus negocios. Como el ca¬lor era sofocante, se sentó debajo de un árbol, y echando mano al saco de provisiones, sacó unos dáti¬les, y cuando los hubo comido tiró a lo lejos los huesos. Pero de pronto se le apareció un efrit de enorme estatura que, blandiendo una espada, llegó hasta el mercader y le dijo: “Levántate para que yo te mate como has matado a mi hijo.” El mer¬cader repuso: “Pero ¿cómo he mata¬do yo a tu hijo?” Y contestó el efrit: “Al arrojar los huesos, dieron en el pecho a mi hilo y lo mataron.” En¬tonces dijo el mercader: “Considera ¡oh gran efrit! que no puedo mentir, siendo, como soy, un creyente. Ten¬go muchas riquezas, tengo hijos y esposa, y además guardo en mi casa depósitos que me confiaron. Permi¬teme volver para repartir lo de cada uno, y te vendré a buscar en cuanto lo haga. Tienes mi promesa y mi juramento de que volveré en seguida a tu lado. Y tú entonces harás de mí lo que quieras. Alah es fiador de mis palabras.”
El efrit, teniendo confianza en él, dejó partir al mercader.
Y el mercader volvió a su tierra, arregló sus asuntos, y dio a cada cual lo que le correspondía. Después contó a su mujer y a sus hijos lo que le había ocurrido, y se echaron todos a llorar: los parientes, las mujeres, los hijos. Después el mercader hizo testamento y estuvo coa su familia hasta el fin del año. Al llegar este término se resolvió a partir, y toman¬do su sudario bajo el brazo, dijo adiós a sus parientes y vecinos y se fue muy contra su gusto. Los suyos se lamentaban, dando grandes gritos de dolor.
En cuanto al mercader, siguió su camino hasta que llegó al jardín en cuestión, y el día en que llegó era el primer día del año nuevo. Y mien¬tras estaba sentado, llorando su des¬gracia, he aquí que un jeique se diri¬gió hacia él, llevando una gacela encadenada. Saludó al mercader, le deseó una vida próspera, y le dijo: “¿Por qué razón estás parado y solo en este lugar tan frecuentado por los efrits?”
Entonces le contó el mercader lo que le había ocurrido con el efrit y la causa de haberse detenido en aquel sitio. Y el jeique dueño de la gacela se asombró grandemente, y dijo: “¡Por Alah! ¡oh hermano! tu fe es una gran fe, y tu historia es tan pro¬digiosa, que si se escribiera con una aguja en el ángulo interior de un ojo, sería motivo de reflexión para el que sabe reflexionar respetuosamente.” Después, sentándose a su lado, pro¬siguió: “¡Por Alah! ¡oh mi hermano! no te dejaré hasta que veamos lo que te ocurre con el efrit.” Y allí se que¬dó, efectivamente, conversando con él, y hasta pudo ayudarle cuando se desmayó de terror, presa de una aflicción muy honda y de crueles pensamientos. Seguía allí el dueño de la gacela, cuando llegó un segundo jeique, que se dirigió a ellos con dos lebreles negros. Se acercó, les deseó la paz y les preguntó la causa de haberse parado en aquel lugar fre¬cuentado por los efrits. Entonces ellos le refirieron la historia desde el principio hasta el fin. Y apenas se había sentado, cuando un tercer jei¬que se dirigió hacia ellos, llevando una mula de color de estornino. Les deseó la paz y les preguntó por qué estaban sentados en aquel sitio. Y los otros le contaron la historia desde el principio hasta el fin. Pero no es de ninguna utilidad el repetirla.
A todo esto, se levantó un violento torbellino de polvo en el centro de aquella pradera. Descargó una tor¬menta, se disipó después el polvo y apareció el efrit con un alfanje muy afilado en una mano y brotándole chispas de los ojos. Se acercó al grupo, y dijo cogiendo al merca¬der: “Ven para que yo te mate como mataste a aquel hijo mío, que era el aliento de mi vida y el fuego de mi corazón.” Entonces se echó a llorar el mercader, y los tres jeiques em¬pezaron también a llorar, a. gemir y a suspirar.
Pero el primero de ellos, el dueño de la gacela, acabó por tomar áni¬mos, y besando la mano del efrit, le dijo: “¡Oh efrit, jefe de los efrits y de su corona! Si te cuento lo que me ocurrió con esta gacela y te maravilla mi historia, ¿me recompensarás con el tercio de la sangre de este mer¬cader?” Y el éfrit dijo: “Verdadera¬mente que sí, venerable jeique. Si me cuentas la historia y yo la encuen¬tro extraordinaria, te concederé el tercio de esa sangre.”
CUENTO DEL PRIMER JEIQUE
El primer jeique dijo:
“Sabe, ¡oh gran efrit! que esta gacela era la hija de mi tío, carne de nu carne y sangre de mi sangre. Cuando esta mujer era todavía muy joven, nos casamos, y vivimos jun¬tos cerca de treinta años. Pero Alah no me concedió tener de ella ningún hijo. Por esto tomé una concubina, qué, gracias a Alah, me dio un hijo varón, más hermoso que la luna cuando sale. Tenía unos ojos magní¬ficos, sus cejas se juntaban y sus miembros eran perfectos. Creció poco a poco; hasta llegar a los quin¬ce años. En aquella época tuve que marchar a una población lejana, don¬de reclamaba mi presencia un gran negocio de comercio.
La hija de mi tío, o sea esta gacela, estaba iniciada desde su infancia en la brujería y el arte de los encanta¬mientos. Con la ciencia de su magia transformó a mi hijo en ternerillo, y a su madre, la esclava, en una vaca, y los entregó al mayoral de nuestro ganado. Después de bastante tiempo, regresé del viaje; pregunté por mi hijo y por mi esclava, y la hija de mi tío me dijo: “Tu esclava ha muerto, y tu hijo se escapó y no sabemos de él.” Entonces, durante un año estuve bajo el peso de la aflicción de mi corazón y el llanto de mis ojos.
Llegada la fiesta anual del día de los Sacrificios, ordené al mayoral que me reservara una de las mejores vacas, y me trajo la más gorda de todas, que era mi esclava, encantada por esta gacela. Remangado mi bra¬zo, levanté los faldones de la túnica, y ya me disponía al sacrificio, cu¬chillo en mano, cuando de pronta la vaca prorrumpió en lamentos y de¬rramaba lágrimas abundantes. En¬tonces me detuve, y la entregué al mayoral para que la sacrificase; pero al desollarla no se le encontró ni carne ni grasa, pues sólo tenía los huesos y el pellejo. Me arrepentí de haberla matado, pero ¿de qué servía ya él arrepentimiento? Se la di al ma¬yoral, y le dije: “Tráeme un becerro bien gordo.” Y me trajo a mi hijo convertido en ternero.
Cuando el ternero me vio, rompió la cuerda, se me acercó corriendo, y se revolcó a mis pies, pero ¡con qué lamentos! ¡con qué llantos! Entonces tuve piedad de él, y le dije al mayo¬ral: “Tráeme otra vaca, y deja con vida este ternero.”
En este punto de su narración, vio Scháhrazada que iba a amanecer, y se calló discretamente, sin aprove¬charse más del permiso. Entonces su hermana Doniazada le dijo: “¡Oh hermana mía! ¡Cuán dulces y cuán sabrosas son tus palabras llenas de delicia!” Schahrazada contestó: “Pues nada son comparadas con lo que os podría contar la noche próxima, si vivo todavía y el rey quiere conser¬varme.” Y el rey dijo para sí: “¡Por Alah! No la mataré hasta que haya oído la continuación de su historia.”
Luego marchó el rey a presidir su tribunal. Y vio llegar al visir, que lle¬vaba debajo del brazo un sudario para Schahrazada, a la cual creía muerta. Pero nada le dijo de esto el rey, y siguió administrando justi¬cia, designando a unos para los em¬pleos, destituyendo a otros, hasta que acabó el día. Y el visir se fue perplejo, en el colmo del asombro, al saber que su hija vivía.
Cuando hubo terminado el diván, el rey Schalhriar volvió a su palacio.
Y CUANDO LLEGÓ LA SEGUNDA NOCHE
Doniazada dijo a su hermana Schahrazada:- “¡Oh hermana mía! Te ruego que acabes la historia del mer¬cader y el efrit “ Y Schahrazada res¬pondió: “De todo corazón y como debido homenaje, siempre que el rey me lo permita.” Y el rey ordenó: “Puedes hablar.”
Ella dijo:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado, dotado de ideas justas y rec¬tas! que cuando el mercader vio llo¬rar al ternero, se enterneció su cora¬zón, y dijo al mayoral: “Deja ese ternero con el ganado.”
Y a todo esto, el efrit se asombra¬ba prodigiosamente de esta historia asombrosa. Y el jeique dueño de la gacela prosiguió de este modo:
“¡Oh señor de los reyes de los efrits! todo esto aconteció. La hija de mi tío, esta gacela, hallábase allí mirando, y decía: “Debemos sacrifi¬car ese ternero tan gordo.” Pero yo, por lástima, no podía decidirme, y mandé al mayoral que de nuevo se lo llevara, obedeciéndome él.
El segundo día, estaba yo sentado, cuando se me acercó el pastor y me dijo:. “¡Oh amo mío! Voy a ente¬rarte de algo que te alegrará. Esta buena nueva bien merece una grati¬ficación.” Y yo le contesté: “Cuenta con ella.” Y me dijo: “¡Oh merca¬der ilustre! Mi hija es bruja, pues aprendió la brujería de una vieja que vivía con nosotros. Ayer, cuando me diste el ternero, entré con él en la habitación de mi hija, y ella, apenas lo vio, cubrióse con el velo la cara, echándose a llorar, y después a reir. Luego me dijo: “Padre, ¿tan poco valgo para ti que dejas entrar hom¬bres en mi aposento?” Yo repuse: “Pero ¿dónde están esos hombres? ¿Y por qué lloras y ríes así?” Y ella me dijo: “El ternero que traes con¬tigo es hijo de nuestro amo el mer¬cader, pero está encantado. Y es su madrastra la que lo ha encantado, y a su madre con él. Me he reído al verle bajo esa forma de becerro. Y si he llorado es a causa de la madre del becerro, que fue sacrificada por el padre.” Estas palabras de mi hija, me sorprendieron mucho, y aguardé con impaciencia que volviese la ma¬ñana para venir a enterarte de todo.”
Cuando oí, ¡oh poderoso efrit! prosiguió el jeique lo que me decía el mayoral, salí con él a toda prisa, y sin haber bebido vino creía¬me embriagado por el inmenso júbi¬lo y por la gran felicidad que sentía al recobrar a mi hijo. Cuando llegué a casa del mayoral, la joven me de¬seó la paz y me besó la mano, y luego se me acercó el ternero, revol¬cándose a mis pies. Pregunté enton¬ces a la hija del mayoral: “¿Es cierto lo que afirmas de este ternero?” Y ella dijo: “Cierto, sin duda alguna. Es tu hijo, la llama de tu corazón.” Y le supliqué: “¡Oh gentil y carita¬tiva joven! si desencantas a mi hijo, te daré cuantos ganados y fincas ten¬go al cuidado de tu padre.” Sonrió al oir estas palabras, y me dijo: “Sólo aceptaré la riqueza con dos condiciones: la primera„ que me ca¬saré con tu hijo, y la segunda, que me dejarás encantar y aprisionar a quien yo desee. De lo contrario, no respondo de mi eficacia contra las perfidias de tu mujer.
Cuando yo oí, ¡oh poderoso efrit! las palabras de la hija del mayoral, le dije: “Sea, y por añadidura tendrás las riquezas que tu padre me admi¬nistra. En cuanto a la hija de mi tío, te permito que dispongas de su san¬gre.”
Apenas escuchó ella mis palabras, cogió una cacerola de cobre, llenán¬dola de agua y pronunciando sus con¬juros mágicos. Después roció con el líquido al ternero, y le dijo:' “Si Alah te creó ternero, sigue ternero, sin cambiar de forma; pero si estás encantado recobra tu figura primera con el permiso de Alah el Altísimo.”
E inmediatamente el ternero em¬pezó a agitarse, y volvió a adquirir la forma humana. Entonces, arro¬jándome en sus brazos, le besé. Y luego le dije: “¡Por Alah sobre ti! Cuéntame lo que la hija de mi tío hizo contigo y con tu madre.” Y me contó cuanto les había ocurrido. Y yo dije entonces: “¡Ah, hijo mío! Alah, dueño de los destinos; reser¬vaba a alguien para salvarte y salvar tus derechos.”
Después de esto, ¡oh buen efrit! casé a mi hijo con la hija del mayo¬ral. Y ella, merced a su ciencia de brujería, encantó a la hija de mi tío, transformándola en esta gacela que tú ves. Al pasar por aquí encontré¬me con estas buenas gentes, les pre¬gunté qué hacían, y por ellas supe lo ocurrido a este mercader, y hube de sentarme para ver lo que pudiese sobrevenir. Y esta es mi historia.”
Entonces exclamó el efrit: “Histo¬ria realmente muy asombrosa. Por eso te concedo como gracia el tercio de la sangre que pides.”
En este momento se acercó el se¬gundo jeique, el de los lebreles ne¬gros, y dijo:
CUENTO DEL SEGUNDO JEIQUE
“Sabe, ¡oh señor de los reyes de los efrits! que éstos dos perros son mis hermanos. mayores y yo soy el tercero. Al morir nuestro padre nos dejó en herencia tres mil dinares. Yo, con mi parte, abrí una tienda y me puse a vender y comprar. Uno de mis hermanos, comerciante tam¬bién, se dedicó a viajar con las cara¬vanas, y estuvo ausente un año. Cuando regresó no le quedaba nada de su herencia. Entonces le dije: “¡Oh hermano mío! ¿no te había aconsejado que no viajaras?” Y echándose a llorar, me contestó: “Hermano, Alah, que es grande y poderoso, lo dispuso así. No pueden serme de provecho ya tus palabras, puesto que nada tengo ahora.” Le lleve conmigo a la tienda, lo acom¬pañé luego al hammam y le regalé un magnífico traje de la mejor clase.
Después nos sentamos a comer, y le dije: “Hermano, voy a hacer la cuen¬ta de lo que produce mi tienda en un año, sin tocar al capital, y nos partiremos las ganancias.” Y, efecti¬vamente, hice la cuenta, y hallé un beneficio anual de mil dinares: En¬tonces di gracias a Alah, que es po¬deroso y grande, y dividí la ganancia luego entre mi hermano y yo. Y así vivimos juntos días y días.
Poco tiempo después quiso via¬jar también mi segundo hermano. Hicimos cuanto nos fue posible para que desistiese de su proyecto, pero todo fue inútil, y al cabo de un año volvió en la misma situación que el hermano mayor.
Le di otros mil dinares que tuve de ganancia durante el periodo de su ausencia, abrió una tienda nueva continuó el ejercicio de su profesión.
Sin que les sirviese de escarmien¬to lo que les había sucedido, de nuevo mis hermanos desearon mar¬charse y pretendían que yo les acompañase. No acepté, y les di¬je: “¿Qué habéis ganado con viajar, para que así pueda yo tentarme de imitaros?” Entonces empezaron a dirigirme reconvenciones, pero sin nin¬gún fruto, pues no les hice caso, y seguimos comerciando en nuestras tiendas otro año. Otra vez volvieron a proponerme el viaje, oponiéndome yo también, y, así pasaron seis años más. Al fin acabaron por conven¬cerme, y les dije: “Hermanos, conte¬mos el dinero que tenemos.” Conta¬mos, y dimos con un total de seis mil dinares. Entonces les dije: “En¬terremos la mitad para poderla utili¬zar si nos ocurriese una desgracia, y tomemos mil dinares cada uno para comerciar al por menor.” `Y contestaron: “¡Alah, favorezca la idea!” Cogí el dinero y lo dividí en dos partes iguales; enterré tres mil dinares y los otros tres mil los repartí juiciosamente entre nosotros tres. Después compramos varias mercade¬rías, fletamos un barco, llevamos a él todos nuestros efectos, y partimos. Duró un mes entero el viaje, y llegamos a una ciudad, donde vendi¬mos las mercancías con unta ganan¬cia de diez dinares por dinar. Luego abandonamos la plaza.
Al llegar a orillas del mar encon¬tramos a una mujer pobremente ves¬tida, con ropas viejas y raídas. Se me acercó, me besó la mano, y me dijo: “Señor, ¿me puedes socorrer? ¿Quieres favorecerme? Yo, en cam¬bio, sabré agradecer tus bondades.” Y le dije: “Te socorreré, mas no te creas obligada a la gratitud.” Y ella me respondió: “Señor, entonces cá¬sate conmigo, llévame a tu país y te consagraré mi alma. Favoréceme, que yo soy de las que saben el valor de un beneficios No te avergüences de mi humilde condición.” Al decir estas palabras, sentí piedad hacia ella, pues nada hay que no se haga me¬diante la voluntad de Alah, que es grande y poderoso. Me la llevé, la vestí con ricos trajes, hice tender magníficas alfombras en el barco para ella y le dispensé una hospitáalaria acogida llena de cordialidad. Después zarpamos.
Mi corazón llegó a amarla con un gran amor, y no la abandoné ni de día ni de noche. Y como de los tres hermanos era yo el único que podía gozarla, estos hermanos míos, sintieron celos, además de envidiar¬me por mis riquezas y por la calidad de mis mercaderías. Dirigían ávidas miradas sobre cuanto poseía yo, y se concertaron para matarme y re¬partirse mi dinero, porque el Cheitán sin duda les hizo ver su mala acción con los más bellos colores.
Un día, cuándo estaba yo durmien¬do con mi esposa, llegaron hasta nosotros y nos cogieron, echándonos al mar. Mi esposa se despertó en el agua, y de súbito cambió de forma, convirtiéndose en efrita. Me tomó sobre sus hombros y me depositó sobre una isla. Después desapareció durante toda la noche, regresando al amanecer, y me dijo: “¿No recono¬ces. a tu esposa?” Te he salvado de la muerte con ayuda del Altísimo. Porque has de saber que yo soy una efrita. Y desde el instante en que te vi, te amó mi corazón, simplemente porque Alah lo ha querido, y yo soy una creyente de Alah y en su Profe¬ta, al cual Alah bendiga y persevere. Cuando yo me he acercado a ti en la pobre condición en que me hallaba, tú te aviniste de todos modos a ca¬sarte conmigo. Y yo, en justa grati¬tud, he impedido que perezcas aho¬gado. “En cuanto a tus hermanos, siento el mayor furor contra ellos y es preciso que los mate.”
Asombrado de sus palabras, le di las gracias por su acción, y le dije: “No puedo consentir la perdida de mis hermanos.” Luego le conté todo lo ocurrido con ellos, desde el prin¬cipio hasta el fin, y me dijo entonces: “Esta noche volaré hacia la nave que los conduce, y la haré zozobrar para que sucumban.” Yo repliqué: “¡Por Alah sobre tal No hagas eso, recuer¬da que el Maestro de los Proverbios dice: “¡Oh tú, compasivo del delin¬cuente! Piensa que para el criminal es bastante castigo su mismo cri¬men, y además, considera que son mis hermanos.” Pero ella insistió: :Tengo que matarlos sin remedio.” Y en vano imploré su indulgencia, Después se echó a volar llevándome en sus hombros, y me dejó en la azotea de mi casa.
Abrí entonces las puertas y saqué los tres mil dinares del escondrijo. Luego abrí mi tienda, y después de hacer las visitas necesarias y los saludos de costumbre, compré nue¬vos géneros.
Llegada la noche, cerré la tienda, y al entrar en mis habitaciones en¬contré estos dos lebreles que estaban atados en un rincón. Al verme se levantaron, rompieron a llorar y se agarraron a mis ropas. Entonces acu¬dió mi mujer, y me dijo: “Son tus hermanos. “Y yo le dije: “¿Quién los ha puesto en esta forma?” Y ella contestó: “Yo misma. He rogado a mi hermana, más versada que yo en artes de encantamiento, que los pu¬siera en ese estado. Diez años per¬manecerán así”.
Por eso, ¡oh efrit poderoso! me ves aquí, pues voy en basca de mi cuñada, a la que deseo suplicar los desencante, porque van ya transcu¬rridos los diez años. Al llegar me encontré con este buen hombre, y cuando supe su aventura, no quise marcharme hasta averiguar lo que sobreviniese entre tú y él. Y este es mi cuento.”
El efrit dijo: “Es realmente un cuento asombroso, por lo que te con¬cedo otro tercio de la sangre desti¬nada a rescatar el crimen.”
Entonces se adelantó el tercer jei¬que, dueño de la mula, y dijo al efrit: “Te contaré una historia más maravillosa que las de estos dos. Y tú me recompensarás con el resto de la sangre.” El efrit contestó: “Que así sea.”
Y el tercer jeique dijo:
CUENTO DEL TERCER JEIQUE
“¡Oh sultán, jefe de los efrits! Esta mula que ves aquí era mi es¬posa. Una vez salí de viaje y estuve ausente todo un año. Terminados mis negocios, volví de noche, y al entrar en el cuarto de mi mujer, la encontré con un esclavo negro, esta¬ban conversando, y se besaban, ha¬ciéndose zalamerías. Al verme, ella se levantó, súbitamente y se aba¬lanzó a mí con una vasija de agua en la mano; murmuró algunas pala¬bras luego, y me dijo arrojándome el agua: “¡Sal de tu propia forma y reviste la de un perro!” Inmediata¬mente me convertí en perro, y mi esposa me echó de casa. Anduve va¬gando, hasta llegar a una carnicería, donde me puse a roer huesos. Al ver¬me el carnicero, me cogió y me llevó con él.
Apenas penetramos en el cuarto de su hija, ésta se cubrió con el velo y recriminó a su padre: “¿Te parece bien lo que has hecho? Traes a un hombre y lo entras en mi habita¬ción.” Y repuso el padre: “¿Pero dónde está ese hombre?” Ella contes¬tó: “Ese perro es un hombre, Lo ha encantado una mujer; pero yo soy capaz de desencantarlo.” Y su padre le dijo: “¡Por Alah sobre ti! De¬vuélvele su forma, hija mía.” Ella cogió una vasija con agua, y después de murmurar un conjuro, me echó unas gotas y dijo: “.¡Sal de esa forma y recobra la primitiva!” , Entonces volví a mi forma humana, besé la mano de la joven, y le dije: “Quisie¬ra que encantases a mi mujer como ella me encantó.” Me dio entonces un frasco con agua, y me dijo: “Si encuentras dormida a tu mujer, ro¬cíala con esta agua y se convertirá en lo que quieras.” Efectivamente, la encontré dormida, le eché el agua, y dije: “¡Sal de esa forma y toma la de una mula!” Y al instante se trans¬formó en una mula, es la misma que aquí ves, sultán de reyes de los efrits.”
El efrit se volvió entonces hacia la mula, y le dijo: “¿Es verdad todo eso?” Y la mula movió la cabeza como afirmando: “Sí, sí; todo es verdad.”
Esta historia consiguió satisfacer al efrit, que, lleno de emoción y de placer, hizo gracia al anciano del último tercio de la sangre.
En aquel momento Schahrazada vio aparecer la mañana, y discreta¬mente dejó de hablar, sin aprove¬charse más del permiso. Entonces su hermana Doniazada dijo: “¡Ah, her¬mana mía! ¡Cuán dulces, cuán ama¬bles y cuán deliciosas son en su fres¬cura tus palabras!” Y Schahrazada contestó: “Nada es eso comparado con lo que te contaré la noche pró¬xima, si vivo aún y el rey quiere con¬servarme.” Y el rey se dijo: “¡Por Alah! no la mataré hasta que le haya oído la continuación de su relato, que es asombroso.”
Entonces el rey marchó a la sala de justicia. Entraron el visir y los oficiales y se llenó el diván de gente. Y el rey juzgó, nombró, destituyó, despachó sus asuntos y dio órdenes hasta el fin del día. Luego se levan¬tó el diván y el rey volvió a palacio.
Y CUANDO LLEGÓ LA TERCERA NOCHE
Daniazada dijo: “Hermana mía, te suplico que termines tu relato.” Y Schahrazada contestó: “Con toda la generosidad y simpatía de mi cora¬zón.” Y prosiguió después:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que, cuando el tercer jeique contó al efrit el más asombroso de los tres cuentos, el efrit se maravilló mucho, y emocionado y placentero, dijo: “Concedo el resto de la sangre por que había de redimirse el crí¬men, y dejo en libertad al merca¬der.”
Entonces el mercader, contentísi¬mo, salió al encuentro de los jeiques y les dio miles de gracias. Ellos, a su vez, le felicitaron por el indulto. Y cada cual regresó a su país.
“Pero -añadió Schahrazada- es más asombrosa la historia del pes¬cador.”
Y el rey dijo a Schahrazada: “¿Qué historia del pescador es esa?”
Y Shahrazada dijo:
HISTORIA DEL PESCADOR Y DEL EFRIT
“He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que había un pescador, hom¬bre de edad avanzada, casado, con tres hijos y muy pobre.
Tenía por costumbre echar las re¬des sólo cuatro veces al día y nada más Un día entre los días, a las doce de la mañana, fue a orillas del mar, dejó en el suelo la cesta, echó la red, y estuvo esperando hasta que llegara al fondo. Entonces juntó las cuerdas y notó que la red pesaba mucho y no podía con ella. Llevó el cabo a tierra y lo ató a un poste. Después se desnudó y entró en el mar, maniobrando en torno de la red, y no paró hasta que la hubo sacado. Vistióse entonces muy ale¬gre y acercándose a la red, encontró un borrico muerto. Al verlo, excla¬mó desconsolado: “¡Todo el poder y la fuerza están en Alah, el Altísi¬mo y el Omnipotente!” Luego dijo: “En verdad que este donativo de Alah es asombroso.” Y recitó los si¬guientes versos:
¡Oh buzo, que -giras ciegamente en las tinieblas de la noche y de la per¬dición! -¡Abandona esos penosos tra¬bajos; la fortuna no gusta del movi¬miento!
Sacó la red, exprimiéndola el agua, y cuando hubo acabado de expri¬mirla, la tendió de nuevo. Después, internándose en el agua, exclamó: “¡En el nombre de Alah!” Y arrojó la red de nuevo, aguardando que lle¬gara al fondo. Quiso entonces sacar¬la, pero notó que pesaba mas que antes y que estaba más adherida, por lo, cual la creyó repleta de una buena pesca; y arrojándose otra vez al agua, la sacó al fin con gran trabajo, lle¬vándola a la orilla, y encontró una tinaja enorme, llena de arena y de barro. Al verla, se lamentó mucho y recitó estos versos:
¡Cesad, vicisitudes de la suerte, y apiadaos de los hombres!
¡Qué tristeza! ¡Sobre la tierra nin¬guna, recompensa es igual al mérito ni digna del esfuerzo realizado por alcan¬zarla!
¡Salgo de casa a veces para buscar candorosamente la fortuna; y me ente¬ran de que la fortuna hace mucho tiempo que murió!
¿Es así, ¡oh fortuna! como dejas, a los sabios en la sombra, para que los necios gobiernen el mundo?
Y luego, arrojando la tinaja lejos de él, pidió perdón a Alah por su momento de rebeldía y lanzó la red por vez tercera, y al sacarla la en¬contró llena de trozos de cacharros y vidrios. Al ver esto, recitó todavía unos versos de un poeta:
¡Oh poeta! ¡Nunca soplará hacia ti el viento de la fortuna! ¿Ignoras, hom¬bre ingenuo, que ni tu pluma de caña ni las líneas armoniosas de la escritura han de enriquecerte jamas?
Y alzando la frente al cielo; ex¬clamó: “¡Alah! ¡Tú sabes que yo no echo la red mas que cuatro veces por día, y ya van tres!” Después invocó nuevamente el nombre de Alah y lanzó la red, aguardando que tocase el fondo. Esta vez, a pesar de todos sus esfuerzos, tampoco conse¬guía sacarla, pues a cada tirón se en¬ganchaba más en las rocas del fondo. Entonces dijo: “¡No hay fuerza ni poder mas que en Alah!” Se desnu¬dó, metiéndose en el agua y manio¬brando alrededor de la red, hasta que la desprendió y la llevó a tierra. Al abrirla encontró un enorme ja¬rrón de cobre dorado, lleno e intacto. La boca estaba cerrada con un plo¬mo que ostentaba el sello de nuestro Señor Soleimán, hijo de Daud. El pescador se puso muy alegre al verlo, y se dijo: “He aquí un objeto que venderé en el zoco de los caldereros, porque bien vale sus diez dinares de oro.” Intentó mover el jarrón, pero hallándolo muy pesado, se dijo para sí: “Tengo que abrirlo sin remedio; meteré en el saco lo que contenga y luego lo venderé en el zoco de los caldereros.” Sacó el cuchillo y em¬pezó a maniobrar, hasta que levantó el plomo. Entonces sacudió el jarrón, queriendo inclinarlo para verter el contenido en el suelo. Pero nada sa¬lió del vaso, aparte de una humare¬da que subió hasta lo azul del cielo y se extendió por la superficie de la tierra. Y el pescador no volvía de su asombro. Una vez que hubo salido todo el humo, comenzó a condensar¬se en torbellinos, y al fin se convirtió en un efrit cuya frente llegaba a las nubes, mientras sus pies se hundían en el polvo. La cabeza del efrit era como una cúpula; sus manos seme¬jaban rastrillos; sus piernas eran mástiles; su boca, una caverna; sus dientes, piedras; su nariz, una alca¬rraza; sus ojos, dos antorchas, y su cabellera aparecía revuelta y empol¬vada. Al ver a este efrit, el pescador quedó mudo de espanto, temblán¬dole las carnes, encajados los dientes, la boca seca, y los ojos se le cega¬ron a la luz.
Cuando vio al pescador, el efrit dijo: “¡No hay más Dios que Alah, y Soleimán es el profeta de Alah!” Y dirigiéndose hacia el pescador, prosiguió de este modo: “¡Oh tú, gran Soleimán, profeta de Alah, no me mates; te obedeceré siempre, y nunca me rebelaré contra tus mandatos.” Entonces exclamó el pes¬cador: “¡Oh gigante audaz y rebel¬de, tú te atreves a decir que Solei¬mán es el profeta de Alah! Soleimán murió hace mil ochocientos años; y nosotros estamos al fin de los tiempos. Pero ¿qué historia vienes a contarme? ¿Cuál es el motivo de que estuvieras en este jarrón?”
Entonces el efrit dijo: “No hay más Dios que Alah. Pero permite, ¡oh pescador! que te anuncie una buena noticia.” Y el pescador repu¬so: “¿Qué noticia es esa?” Y con¬testó el efrit: “Tu muerte. Vas a morir ahora mismo, y de la manera más terrible.” Y replicó el pesca¬dor: “¡Oh jefe de los efrits! ¡mere¬ces por esa noticia- que el cielo te retire su ayuda! ¡Pueda él alejarte de nosotros! Pero ¿por qué deseas mi muerte? ¿qué hice para mere¬cerla? Te he sacado de esa vasija, te he salvado de una larga perma¬nencia en el mar, y te he traído a la tierra.” Entonces el efrit dijo: “Piensa y elige la especie de muerte que prefieras; morirás del modo que gustes.” Y el pescador dijo: “¿Cuál es mi crimen para merecer tal cas¬tigo?” Y respondió el efrit: “Oye mi historia, pescador.” Y el pesca¬dor dijo: “Habla y abrevia tu relato, porque de impaciente que se halla mi alma se me está saliendo por el pie.” Y dijo el efrit:
“Sabe que yo soy un efrit rebelde. Me rebelé contra Soleimán, hijo de Daud. Mi nombre es Sakhr El¬Genni. Y Soleimán envió hacia mí a su visir Assef, hijo de Barkhia, que me cogió a pesar de mi resis¬tencia, y me llevó a manos de Solei¬mán. Y mi nariz en aquel momento se puso bien humilde. Al verme, Soleimán hizo su conjuro a Alah y me mandó que abrazase su religión y me sometiese a su obediencia. Pero yo me negué. Entonces mandó traer ese jarrón, me aprisionó en él y lo selló con plomo, imprimiendo el nombre del Altísimo. Después ordenó a los efrits fieles que me llevaran en hombros y me arrojasen en medio del mar. Permanecí cien años en el fondo del agua, y decía de todo corazón: “Enriqueceré eternamente al que logre libertarme.” Pero pasaron los cien años y nadie me libertó. Durante los otros cien años me decía: “Descubriré y daré los tesoros de la tierra a quien me, liberte.” Pero nadie me libró. Y pasaren. cuatrocientos años, y me dije: “Concederé tres cosas a quien me liberte.” Y nadie me libró tam¬poco. Entonces, terriblemente enco¬lerizado, dije con toda el alma: “Ahora mataré a quien me libre, pero le dejaré antes elegir, conce¬diéndole la clase de muerte que prefiera.” Entonces tú, ¡oh pesca¬dor! viniste a librarme, y por eso te permito que escojas la clase de muerte.”
El pescador, al oír estas palabras del efrit; dijo: “¡Por Alah que la oportunidad es prodigiosa! ¡Y había de ser yo quien te libertase! ¡Indúl¬tame, efrit, que Alah te recompen¬sará! En cambio, si me matas, buscará quien te haga perecer.” Entonces el efrit le dijo: “¡Pero si yo quiero matarte es precisamente porque me has libertado!” Y el pes¬cador le contestó: “¡Oh jeique de los efrits, así es como devuelves el mal por el bien! ¡A fe que no miente el proverbio!” Y recitó estos versos:
¿Quieres probar la amargura de las cosas? ¡Sé bueno y servicial!
¡Los malvadas desconocen la gra¬titud!
¡Pruébalo, si quieres, y tu suerte será la de la pobre Magir, madre de Amer!
Pero el efrit le dijo: “Ya hemos hablado bastante. Sabe que sin remedio te he de matar.” Entonces pensó el pescador: “Yo no soy mas que un hombre y él un efrit; pero Alah me ha dado una razón bien despierta. Acudiré a una astucia para perderlo. Veré hasta dónde llega su malicia.” Y entonces dijo al efrit: “¿Has decidido realmente mi muerte?” Y el efrit contestó: “No lo dudes.” Entonces dijo: “Por el nombre del Altísimo, que está grabado en el sello de Soleimán, te conjuro a que respondas con verdad a mi pregunta.” Cuando el efrit oyó el nombre del Altísimo, respondió muy conmovido: “Pregunta, que yo contestaré la verdad. Entonces dijo el pescador: “¿Cómo has podido entrar por entero en este jarrón donde apenas cabe tu pie o tu mano?” El efrit dijo: “¿Dudas acaso de ello?” El pescador respondió: “Efectivamente, no lo creeré jamás mientras no vea con mis propios ojos que te metes en él.”
En este momento de su narra¬ción, Schahrazada vio aparecer la mañana, y se calló discretamente.
PERO CUANDO LLEGÓ LA CUARTA NOCHE
Ella dijo:
He llegado a saber, ¡oh rey afor¬tunado! que cuando el pescador dijo al efrit que no le creería como no lo viese con sus propios ojos, el efrit comenzó a agitarse; convirtiéndose nuevamente en humareda que subía hasta el firmamento. Después se condensó, y empezó a entrar en el jarrón poco a poco, hasta el fin. Entonces el pescador cogió rápida¬mente la tapadera de plomo, con el sello de Soleimán, y obstruyó la boca del jarrón. Después, llamando al efrit, le dijo: “Elige y piensa la clase de muerte que más te con¬venga; si no, te echaré al mar, y me haré una casa junto a la orilla, e impediré a todo el mundo que pes¬que, diciendo: “Allí hay un efrit, y si lo libran quiere matar a los que le liberten.” Luego enumeró todas las variedades de muertes para facilitar la elección. Al oirle, el efrit intentó salir, pero no pudo, y vio que estaba, encarcelado y tenía encima el sello de Soleimán, convenciéndose entonces de que el pescador le había encerrado en un calabozo contra el cual no pueden prevalecer ni los más débiles ni los más fuertes de los efrits. Y com¬prendiendo que el pescador le lleva¬ría hacia el mar, suplicó: “¡No me lleves! ¡no me lleves!” Y el pesca¬dor dijo: “No hay remedio.” Enton¬ces, dulcificando su lenguaje, excla¬mó el efrit: “¡Ah pescador! ¿Qué vas a hacer conmigo?” El otro dijo: “Echarte al mar, que si has estado en él mil ochocientos años, no sal¬drás esta vez hasta el día del Juicio. ¿No te rogué yo que me dejaras la vida para que Alah te la conservase a ti y no me mataras para que Alah no te matase? Obrando infamemente rechazaste mi plegaria. Por eso Alah te ha puesto en mis manos, y no me remuerde el haberte engañado.” Entonces dijo el efrit: “Abreme el jarrón y te colmaré de beneficias.” El pescador respondió: “Mientes, ¡oh maldito! Entre tú y yo pasa exactamente lo, que ocurrió entre el visir del rey Yunán y el médico Ruyán.”
Y el efrit dijo: “¿Quiénes eran el visir del rey Yunán y el médico Ruyán?... ¿Qué historia es esa?”
HISTORIA DEL VISIR DEL REY YUNÁN Y DEL MEDICO RUYÁN
El pescador dijo:
“Sabrás, ¡oh efrit! que en la anti¬güedad del tiempo y en lo pasado de la edad, hubo en la ciudad de Fars, en el país de los ruman, un rey llamado Yunán. Era rico y pode¬roso, señor de ejércitos, dueño de fuerzas considerables y de aliados de todas las especies de hombres. Pero su cuerpo padecía una lepra que desesperaba a los médicos y a los sabios. Ni drogas, ni píldoras, ni pomadas le hacían efecto algu¬no, y ningún sabio pudo encontrar un eficaz remedio para la espantosa dolencia. Pero cierto día llegó a la capital del rey Yunán un médico anciano de renombre, llamado Ru¬yan. Había estudiado los libros grie¬gos, persas, romanos, árabes y sirios, así como la medicina y la astrono¬mía, cuyos principios y reglas no ignoraba, así como sus buenos y malos efectos. Conocía las virtudes de las plantas grasas y secas y tam¬bién sus buenos y, malos efectos. Por último, había profundizado la filosofía y todas las ciencias médicas y otras muchas además. Cuando este médico llegó a la ciudad y perma¬neció en ella algunos días, supo la historia del rey y de la lepra que le martirizaba por la voluntad de Alah, enterándose del fracaso abso¬luto de todos los médicos y sabios. Al tener de ello noticia, pasó muy preocupado la noche. Pero no bien despertó por la mañana (al brillar la luz del día y saludar el sol al mundo, magnífica decora¬ción del Optimo) se puso su mejor traje y fue a ver al rey Yunán. Besó la tierra entre las manos del rey e hizo votos por la duración eterna de su. poderío y de las gracias de Alah y de todas las mejores cosas. Después le enteró de quien era, y le dijo: “He averiguado la enfer¬medad que atormenta tu cuerpo y he sabido que un gran número de médicos, no ha podido encontrar el medio de curarla. Voy, ¡oh rey! a aplicarte mi tratamiento, sin hacer¬te beber medicinas ni untarte con pomadas.” Al oírlo, el rey. Yunán se asombró mucho, y le dijo: “¡Por Alah! que si me curas te enrique¬cerá hasta los hijos de tus hijos, te concederé todos tus deseos y serás mi compañero y amigo” En seguida le dio un hermoso traje y otros pre¬sentes, y añadió: “¿Es cierto que me curarás de esta enfermedad sin medicamentos ni pomadas?” Y res¬pondió el otro: “Sí, ciertamente. Te curaré sin fatiga ni pena para tu cuerpo.” El rey le dijo, cada vez más asombrado: “¡Oh gran médico! ¿Qué día. y que momento verán realizarse lo que acabas de prome¬ter? Apresúrate a hacerlo, hijo mío.” Y el medico contestó:. “Escucho y obedezco.”
Entonces salió del palacio y alqui¬ló una casa, donde instaló sus libros, sus remedios y sus plantas aromáti¬cas. Después hizo extractos de sus medicamentos y de sus simples, y con estos extractos construyó un mazo corto y encorvado, cuyo man¬go horadó, y también hizo una pelota, todo esto lo mejor que pudo. Terminado completamente su traba¬jo, al segundo día fue a palacio, entró en la cámara del rey y besó la tierra entre sus manos. Después le prescribió que fuera a caballo al meidán y jugara con la bola y el mazo.
Acompañaron al rey sus emires, sus chambelanes, sus visires y los jefes del reinó. Apenas había llega¬do al meidán, se le acercó el médico y le entregó el mazo, diciéndole: “Empúñalo de este modo y da con toda tu fuerza en la pelota. Y haz de modo que llegues a sudar. De ese modo el remedio penetrará en la palma de la mano y circulará por todo tu cuerpo. Cuando transpires y el remedio haya tenido tiempo de obrar, regresa a tu palacio, ve en seguida a bañarte al hamman, y quedarás curado. Ahora, la paz sea contigo.”
El rey Yunán cogió el mazo que le alargaba el médico, empuñándolo con fuerza. Intrépidos jinetes mon¬taron a caballo y le echaron la pelo¬ta. Entonces empezó a galopar de¬trás de ella para alcanzarla y gol¬pearla, siempre con el mazo bien cogido. Y no dejó de golpear hasta que transpiró bien por la palma de la mano y por todo el cuerpo, dando lugar a que la medicina obrase sobre el organismo. Cuando el mé¬dico Ruyán vio que el remedio había circulado suficientemente, mandó al rey que volviera a palacio para bañarse en el hammam. Y el rey marchó en seguida y dispuso que le prepararan el hammam. Se lo prepararon con gran prisa, y los esclavos apresuráronse también a disponerle la ropa. Entonces el rey entró en el hammam y tomó el baño, se vistió de nuevo y salió del hammam para montar a caballo, volver a palacio y echarse a dormir.
Y hasta aquí lo referente al rey Yunán. En cuanto al médico Ruyán, éste regresó a su casa, se acostó, y al despertar por la mañana fue a palacio, pidió permiso al rey para entrar, lo que éste le concedió, entró, besó la tierra entre sus manos y empezó por declamar gravemente algunas estrofas:
¡Si la elocuencia te eligiese como padre, reflorecería! ¡Y no sabría elegir ya a otro más que a ti!
¡Oh rostro radiante, cuya claridad borraría la llama de un tizón encen¬dido!
¡Ojalá ese glorioso semblante siga con la luz de su frescura y alcance a ver cómo las arrugas surcan la cara del Tiempo!
¡Me has cubierto con los beneficias de tu generosidad, como la nube bienhechora cubre la colina!
¡Tus altas hazañas te han hecho alcanzar las cimas de la gloria y eres el amado del Destino, que ya no puede negarte nada!
Recitados los versos, el rey sé puso de pie; y cordialmente tendió sus brazos al médico. Luego, le sen¬tó a su lado, y le regaló magníficos trajes de honor.
Porque, efectivamente, al salir del hammam el rey se había mirado el cuerpo, sin encontrar rastro de lepra, y vio su piel tan pura como la plata virgen. Entonces se dilató con gran júbilo su pecho. Y al otro día, al levantarse el rey por la mañana, entró en el diván; se sentó en el trono y comparecieron los chambelanes y grandes del reino, así como él médico Ruyán. Por esto, al verle, el rey se levantó apre¬suradamente y le hizo sentar a su lado. Sirvieron a ambos manjares y bebidas durante todo el día. Y al anochecer, el rey entregó al médico dos mil dinares, sin contar los trajes de honor y magníficos presentes, y le hizo montar su propio corcel. Y entonces el médico se despidió y regresó a su casa.
El rey no dejaba de admirar el arte del médico ni de decir: “Me ha curado por el exterior de mi cuerpo sin untarme con pomadas. ¡Oh Alah! ¡Qué ciencia tan subli¬me! Fuerza es colmar de beneficios a este hombre y tenerle para siem¬pre como compañero y amigo afec¬tuoso.” Y el rey Yunán se acostó, muy alegre de verse con el cuerpo sano y libre de su enfermedad.
Cuando al otro día se levantó el rey y se sentó en el trono, los jefes de la nación pusiéronse de pie, y los emires y visires se sentaron a su derecha y a su izquierda. Entonces mandó llamar al médico Ruyán, que acudió y besó la tierra entre sus manos. El rey se levantó en honor suyo, le hizo sentar a su lado, comió en su compañía, le deseó larga vida y le dio magníficas telas y otros presentes, sin dejar de conversar, con él hasta el anochecer, y mandó le entregaran a modo de remunera¬ción cinco trajes de honor y mil dinares. Y así regresó el médico a su casa, haciendo votos por el rey.
Al levantarse por la mañana, salió el rey y entró en el diván, donde le rodearon los emires, los visires y los chambelanes. Y entre los visires había uno de cara sinies¬tra, repulsiva, terrible, sórdidamente avaro, envidioso y saturado de celos y de odio. Cuando este visir vio que el rey colocaba a su lado al médico Ruyán y le otorgaba tantos beneficios, le tuvo envidia y resol¬vio secretamente perderlo. El pro¬verbio lo dice: “El envidioso ataca a todo el mundo. En el corazón del envidioso está emboscada la perse¬cución, y la desarrolla si dispone de fuerza o la conserva latente la debilidad,” El visir se acercó al rey Yunán, besó la tierra entre sus, ma¬nos, y dijo: “¡Oh rey del siglo y del tiempo, que envuelves a los hombres en tus beneficios! Tengo para ti un consejo de gran impor¬tancia, que no podría ocultarte sin ser un mal hijo. Si me mandas que te lo revele, yo te lo revelaré.” Tur¬bado entonces el rey por las pala¬bras del visir, le dijo: “¿Qué consejo es el tuyo? El otro respondió: “¡Oh rey glorioso! los antiguos han dicho: “Quien no mire el fin y las consecuencias no tendrá a la Fortu¬na por amiga”, y justamente acaba de ver al rey obrar con poco juicio otorgando sus bondades a su enemi¬go, al que desea el aniquilamiento de su reino, colmándole de favores, abrumándole con generosidades. Y yo, por esta causa, siento grandes temores por el rey.” Al oir esto, el rey se turbó extremadamente, cam¬bió de color; y dijo: “¿Quién es el que supones enemigo mío y colma¬do por mí de favores?” Y el visir respondió: “¡Oh rey! Si estás dor¬mido, despierta, porque aludo al médico Ruyán.” El rey dijo: “Ese es buen amigo mío, y para mí el más querido de los hombres, pues me ha curado con una cosa que yo he tenido en la mano y me ha librado de mi enfermedad, que había desesperado a los médicos. Cierta¬mente que no hay otro como él en este siglo, en el mundo entero, lo mismo en Occidente que en Orien¬te. ¿Cómo, te atreves a hablarme así de él? Desde ahora le voy a señalar un sueldo de mil dinares al mes. Y aunque le diera la mitad de mi reino, poco seria para lo que merece. Creo que me dices todo eso por envidia, como se cuenta en la historia, que he sabido; del rey Sindabad.”
En aquel momento la aurora sor¬prendió a Schahrazada, que inte¬rrumpió su narración.
Entonces Doniazada le dijo: “¡Ah, hermana mía! ¡Cuán dulces, cuán puras, cuán deliciosas son tus pala¬bras!” Y Schahrazada dijo: “¿Qué es eso comparado con lo que os contaré la noche próxima, si vivo todavía y el rey tiene a bien con¬servarme?” Entonces el rey dijo para sí: “¡Por Alah! No la mataré sin haber oído la continuación de su historia, que es verdaderamente ma¬ravillosa.” Y el rey fue al diván, y juzgó, otorgó empleos, destituyó y despachó los asuntos pendientes has¬ta acabarse el día. Después se le¬vantó el diván y el rey entró en su palacio.
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inpotante
by inpotante Friday, Jan. 20, 2006 at 9:46 AM
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Suscríbase GRATIS y reciba un chiste políticamente correcto gratis todos los días vía correo-e Apriete aquí nosotros no divulgaremos sus datos.(vea nuestra política de privacidad. )Durante una visita a un Instituto Psiquiátrico, una de las visitas le preguntó al Director qué criterio se usaba para definir si un paciente debería o no ser Internado.
"Bueno," dijo el Director, hacemos la prueba siguiente:
- "llenamos una bañadera, luego al paciente le ofrecemos una cucharita, una taza y un balde y le pedimos que vacíe la bañadera."
- Ah, entiendo- dijo la visita. - Una persona normal usaría el balde porque es más grande que la cucharita y la taza.
- No- dijo el Director. -Una persona normal sacaría el tapón.
- Usted que prefiere: ¿una habitación con o sin vistas?-
#341297
Por: Marco Parra - Santiago - R.M. - Chile
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anonimno
by anonimo Friday, Jan. 20, 2006 at 9:50 AM
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